La nostra rubrica Preferiti è realizzata grazie alla collaborazione con Wyscout: il database calcistico che ci permette di visionare giocatori di tutti i livelli, di tutte le età e di tutto il mondo.
Se il calcio fosse uno sport individuale sarebbe semplice. Senza il richiamo a dei compiti tattici, all’integrazione in un’armonia collettiva, senza la necessità di doversi annullare in un organismo superiore, il calcio sarebbe ridotto a una dinamica elementare: solo il muovere il pallone con i piedi, pura interazione con la materia. Se il calcio fosse uno sport individuale Ricardo Kishna sarebbe uno dei migliori giocatori al mondo. Pochi con una palla al piede riescono a fare le cose che fa lui, non solo per qualità, ma anche per originalità.
Per questo i suoi video su YouTube sono un’esperienza ipnotica: se la nostra conoscenza del calcio fosse limitata a queste compilation non troveremmo un argomento per contraddire l’assunto che Kishna è un fenomeno. È vero: vale per molti altri giocatori, ma credo che nessuno possieda una sproporzione simile tra realtà e video, tra calcio giocato e calcio filmato. D’altra parte il talento di Kishna è profondo, autentico, e rimane legittimo allora chiedersi quanto manchi perché diventi un giocatore vero e quante possibilità ci sono che lo diventi.
Giocare col pallone
Da piccolo non ho fatto scuola calcio, ma ho giocato molto a pallone. Giocare a pallone al campetto non è come giocare a calcio: i compagni hanno un’importanza secondaria, che il calcio sia un gioco di squadra è un riflesso mentale sbiadito. Giocare a pallone è soprattutto giocare col pallone: provare quante evoluzioni possono essere impresse da un piede a una sfera morbida che rotola e rimbalza su una superficie. Eppure è diffuso il pregiudizio secondo cui i virtuosismi fini a sé stessi non siano legati al calcio di strada (portatore di valori autentici), ma ai video su YouTube, alle pubblicità della Nike e a tutte quelle perversioni post-moderne che ci fanno anteporre l’individuo al collettivo, la forma alla sostanza.
Eppure, messa in termini semplici, la quantità e la qualità delle cose che un calciatore riesce a fare con una palla rappresenta un metro che usiamo per misurare il suo talento. In alcuni paesi, il calcio di strada ha raggiunto una considerazione e un prestigio tali da essere addirittura ritenuto la migliore delle scuole: è il caso del famoso “fútbol de potrero” in Argentina, quello giocato dove capita, senza regole né allenatori.
Per questo non credo sia un esercizio del tutto provocatorio recensire le cose che Kishna sa fare col pallone tra i piedi, a un livello elementare, come se si trovasse ancora tra le strade dell’Aia. Se però non siete d’accordo con l’idea del calcio di strada è meglio se non andate avanti nell’articolo.
Kishna se il calcio fosse uno sport individuale
Freud sostiene che la prima parte di sviluppo sessuale del bambino venga gestita dall’Es, la parte più interiore e aggressiva della psiche. In questa fase, che Freud definisce “orale”, il bambino ha un rapporto esclusivamente egoistico con l’esterno. Crede che tutto il mondo appartenga a lui e ogni relazione viene fondata sull’autocompiacimento. Per quanto possa sembrare forzato, ha senso dire che Kishna è ancora in una fase orale del suo sviluppo come calciatore. Pensa solo a sé stesso e alla palla, con cui ha una relazione ai limiti dell’erotico, e in fondo può essere normale per un ragazzo del ’95 (gennaio).
Potete vederla come una cosa stupida, ma per me alcuni momenti di narcisismo con cui Kishna gioca a calcio hanno un loro potenziale estetico. Per questo ho deciso di inserirlo nei Preferiti, una rubrica cioè dedicata ai giocatori che ci piacciono, non a quelli che riteniamo per forza davvero forti. C’è un che di liberatorio nell’apprezzare il modo, spesso fine a sé stesso, con cui Kishna scherza con il pallone: non si tratta del piacere intellettuale di una fase di pressing ben applicata, o del piacere sofisticato di una manovra offensiva del Barcellona. Della sublimazione collettiva, a livelli quasi astratti, di una disciplina sportiva. È piuttosto un piacere regressivo, che somiglia alla masturbazione, una cosa cioè che spesso viene usata come metafora negativa. Ma cosa c’è che non va nella masturbazione?
L’immagine vagamente antipatica di Kishna non è aiutata dal suo procuratore, Mino Raiola, che quest’estate, nel tentativo di piazzarlo da qualche parte, ha dichiarato: «Kishna è allo stesso livello di Pogba: fa gol, è un attaccante molto completo, ha talento e fisico e una valutazione ancora abbordabile per le italiane». Il paragone con Pogba non ha nemmeno senso di essere argomentato, ma fa capire in quale pazzo e distorto universo sia proiettato un ragazzo di vent’anni come Kishna.
Nell’Ajax Kishna giocava (quando giocava) sulla fascia opposta, spesso quella sinistra, di Anwar El Ghazi. Su YouTube si trova una compilation incrociata tra i due, intitolata “Skill show battle”. Il loro pubblico è simile a loro: adolescenti che vanno dal parrucchiere una volta a settimana e che al mare fanno le rovesciate sul bagnasciuga per rimorchiare. In sottofondo al video ci sono dei remix scadenti di famose canzoni pop. Guardando questo video si potrebbe pensare che il mondo distopico immaginato nelle pubblicità della Nike esiste davvero: che non CR7, ma i video di CR7 sono entrati così a fondo nell’immaginario dei ragazzi da avergli avvelenato le sinapsi, facendoli diventare degli androidi in grado di muovere un numero non ricostruibile di volte le gambe attorno alla palla senza toccarla.
Provocando, potremmo ribaltare la distopia in utopia: vedere questo mondo in una luce positiva, immaginare un calcio del futuro pieno di ali tecnicamente iperdotate, in grado di far saltare ogni tipo di pressing o raddoppio di marcatura attraverso dei movimenti sempre più strani e articolati. I movimenti tecnici diventeranno dei veri propri brand dei calciatori, e verranno stampati come gif sopra le magliette (nel futuro ovviamente si potranno mettere le gif sopra le magliette al posto delle normali foto).
Negli anni ’80, prima dell’arrivo del gioco a zona e dei continui raddoppi di marcatura, gli uno-contro-uno rivestivano un ruolo chiave nel superare le linee di gioco. Per questo alcuni fotogrammi delle partite degli anni ‘70 e ‘80 somigliano a degli strani duelli da cavalleria rusticana, in cui le ali portano palla sfidando il terzino fino all’ultimo istante. Alcuni passaggi del gioco di Kishna prendono questo aspetto da documentario di National Geographic, il crudele gioco del predatore e la sua preda:
In altre parole, se devo dire uno dei motivi allora per cui mi piace Ricardo Kishna è che i suoi difetti, a partire dalla sua scarsa inclinazione associativa al gioco, lo rendono un giocatore affascinante. Il modo in cui porta palla, abbassa la testa, e usa le distanze tra palla, avversario e linea laterale lo fanno davvero somigliare a un’ala brasiliana degli anni ’70.
Ricardo Kishna in uno sport di squadra
È paradossale che un giocatore così narciso sia nato in un’accademia come quella dell’Ajax, nota per il suo richiamo al collettivismo. L’Ajax nel passato era conosciuto per regalare al calcio europeo giocatori calcisticamente irreprensibili, in grado di conoscere a fondo i movimenti di gioco. Eppure il Kishna che arriva alla Lazio è ancora l’embrione di un giocatore, troppo acerbo anche solo per intravedere il suo reale valore.
Sebbene sia impossibile rispondere alla questione in maniera chiara (perché l’Ajax non gioca più ad alti livelli? Perché la sua accademia non riesce più a forgiare dei campioni? Le domande e le loro implicazioni sarebbero infinite) una risposta su come è possibile che un giocatore come Kishna venga, nel 2015, partorito dall’Ajax può essere ritrovato nel calcio di Frank de Boer.
Il 4-3-3 di de Boer è un sistema abbastanza elastico, che lavora molto sullo scambio di posizioni dei centrocampisti. In fase offensiva le ali del tridente si aprono molto per concedere ampiezza e per offrire al centrocampo delle linee pulite e dirette di passaggio. Ricevuta palla gli esterni giocano quasi in “isolamento”, senza compagni vicino, puntando direttamente uno o più uomini, facendo largamente affidamento sulla proprie doti tecniche. Il tempo dell’uno-contro-uno degli esterni viene sfruttato da attaccanti e centrocampisti per attaccare l’area (Klaassen sta segnando valanghe di gol tramite inserimento da dietro).
Nel 4-3-3 dell’Ajax sono le ali a offrire profondità e non la punta centrale, Milik, che invece ama venire molto incontro al centrocampo o attaccare comunque la porta da lontano. Alle ali viene lasciata libertà di esprimere tutte le proprie qualità tecniche, e giocatori come El Ghazi, Kishna e Sinkgraven sono stati inseriti in un sistema che li ha invitati a mettersi in vetrina: una macchina da highlights.
Per questo motivo Kishna farà fatica ad ambientarsi subito nella Lazio di Pioli. Le distanze tra i reparti sono molto più corte e il tridente gioca con meno ampiezza. Nonostante le differenze di spazialità, come nell’Ajax anche nella Lazio a Kishna verranno delegati compiti di creazione di gioco: la Lazio in possesso fa uscire la palla verso il tridente in modo piuttosto diretto, dopodiché però l’azione è sempre accompagnata da diversi uomini, con l’interno che si inserisce e il terzino che accompagna, nelle ormai celebri “catene laterali” di Pioli.
Fino ad ora, nella sua breve carriera, Kishna è stato inserito su un “binario”: doveva sostanzialmente preoccuparsi solo di “fare la giocata”, di creare qualcosa. Alla Lazio gli verrà richiesta un’attitudine mentale più complessa, e spesso dovrà fare gioco senza il conforto della linea laterale vicino. Sarà insomma costretto a capire più in fretta il gioco, e non è detto che possa riuscirci.
Il primo pensiero che attraversa la mente di Kishna appena riceve palla è quello di saltare l’uomo. Per questo è legittimo definirlo un giocatore individualista: il passaggio di prima non è un’opzione contemplata e persino un passaggio interlocutorio, ma veloce, può diventare un problema (Kishna effettua mediamente 7 passaggi all’indietro a partita, contro i 16 di Candreva). Questo gli fa perdere dei tempi di gioco, preziosi per una squadra veloce e abbastanza verticale come la Lazio.
A questo punto lo avrete già capito, ma fa bene scansare ogni dubbio: Kishna non toglierà il posto né a Candreva né a Felipe Anderson. Non solo perché è un giocatore calcisticamente più acerbo, ma anche perché ha meno talento di loro, quando al talento aggiungiamo una dimensione atletica a quella puramente tecnica. Kishna è alto 1,87 metri, 7 centimetri più di Antonio Candreva, un’ala già più alta della media. Nonostante la sua incredibile coordinazione riesca in parte a dissimularlo, Kishna è un giocatore pesante. Riguardando i suoi dribbling ci si accorge di quanto lavoro debba fare per saltare l’uomo: ha sempre bisogno di ingannarli sul tempo, o con una finta, oppure lavorando pazientemente col fisico e i tocchi di suola. Al punto che viene da pensare che tutti i suoi preziosismi tecnici siano più frutto di un’esigenza che del leziosismo. Come altri giocatori non rapidissimi (mi viene in mente Ljajic) ha sempre bisogno di saltare l’uomo più volte, e di fare comunque cose complicate per riuscirci. Non è davvero lento, ma non ha la rapidità di Felipe Anderson nei primi metri, né la velocità pura di Candreva nello spazio ampio.
Anche la qualità del tiro verso la porta non è all’altezza delle due ali della Lazio. Non possiede la potenza di Candreva, né l’incredibile tecnica di Anderson, al contempo è comunque capace di fare gol così.
Un problema ben più grande sarà quello della fase difensiva. Kishna è sì abituato a linee di pressione alta, ma non sempre così intense. Le medie di tackle e intercetti a partita non sono neanche da calcio moderno (prossime allo zero).
Il progetto
Questo non significa però che Kishna non troverà i suoi minuti in campo. La Lazio dovrà affrontare tre competizioni e, al momento, Kishna sembra essere la prima scelta nella rotazione della ali, anche prima di Ravel Morrison. Le prospettive potrebbero farsi ancora più interessanti se Pioli decidesse di adottare spesso—come già fatto lo scorso anno—il 4-2-3-1. Forse sto viaggiando con la fantasia, ma Kishna potrebbe avere la stoffa per essere cucito nel ruolo di trequartista centrale, da vice-Mauri.
Apparentemente il capitano della Lazio e l’olandese sono due giocatori agli antipodi: il primo ha sviluppato un’abilità di giocare senza palla vicina alla perfezione di Thomas Müller, Kishna, nella sua vita sul binario di fascia dell’Ajax, si è limitato a elementari (e spesso indolenti) tagli in profondità. È difficile che l’olandese impari la disciplina zen che possiede Stefano Mauri nei suoi movimenti verso le seconde palle—forse potrebbe persino giocare nel sistema di Popovich—ma intanto ne possiede la fisicità. Col 4-2-3-1 la Lazio scavalca il centrocampo con i lanci più frequentemente, e il ruolo del trequartista è importante non solo nel recupero delle seconde palle offerte da Djordjevic/Klose, ma anche per andare a staccare in prima persona.
Se i ruoli dei giocatori in campo si decidessero in base alla loro fisicità non mi sognerei mai di levare Kishna dalla fascia centrale del campo.
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La scarsa attitudine associativa non deve far pensare che Kishna sia un cattivo passatore. Dopo aver dimostrato un sufficiente amore al pallone Kishna può trasformarsi in rifinitore, spesso un eccellente rifinitore. L’ultimo passaggio dell’olandese non è da sottovalutare: non si limita alla soluzione banale. Ma allo stesso tempo non è mai neanche una vera e propria invenzione, ci deve essere sempre un movimento palese davanti a lui. Kishna, insomma, è un ottimo rifinitore nell’esecuzione, ma non nella visione. Il suo ultimo passaggio arriva sempre quando proprio non può fare altrimenti, e in ogni caso sembra sempre il sigillo a un’azione personale, un modo come un altro per terminare un exploit.
In una recente intervista è stato lo stesso Kishna a dirsi sollevato di dover fare cose più complesse in campo: «Non vedo l'ora di provare la libertà che gli attaccanti hanno nel modo di giocare alla Lazio. C'è molto più dinamismo di quanto ne avevo nell'Ajax. Pioli vede per me un ruolo in tutte le posizioni d'attacco, ora però voglio concentrarmi a fare l'esterno sinistro, nonostante possa giocare anche a destra. In Olanda facevo anche il terzino, ma non era il mio ruolo». Nonostante le dichiarazioni piene di umiltà e spirito di sacrificio, Kishna è stato venduto precocemente dall’Ajax a causa dei suoi continui litigi con de Boer. La sua carriera può essere riassunta nei pochi, folgoranti mesi invernali giocati da titolare la scorsa stagione.
Per questo, quello che è arrivato alla Lazio non è un giocatore di calcio, ma un ventenne che gioca benissimo a pallone. I motivi per seguirlo in questa sua esperienza italiana sono sostanzialmente due. Il primo sta nella dolcezza, nell’erotismo e nell’originalità con cui tocca la sfera. Il secondo sta nel modo in cui Pioli proverà a plasmare un calciatore da un giocatore da strada, facendogli capire che il calcio, in fondo, è una cosa seria.