Questo articolo è uscito originariamente in inglese sul blog di Wyscout, la piattaforma video in cui è possibile visionare giocatori di tutti i livelli, di tutte le età e di tutto il mondo. Lo trovate a questo indirizzo.
Saint-Maximin deve andare oltre i dribbling
Di Daniele Manusia
Allan Saint-Maximin è arrivato al Newcastle la scorsa estate dopo tre stagioni da titolare in Ligue 1, ha ancora 22 anni ma gioca tra i professionisti da quando ne ha poco più di 16. Nel 2013 è diventato il più giovane di sempre a vestire la maglia del Saint-Etienne, che lo ha formato, poi è stato acquistato dal Monaco, che lo ha prestato per due anni ad Hannover e Bastia, prima di venderlo al Nice per 10 milioni (l’acquisto più costoso della storia del club, prima dell’arrivo di Dolberg per 20).
Il padre, un autista dell’università Diderot di Parigi, ricorda che è stato precoce nel camminare e nel parlare. Saint-Maximin è un superdotato dal punto di vista fisico, che da piccolo eccelleva in ginnastica e vinceva gare campestri e di decathlon, ma era anche un perfezionista che ci teneva ad andare bene in tutte le materie, forse anche grazie alla madre, insegnante.
Già a 12 anni era conosciuto a livello nazionale nel giro del calcio giovanile, giocando sempre con ragazzi più grandi di lui, due o tre anni sotto età nel Saint-Etienne. Tutti gli scout e allenatori che lo hanno visto da piccolo concordano sulla sua eccezionalità; Dominique Fernandez, osservatore dell’Asse, dice: «Non ho mai visto niente del genere in 20 anni di carriera».
Eppure, Allan Saint-Maximin non ha trovato spazio nel Monaco (in cui, va detto, aveva la concorrenza di gente come Bernardo Silva, Martial, Lemar, Mbappé) e la sensazione ancora oggi è che gli manchi qualcosa per diventare un giocatore di prima fascia.
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Ovviamente la specialità della casa è da sempre il dribbling. Forse per enfatizzare questo aspetto Saint-Maximin in un’intervista al Telegraph ha detto di “non essere stato allenato”, perché nelle giovanili ti insegnano a giocare a uno, due tocchi, mentre lui dribbla molto. Diciamo anzi che dribblare è quasi l’unica cosa che fa.
In realtà, al momento, il suo percorso più che quello di un diamante grezzo sembra quello di un predestinato che fatica a soddisfare le aspettative, di un potenziale fenomeno che per ora è solo un giocatore divertente da guardare. «So che ai tifosi piacciono i dribbling. Ma voglio fare anche gol e assist, dopo», ha detto in un’altra intervista, sul canale del Newcastle. «Perché le partite non si vincono con i dribbling».
Da inizio stagione ha tentato 73 dribbling in totale (Zaha 101, ma con il doppio dei suoi minuti), 9 ogni novanta minuti, di cui la maggior parte riusciti (5.4 contro 3.6 falliti). Sono numeri impressionanti, soprattutto per un esordiente nel campionato più frenetico e duro d’Europa, ma Saint-Maximin ha segnato finora un solo gol, peraltro di testa (!).
Ci era già andato vicino contro l’Aston Villa (partita in cui i dribbling che ha tentato sono stati addirittura 15) con un bel tiro angolato, ma dato che la maggior parte delle sue conclusioni partono da fuori area (1.2 su 2.1 che fa in media ogni 90’) il coefficiente di difficoltà è sempre altissimo.
È persino troppo scontato dire che Saint-Maximin deve migliorare sul piano del decision-making, e che forse una squadra difensiva come il Newcastle, che ha segnato solo 15 gol da inizio stagione (il terzo peggior attacco del campionato), in cui dribbla praticamente solo lui (a partita il Newcastle tenta in media 10.3 dribbling), probabilmente non lo sta aiutando.
Ma è forse anche il suo stile nei dribbling a complicargli la vita.
Come detto, con l’Aston Villa ha giocato una delle sue migliori partite, ma ha anche fallito un’occasione a tu per tu con il portiere e sprecato almeno un contropiede, in cui dopo aver portato palla per una cinquantina di metri ha passato male la palla ad Almiron facendogli sbagliare il controllo. I difensori del Villa (come tutti quelli di Premier League) faticavano a prenderlo, ma in più di un’occasione Saint-Maximin è andato a sbattere contro i suoi stessi limiti.
Partendo da sinistra può condurre palla con il destro minacciando in continuazione di rientrare all’interno del campo, con una buona frequenza di passi e tocchi di palla. Se gli avversari gli lasciano la corsa lungolinea si allunga la palla, al limite poi si ferma e crossa col destro. Il controllo ravvicinato, la forza nella gambe con cui protegge bene palla e si gira rapidamente negli spazi stretti, ruotando verso sinistra in modo da tenere l’avversario alle spalle, gli garantiscono la possibilità di uscire palla al piede quasi in ogni situazione. L’avversario che lo mette più in difficoltà è la linea del fallo laterale.
Comincia l’azione a sinistra, sterza a destra e porta palla magari per qualche decina di metri, poi frena davanti a un avversario e torna a sinistra usando l’interno del piede, poi si ferma ancora, gira su stesso e torna a correre in diagonale verso destra.
E però, questo continuo improvvisare è un’arma a doppio taglio. Perché mentre lui trova lo spazio per chiudere si chiudono altri spazi, quelli per l’assist magari, e i compagni faticano a capire in anticipo dove può andare - e quando lo fanno, faticano ad andargli dietro. Così, quando può alzare la testa e mettere la palla in area Saint-Maximin sembra non aver fantasia. Passa dall’onnipotenza all’impotenza nel giro di una frazione di secondo.
L’azione che forse esemplifica meglio questo aspetto del suo gioco è quella illustrata qui sopra. Con un avversario addosso, sul lato destro del campo, Saint-Maximin in apparenza sembrerebbe poter usare solo il piede sinistro per crossare, altrimenti deve tornare indietro. Invece, con un tocco sensibilissimo ed esplosivo di esterno destro, brucia il suo avversario sul posto. Nel tempo in cui il suo marcatore si gira Saint-Maximin è già all’interno dell’area di rigore, quasi sulla riga di fondo.
Da lì in teoria può mettere una delle palle più pericolose in assoluto, un passaggio all’indietro che va incontro all’attaccante, ma la sua palla è forte e imprecisa, più che andare incontro sbatte su un suo compagno e poi sfila fuori area. All’inizio dell’azione Saint-Maximin è stato fenomenale ad aprirsi uno spazio che sembrava non esistere, che probabilmente solo lui avrebbe trovato, un attimo dopo però non ha trovato un passaggio che a molti giocatori meno tecnici di lui sarebbe riuscito.
1.5 passaggi chiave (sempre in media su 90’) sarebbe anche un buon dato, se non Saint-Maximin non lasciasse l’impressione di arrivare al momento dell’ultimo passaggio sempre scarico mentalmente, eseguendo poi passaggi imprecisi, o troppo forti, perché sempre improvvisati, decisi all’ultimo.
Le partite non si vincono con i dribbling e il calcio non è una gara di velocità. Saint-Maximin lo sa bene e sa bene cosa gli manca. Riuscirà uno dei giocatori più divertenti della Premier League a diventare anche uno dei più efficaci? Non sarà facile, ma se dovesse riuscirci a quel punto davvero nessuno potrebbe fermarlo.
Pépé deve ancora integrarsi nell’Arsenal
Di Dario Saltari
Nicolas Pépé non sta certo vivendo l’arrivo trionfale in Premier League che forse si aspettava quando quest’estate è stato acquistato dall’Arsenal per una cifra vicina agli 80 milioni di euro. L’ala ivoriana ha segnato solo un gol in campionato fino ad adesso, e dopo un inizio di stagione difficile aveva anche perso il posto da titolare con Emery. Sta soffrendo il momento difficile di tutto l’Arsenal, ovviamente, ma anche il suo stesso gioco, così ossessivamente basato sull’uno contro uno, in un campionato in cui i difensori sono più veloci, più atletici, più tecnici rispetto alla Ligue 1.
Nonostante ciò, se c’è un modo per vedere il bicchiere mezzo pieno è quello di prendere la statistica dei dribbling riusciti. Perché, nonostante tutte queste difficoltà, Pépé è comunque uno dei giocatori che è riuscito più spesso a superare l’avversario in dribbling. Gli è riuscito 4.3 volte ogni 90 minuti su un totale di 6.8 tentati, meno (tra i giocatori con almeno 400 minuti di gioco) solo di Boufal, Saint-Maximin, Zaha e Adama Traoré.
Di fatto, a Pépé riescono quasi esattamente due dribbling su tre. E quindi forse si può sperare che le cose per lui miglioreranno, quando anche l’Arsenal inizierà a giocare meglio.
Nicolas Pépé ha 24 anni, gioca ai massimi livelli da tre, eppure sembra ancora un giocatore da street soccer. Non che sia necessariamente una cosa negativa: Pépé con il pallone tra i piedi ha delle idee originali, con un’interpretazione del dribbling barocca che nella sua versione migliore è davvero affascinante da vedere in campo – soprattutto in Premier League, dove l’atletismo esasperato e l’organizzazione tattica sempre più spiccata sembra livellare tutti i giocatori rendendoli indistinguibili.
Il dribbling di Pépé si basa in primo luogo sull’attesa che il difensore avversario faccia la prima mossa – sul dare l’illusione, cioè, di poter intervenire facilmente sul pallone e sulla fiducia di riuscire a spostarlo all’ultimo momento utile. In questo senso, il suo è innanzitutto un gioco di inganni e il modo in cui supera l’avversario assomiglia a come le piante carnivore attirano gli insetti nelle loro fauci illudendoli di poterci entrare senza preoccupazioni.
Per esempio, spostando il pallone all’ultimo secondo con l’esterno oppure passandoselo velocemente a due tocchi da un piede all’altro, o ancora attirandolo a sé con la suola per eludere l’intervento avversario.
La distribuzione dei dribbling tentati da Pépé in questa stagione.
Al contrario della pianta carnivora, però, Pépé può rimanere fagocitato dal difensore avversario, cosa che gli succede spesso ad esempio quando non riesce a controllare il pallone in corsa o quando la sua tecnica nello stretto non riesce a sorreggere l’ambizione dei suoi dribbling. E per questo motivo, il confine tra l’eccitazione e la frustrazione nel vederlo giocare è molto più sottile che in altri calciatori.
Nei suoi momenti migliori, però, Pépé riesce davvero a essere uno di quei giocatori capaci di riempire un video di skills su YouTube con una singola partita, con una tecnica nello stretto che gli permette di utilizzare ogni parte del piede in una singola azione.
E questa non può che essere una buona notizia per i tifosi dell’Arsenal, in attesa che maturi in tutti gli altri aspetti del suo gioco, a partire da quello realizzativo. Aspetti che sono necessari a mettere la sua tecnica e i suoi dribbling al servizio di un gioco collettivo che ne massimizzi le qualità.
Wilfried Zaha e il prezzo della creatività
Di Emanuele Atturo
A giugno, come in ogni estate, il nome di Wilfried Zaha ha riempito le pagine dei siti di calciomercato. È stato accostato al Manchester United, all’Inter, al Napoli, all’Arsenal. Alla fine, però, come in ogni estate Wilfried Zaha è rimasto al Crystal Palace, che ha continuato a resistere alle offerte chiedendo una valutazione altissima, vicina agli 80 milioni di sterline. Il motivo dell’interesse per Zaha è facilmente spiegabile: da anni è uno dei migliori specialisti nell’arte del dribbling.
In un’epoca in cui la ricerca di spazi è sempre più pressante nel calcio, il dribbling è diventato un fondamentale sempre più ricercato e al contempo raro. È uno dei lati meno allenabili e più istintivi di un calciatore, ha a che fare col suo rapporto col pallone e con un senso dell’inganno che è fra gli aspetti più misteriosi del calcio. Per sintetizzare, ci sono due modi principali per dribblare: usando la tecnica e usando le doti atletiche. Il primo è indispensabile negli spazi stretti e il secondo negli spazi larghi. Zaha eccelle in entrambe le categorie e può dribblare l’avversario davvero come vuole: accelerando e allungandosi il pallone oppure con i trick in spazi più stretti. Certo, la sua sensibilità tecnica non arriva a dei livelli d’élite, ma Zaha compensa con una straordinaria creatività, che la sua squadra sollecita in modo piuttosto estremo.
I tanti dribbling (riusciti) di Zaha.
Lo stile di gioco di Zaha è infatti fortemente condizionato dal sistema del Crystal Palace di Roy Hodgson, una squadra reattiva che ama attaccare con transizioni lunghe dove l’ala ivoriana è sempre la prima opzione ricercata. Da qui le statistiche sempre impressionanti di Zaha: quest’anno ha 7.1 dribbling tentati per 90 minuti, con una percentuale di successo altissima (ne completa 4.8). Zaha parte da sinistra e conduce palla con l’esterno, poi di solito esegue una finta - un doppio passo, un tocco di suola - prima di sterzare da un’altra parte. Ecco un’azione tipica di Zaha. Anche quando ha l’uomo addosso Zaha è comunque pericoloso, con un uso della suola abbastanza raffinato. Per il suo estro e la sua creatività e la capacità di creare continuamente superiorità numerica, Zaha è una risorsa irrinunciabile per una squadra come il Crystal Palace, non brillantissima nella produzione offensiva e che deve affidarsi alle sue migliori individualità.
Zaha ha quindi molte responsabilità nel sistema della sua squadra, ma al contempo non riesce a essere molto produttivo nella definizione dei gol. La scorsa stagione è stata la sua migliore sul piano realizzativo, con 10 reti e 5 assist, molti ma forse non abbastanza per giustificare la valutazione del Crystal Palace. In questa stagione ha iniziato con alcune prestazioni opache e finora ha messo insieme appena 2 gol e un assist, ma nelle ultime giornate sembra in ripresa e ha giocato una partita notevole contro il Liverpool. Zaha quindi non è ancora un calciatore molto efficace in un calcio in cui alle ali viene chiesto un certo contributo realizzativo, ma non è chiaro se questo sia legato alle sue caratteristiche e quanto a un sistema che gli richiede di ricevere la maggior parte delle volte con i piedi sulla linea laterale.
A gennaio non è detto che Zaha rimanga al Crystal Palace, e a 27 anni è arrivato forse il momento di vederlo in un sistema che lo faccia uscire dalla sua comfort zone.
Sofiane Boufal e dribblare senza essere i più veloci
Di Emanuele Mongiardo
Nell'estate del 2017 Sofiane Boufal è l'acquisto più costoso della storia del Southampton. Dopo ottime stagioni al Lille le aspettative erano alte ma il marocchino non è riuscito a imporsi. I Saints sono rimasti invischiati nella lotta salvezza e Boufal sul finale di stagione è addirittura finito fuori rosa: aveva rifiutato di riscaldarsi contro il Chelsea e per punizione Hughes lo aveva mandato ad allenarsi con l'Under-23.
In estate è stato ceduto in prestito al Celta Vigo, altra squadra disfunzionale e coinvolta nella bagarre per non retrocedere. Nonostante una stagione grigia, in oltre 2000 minuti Boufal completa 6,2 dribbling ogni 90'. Cifre notevoli, che dicono molto su quale sia la sua caratteristica più brillante: il dribbling appunto.
Tornato in Inghilterra in estate, Boufal sembra intenzionato a imporsi nel Southampton. Hasenhuttl è un allenatore diverso da Hughes, che cerca di proporre un calcio più strutturato sia nel pressing che nella costruzione offensiva. Boufal gioca la sua prima partita da titolare alla quarta giornata contro lo United, anche a causa degli infortuni di Djenepo e Redmond.
Nel 3-4-3 dei Saints i trequartisti devono alternare movimenti verso l'esterno per aiutare le catene laterali e ricezioni nei mezzi spazi. Boufal è funzionale a entrambi i tipi di sviluppo e sa adattare il suo istinto per il dribbling alle diverse zone di campo.
Tutto nasce dalla straordinaria sensibilità dei piedi, in grado di dominare il possesso anche negli spazi più risicati. La tecnica sopra la media traspare dal modo in cui, con ogni tocco, regola la distanza dal pallone, sia nelle conduzioni che negli stop orientati. Tra le linee cerca di saltare l'uomo già col primo controllo. Se è girato di spalle legge in anticipo la pressione dell'avversario per indirizzare la palla nello spazio liberato dalla sua uscita e guadagnare la visuale della porta.
Quando invece riceve frontalmente possiede un ampio ventaglio di soluzioni per saltare l'uomo. Boufal non è particolarmente rapido in conduzione, ma ha un portamento leggero che lo rende agile negli spostamenti laterali. I suoi cambi di direzione sono flessuosi, non ha bisogno di spezzare la corsa all'improvviso. Il controllo del pallone e del corpo nelle virate gli permette di rubare il tempo al difensore anche quando è posizionato bene e sembra poterlo seguire: Boufal ha sempre in pugno il contesto dell'uno contro uno.
Se c'è poco spazio per tentare il cambio di direzione, allora ricorre a tutte le sue doti elusive per far perdere l'equilibrio all'avversario o portarlo fuori posizione. Muove il bacino e le gambe per fintare il dribbling o la virata nel tentativo di far battezzare un lato al difensore e invitarlo al tackle. Se chi lo affronta abbocca, allora si libera spazio per il cambio di direzione laterale: a quel punto non ha difficoltà a spostare la sfera e saltare l'uomo.
Oltre al pallone, quindi, Boufal sa manipolare le decisioni degli avversari. Discorso valido non solo nell'uno contro uno frontale, ma anche quando viene aggredito di lato o alle spalle. Sia sulla fascia, sia nel mezzo spazio, il marocchino ha poche difficoltà a girarsi verso la porta. Se gli avversari sono corti però, devono coprire meno spazio per rinvenire su di lui. Boufal potrebbe continuare a condurre, ma non ha la velocità pura per staccare subito gli avversari, né la forza per resistere al duello spalla a spalla. Conscio dei suoi limiti rallenta, invita il marcatore a tamponarlo da dietro o dal lato e poi riparte all'improvviso. Esegue una virata e sfrutta l'agilità nei movimenti laterali per tagliare la strada all'avversario, scivolargli davanti e frapporsi tra lui e il pallone. A quel punto se lo è messo alle spalle e può riprendere la conduzione.
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I dribbling di Boufal sono un buon lubrificante per la manovra dei Saints. Salta l'uomo 6,8 volte ogni 90', primo in Premier tra i giocatori con almeno cinque presenze: dato utile soprattutto per Hasenhuttl. Per noi spettatori invece è un piacere ammirarne i dribbling per la tecnica e il talento che esprimono, per la creatività tipica dei trequartisti nordafricani. L'ex Lille sa controllare il pallone d'interno, d'esterno o con la suola e non si fa problemi a usare anche il piede debole (il sinistro).
Una sensibilità che brilla soprattutto nello stretto, dove senza la tecnica non esistono vie di fuga: Boufal si incunea in spazi asfittici e accompagna il pallone nei corridoi liberi, muovendolo più velocemente di quanto possano reagire le gambe dei difensori. L'attitudine al controllo sul breve è il motivo per cui cerca così spesso il tunnel, soluzione inaspettata che con lui diventa regola. Nei dribbling di Boufal, nei tentativi di far passare il pallone tra le gambe dei difensori, c'è il piacere primordiale di sentirsi superiore agli altri, come fosse ancora al campetto.