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Come si pressa nella Serie A 2020/21
15 apr 2021
La breve pausa estiva e un calendario fitto hanno influito sul modo in cui le squadre provano a recuperare il pallone.
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Forse non è una sorpresa, ma in Serie A si pressa meno che negli anni passati. È un declino che coinvolge tutti i principali campionati europei, e non è difficile rintracciare le cause. Si sta giocando una stagione anomala, il calendario è fitto di partite e in estate non c’è stata una vera e propria preparazione fisica, e anche l’assenza di pubblico può aver contribuito in qualche modo. Più in generale manca il tempo adeguato per recuperare e allenarsi, e non è strano allora che i dati associati al pressing, la cui riuscita è collegata in modo chiaro alla condizione fisica e al tempo speso a perfezionarlo con gli allenamenti, siano in calo.

La questione l’aveva affrontata Tom Worville su The Athletic già a dicembre, concentrandosi sulla Premier League. Worville aveva fatto riferimento alla proporzione di tocchi pressati nella zona di campo che va dalla trequarti difensiva alla porta avversaria, e aveva notato che solo il dato dell’Aston Villa era in crescita rispetto alla scorsa stagione. Il declino era però evidente anche negli altri campionati: in Serie A, dopo il picco toccato nella stagione 2018-19, i numeri erano in calo lo scorso anno e sono ulteriormente diminuiti nel campionato in corso.

Se si tiene come riferimento il dato sulle pressioni alte - cioè nell’ultimo terzo di campo - consultabile su FBref grazie ai dati forniti da StatsBomb, la squadra migliore di quest’anno, l’Atalanta, sarebbe solo quinta due stagioni fa, nell’ultimo campionato non condizionato dalla pandemia di Covid-19. Quell’anno in testa alla classifica c’era il Napoli, con 47,6 pressioni alte in media a partita: oggi all’Atalanta ne bastano 37,9 per stare davanti a tutte.

Non è l’unico dato in cui l’Atalanta stacca le altre. Quella di Gasperini è la squadra che tiene il baricentro più in alto e che recupera più palloni in zona offensiva (i dati in questo caso sono di Alfredo Giacobbe). Per i rischi che accetta e il particolare uso delle marcature a uomo, l’Atalanta è ancora un’anomalia in Serie A. Se infatti molte squadre marcano a uomo, nessuna le interpreta in modo così aggressivo e orientato all’anticipo come quella di Gasperini. Il pressing non è utilizzato solo in senso difensivo, per ostacolare la manovra avversaria, ma prepara le condizioni per un contrattacco con la squadra avversaria sbilanciata. Dopo il recupero, chi ha la palla di solito è in una situazione favorevole e può giocarla velocemente in verticale: non è pressato e ha davanti almeno un paio di compagni che possono ricevere il passaggio, visto che i vari sistemi dell’Atalanta prevedono sempre almeno tre giocatori in zone avanzate, uno al centro e due nei mezzi spazi a destra e a sinistra.

Il gol di Duván Zapata contro il Milan è un buon esempio. All’origine c’è un anticipo di Romero su Rebic vicino al cerchio di centrocampo, e nello sviluppo della ripartenza, dopo un passaggio da Tolói a Pessina, è lo stesso Romero a rifinire dal centro della trequarti, avendo a destra Ilicic e a sinistra Zapata. A ricevere l’assist è il colombiano, che supera Donnarumma calciando con il sinistro sul palo più vicino.

L’Atalanta resta comunque un caso unico, perché nessun’altra squadra punta così forte sui duelli, e sa usarli così bene come base di partenza per i contrattacchi. Di norma è infatti più semplice ripartire dopo aver intercettato un passaggio, perché la riconquista è più pulita, chi recupera la palla è già orientato verso la porta avversaria, non ha un avversario davanti e può preparare con più comodità la giocata successiva. Nei duelli ci sono più variabili e una dose maggiore di casualità, dovuta principalmente alla presenza di un avversario, che rende più difficile il recupero della palla e può intervenire sul tentativo di contrattacco. I duelli poi richiedono certe abilità, nel fisico e nel tempismo, che non tutti possiedono, mentre un intercetto è alla portata di tutti, se chi difende intuisce in anticipo il passaggio.

Più in generale, comunque, anche l’Atalanta pressa meno che negli ultimi due anni, specie dalla trequarti offensiva in giù, e il suo dato sulle pressioni nell’ultimo terzo di campo è il più alto del campionato soprattutto perché le altre squadre sono calate in modo netto. Forse c’entra il fatto che il progetto tattico di Gasperini è, insieme a quello di Simone Inzaghi alla Lazio, il più duraturo del campionato. I bergamaschi si muovono ormai a memoria e in una stagione così difficile, che lascia poco tempo per perfezionare concetti tattici complessi, questo aspetto fa la differenza.

È vero che non sempre le vittorie hanno un significato più ampio, o danno chiavi di lettura sullo stato o il livello di un movimento, ma non è nemmeno casuale che a vincere con ogni probabilità lo scudetto sarà la squadra più solida nella difesa posizionale: l’Inter. I suoi dati sono contrastanti: è seconda per baricentro medio e quarta per pressioni nell’ultimo terzo di campo, ma è poco sopra la media del campionato per PPDA, una misura un po’ grezza ma comunque significativa dell’intensità del pressing, e per recuperi offensivi. Rispetto allo scorso anno sono poi molto calate le pressioni nella zona tra la trequarti difensiva e la porta avversaria: da 100,7 in media a partita a 87,4.

L’Inter è insomma una squadra sempre più a suo agio a difendere abbassandosi e coprendo in modo accentuato il centro con il suo 5-3-2. È una soluzione che i nerazzurri adottano soprattutto quando sono in vantaggio, mentre invece quando il risultato è in equilibrio alternano con più continuità contenimento nella propria metà campo e momenti di pressing.

Un’altra squadra che rispetto a un anno fa pressa molto meno nell’ultimo terzo di campo è la Juventus. I motivi sono molteplici: il passaggio di consegne da Sarri a Pirlo, e il poco tempo che quest’ultimo ha avuto per allenare la squadra a pressare in un certo modo, le caratteristiche dei giocatori, e in particolare la scarsa propensione al pressing della prima linea, che indebolisce fin dall’inizio i tentativi di pressare la costruzione avversaria.

Eppure la volontà di riconquistare subito la palla era uno dei pochi concetti ribaditi da Pirlo nelle prime interviste, quando ancora si sapeva poco o nulla delle sue idee. A inizio stagione la Juventus in effetti ha provato a rispettare questo concetto, ma col passare del tempo le difficoltà a pressare con efficacia hanno portato i bianconeri a essere più prudenti, ad abbassare le linee per non concedere spazi all'interno del loro schieramento.

Il sistema difensivo, il 4-4-2, è rimasto una costante, ma la priorità, invece della riconquista veloce, è diventata la copertura del centro, con due linee il più possibile strette e corte per indirizzare sulle fasce la manovra avversaria. Le coppie formate da esterno e terzino si orientano sugli avversari sulle fasce, e quando la squadra scivola orizzontalmente sono i primi a uscire in pressione. Quando invece la palla è al centro, dalla linea esce di solito un centrocampista in pressione individuale, mentre i compagni restano in posizione. Se un avversario si muove alle spalle del centrocampista uscito, a prenderlo in consegna uscendo in avanti è un difensore centrale.

La pressione comunque non è mai troppo intensa, gli avversari sono seguiti o pressati a una certa distanza, e l’obiettivo è di ostacolare la manovra più che interromperla, di aspettare un errore più che di recuperare la palla. È una tendenza che, più in generale, caratterizzava già la Serie A e che oggi è diventata la norma, visto che quasi tutte le squadre pressano meno rispetto agli anni passati. Creare strutture di pressing complesse, che mirano al recupero della palla e al contrattacco in situazioni favorevoli, è ancora più difficile in una stagione in cui sono spesso mancate le condizioni e il tempo per organizzarle.

I dati bassi sulle pressioni della Juventus vanno comunque collegati a quelli sul possesso. Banalmente, più si tiene la palla e meno è necessario pressare per recuperarla, e non è un caso che in fondo alla classifica delle pressioni ci siano Juventus e Sassuolo, le due squadre che tengono il pallone per più tempo, e che poco sopra ci sia il Napoli, al terzo posto nella classifica del possesso palla. Rispetto agli azzurri e al Sassuolo, comunque, la Juventus pressa meno nell’ultimo terzo di campo, e un po’ di più dalla trequarti offensiva in giù, un altro indizio della tendenza a difendere più in basso e a concedere una prima costruzione più agevole agli avversari.

Per quanto riguarda il Napoli, colpisce il suo valore di PPDA, il terzo peggiore del campionato. Solo Benevento e Udinese, due delle squadre che più di tutte difendono basse e non pressano, concedono alle avversarie più passaggi del Napoli prima di compiere un’azione difensiva (un contrasto, un intercetto o un fallo). Allo stesso tempo, il dato sui recuperi offensivi del Napoli è simile a quello della Juventus, che ha invece il terzo miglior valore di PPDA del campionato, dopo Sassuolo e Atalanta.

Negli ultimi due campionati, il Napoli era in testa alla classifica delle pressioni nell’ultimo terzo di campo. Anche se ora pressa meno, il suo dato è comunque molto più alto di quelli di Udinese e Benevento. Forse questi contrasti tra le varie statistiche si spiegano con l’alternanza di atteggiamenti del Napoli. A seconda dei momenti e delle avversarie, gli azzurri oscillano tra fasi più aggressive e altre più prudenti in cui aspettano nella propria metà campo e concedono molti passaggi alla manovra avversaria.

Se si parla di fase difensiva, le idee di Gattuso sono infatti meno rigide di quelle di De Zerbi, che invece ama dominare il possesso e cerca con più continuità la riconquista immediata della palla. Anche se ha buoni dati nelle pressioni alte e nel PPDA (il migliore in assoluto), il Sassuolo è però sotto la media del campionato per recuperi offensivi, un segno che dal pressing i neroverdi ricavano poco in termini offensivi, di occasioni create contrattaccando dopo aver recuperato la palla. In parte può dipendere dalle reazioni delle avversarie: una soluzione comune per evitare il pressing è il lancio lungo, che di certo non è il modo più agevole per continuare l’azione ma almeno non fa perdere la palla in zone pericolose. L’avversione per il rischio, la tendenza a minimizzare situazioni potenzialmente sfavorevoli se non gestite con cura, è d’altra parte molto presente, forse ancora più che in passato, tra gli allenatori italiani.

Almeno a livello difensivo, Stefano Pioli rappresenta un’eccezione, e il suo Milan è anche quest’anno una delle squadre che in assoluto pressano di più: la terza dopo Sampdoria e Genoa per il dato medio di pressioni a partita, a prescindere dalla zona di campo. Il pressing del Milan non inizia sempre dai primi passaggi delle avversarie (le pressioni alte sono poco sopra la media del campionato) ma, nella fascia centrale tra le due trequarti, la squadra di Pioli è terza per pressioni portate, dopo Sampdoria e Atalanta. Il Milan cioè prova a indirizzare la costruzione avversaria in una certa zona, e una volta che la palla supera la trequarti pressa con aggressività per recuperarla.

Non è però una strategia che ha sempre successo, e i dati sui recuperi sono bassi rispetto alla quantità di pressioni. Nei periodi di forma peggiori, e prima che l’ingresso in squadra di Tomori aggiungesse alle spalle delle prime linee un difensore abile nei recuperi se il pressing in zone avanzate va a vuoto, il rendimento del Milan è calato anche perché pressava male. C’entrano anche i tanti infortuni, che in certe situazioni hanno tolto a Pioli alcuni giocatori fondamentali per il pressing (Bennacer, Calhanoglu, Rebic), ma in generale il bilancio tra gol segnati e occasioni create grazie al pressing, e quelle invece subite per pressioni andate a vuoto non è sempre stato in equilibrio.

Un gol segnato dopo un recupero alto: quello di Rebic contro la Roma.

Magari gli esiti non sono sempre stati quelli voluti, ma il rendimento del Milan nell’ultimo anno e mezzo è stato costruito anche attorno all’aggressività della sua fase difensiva, e la scelta di una strategia più prudente nei momenti di difficoltà avrebbe snaturato l’identità dei rossoneri. Non significa che Pioli non sia intervenuto. Dopo la sconfitta contro l’Inter ha cambiato movimenti e uscite per avere un po’ più di protezione al centro, ma sempre senza rinunciare al pressing e all’idea di recuperare presto la palla.

I dati sulle pressioni della Roma dalla trequarti difensiva alla porta avversaria sono simili a quelli del Milan, ma il modo di difendere dei giallorossi è davvero peculiare. Anche la squadra di Fonseca non è molto aggressiva sui primi passaggi, ma si orienta meno sugli avversari e cerca di mantenere uno schieramento corto, con la linea difensiva alta e i reparti vicini. L’idea è di concentrare gli interventi difensivi ad altezze medie senza concedere la profondità dietro la difesa, un compromesso spesso difficile da raggiungere, perché il pressing in zone avanzate non è continuo e, concedendo con una certa comodità i primi passaggi, in teoria gli avversari hanno dei margini per disordinare lo schieramento o andare diretti dietro la linea difensiva. È anche per questo che i dati sui recuperi offensivi e le pressioni in zone alte sono simili a quelli del Milan, e invece nel primo terzo di campo la Roma pressa molto meno dei rossoneri.

Chi ha la palla non è pressato, ma la difesa resta alta.

Più in generale, la squadra con il dato di pressioni più alto è, a sorpresa, la Sampdoria. Claudio Ranieri è conosciuto come un maestro del 4-4-2, un allenatore della vecchia scuola poco incline a prendersi dei rischi, e invece guida una delle due squadre (l’altra è il Cagliari) che pressano di più rispetto alla scorsa stagione. C’entra il fatto che la Samp tiene poco la palla, e passa quindi molto più tempo senza, ma i blucerchiati non si difendono aspettando e anzi il loro dato sulle pressioni in zone avanzate, negli ultimi 70 metri, è il più alto del campionato, migliore anche di quello dell’Atalanta.

Il 4-4-2 della Sampdoria è un po’ più orientato all’uomo rispetto a quello della Juventus, specie sulle fasce. Le marcature tra terzino ed esterno sono piuttosto definite, senza scambi, e non è raro che l’esterno copra tutta la fascia per seguire il terzino avversario. Anche al centro le zone di competenza dei due centrocampisti sono piuttosto ampie, non solo nelle uscite in avanti, ma anche nei ripiegamenti per seguire l’avversario che si inserisce. I recuperi non sono molti rispetto alle pressioni, ma se ci si limita a quelli avanzati il dato della Sampdoria è identico a quello del Milan e leggermente inferiore a quelli di Juventus e Napoli.

Qui Damsgaard sta andando a pressare Di Lorenzo, Thorsby esce in avanti su Demme ma poi lo lascia a Gabbiadini, Jankto invece segue Fabián Ruiz.

La spinta verso modi di difendere più aggressivi sembra insomma arrivare dal basso, e non solo per il fatto che le squadre meno attrezzate a livello tecnico passano la maggior parte del tempo senza la palla. Nella classifica dei recuperi offensivi, subito dietro l’Atalanta ci sono Verona e Bologna, due squadre che pressano con uno spiccato orientamento all’uomo, e al quarto posto c’è invece lo Spezia.

Per il rapporto tra risorse a disposizione e risultati, e il modo ambizioso con cui sono stati ottenuti, Vincenzo Italiano è tra i migliori allenatori del campionato. Il pressing dello Spezia è sofisticato, tiene conto di molti dettagli e assegna compiti specifici a ogni giocatore, anche in base ai punti di forza e alle debolezze degli avversari, combinando marcature individuali e copertura degli spazi. Il miglior esempio l’ha dato la partita contro il Milan, vinta 2-0 e dominata anche grazie a una prestazione eccezionale a livello difensivo.

In quel caso a destra, sul lato di Theo Hernández e Leão, le marcature erano più rigide: Gyasi seguiva Theo su tutta la fascia, fino ad abbassarsi sulla linea difensiva, il terzino destro (Vignali) marcava Leão. A sinistra il terzino (Bastoni) aveva come riferimento Saelemaekers, mentre Saponara pressava Dalot, ma non seguiva le sue sovrapposizioni, a differenza di quanto faceva Gyasi con Theo sul lato opposto. Italiano aveva accettato l’inferiorità numerica sul lato sinistro ma era ovviamente un rischio calcolato non solo sui pericoli che poteva creare Dalot, di certo inferiori rispetto a quelli che invece poteva causare Theo Hernández, ma anche sulla necessità di non sprecare le energie di Saponara, per averlo più lucido quando gestiva la palla.

Al centro le consegne erano ancora più elaborate. I due difensori centrali non si limitavano a darsi copertura reciproca mentre l’altro marcava Ibrahimovic, ma uscivano in modo aggressivo su Calhanoglu ai fianchi di Ricci. Più in avanti ad Agudelo toccava la pressione su Romagnoli, partendo distante e leggermente spostato sulla destra, mentre lo spazio centrale era lasciato ai tre centrocampisti, che senza avere riferimenti fissi si occupavano di pressare la costruzione del Milan quando la palla era tra i piedi di Kjaer, Kessié e Bennacer, alternando uscite in avanti e copertura delle linee di passaggio.

Insomma, si trattava di un piano complesso che il Milan aveva provato a sabotare cambiando più volte lo schieramento a inizio azione, ma che lo Spezia aveva eseguito con una precisione e un’intensità impressionanti.

In questo caso Agudelo copre la linea di passaggio verso Romagnoli, Estévez copre Calhanoglu, Gyasi tiene d’occhio Theo Hernández, mentre Saponara ha lasciato andare Dalot alle sue spalle. Ricci e Maggiore si sono alzati nelle zone di Kessié e Kjaer.

La proposta ambiziosa dello Spezia è una rarità nella zona bassa della classifica, dove è ancora molto forte l’idea che per ridurre il divario con le avversarie più attrezzate sia necessario innanzitutto minimizzare i rischi, e quindi difendere basso coprendo in modo accentuato il centro. È una strada che, a un livello più alto, sta portando al successo l’Inter ma resta difficile prendere un campionato così strano, così condizionato da fattori esterni al di fuori del controllo degli allenatori, come riferimento per riflessioni più generali sul calcio italiano, sulla sua evoluzione dal punto di vista tattico. Di certo però non è stato un campionato da ricordare per quanto ha proposto a livello difensivo.

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