“Domenica: chiuso. Lunedì: chiuso. Martedì-mercoledì e giovedì: 17.30-19. Venerdì: chiuso. Sabato: 10-16”. Fanno dieci ore e mezza totali d’apertura a settimana. E penso che forse è così che si diventa il Paese più ricco del mondo. È questa la seconda scritta che vedo dopo essere entrato in Liechtenstein: è l’orario stampato sulla porta di una bottiglieria di Balzers, il primo comune che s’incontra arrivando da sud.
Il primo cartello, enorme, l’ho visto pochi minuti prima alla fine di un ponte sul Reno che è anche una frontiera invisibile con la Svizzera: nel cartello - con in basso la scritta “Per favore, allacciate le cinture” - è disegnato l’interno di un abitacolo, il conducente che guarda a bocca aperta il sedile del passeggero vuoto e un grosso buco su un parabrezza distrutto che dovrebbe simulare il volo dell’incauto passeggero.
Dentro quel buco, e tutt’intorno, ma non poi molto più intorno, c’è il Liechtenstein, il quarto Stato più piccolo d’Europa (dopo Città del Vaticano, Monaco e San Marino), il Paese con il Pil pro capite più alto del pianeta (dati Cia World Factbook), il maggior produttore mondiale di denti finti, nonché l’unica federazione affiliata alla UEFA a non organizzare un campionato di calcio. Le sue sette squadre sono tutte iscritte nelle serie inferiori del campionato svizzero, ma c’è una coppa nazionale. Tramite quella coppa, quest’anno l’Fc Vaduz è riuscito a qualificarsi per la prima volta ai gironi di una competizione europea, la Conference League, strappando anche il primo punto nello 0-0 casalingo contro i ciprioti dell’Apollon Limassol.
Il Vaduz arrivava da 22 tentativi consecutivi falliti di qualificazione. L’ultima (e unica) volta che era andato oltre i barrage l’aveva fatto senza mai vincere una partita (doppio pareggio per 1-1 nel playoff con l’Universitate Riga e passaggio ai rigori), andando poi a schiantarsi al primo turno di Coppa delle Coppe contro un Paris Saint-Germain in era pregalattica (0-3 all’andata, 0-4 al ritorno), con in campo - tra gli altri - Lama, Raì, Leonardo, M’boma, Cauet e Dely Valdes.
In quella stagione il Vaduz fu anche battuto in finale di Coppa del Liechtenstein dal Balzers, ma nei successivi 23 anni alzerà il trofeo per 20 volte. Le uniche tre volte che non ci riuscirà sarà prima nella stagione 2011/12, dall’Eschen/Mauren, e poi altre due volte dall'inizio della pandemia. In 76 edizioni di Coppa del Liechtenstein, il Vaduz è arrivato in finale 61 volte, vincendone 48. Nel Principato sono la squadra da battere, l’unica ad aver raggiunto la Super League, la Serie A Svizzera, mentre tutte le altre si barcamenano nelle serie minori.
Oggi il Vaduz gioca nella Challenge League (la Serie B), dove con tre pareggi e quattro sconfitte non se la passa molto bene. Finora in questa stagione non ha mai vinto in casa, dove nei tre turni preliminari di Conference League ha pareggiato sempre 1-1: contro i croati del Koper, i turchi del Konyaspor e gli austriaci del Rapid Vienna. In Europa però ha sempre vinto in trasferta: 1-0 con il Koper, 4-2 con i turchi, 1-0 anche con il Rapid. In tutte e tre le partite ha segnato Tunahan Cicek, il bomber svizzero di origini turche che è anche la stella della squadra, a vederlo un mix tra Burak Ylmaz e Karim Benzema buono per le serie minori di un campionato minore (33 gol in 107 partite). A quanto pare, però, questo tipo di giocatori hanno un loro posto anche in Conference League.
Lo storico gol di Cicek contro il Rapid Vienna.
La rete di Cicek che ha spalancato le porte dei gironi al Vaduz è arrivata il 25 agosto scorso dopo 22 minuti di gioco: azione sulla sinistra, palla al limite dell’area al nigeriano Franklin Sasere che di tacco la fa scivolare verso il centro. Cicek arriva e complice un intervento goffo del difensore mette una palla potente e precisa nell’angolo alla sinistra del portiere austriaco Niklas Hdel. La vera svolta arriva al 35esimo quando il centrocampista serbo del Vaduz Milan Gajic riesce a sfondare centralmente e - poco prima di entrare in area e trovarsi a tu per tu col portiere - viene steso dal centrale Kevin Wimmer: cartellino rosso e austriaci incapaci di rimontare il gol di svantaggio. Per il Vaduz la terza vittoria in trasferta, la più insperata, vale l’accesso alla Conference League: a rendere il tutto ancor più bizzarro è che negli anni Trenta, subito dopo la sua nascita (nel 1931) e prima di iscriversi al campionato svizzero, il Vaduz aveva giocato anche in una lega regionale austriaca, rendendolo probabilmente l’unica squadra al mondo ad aver regolarmente giocato in tre campionati di tre Paesi diversi: quello svizzero, quello austriaco e pure quello del Liechtenstein, con quattro sole edizioni disputate a metà degli anni Trenta.
La quarta vittoria di questa stagione è stata decisamente più semplice di quella col Rapid. Infatti negli ottavi della Coppa del Liechtenstein i biancorossi della capitale del Principato hanno sconfitto le riserve del Triesen per 18-0, sempre in trasferta. Quest’anno le squadre al via dell’unica competizione nazionale erano ben 17, le solite 7 (Vaduz, Balzers, Triesen, Triesenberg, Ruggell, Schaan ed Escher/Maurer), le seconde squadre e anche tre terze squadre (una, ovviamente, del Vaduz).
Se questa coppa vi pare strana è perché lo è davvero, ma forse lo sembrerà un po' meno quando saprete il resto: vale a dire come si diventa cittadino del Liechtenstein, qual è l’inno nazionale e cosa succede al Castello di Vaduz ogni 15 agosto. Per non dire di quella storia di Snoop Dogg e dell’intero Paese in affitto su Airbnb. Correva l’anno 2010 e il Vaduz, tanto per cambiare, era detentore della Coppa del Liechtenstein. Snoop Dogg cercava una location per il suo prossimo video e scelse il Liechtenstein, tutto intero. Lo staff del rapper americano contattò la società XNet di Schaan, la città più popolosa del Paese (meno di 6mila abitanti, ma comunque qualche centinaio in più della capitale Vaduz) per riuscire ad avere il Liechtenstein tutto per sé: le parti avevano raggiunto anche l’accordo economico, ma c’erano dei problemi con le date e l’affare saltò (pare per il troppo poco preavviso).
Tuttavia, tramite il portale Airbnb, che all’epoca era agli inizi e cercava un po’ di pubblicità - proprio come il Liechtenstein - e al programma “Rent a Village” di XNet si arrivò alla decisione di affittare l’intero principato per 70mila dollari a notte (soggiorno minimo di due notti): nel prezzo era compreso un benvenuto da parte della banda locale, una cerimonia di consegna delle chiavi dello Stato direttamente dalle mani del principe, il conio di una moneta-ricordo personalizzata, la possibilità di disporre delle cantine dei regnanti (e relativi vini), posti letto fino a 150 persone e una strada dedicata con tanto di cartelli affissi sui muri delle case (poi rimossi dopo l’ingombrante check-out). A vigilare sull’affittuario e i suoi ospiti ci sarebbero stati i 110 poliziotti del Principato.
Niente militari, invece, in Liechtenstein, che ha abolito le forze armate nel 1868. Ben 140 anni dopo questa decisione, il Principato fu invaso per errore dalla Svizzera. Accadde la notte tra il primo e il 2 marzo 2007, quando un incauto e spaesato comandante della scuole reclute di fanteria di montagna portò in una notte nebbiosa 170 militari in mimetica (e armati) diretti a Fläsch, cittadina dei Grigioni, fino a Balzers, oltreconfine. Una volta accortosi dell’errore, il comandante ordinò il dietrofront ai suoi e una volta in caserma fece rapporto ai superiori. Nessuno si era accorto dell’invasione e da Vaduz arrivò un’alzata di spalle con tanto di “sono cose che succedono”. L’esercito svizzero non metteva il naso fuori dai propri confini dal 1515, ovvero dalla sconfitta, per mano francese, a Marignano, in Italia.
E se un italiano o un qualunque straniero volesse diventare cittadino del Liechtenstein? Bisogna avere pazienza. Molta. L’iter infatti dura trent’anni, e quando si ottiene la nazionalità bisogna rinunciare a quella originaria. Ma se ci si sposa con un “Liechtensteiner” o una “Liechtensteinerin” possono bastare 10 anni (5 se vive nel Paese). Se si ha particolarmente fretta e la gente del posto ti vuole particolarmente bene c’è un’altra strada, quella della votazione popolare.
Il principe, Hans-Adam II, nato il giorno di San Valentino (proprio come il Vaduz Fc) vive in un castello sulle alture di Vaduz, che si può raggiungere con una passeggiata a piedi, ma non è visitabile. Tuttavia, ogni 15 agosto, giorno della festa nazionale, apre le porte del castello e invita tutta la popolazione (circa 38mila persone) a un buffet con vini e formaggi locali. Se il castello di solito è chiuso, tutte le altre case del Principato di solito sono aperte. Inutile dare un giro di chiave in un luogo in cui il numero di furti e rapine è vicino allo zero e l’ultimo omicidio è del 1997. Il carcere è praticamente vuoto, nel 2021 vi erano rinchiuse solo 9 persone. Se al processo si viene condannati per più di due anni, il detenuto sconta la sua pena in Austria. A Triesenberg, sulle alture, a pochi minuti da Vaduz (come tutto il resto del Paese) c’è addirittura un murale con due ladri vecchio stile, torcia, tutina nera attillata e mascherina sugli occhi, forse per esorcizzarli o semplicemente per ricordarsi che da qualche parte esistono.
La più grande diatriba legale e diplomatica della storia recente del Liechtenstein è legata invece a un castello della famiglia regnante che si trovava in Moravia, nell’ex Cecoslovacchia. Dopo la Seconda guerra mondiale, la tenuta e le sue terre (dieci volte più grandi di tutto il Liechtenstein) furono confiscate da Praga e il principe non se ne fece una ragione, arrivando a non riconoscere prima la Cecoslovacchia, e poi, dopo la caduta del Muro, Slovacchia e Repubblica Ceca. Quando Praga propose di ridare indietro il castello (ma non i terreni circostanti), il principe disse no. Una storia finita nel 2009, quando Hans-Adam II ha rinunciato ai suoi vecchi possedimenti e infine riconosciuto la sovranità di Bratislava e Praga. Querelle cecoslovacche a parte, i confini del Liechtenstein sono gli stessi dal 1434, una sorta di record in un continente per secoli irrequieto.
Il castello di Vaduz che si affaccia sul Rheinpark Stadion (foto di Chris Brunskill Ltd/Getty Images)
Irrequiete erano anche le donne, che fino al 1984 non hanno avuto diritto di voto. Il referendum, votato solo dai maschi, passò per un pelo (51,3% di favorevoli). In ritardo è anche il movimento calcistico femminile, che dopo vari tentativi mai realizzati, ha preso il via nel 2019, giusto in tempo per vedersi annullare un anno dopo la prima amichevole causa pandemia. La prima partita ufficiale è dell’11 aprile 2021, una sconfitta per 2-1 contro il Lussemburgo. La nazionale maschile ha invece una storia più lunga, sebbene non particolarmente gloriosa. Entrata a far parte di FIFA e UEFA nel 1974, giocò la prima gara solo nel giugno 1981 a Seul, in Corea del Sud, contro Malta (1-1). Era la prima giornata della Coppa del presidente, la cui lista dei partecipanti sembra uno di quegli assurdi tornei di FIFA selezionati in modalità random: Thailandia, Chateauroux, Indonesia, Racing Club di Cordoba, Corea del Sud, Saarbrücken, Giappone, Vitória, Malesia e Danubio. La finale, finita 2-2, fu vinta ai rigori dalla Corea del Sud contro il Racing. Mentre il Liechtenstein perse tutte le altre partite eccetto quella con l’Indonesia, battuta 3-2 con una tripletta - in soli 15 minuti - di tale Marxer.
Da quel momento in poi, la Nazionale del principato giocò solamente 7 partite in 13 anni, perdendole tutte e segnando un solo gol (in una sconfitta per 4-1 con gli Stati Uniti a pochi giorni dall’esordio a Italia ’90). La prima partita ufficiale è del 20 aprile 1994, prima giornata del girone di qualificazione per Euro ’96, contro l’Irlanda del Nord. Una data storica per il Liechtenstein, nonostante la sconfitta per 4-1. A rimanere impresso al pubblico di Belfast fu il momento degli inni nazionali, anzi dell’inno nazionale, visto che la banda si ritrovò a suonare per due volte “God Save the Queen”. L’inno del Liechtenstein, il cui nome è “Oben am jungen Rhein” ha infatti la stessa melodia di quello britannico. Cambiano ovviamente le parole, scritte nel 1850 e aggiornate nel 1963, visto che nel testo originario si parlava anche di Germania. Ad aumentare l’imbarazzo di chi ascolta per la prima volta “Oben am Jungen Rhein” c’è anche l’abitudine di alcuni di alzare il braccio destro teso durante il verso "Hoch leb' der Fürst vom Land" ("Viva il principe del Paese”), come vorrebbe la tradizione.
Il Liechtenstein (che gioca come il Vaduz al Rheinpark Stadion, uno stadio da appena 6.400 posti in una piccola piana ventosa accanto al Reno e sotto le montagne, a due passi da un vecchio ponte di legno pedonale che la collega alla Svizzera) ha vinto solo 15 partite su quasi 200 disputate e il suo miglior marcatore è una vecchia conoscenza del calcio italiano, Mario Frick (ex Arezzo, Verona, Ternana e Siena), con 16 reti in 125 presenze.
Frick, che oggi allena il Lucerna, è stato anche colui che ha riportato il Vaduz nella massima serie svizzera nel 2020 (salvo poi retrocedere l’anno dopo). A raccoglierne l’eredità è stato Alessandro Mangiarratti, svizzero-italiano nato a Bellinzona, in Ticino. Mai avrebbe pensato di ritrovarsi a settembre al penultimo posto in classifica nella serie B Svizzera e allo stesso tempo passare per eroe dopo il colpaccio in casa del Rapid e il primo, insperato punto europeo al Rheinpark Stadion contro l’Apollon Limassol.
Ci sarebbe da festeggiare, se solo si trovasse una bottiglieria aperta.