Anderson Ribas da Silva è sul campo da gioco, al padiglione 6 del centro congressi di Riocentro. Si raduna in una metà campo con i compagni della selezione paralimpica brasiliana: devono disputare la finale di sitting volley alle Paralimpiadi del 2016, contro l’Iran. Da Silva ha i capelli brizzolati e uno sguardo pacato, che insieme ad un’altezza di più di due metri lo rendono una sorta di figura paterna e protettiva per il gruppo. Un giocatore che comunica sicurezza ed esperienza, qualcuno su cui fare affidamento.
Dall’altra parte della rete c’è un altro atleta che attira gli occhi su di sé. Morteza Mehrzad è uno degli uomini più alti del mondo e il paralimpico più alto della storia: per poco non arriva ai due metri e mezzo. Ha l’acromegalia, una patologia che causa un eccesso di produzione di un ormone della crescita. Inoltre, la sua gamba destra è di quindici centimetri più corta di quella sinistra, un’interruzione dello sviluppo dovuta ad un incidente avuto in bicicletta quando era adolescente. Per muoversi usa una carrozzina o delle stampelle. Ma in campo, nel sitting volley, il suo corpo gli permette di essere dominante.
Questo sport è ispirato alla pallavolo e si pratica da seduti. Nasce nella seconda metà degli anni ‘50 in Olanda. Inizialmente coesisteva nello standing volley, che si gioca in piedi, ma è stato escluso dalle discipline paralimpiche a partire dal 2004. Così il sitting volley ha guadagnato centralità. Le squadre sono composte da sei giocatori che hanno un deficit fisico, divisi in base al grado della disabilità: gli atleti “con disabilità minima” si distinguono da tutti gli altri giocatori, che hanno una condizione più debilitante. Ci possono essere al massimo due atleti “con disabilità minima” nel roster e in campo può essercene solo uno per ogni squadra. I giocatori si posizionano sul campo - più piccolo di quello della pallavolo - in due file da tre ciascuna. Non si può sollevare il corpo dal campo, né camminare (è prevista un’eccezione solo per azioni difensive estreme); ci si muove facendo forza sulle braccia e tenendo le natiche appoggiate al terreno. La rete, poco più alta di un metro, è un ostacolo relativo per le lunghe braccia di Mehrzad.
La semifinale del torneo di sitting volley, alle Paralimpiadi di Rio 2016, mette a confronto due tra gli attaccanti più immarcabili della disciplina. Quando Mehrzad usa il suo braccio destro come una catapulta per scagliare la palla nel campo avversario, da Silva stringe di fianco ai suoi compagni per provare a intercettare questi colpi provenienti dal cielo. Lo stesso avviene dall’altra parte: quando da Silva si allarga sul lato sinistro - da cui ha un angolo migliore per schiacciare - Mehrzad solleva entrambe le braccia, contribuendo a ridurre in modo sostanziale le possibilità dell’avversario di segnare un punto. Dopo aver murato un tiro dell’avversario, nella fase iniziale della partita, esulta in modo intenso: occhi iniettati di sangue, mani rivolte verso il cielo, in preghiera. Accoglie il cinque di Ramezan Salehi Hajikolaei, capitano e libero della squadra, che si è alzato in piedi per abbracciarlo; Mehrzad, in ginocchio e con le braccia tese, è più alto di lui.
Tra il minuto 11.46 e 12.09 Mehrzad schiaccia due volte e mura due volte.
L’Iran vince la partita contro il Brasile, poi conquista l’oro paralimpico in finale contro la Bosnia Erzegovina. Bis a Tokyo 2020. Due primi posti consecutivi anche ai Mondiali (2018, 2022). Quella iraniana è la squadra da battere, le aspettative sono molto alte; secondo Hadi Rezaei, allenatore della Nazionale ed ex-giocatore di sitting volley, «le persone in Iran si aspettano che vinciamo e questo ci mette addosso una responsabilità molto pesante». Il dominio dell’Iran nel sitting volley non riguarda solo le competizioni più recenti: la squadra del Paese non ha vinto la medaglia d’oro in questa disciplina alle Paralimpiadi solo ad Atene 2004 e Londra 2012, quando si è dovuta accontentare dell’argento. Per il resto solo primi posti: Seoul, Barcellona, Atlanta, Sydney e Pechino, prima di Rio e Tokyo. Mehrzad, che pratica questo sport dal 2016, è sicuramente uno degli asset più preziosi per il raggiungimento dei recenti successi paralimpici del paese.
Prima di scoprire il suo talento sportivo, però, Mehrzad aveva una vita simile a quella di tanti soggetti marginalizzati a causa di una disabilità. Rezaei l’ha notato nel 2011, guardando un programma televisivo in cui venivano raccontate le storie di persone con caratteristiche fisiche inusuali. Fino a quel momento, Mehrzad era immerso in un’esistenza difficile: «Mi sentivo in prigione, avevo paura di uscire per la mia apparenza. Ero depresso. Non riuscivo ad immaginare un futuro per me», ha spiegato in un’intervista. Le persone, in strada, prima del successo lo guardavano con occhi straniti; «ora quando esce vogliono tutti fare una foto», ha ricordato Rezaei parlando del suo giocatore di punta.
Lo sport paralimpico può accendere i riflettori sulla condizione di alcuni individui, concedergli una piattaforma da cui parlare per sensibilizzare su problemi di cui la maggior parte delle persone sa ben poco, vista la triste tendenza a non dare importanza alle battaglie di chi ha una disabilità. Soprattutto, queste discipline permettono di creare spazi di inclusione per chi viene reso invisibile in maniera sistematica. Mehrzad ha dichiarato il suo amore per il sitting volley in più occasioni, sottolineando che è stata un’ancora di salvataggio per la sua vita: «Questo sport è dedicato alle persone disabili, le fa uscire dall’isolamento sociale. Dimostra che chi ha una disabilità può essere partecipe alle attività sportive».
L’impatto di un atleta sulla disciplina in cui si cimenta può essere misurato tramite vari indicatori; se un giocatore è in grado di costringere gli avversari a cambiare strategia di gioco per limitarlo, è probabile che abbia qualcosa di speciale. Mehrzad rientra in questa categoria. Alcune squadre, per evitare di ritrovarsi davanti le sue braccia torreggianti ogni volta che provano a lanciare la palla di là dalla rete, hanno deciso di velocizzare il proprio gioco offensivo quando affrontano l’Iran.
L’ha fatto la Bosnia durante la finale dei Mondiali 2022, disputati l’anno scorso a Sarajevo. All’inizio del secondo set c’è Mehrzad in campo e l’attacco della selezione balcanica diventa frenetico, nel tentativo di impedirgli di prendere posizione a muro. In effetti, il numero 2 iraniano non ha l'occasione di bloccare nessun pallone nei primi minuti del set. Poi però segna due punti molto simili tra loro, semplicemente sparando la palla con una forza spropositata nella metà campo avversaria e piegando le mani ai bosniaci. Quando si tratta di rispondere alle sue schiacciate la difesa diventa un atto di fede, un tentativo collettivo e disperato di contenere un’energia esplosiva e indomabile.
Due punti autorevoli di Mehrzad, da 58.05 a 59.15.
Qualche federazione in giro per il mondo sta pensando di introdurre al sitting volley atleti con corpi simili a quello di Mehrzad, come se l’unico modo per limitarlo fosse mettergli davanti un essere umano della sua stessa stazza. Nella selezione brasiliana si sta allenando Joelison Fernandes da Silva, soprannominato “Ninão”, che ha 37 anni e un’altezza di quasi due metri e quaranta - un dato che fa di lui l’uomo più alto del Brasile. Dopo l’amputazione della parte inferiore della gamba destra, subita un paio d’anni fa, ha iniziato a praticare il sitting volley. In questo articolo si parla della sua crescita come se si trattasse di un talento grezzo delle arti marziali, che deve imparare a combattere per salvare il mondo da un avversario apparentemente imbattibile. Anche le dichiarazioni di "Ninão" ricalcano questa narrazione: «Ho sempre seguito Morteza, il mio obiettivo è giocare contro di lui e batterlo» ha detto, lanciando il guanto di sfida verso le Paralimpiadi di Parigi del 2024.
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I due si sono già incontrati durante la Coppa del Mondo del 2022.
La salute di Mehrzad però lascia alcuni dubbi sulla possibilità di realizzazione di questa sfida. Pare che il suo corpo stia continuando a crescere e che la sua mobilità ne stia risentendo. A causa di un’operazione ha dovuto saltare la ParaVolley Asia-Oceania Zone Championship, che si è tenuta ad Astana ad inizio luglio. Secondo il Tehran Times per il suo recupero sarebbero serviti diversi mesi, ma a sorpresa Mehrzad è sceso in campo con l’Iran nella Coppa del Mondo 2023, disputata qualche settimana fa al Cairo. Neanche a dirlo, la Nazionale iraniana ha vinto la competizione, in finale contro i padroni di casa dell’Egitto.
Sul suo profilo Instagram l’ultimo post pubblicato è del 18 novembre e lo raffigura a Giza, la città famosa per la sua necropoli e per gli antichi e imperiosi monumenti egizi. Mehrzad li ha visitati durante una pausa dalle partite dei Mondiali e in una delle immagini gioca con la prospettiva, fingendo di posizionare la mano destra sulla punta di una piramide. Tra le sue mani quella struttura monumentale sembra poco più di un masso. Il post precedente è di maggio 2022. Mehrzad è seduto al centro di una strada, ha i capelli rasati e guarda la telecamera. Nei commenti qualcuno scrive che bisognerebbe costruire una statua che lo raffigura e posizionarla all’ingresso della più grande città dell’Iran.