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18 nov 2015
Andre Drummond ha avuto un inizio di stagione che non si vedeva da anni. La cosa spaventosa è che potrebbe essere solo l'inizio.
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Dopo la partenza di Greg Monroe, tutti si aspettavano un aumento di cifre e minuti per Andre Drummond. Da che mondo è mondo, coach Stan Van Gundy ama costruire le sue squadre attorno a un centro fisicamente dominante e circondarlo di un nugolo di tiratori e pretoriani al suo servizio. Lo aveva fatto a Miami con Shaquille O’Neal, lo aveva ripetuto agli Orlando Magic con Dwight Howard, era praticamente certo che lo avrebbe fatto con Drummond—il diamante grezzo che i Pistons rifinivano ormai da qualche anno.

Durante gli scorsi Mondiali si scherzava sul fatto che Coach K tenesse ‘Dre in campo solo a partita abbondantemente chiusa e per poche manciate di minuti. Ma Drummond era palesemente più indietro degli altri compagni di squadra a livello di letture e fondamentali e il suo smarrimento in un torneo con un numero ridotto di partite, ognuna delle quali è studiata a livello maniacale, era stato palesato in tutta la sua grandezza.

Drummond questa estate era dunque chiamato a compiere un balzo in avanti, soprattutto a livello mentale, migliorando sensibilmente la sua etica lavorativa—che per un ragazzo di 21 anni abituato a mangiare pizza e a stare davanti al computer per ore significa molto. «Volevo mettermi in forma presto. Volevo anche lavorare sul mio gioco spalle a canestro e sui tiri liberi. Volevo semplicemente essere pronto fisicamente e mentalmente per una stagione lunga e logorante. [Quest’anno] passa tutto da me, e voglio essere pronto». Queste sono le sue parole rilasciate a ESPN e confermate da SVG, che in estate lo ha costantemente affiancato agli assistenti Malik Allen e Jordan Sabourin affinché fossero con lui virtualmente per tutto il tempo.

E il salto in avanti è stato definitivamente compiuto—non solo a livello di minuti o di leadership, ma con un miglioramento del giocatore a tutto tondo. E la lega intera se ne sta accorgendo.

Mind the gap

Nella NBA, esiste primeggiare ed esiste dominare. Quello che Steph Curry sta facendo offensivamente è un dominio sotto gli occhi di tutti, ed è facile e piacevole apprezzarlo. Ma il dominio di Drummond a rimbalzo può essere addirittura superiore a quello di Curry. Il centro di Detroit è primo su tutte le categorie di rimbalzo: difensivi, offensivi, percentuali, per partita, per 36 minuti, totali. C’è solo da chiedere. È spaventoso però capire quanto sia effettivamente grande questo dominio.

Drummond al momento ha catturato 208 rimbalzi totali, con il secondo in classifica, Kevin Love, fermo a 130. Tra i due vi è una differenza di rimbalzi pari a quella tra il secondo e il settantesimo in classifica. O, per metterla in un altro modo, per realizzare tutti i rimbalzi presi da Drummond in questa stagione occorre mettere insieme tutti i rimbalzi di DeAndre Jordan e tutti quelli di Marcin Gortat.

Nella metà campo offensiva, il dominio è altrettanto spaventoso: ‘Dre primeggia con 70 rimbalzi in attacco davanti a Kenneth Faried, fermo a 38: la differenza tra i due è pari alla differenza tra il secondo e il diciannovesimo in classifica. O ancora: per pareggiare Drummond occorre sommare Faried e Derrick Favors, ovverosia dei “4” con spiccate doti a rimbalzo d’attacco. Ogni rimbalzo offensivo è fondamentalmente un possesso in più per la squadra—e alla lunga chi ha più possessi durante una partita spesso e volentieri ne esce vittorioso.

Drummond era già un rimbalzista dotato pure nelle passate stagioni, ma quest’anno è semplicemente di un altro livello rispetto a tutti gli altri. Il lavoro che ha fatto rispetto a coordinazione e posizionamento ha pagato dei risultati eccezionali. È sempre stato grande e atletico, ma ora sa pure utilizzare queste doti a suo vantaggio.

Ha imparato a fare la mossa à la Rodman, in cui parte da posizione di svantaggio sotto il canestro e utilizzando il fisico (o meglio, il sedere) sposta di un metro abbondante l’avversario (nel video il malcapitato Ed Davis) per trovarsi in posizione di vantaggio una volta che il tiro viene sputato dal ferro. È talmente efficace che i Pistons possono permettersi di impiegare solo lui nella lotta sotto canestro, preparando gli altri alla transizione difensiva. Solitamente una squadra deve scegliere se tornare in difesa o andare a rimbalzo d’attacco: Drummond è talmente dominante da permettere entrambe le cose.

Se si parla di semplici medie a gara, per avere un dato simile ai suoi 19 rimbalzi a partita occorre scomodare Kareem Abdul-Jabbar o Wilt Chamberlain, ma bisogna anche specificare il contesto. Nella stagione in cui Wilt ne fece registrare 24 (!) di media, vi erano quattro giocatori oltre i 19 e molti altri al di sotto dei 10: era una lega in cui lo specimen fisico permetteva alle eccellenze di emergere ampiamente dal contesto. Inoltre, il numero dei possessi a disposizione era di gran lunga superiore a quello attuale. Drummond non solo ogni sera va a rimbalzo contro atleti eccezionali, ma quasi la metà dei suoi rimbalzi sono contestati, stando ai dati di SportVU. Insomma: le cifre “grezze” non saranno superiori a quelle dei mostri sacri, ma l’effetto che fanno dovrebbe essere lo stesso se non addirittura superiore.

Spacing

Sebbene non sia nel modo più assoluto un attaccante fantasioso o creativo, è innegabile che anche sotto questo aspetto Drummond sia l’ago della bilancia per Detroit. Con lui in campo i Pistons viaggiano a un buon 102.1 di Offensive Rating, mentre senza di lui sprofondano a un pessimo 83.3: considerando che la media di squadra è di 97.9, si capisce immediatamente come la sua sola presenza cambi le aspettative da “lotta ai playoff” a “peggio dei Sixers”.

Considerato poi il livello di partenza molto basso, i miglioramenti nel gioco spalle a canestro sono ben visibili. Drummond non avrà le mani più morbide del pianeta, ma se non altro adesso è in grado di posizionare e muovere correttamente i piedi e sfruttare la massa corporea per creare spazi, in particolar modo affidandosi agli up & under. Il fatto che riesca a schiacciare da fermo anche partendo un passo dietro agli altri poi aiuta parecchio.

Notare come aver evitato di mettere subito palla a terra gli permetta di fare perno sul piede e solo a quel punto, sbilanciando i difensori, palleggiare per compiere il balzo che lo avvicina a canestro. L’anno scorso un movimento del genere, per quanto semplice, non era assolutamente in grado di farlo.

Siamo ancora lontani dall’efficienza offensiva, ma la sua media è aumentata dal 46% al 50% quando in post mette palla a terra e dal 61% al 65% per tutti i tiri dal post che prende senza palleggiare (in particolare i ganci che prende sono molto più fluidi). Sono entrambi dati di poco sotto media, ma è comunque un incremento significativo ed è quel tanto che basta a costringere gli avversari a raddoppiarlo ogni singola volta.

Anche le letture dal raddoppio di marcature sembrano migliorate. La media di assist a partita è quasi raddoppiata e i suoi passaggi si sono spostati dal perimetro a dentro l’area—segno che adesso non cerca solo l’uomo che staziona oltre l’arco, ma capisce abbastanza il gioco da leggere i tagli dei compagni e servirli di conseguenza. Pur essendo migliorato, però, Drummond resta ancora un giocatore sotto la media NBA, e se il volume di possessi che passa in post non si riduce sensibilmente, la stagione dei Pistons può subire delle frenate decisamente brusche.

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Notare come al momento del tiro ben tre tiratori dei Pistons siano liberi. Le squadre continueranno a concedere spazio ai tiratori di Detroit—non solo perché la loro efficienza è scadente, ma anche perché in occasioni come questa non vengono neppure serviti. Sono giocate che devono essere semplicemente evitate del tutto per una distribuzione più efficiente dell’attacco (GIF by DetroitBadBoys).

Ma seppur piccola, questa limitata “autosufficienza” in attacco è una cosa che per SVG è importante quanto l’aria che respira: un centro che “fa la frontline da solo” permette di schierare al suo fianco giocatori che spaziano il campo come Ersan Ilyasova e Marcus Morris. E anche se il tiro da tre è peggiorato per i Pistons, negli spazi aperti da Drummond possono emergere giocatori con determinate e specifiche caratteristiche: vedere alcune partite di Reggie Jackson o quelle di Brandon Jennings post-trade di Josh Smith per credere.

Contrariamente a quanto si può pensare, pur essendo spesso coinvolto nei giochi a due, Drummond non riceve molti palloni nei pick and roll (solo 20 tiri in quella situazione da inizio anno, 28° nella lega), ma con i suoi blocchi multipli, i suoi tagli e la minaccia di un alley-oop risucchia le difese avversarie, lasciando spazio a Reggie Jackson per attaccare il ferro e creare per i compagni. Reggie Jackson è il giocatore leader in questa stagione per pick & roll giocati (162 possessi) e i P & R che coinvolgono Drummond da rollante sono da considerarsi tra le frecce più pericolose nella faretra di Detroit, registrando 121 punti per 100 possessi: la sensazione costante è che qualcosa di terribile possa accadere se il baricentro della squadra non collassasse improvvisamente su di lui, lasciando metri e metri di spazio agli altri compagni.

Non è un caso che Jackson veda crollare la sua percentuale realizzativa da un solido 43.8% a un pessimo 28.6% (anche se in soli 16 minuti) semplicemente se in campo c’è o non c’è Drummond. Il centro di Detroit, poi, è al suo meglio proprio quando non tocca il pallone: in questa stagione ha concluso 57 possessi con tap-in a rimbalzo d’attacco (ben 24 più del secondo, Jonas Valanciunas) ed è una forza inarrestabile quando riesce a prendere il tempo giusto, dote amplificata dall’avere l’area sgombra dove poter far razzia di palloni. Basta guardare un paio di azioni per capire che non si tratti di un giocatore che si trova a proprio agio a dover gestire il pallone per molti secondi e che può rendere molto di più tirando immediatamente o scaricando subito fuori il pallone, prendendo decisioni rapide e istintive—anche per evitare che gli avversari lo mandino in lunetta.

La previsione oltremodo scontata è che a breve l’hack-a-Drummond diventerà la prassi per neutralizzarlo. Se la sua media ai tiri liberi non migliorerà sensibilmente (attorno al 40% al momento in cui scrivo), ogni squadra si troverà un vantaggio di quasi 27 punti per 100 possessi semplicemente mandandolo in lunetta piuttosto che provando a difendere una volta finiti in bonus. Alcuni allenatori come Terry Stotts hanno già iniziato a fargli fallo quando i Pistons chiamano continuativamente dei pick and roll, altri—come David Blatt nella partita dell’altra notte, pur essendo in vantaggio nel quarto quarto—seguiranno a breve.

Form a f***ing wall

La difesa di Drummond ovviamente si basa sulla stazza e sull’atletismo: non è mai stato un difensore tecnicamente dotato né naturalmente incline alla fase difensiva. Eppure, nonostante viva di istinti e su singolo possesso mi vengono in mente almeno una ventina di difensori migliori, c’è un motivo se sta primeggiando in NBA per Defensive Win Shares e se i Pistons, con la sua sola presenza, passano da un solidissimo 96.0 di rating difensivo con lui in campo a un deprimente 107.3 quando è in panchina.

Anche qui il trend sembra essere lo stesso dell’attacco: i miglioramenti individuali ci sono, ma non sono sufficienti a portarlo nell’eccellenza—e ciò nonostante fanno tutta la differenza del mondo per la sua squadra. Drummond concede ancora il 57% al ferro al diretto avversario (chart sotto), ma è un definitivo miglioramento rispetto al 62% della stagione scorsa (chart sopra). In aggiunta a ciò, il dato come squadra migliora notevolmente: Detroit concede in media il 58% al ferro quando Andre è in campo e un deprimente 65% quando è sul pino. Semplicemente l’atletismo e i suoi (eccessivi) tentativi di stoppata sono una minaccia abbastanza grande per gli attacchi avversari.

La difesa 1 vs. 1 non è un marchio di fabbrica, ma l’esplosività nelle gambe gli permette di essere un difensore in aiuto assai prezioso.

Grattando la superficie

I segnali positivi ci sono tutti: anche Howard nei primi anni con Van Gundy era un difensore che si basava molto sull’istinto e sull’aiuto, ma Notorious SVG ha saputo comunque portarlo all’élite difensiva sia in post basso che in aiuto costruendo attorno a lui delle squadre perfette per esaltarne il talento. Viene difficile quindi credere che un percorso simile non possa essere percorso da Drummond nei prossimi anni. Perché tutto sommato si parla di un giocatore di appena 22 anni alla sua quarta stagione tra i professionisti, che di fronte all’imminente nuovo contratto TV firmerà in estate un contratto per oltre i 100 milioni complessivi—e che ha avuto la maturità di aspettare a richiedere un’estensione di contratto, permettendo ai Pistons di conservare un po’ di spazio salariale per poter cercare di migliorare la squadra nella prossima estate.

In ogni caso, già oggi la sua crescita resta innegabile e il compito che gli è stato affidato va oltre le aspettative che si hanno sui suoi coetanei. Passando in soli tre anni da Diamante Grezzo con problemi di falli e letture a Leader sui due lati del campo per una squadra che punta ai playoff, la scommessa di Detroit di sceglierlo al Draft—sulla quale c’erano dei dubbi, dato che è sceso fino alla 9—è già stata ampiamente vinta.

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