Non lo sapevamo, ma dentro la voce tagliente di Sandro Piccinini avremmo potuto leggere il futuro. I suoi tormentoni hanno anticipato i mutamenti del linguaggio avvenuti negli ultimi anni come le quartine di Nostradamus hanno anticipato le maggiori catastrofi del nostro tempo. Piccinini ha attraversato trent’anni di telecronache per ritrovarsi ad essere oggi una specie di avanguardia del modo in cui i media hanno asciugato la lingua fino a renderla una serie di slogan e neologismi.
La sua è una rivoluzione partita da lontano: ha esordito in televisione nel 1978 grazie all’emittente romana TVR Voxson, una delle prime televisioni private italiane. Sono le realtà in cui Piccinini cresce, spesso improvvisate e pioneristiche, dove a una mancanza di strutture e possibilità si sopperisce con l’innovazione e l’inventiva. Ed è in questo clima che sviluppa il suo stile, facendo delle sue telecronache un ponte di congiunzione tra un passato ingessato e un presente esasperato e macchiettistico. Questo carattere di modernità, che Piccinini dice di aver mutuato dalle radiocronache di Enrico Ameri, gli consente di approdare nel luogo che più di tutti sta cercando di modernizzare la televisione italiana in quegli anni: Fininvest. Piccinini ha avuto il merito di capire dove stava spirando il vento del racconto sportivo in tv e di capirlo prima di tutti.
«Sciabolata», «e c’è il gol», già negli anni ‘80 è possibile intravedere tutte le future idiosincrasie di Sandro Piccinini.
Il suo stile prevede un uso ricorrente delle stesse frasi, esclamazioni e modi di dire sparati in cuffia con sufficiente enfasi da coinvolgere lo spettatore, ed è con queste frasi che ha cresciuto una generazione. Piccinini si è ritrovato ad essere una delle voci principali addette al racconto delle notti di Champions nel momento in cui queste, in diretta su canale 5, sono diventate un appuntamento ricorrente per tutti gli appassionati e molto più degli altri (vi ricordate Bruno Longhi?) ci è rimasto impresso, proprio per questo suo stile. Per chi oggi ha tra i venti e i quarantanni, la voce di Piccinini è una madeleine.
Questa familiarità che abbiamo con il linguaggio di Piccinini ha anche distorto la percezione che abbiamo di lui, rendendone difficile un giudizio obiettivo. Piccinini è lo zio a cui vuoi bene anche se può metterti in imbarazzo, eppure non possiamo negare che esiste un problema lessicale al suo interno: per lui tutto è “eccezionale” o “incredibile”, i lanci sono tutte “sciabolate” e un tiro sbagliato è un perenne “non va”. Oggi che siamo cresciuti e che la scienza delle telecronache ha vissuto una rapida evoluzione grazie alle pay tv, possiamo ancora accettare questa standardizzazione lessicale serenamente?
Il problema che abbiamo con Piccinini è lo stesso problema che abbiamo coi social network: è un gergo riconoscibile e appetibile, ma così ristretto da infastidirci. «Non posso dire: “La palla ha assunto una traiettoria molto alta e dopo aver superato l’estremo difensore si perde inutilmente sul fondo”. “Non va”. Mi sembra più incisivo» dice Piccinini per spiegare il suo modo di fare telecronaca, e l’incisività a scapito della precisione è quello che facciamo tutti i giorni su internet quando pieghiamo l’italiano al peso dell’immediatezza.
La miglior dimostrazione di quanto i due linguaggi siano compatibili la troviamo nella facilità con cui essi hanno incrociato i propri flussi. Parlando come un meme di internet - che si ripete sempre uguale - Piccinini è diventato esso stesso un meme con tutti i suoi tic che sembrano fatti appositamente per la rete. Piccinini può ripetere il termine “sciabolata” anche dieci volte in pochi minuti senza creare un vero fastidio nell’ascoltatore perché questo oramai sente di partecipare ad un gioco collettivo che può poi riversare sulla rete. C’è oramai un secondo piano di lettura nelle sue telecronache che possiamo scoprire solo navigando sui social network. Negli ultimi anni sono nate tantissime pagine facebook dedicate al telecronista romano (Spaccarsi di shottini con Sandro Piccinini, il vocabolario di Sandro Piccinini, le migliori frasi di Sandro Piccinini, Sandro Piccinini che commenta cose, più una sua pagina ufficiale che ha molti meno iscritti delle altre), addirittura due diverse applicazioni specifiche e tantissimi video.
Mai incrociare i flussi.
Possiamo quindi azzardarci a dire che i tormentoni di Piccinini e i tormentoni di internet sono fatti della stessa materia, che è poi la materia di cui sono fatti i brutti sogni? Ho provato a prendere i momenti più fastidiosi delle telecronache di Piccinini e ad analizzarli come faremo coi più fastidiosi tormentoni di internet.
«‘ccezzionale» e INCREDIBILE
Livello fastidio: #escile
Tendiamo a ignorarlo ma il termine incredibile urlato da Piccinini ha accompagnato quello che è forse il momento più nostalgico del calcio italiano, il gol di Zauli al Chelsea. Insieme adeccezionale i due termini vengono ripetuti così spesso da Piccinini da essere diventare un po’ il suo marchio di fabbrica in una carriera fatta di marchi di fabbrica, al punto che eccezionale nella sua versione con la prima e assente è stata usata come ritornello di una canzone parodia sinistramente ascoltata più di un milione di volte.
Piccinini + internet = <3
Per capire quanto sia paradossale l’uso che ne fa Piccinini, basti pensare al significato stesso dei due termini: per “eccezionale” si intende un evento che costituisce un’eccezione, quindi straordinario, singolare, insolito; mentre per “incredibile” si intende qualcosa di non credibile, difficile a credersi. Incredibile è stato, ad esempio, il gol da centrocampo di Florenzi contro il Barcellonaed in casi come questi, eventi che si riproducono molto raramente su di un campo da calcio, che dovrebbe essere accettato l’uso di uno di questi due termini. L’abuso che ne fa Piccinini li ha progressivamente svuotati di significato al punto che accettiamo tranquillamente che quasi ogni gol sia una «rete incredibile».
Una breve lista di cose incredibili o eccezionali per Piccinini:
- Una punizione per il Borussia Dortmund sotto per 2 a 1 a Napoli a pochi minuti dalla fine è incredibile.
- un gol di Tevez – che in carriera ne ha segnati 269 - è eccezionale.
- I riflessi di Chiellini, Pirlo, la Juventus.
Presa dalla app Piccinini Mix
- Buffon che para un rigore a Denis
- Un gol a porta vuota di Pato
- Neuer che colpisce un pallone di testa fuori dall’area (qui bisogna dargli il beneficio del fatto che Neuer non fosse ancora Neuer) è incredibile tanto quanto il successivo gol di Stankovic.
«Proprio lui»
Livello fastidio: date una medaglia a quest’uomo
Dopo un gol può capitare, anzi capita, di sentire Piccinini invasato urlare “proprio lui”, come se il gol non fosse lo sforzo partecipativo di undici uomini, ma qualcosa che cala dall’alto come un deus-ex machina. Ovviamente è un’affermazione che serve a forzare tutto quello che ruota intorno ad una partita, ad esempio nel caso del recente gol di Higuain al Napoli è molto probabile che ogni spettatore disinteressato abbia esclamato “proprio lui”, tanto conclamato fosse il fatto che l’attaccante argentino in quel momento incarnava l’uomo più atteso, il cui gol puntualmente arrivato, si poteva commentare solo con queste due parole.
Usata da Piccinini in telecronaca la frase “proprio lui” si riempie di sfumature ironiche involontarie, come i tormentoni scemi su internet così brutti da fare il giro e diventare belli. Pensate a quanto fa ridere il fatto che poi il gol lo faccia esattamente lui, ovvero che Piccinini si riferisce specificatamente a una persona, proprio quella lì che ha segnato, perché poi il calcio è fatto così ed è inevitabile che alla fine segni proprio lui.
«Non va».
Livello fastidio: #keep calm e...
Come Ford in Westworld, Sandro Piccinini guida le proprie telecronache grazie a precisi comandi. “Non va” è il “free all motor function” che serve a fermare i droidi. C’è infatti un altissimo grado di solennità in queste due parole, cinque lettere, che Piccinini usa per spegnere il fuoco che ha acceso.
Sono categoriche, ineluttabili, ma soprattutto sono le uniche che funzionano. Un tiro sbagliato non esce, non è sbilenco, non ha una sua funzione oltre a quella binaria di andare o non andare. E purtroppo per noi su di un campo da calcio sono molto di più le cose che non vanno.
«Mucchio selvaggio»
Livello fastidio: “ignoranza”
Avete mai provato a immaginare una partita come un documentario e il telecronista come la voce narrante? Probabilmente no, però converrete con me che “mucchio selvaggio” è un espressione che starebbe meglio in un documentario di Werner Herzog che in una telecronaca di Sandro Piccinini.
“Mucchio selvaggio” viene usato quasi sempre da Piccinini in occasione di calci d’angolo o di punizione nei pressi dell’area. Serve a descrivere l’insieme dei giocatori che si raggruppa nei pressi della porta con l’obiettivo di difenderla o di fare gol. Il problema è che “mucchio selvaggio” è un espressione primitiva - rimanda a momenti in cui l’uomo torna ad essere una bestia regolata dal caso – momenti che esistono anche su di un campo da calcio, ma non come intesi da Piccinini. Andate a dire a Sarri che i calci da fermo delle sue squadre sono “selvaggi” o a quei collaboratori degli allenatori che tutta la settimana studiano gli schemi, offensivi e difensivi, da calcio d’angolo.
Il calcio è oramai sempre più una scienza che lascia poco spazio al “selvaggio”, ad eccezione di qualche gol di Diego Costa.
«sciabolata + aggettivo»
Livello fastidio: questo non può dare fastidio.
Qui devo alzare le mani perché il termine “sciabolata” non solo suona proprio bene, ma è anche estremamente figurativo. Su questo termine Piccinini ci ha costruito il suo mito, perché il calcio è pieno di lanci lunghi e i calciatori sono gli unici che riescono a riempirli di tante sfumature. Mentre un passaggio ad un compagno molto lontano fatto da un essere umano normale può essere solo preciso o impreciso (molto più la seconda), nei piedi di un calciatore questo può essere effettivamente tante cose: può essere teso o morbido, disperato, classico, addirittura elegante. Consiglierei a Piccinini di ampliare la gamma di aggettivi, ecco alcuni consigli: postmoderna, felina, kafkiana, terra di Siena bruciata, dodecafonica.
Yaya Tourè è il re delle sciabolate.
Non so perché non gli abbiano mai chiesto il perché lo usi così spesso, se c’è una storia dietro, sicuramente è un termine che spiega bene il primo Piccinini, quello innovatore, e intorno a questa cosa delle sciabolate avrebbe dovuto costruirci la propria poetica. Scrivere un saggio e chiamarlo Le sciabolate e la pasta sfoglia oppure un phamplet polemico dal titolo Sciabolate per un massacro. C’erano tante strade da far percorrere alla poetica della sciabolata, Piccinini poteva diventare una versione mediterranea dell’aquilone cosmico, il poeta laureato cantore del nostro tempo, invece ha scelto di appiattirsi fino a diventare un meme di internet e noi dobbiamo farcene una ragione.
Piccinini spiega cos’è la sciabolata, si capisce che ci tiene molto.
Oltre i tormentoni
Di tormentoni Piccinini ne ha davvero più del necessario (“numero”, “brividi”, “mini-spot”, “fischi per lui”, “bombone”, “destro secco” e tanti altri) e l’errore che facciamo – e che in parte ho fatto anche io in questo articolo - è di trattarli come una sineddoche di tutto il lavoro di Piccinini. Questa estrema ripetitività e il gioco che ci costruiamo sopra nasconde un po’ quelle che sono le lacune reali del telecronista romano. Più passa il tempo, più le sue telecronache risultano artefatte, vuote: se trent’anni fa Piccinini è stato un innovatore, e il suo snellire il linguaggio a vantaggio dell’immediatezza aveva un senso, oggi sembra vecchio. Mentre il calcio evolveva lui è rimasto fermo sugli allori della sua innovazione come un totem.
Se fai questo mestiere è così: se il calcio va in Cina, tu impari il cinese.
La sua idea di telecronaca è rimasta generalista, mentre il pubblico diventa sempre più competente: «Il telecronista è al servizio dello spettatore, è la partita la protagonista non chi la racconta. Attualmente, invece, c’è una tale competizione tra le reti e i telecronisti che chi guarda un match da casa viene sovente sommerso di notizie sui vari giocatori a discapito di quanto avviene in campo. E questo mettersi in mostra da parte di chi è al microfono è eccessivo».
Nella battaglia in corso all’interno del “racconto del calcio” tra una apertura verso l’esterno e una chiusura verso un certo tipo di semplificazione, Piccinini sembra aver scelto da che parte stare. Eppure il progresso è positivista e inarrestabile anche in campi apparentemente futili come quello delle telecronache, e arriverà il giorno in cui non basterà più essere Sandro Piccinini per salvarsi.