Com’era inevitabile dopo un tonfo come quello di ieri sera, Kylian Mbappé è stato il primo a finire sulla sbarra degli imputati per la sconfitta del PSG contro il Borussia Dortmund. Non è la prima volta che il francese, in un’eliminatoria di Champions League, finisce in copertina per i motivi sbagliati. C’è l’incredibile ottavo di finale perso contro il Manchester United nel 2019, dove fallì in maniera grottesca diverse occasioni a tu per tu col portiere. Oppure la finale di Lisbona dell’estate 2020, in cui ha avuto la palla gol per portare in vantaggio il PSG ma, dal cuore dell’area, ha passato il pallone a Neuer.
Sicuramente ieri Mbappé avrebbe dovuto fare di più, è quello che chiediamo ai fuoriclasse in momenti del genere. Stavolta, però, il francese è stato responsabile solo in parte della propria prestazione. Il modo in cui lo ha utilizzato Luis Enrique all’interno del suo sistema ne ha pregiudicato la possibilità di rendere al meglio.
Barney Ronay, in un pezzo sul Guardian in cui riflette sugli anni sprecati da Mbappé a Parigi, ha scritto che, vedendolo rimanere ai margini della semifinale, «c’era una sensazione di energia repressa, di un grande talento che faticava a trovare il proprio limite».
Si possono fare mille elucubrazioni, tutte vere, sul fatto che spendere una buona parte della propria carriera a Parigi sia stato deleterio. Le ragioni dietro la cattiva prestazione di Mbappé ieri sera, però, sono in gran parte di carattere tattico.
Rispetto alla partita d’andata, dove Luis Enrique lo aveva schierato centravanti per lasciare le fasce a Dembélé e Kolo Muani, stavolta Mbappé è partito da ala sinistra, con Gonçalo Ramos punta e Dembélé ala destra. Da manuale del gioco di posizione, il PSG cercava di tenere due giocatori alti e aperti, due giocatori nei corridoi intermedi e la punta al centro. La struttura era un 3-2-4-1.
Con Vitinha e Zaire-Emery che rimanevano bloccati a centrocampo, sulla catena di sinistra i francesi hanno provato a occupare le posizioni di riferimento in modi diversi. A inizio gara Fabián si abbassava da terzo centrale di sinistra, con il terzino Nuno Mendes a occupare l’ampiezza e Mbappé nel mezzo spazio. Poi, nel corso dei minuti, Mbappé è stato spostato in ampiezza, con Nuno Mendes che è rimasto bloccato da terzo centrale per prevenire transizioni e Fabián alto nel mezzo spazio. Verso la fine dei primi quarantacinque minuti, per provare a coinvolgerlo di più nel gioco, Mbappé è stato spostato di nuovo nel mezzo spazio, con Nuno Mendes sempre bloccato da terzo centrale e addirittura Fabián Ruiz a occupare l’ampiezza. Nel secondo tempo il numero sette è tornato a calpestare più stabilmente la fascia.
Tra tutte queste variazioni c’è sempre stata una sola costante: Mbappé non è mai riuscito a incidere sulla partita e non è stato mai messo nelle condizioni di esprimere il proprio potenziale. Eppure non ci vorrebbe molto, data la vastità di questo potenziale. A Mbappé bastano giusto un paio di premesse per fare male agli avversari: ricevere frontalmente e giocare in maniera dinamica. La rigidità posizionale del 3-2-4-1 del PSG, però, gli ha negato queste condizioni.
Il francese non ha bisogno che il sistema lo faccia ricevere con vantaggi particolari, perché può essere lui a creare quei vantaggi in prima persona. Luis Enrique, però, non è sembrato disposto ad allontanarsi dall’idea di arrivare a Mbappé solo rispettando determinati principi. Il sistema del PSG, nel limitare il suo fuoriclasse, è stato decisivo quasi quanto la grande prestazione di Ryerson e Hummels, che hanno accorciato e non gli hanno dato margine di manovra né in fascia, né nel corridoio centrale.
La miglior versione di Mbappé è quella che vediamo con la Francia. Detto che il calcio per Nazionali è diverso dalla Champions League, con Deschamps di solito Mbappé o attacca in transizione o, nelle fasi di attacco posizionale, trova sempre dei compagni che gli si avvicinano per scambiare e restituirgli il pallone in movimento, avanzando con le triangolazioni. Con la Francia, poi, è anche più libero di abbassarsi per ricevere frontalmente e senza l’uomo addosso.
Esattamente l’opposto di quanto avviene nel PSG di Luis Enrique, dove anche Mbappé deve rispettare l’occupazione di spazi prestabiliti e la distanza dai compagni. Ieri sera, per lui, non ci sono state né ricezioni dinamiche, né frontali. Quando la palla gli arrivava in ampiezza, Mbappé era alto, a pochi metri dalla linea di fondo, con Ryerson già addosso o Sancho in raddoppio, favoriti dal fatto che lo sviluppo del PSG sulla sinistra fosse incredibilmente lineare, senza interscambi: la ricezione era statica e per Mbappé non c’era spazio né per puntare il fondo, visto che era già alto, né per convergere.
Quando invece riceveva nel mezzo spazio, emergevano tutti i suoi limiti nel gioco spalle alla porta, il suo grande punto debole, in particolare il primo controllo, troppo imperfetto per girarsi fronte alla porta. Hummels ha scelto sempre bene il tempo con cui tamponarlo tra le linee, conscio di questa sua lacuna, e Mbappé non ce l’ha mai fatta a sfuggirgli.
Mbappé riceve tra le linee nel mezzo spazio una lunga verticalizzazione dalla difesa. Spalle alla porta prova ad eseguire la sponda per Gonçalo Ramos, ma non è preciso. Hummels accorcia in tempo e intercetta.
Per il Dortmund, sistemato con un 4-1-4-1 in blocco medio o basso è stato relativamente facile difendere, col centravanti Füllkrug quasi schiacciato sui centrocampisti per fare ancora più densità. Relativamente, certo, visto che comunque il talento clamoroso del PSG è riuscito a mettere insieme abbastanza occasioni per segnare diversi gol (finite sul palo) Fino al 60’ circa i gialloneri hanno anche orchestrato degli attacchi. Quello di Terzić è un Borussia lineare ma efficace, che risale il campo o attraverso il gioco spalle alla porta di Füllkrug o grazie alle conduzioni di Sancho. Decisiva, poi, la qualità dei suoi centrali in impostazione, che ha impedito al pressing del PSG di diventare asfissiante. Il gol di Hummels, in maniera indiretta, è merito proprio di un’iniziativa palla al piede di Schlotterbeck.
Con un intero tempo per recuperare, credevamo tutti che, pur in una serata negativa, Mbappé avrebbe trovato la scintilla per ribaltare la contesa. Invece, non solo il numero sette del PSG ha proseguito sulla falsa riga del primo tempo, al di là di un paio di cross a rientrare, ma si può dire anche che la partita gli sia passata oltre. Dopo il gol di Hummels la squadra di Luis Enrique ha iniziato ad attaccare soprattutto sulla destra. Il PSG ha creato occasioni pulite quando, con un movimento da dietro che spezzasse la rigidità della manovra, è riuscito a creare scompiglio tra le linee. In particolare, lo ha fatto quando sul centro destra, a turno, si sono alzati Vitinha o Zaire-Emery, sfruttando gli spazi creati dal duo Hakimi-Dembélé.
Al 60', con Hakimi in ampiezza, Dembélé al centro gli si è avvicinato, lasciando un vuoto tra le linee. In quel buco si è alzato Vitinha.
Dembélé ha servito il portoghese che ha potuto puntare la difesa centralmente.
Vitinha ha messo il pallone in mezzo ma Gonçalo Ramos, dal dischetto, ha sparato alto.
Cinque minuti più tardi, sempre con Hakimi in ampiezza, Dembélé gli si è di nuovo avvicinato creando un buco tra le linee, dove a salire, stavolta, è stato Zaire-Emery.
Dembélé e Hakimi nel frattempo hanno scambiato e il marocchino ha servito Zaire-Emery, il quale con il primo controllo ha attratto due avversari.
Dembélé si è mosso alle spalle dei giocatori in marcatura sul compagno e Zaire-Emery lo ha servito. Il francese ha potuto puntare centralmente la difesa e Hummels ha commesso fallo sul limite dell’area.
Viste queste due azioni, al 67’ Terzić, per evitare pericoli tra le linee, ha sostituito Sancho inserendo un altro difensore, Süle, e passando al 5-4-1. In questo modo, in effetti, il Borussia ha chiuso gli spazi al centro, ma si è negato ogni possibilità di ripartire. Il PSG si è accampato sulla trequarti e ha iniziato a creare occasioni per accumulazione di uomini, più che per una vera chiarezza d’intenti: il legno di Mbappé è arrivato comunque grazie a un’incomprensione tra Hummels e Kobel, mentre la traversa di Vitinha era un tiro disperato da quasi trenta metri.
Mbappé, spostato centravanti con l’uscita di Gonçalo Ramos, si è prodotto giusto in un paio di tagli dietro la difesa. Su uno di questi ha dettato il passaggio ad Hakimi, ha ricevuto in area e ha calciato, ma Kobel è sceso velocemente a terra sul primo palo. In ogni caso, troppo poco per chi è incaricato di raccogliere l’eredità di Cristiano Ronaldo e Messi.
Mbappé potrà comunque consolarsi pensando che dall’anno prossimo finirà tra le mani di un allenatore, Ancelotti, che non metterà mai in secondo piano le sue caratteristiche.