Una delle qualità più importanti di un buon allenatore, soprattutto nel calcio d’élite come quello della Champions League, è la capacità di convincere i giocatori delle proprie idee, di fargli credere che il piano funzionerà. In sostanza, un allenatore deve saper lavorare più sulla testa che sulla lavagnetta, perché per quanto brillante possa essere un piano gara, in campo ci andranno sempre i singoli giocatori e sta a loro non solo eseguire, ma soprattutto interpretare quello che gli si presenta davanti.
Ancelotti, dopo l'interlocutoria esperienza in Baviera, sembra aver lucidato le sue capacità in questo senso, con una squadra che usciva da un triennio produttivo ma anche logorante come quello di Maurizio Sarri. Il Napoli non è cambiato molto quest’estate ma con i giocatori di talento a disposizione sembra poter fare cose impensabili, come imporre il contesto di gioco per lunghi tratti della gara al Liverpool di Klopp o al PSG di Tuchel al Parco dei Principi, dove le avversarie vedono troppo spesso il campo inclinato verso la propria porta.
Nel passaggio da Sarri a Ancelotti sembra cambiata soprattutto quella che viene spesso definita mentalità, che è in primo luogo la convinzione nell'esecuzione del piano gara pensato dal proprio allenatore. I giocatori non si sono lasciati intimorire minimamente dalla prima bruciante azione di Mbappé o dai minuti in cui il PSG ha preso in mano la gara ad inizio secondo tempo, hanno assorbito bene anche la grande serata di Neymar, che ha concluso i 90 minuti con ben 22 dribbling tentati, e si sono rialzati bene dopo lo sfortunato gol del pareggio subito.
La gara di Parigi conferma che questo Napoli non è solo una squadra che si fa forte in casa. Il Napoli non è entrato in campo con lo spirito dell’underdog, ma ha guardato in faccia il PSG sentendosi al suo livello, cosciente di poterlo battere. Ovviamente il passaggio del turno non è ancora assicurato, e nonostante il vantaggio accumulato può succedere veramente di tutto nelle due partite di ritorno contro Liverpool e PSG, però adesso è ancora più forte nella sua convinzione di poterle battere entrambe. E, come ha detto Ancelotti dopo la partita, questa è esattamente la cosa che voleva sapere il Napoli prima di affrontare queste due grandi squadre.
Le debolezze strutturali del PSG
Quello visto in campo ieri con il PSG è lo stesso sistema della vittoria contro il Liverpool, con l’unica differenza di Mertens invece di Milik accanto ad Insigne. Per semplificare si può parlare di un 4-4-2 in fase di difesa posizionale, che si trasforma con il pallone in un 3-5-2 attraverso la salita di Mario Rui all’altezza dei centrocampisti. Ma l'interpretazione del modulo non è rigida e la si può leggere in diversi modi. La posizione libera di Fabián Ruiz, ad esempio, può portare a leggerlo come un 3-4-3, quando lo spagnolo si trovava molto avanzato sul campo.
A riassumere l’utilità dello scivolamento in avanti di Rui ci ha pensato Ancelotti stesso a fine gara, ricordando che questa scelta era guidata da una precisa difficoltà strutturale del PSG: «Dipende tutto dal sistema degli avversari, nel primo tempo uscivamo a sinistra perché Mario Rui aveva tanto spazio, Mbappé non rientrava mai». Effettivamente, il pressing del PSG ha fatto molta fatica contro la costruzione bassa del Napoli con i tre centrali (Albiol, Koulibaly e Maksimovic) perché Cavani si ritrova spesso isolato in fase di pressing, con Mbappé molto pigro e Neymar occupato a schermare il centrocampista del Napoli che scende sulla propria mediana. La presenza di un Mbappé così alto ha permesso a Mario Rui di giocare indisturbato in ampiezza e ha garantito al Napoli una migliore occupazione degli spazi in campo, con il centrocampo sempre in superiorità rispetto ai due al centro del PSG (Rabiot e Verratti).
Questo grafico di posizioni medie e passaggi fino all’uscita di Insigne mostra bene la dualità tra 4-4-2 e 3-5-2 nelle differenti altezze medie di Mario Rui e Maksimovic, e nell’asimmetria del centrocampo.
Il Napoli ha insomma giocato sulle debolezze del PSG, una squadra pensata per controllare il pallone e difendere sempre in avanti, ma che si ritrova spesso in inferiorità numerica proprio a centrocampo, finendo quindi per spezzarsi tra uscita del pallone e attacco quando non riesce a recuperare immediatamente in alto il pallone. La squadra di Tuchel, effettivamente, non è riuscita mai a recuperare il pallone in alto, finendo per avere una squadra dal recupero medio (40.7 metri), dal baricentro medio (52.5 metri) e incapace di mettere in fuorigioco gli attaccanti avversari (solo 3 quelli fischiati al Napoli).
Il PSG si schierava in campo con un 4-2-3-1 asimmetrico, in cui Di Maria si abbassava molto di più rispetto a Mbappé a destra, e fluido, perché i giocatori offensivi avevano la quasi totale libertà di scambiarsi la posizione. Fluidità che, però, per il PSG è stata spesso un'arma a doppio taglio, perché se da una parte dava pochi punti di riferimento alla difesa del Napoli, dall'altra rendeva molto fragile la squadra francese una volta perso il pallone, vista la mancanza di meccanismi di riaggressione adeguati. Il PSG è una squadra che vive del talento offensivo delle sue stelle e che deve però subirne anche l’egocentrismo: spesso si è visto Cavani ripiegare dietro a Neymar, che era quasi disinteressato alla fase difensiva, e abbiamo già detto della pigrizia senza palla di Mbappé.
In sostanza, a tamponare le transizioni del Napoli c'erano i soli Rabiot e Verratti, e alla squadra di Ancelotti bastava quindi liberare Fabián Ruiz nel mezzo spazio di sinistra per avere sempre due giocatori dietro il centrocampo (oltre al centrocampista spagnolo spesso Mertens, che ripiegava sulla trequarti) per ricevere e far progredire l’azione. Tuchel, d'altra parte, sembra essersi preso questo rischio consapevolmente, puntando a vincere le partite segnando un gol in più dell’avversario sempre, invece di provare ad aggiustare i meccanismi difensivi.
Il gol di Insigne è forse esemplare dell’incapacità del PSG di difendere come squadra. Arriva dopo una sequenza di 21 passaggi in cui il Napoli manipola a piacimento la struttura del PSG creando un lato forte a sinistra prima di cambiare a gioco a destra dove Callejón può mettere un pallone in profondità per l'attaccante napoletano. Insigne, che aveva partecipato alla costruzione dell'azione a sinistra, si muove verso destra e poi attacca la profondità sorprendendo Kimpembe, per concludere poi in area dopo aver superato Areola in uscita. Anche la traversa di Mertens, solo 5 minuti prima del gol, era nata da un lancio dalla fascia (questa volta sinistra) dopo un cambio di gioco dal lato forte. Sotto questa luce vanno lette anche le ingenuità dei difensori del PSG, perché una squadra che non mette pressione all'avversario senza il pallone mette di conseguenza in difficoltà i propri difensori.
La traversa di Mertens è un’azione praticamente speculare a quella del gol, a riprova del piano gara pensato da Ancelotti.
Anche con il pallone il PSG ha fatto molta fatica. Nonostante il Napoli non abbia accennato alcun tipo di pressing alto (finirà la partita con un recupero medio a 34.2 metri), la squadra di Tuchel è riuscita ad arrivare sulla trequarti solo aggrappandosi a Rabiot, vero e proprio riferimento per la difesa parigina per far uscire il pallone, a volte in maniera molto rischiosa tra l'altro. Neanche la tendenza di Di Maria ad abbassarsi a centrocampo e quindi il passaggio di fatto ad un 4-3-1-2 (non sappiamo se una decisione individuale del giocatore o se deciso da Tuchel in corsa), ha modificato la situazione: l’intelligenza di Hamsik nella distribuzione, la capacità di Allan di buttarsi su ogni singolo pallone conteso (ha provato l’assurdo numero di 17 contrasti e recuperato 13 palloni), unito alla flessibilità nelle zone di ricezione di Fabián Ruiz, Mertens ed Insigne riportava costantemente la superiorità numerica dietro la linea di pressione del PSG.
Va fatta, in questo senso, una piccola digressione sulla partita di Fabian Ruiz, un giocatore che sembra fatto per le grandi partite. Il centrocampista spagnolo copre una porzione di campo enorme e lo fa con la naturalezza di chi conosce gli strumenti da dover utilizzare a seconda dell’altezza del campo in cui riceve. Fabian Ruiz ieri ha sbeffeggiato la pressione avversaria spostando il pallone o passandolo appena prima dell’intervento anche in zone di campo congestionate.
Qui si possono vedere i suoi passaggi ricevuti e quelli effettuati nella partita. Va ricordato che con l’infortunio di Insigne dal minuto 53 è andato a fare la seconda punta.
Le contromisure di Tuchel
Nonostante il dominio tattico del Napoli, il PSG poteva comunque contare su due fattori imprescindibili per vincere a questi livelli, e cioè un allenatore di alto livello in panchina e tanti talenti offensivi di altissimo livello in campo.
Tuchel si è reso conto delle difficoltà nel primo tempo e, cambiando il terzino sinistro Bernat con il centrale Kehrer, è passato alla difesa a tre, con Di Maria esterno sinistro e Neymar e Mbappé dietro a Cavani, in una sorta di 3-4-2-1. Il cambio di modulo ha permesso al PSG di aiutare i due centrocampisti centrali a resistere all’intensità del Napoli perché ora Neymar e Mbappé si potevano muovere liberamente nei mezzi spazi, permettendo quindi alla squadra parigina di alzare il baricentro della squadra. Il PSG di conseguenza ha anche alzato l’altezza della pressione, con il vantaggio che adesso, grazie al modulo, poteva coprire in maniera efficace sia il centro che l’esterno. Un cambio di sistema che ha disinnescato il meccanismo di scivolamento di Mario Rui, portando il Napoli a fasi prolungate di difesa posizionale.
Ancelotti ha capito il cambio di inerzia della partita ma non si è opposto, chiedendo anzi ai centrocampisti un atteggiamento meno aggressivo al fine di non allargare le linee e a Maksimovic di rimanere più largo a destra, per tamponare i cross verso il secondo palo. L’uscita forzata di Insigne per Zielinski ha poi cristallizzato ulteriormente il cambio di sistema, che non ha comunque impedito al Napoli di rispondere al temporaneo pareggio del PSG con il gol di Mertens.
La risposta del Napoli è stata prima di tutto mentale, contro un PSG che nel secondo tempo era più in grado di gestire la palla e attaccare gli avversari (alla fine la squadra di Tuchel giocherà il pallone in area di rigore del Napoli 23 volte, arrivando 8 volte alla conclusione). In questo modo, la squadra di Ancelotti è riuscita ad arginare l'enorme talento offensivo del PSG che anche ieri, nonostante tutti i problemi descritti, si è comunque visto. Per esempio, nell'accelerazione di Mbappé, che all’ora di gioco parte da fermo a centrocampo e taglia in due il Napoli con un triangolo in velocità, e nel passaggio in area a Meunier che ha portato all'autogol di Rui. O, ancora nel cambio in velocità di Neymar in pieno recupero, dopo una finta di corpo che ha mandato fuori tempo Allan e ha portato il brasiliano ad essere libero di poter servire il compagno in area.
Seppur non nella loro migliore partita della stagione, Neymar e Mbappé sono stati comunque decisivi, determinando i due gol che hanno permesso al PSG di pareggiare la partita. Neymar e Mbappé hanno una capacità di creare dal nulla pericolosità offensiva come pochi al mondo. La squadra parigina insomma sta ancora una volta privilegiando il talento alla tattica, e forse non potrebbe essere altrimenti, ma capire se questo possa bastarle per alzare la coppa è molto difficile. La schizofrenia del PSG risiede nel fatto che ancora una volta si è affidato ad un allenatore che vede nella tattica il modo migliore per esaltare il talento, ma con uno spogliatoio che pensa che il talento non debba mai e poi mai piegarsi alla tattica.
L'altra domanda che ci lascia questa partita è se questo sistema del Napoli sia sostenibile nel lungo periodo anche in campionato. La risposta ovviamente dipenderà dalla capacità dei giocatori di interpretare i singoli momenti della partita e dalla bravura di Ancelotti nell'adattare il sistema alla partita e agli avversari. L’attenzione nella precisione della circolazione del pallone, ad esempio, non può essere negoziabile se si vuole utilizzare il meccanismo di uscita palla con il passaggio alla difesa a 3 con esterni così alti perché perdere palla gratuitamente renderebbe la fase di transizione difensiva insostenibile.
Forse Ancelotti si è reso conto che dominare per tutta la partita è impossibile, e che quindi bisogna essere consapevoli del momento in cui si ha in vantaggio tattico per sfruttarlo appieno. Parliamo di un’ovvietà, che però in Champions League, con avversari come il PSG, e contro talenti come quelli di Neymar e Mbappé, diventa ancora più importante. Il Napoli forse avrebbe potuto aumentare il proprio vantaggio prima che Tuchel potesse riordinare la sua squadra, ma questa è praticamente l'unica cosa che può recriminarsi della sua prestazione.
Il Napoli che contro il Liverpool aveva trovato nel finale la giusta ricompensa per la sua partita, ora si vede negati tre punti che sembravano più che meritati. Certo, il pareggio rimane un risultato positivo ma rimane la delusione per come è arrivato. Questo, però, nulla toglie alla sua partita.
Il Napoli ormai è una squadra matura in ogni aspetto del gioco, affiatata e determinata. La squadra di Ancelotti ha confermato un ulteriore passo in avanti nella consapevolezza che ha della forza del suo gioco e ogni dubbio sul fatto che sia una grande squadra anche rispetto agli altri top club d’Europa ormai sembra essersi dissipato. Che riesca a superare questo girone tanto complicato o meno.