Recita una tra le più conosciute leggi di Murphy: “quando tutto va bene, qualcosa andrà male”. Continuano i suoi corollari: “quando non può andar peggio di così, lo farà” e “se le cose sembrano andar meglio, c'è qualcosa di cui non stiamo tenendo conto”. Oggi queste leggi sembrano state scritte appositamente per Leonardo Bonucci. Basti pensare che il nuovo capitano rossonero nel giro di due giorni è passato dall’essere espulso dopo appena 25 minuti per una gomitata a Rosi all’essere eletto nella Top11 dell’anno stilata dalla FIFA, in un’ironica e quanto meno intempestiva inversione del sentimento generale che gli aleggia intorno.
Se non ci serve Bonucci per riconoscere l’esistenza dei periodi bui della vita, la pausa che si è autoimposto con l’espulsione (anche se lui ha parlato di “destino”) ci permette di indagare meglio questo senso di enorme sprofondo che lo circonda. Bonucci è diventato un appestato, uno che si è rovinato con le sue mani, un Icaro in a cui si sono appena sciolte le ali. Ma il suo arrancare è così netto o è più percepito? E poi: è davvero tutta colpa di Bonucci? O forse la colpa è di Montella, o del tempo, delle scarpe troppo strette, dei suoi compagni troppo scarsi? Ci sono possibilità di riscatto anche senza Barzagli e Chiellini a proteggerlo, o è tutto finito?
Trarre conclusioni dopo neanche un quarto di stagione è sicuramente affrettato, ma non iniziare a destrutturare la stagione del calciatore italiano più atteso sarebbe altrettanto grave.
Bonucci con e senza palla
Come scritto in questo articolo da Fabio Barcellona, la qualità principale di Bonucci è quella di pensare da centrocampista. Quando il Milan lo ha comprato per 42 milioni, questo ha comprato: un difensore con un piede preciso e sicuro, ma soprattutto con una testa da centrocampista. Fin dall’inizio della stagione, in fase di costruzione arretrata, Montella si è affidato al rombo.
All’interno di questo processo di costruzione iniziale del gioco, che non è cambiato con il passaggio alla difesa a 3, Bonucci dovrebbe trovarsi nella sua comfort zone, quella che gli ha permesso di distinguersi come uno dei migliori centrali al mondo con il pallone tra i piedi. Andando a guardare le statistiche, Bonucci tocca meno palloni del solito (esegue 57.1 passaggi ogni 90 minuti, mentre nella scorsa stagione ne faceva 70.7) con una percentuale di riuscita leggermente più bassa (84% contro l’87% della scorsa stagione).
Questo leggero calo è dovuto principalmente ad una maggiore imprecisione in quello che è il pezzo forte del repertorio: in questa stagione Bonucci completa 7.4 lanci lunghi ogni 90 minuti (tra i giocatori di movimento con più di due partite giocate solo Raul Albiol ne completa di più), ma ne sbaglia anche 5.3 per 90 minuti (più di lui solo Cabrera, De Maio e Maietta) più che in ogni altra sua stagione in Serie A (un trend comunque già cominciato l'anno scorso, quando ne sbagliava 4.8 ogni 90 minuti).
Le cause di questo leggero calo possono essere molte, prima fra tutti la necessità di trovare un’intesa con i nuovi compagni, ma in definitiva, se guardiamo alle 0.48 occasioni create in media ogni 90 minuti, non possiamo dire che Bonucci sia calato rispetto alle precedenti stagioni, anzi è il numero più alto in carriera. Se non possiamo usare in sua difesa qualche passaggio decisivo nella costruzione di un gol è anche a causa dei suoi compagni.
Contro l’AEK, con un lancio da stropicciarsi gli occhi di settanta metri, ha pescato Calabria dietro la linea difensiva avversaria. Il successivo cross del terzino, però, era troppo verso il portiere e Cutrone non ha potuto trasformare in gol. Contro la Sampdoria, in una delle peggiori prove del Milan, un suo lancio - ovvero un lancio che può fare solo lui - ha permesso ad Abate di controllare il pallone da solo in area, ma purtroppo per Bonucci e per il Milan, Abate non è proprio l’uomo ideale da servire in quelle situazioni. Allo stesso modo, avremmo speso parole migliori per Bonucci se un suo preciso laser pass, dopo aver tagliato ben due linee dell’Udinese, fosse stato sfruttato meglio da Calabria e Suso. Peccato che il sinistro a giro dello spagnolo in quell’occasione non abbia voluto saperne di abbassarsi.
Il ritorno dall’infortunio di Conti potrebbe creare un interessante terminale per il gioco lungo di Bonucci (foto di Marco Luzzani / Stringer).
Se la costruzione bassa del Milan è rimasta sempre la stessa, la fase difensiva invece ha subito il cambiamento strutturale più significativo in questo inizio di stagione. Il 4-3-3 di Montella è durato solo fino alla sconfitta con la Lazio alla terza giornata, momento in cui tutti i problemi in difesa del Milan sono venuti a galla. Al primo vero ostacolo della stagione Bonucci - come tutto il Milan - ha giocato una partita disastrosa: si è perso Immobile in area in occasione del secondo gol, si è fatto trovare a metà strada nel terzo, per finire scherzato dall’attaccante della Lazio in campo aperto negli ultimi minuti di gioco, senza dare la minima impressione di poter intervenire in qualche modo.
Per dirlo con un meme.
Dopo questa partita Montella ha deciso di accelerare il processo di transizione verso il 3-5-2, ammettendo che l’arrivo di Bonny andava in quel senso. «È vero che abbiamo preso Bonucci per fare la difesa a tre, ma è difficile applicare questa idea senza poter lavorare insieme. Probabilmente in futuro cambierò, mentre altre volte utilizzerò strade diverse: abbiamo la possibilità di scegliere tra tante soluzioni».
Il lento rompersi di ogni certezza
Schierare due marcatori accanto a Bonucci doveva servire a risolvere le difficoltà dimostrate in transizione negativa contro la Lazio, aggiungendo un uomo per assorbire le ripartenze avversarie, ma anche per dare alla squadra la possibilità di essere più decisa nel recupero del pallone immediatamente dopo la sua perdita, difendendo in avanti, cioè. Eppure, anche dopo il cambio di modulo alcuni problemi difensivi sono rimasti, e a pagarne il prezzo è stato principalmente Bonny. Nella sconfitta contro la Sampdoria, ad esempio, a seguito di una prestazione di squadra abbastanza carente, le responsabilità dei due gol sono ricadute su Bonucci e Zapata. E se il colombiano è stato autore di due gesti tecnicamente errati, il capitano del Milan in entrambe le occasioni ha dimostrato una condizione fisica e una tenuta mentale deficitarie, non riuscendo ad eseguire uno stacco di testa decente prima e venendo addirittura bruciato in velocità da Ricky Alvarez poi.
Limiti fisici dimostrati anche nella successiva sfida in Europa League contro il Rijeka, quando da ultimo uomo si è fatto mangiare da Acosty nello scatto, provando come estremo tentativo una patetica scivolata, che ha avuto il solo risultato di fargli fare brutta figura mentre l’attaccante avversario si avviava solo davanti a Donnarumma e accorciava le distanze. Sono diversi i gol del Milan ricaduti oggettivamente nella sfera d’influenza di Bonucci, e se l’errore in marcatura su Immobile aveva generato i primi dubbi e quello con il Rijeka era stato dimenticato per la rocambolesca vittoria finale, il gol che incarna meglio le difficoltà incontrate finora dal Milan è il secondo di Icardi nel derby, per il quale Bonucci è stato letteralmente, anche se virtualmente, massacrato.
Se ascoltate bene, tra un’immagine e l’altra si sente il rumore del cuore dei tifosi milanisti rompersi.
Ma scomponiamo l’azione. Si parte da una sanguinosa palla persa da Biglia a centrocampo, recuperata dallo stesso attaccante argentino (immagine 1). In quel momento la difesa del Milan non è preparata e nonostante sia in superiorità numerica preferisce scappare all’indietro piuttosto che provare a un recupero del pallone andando avanti (immagine 2). Malgrado il disturbo di Biglia, un po’ comico a dire il vero, Icardi arriva indisturbato sulla trequarti e può servire Perisic che nel frattempo si è allargato sulla sinistra per andare in uno contro uno con Musacchio. In questo momento ci sono tre giocatori del Milan che stanno collassando verso il centro dell’area contro due dell’Inter, creando teoricamente la superiorità in zona centrale prevista dalla difesa a tre (Immagine 3).
Eppure anche in superiorità numerica, la differenza la fanno le scelte: mentre Perisic si porta il pallone verso il fondo per cercare lo spazio per il cross, Bonucci si abbassa sul primo palo perché è quello che sa fare meglio (sui cross ha storicamente la tendenza a perdere l’uomo, per questo preferisce sempre coprire la zona dove prevede possa arrivare il pallone). Una scelta molto rischiosa che paga solo se coordinata con i compagni di reparto. Romagnoli a sua volta sceglie di coprire il secondo palo per difenderlo da un eventuale taglio di Vecino, mentre Biglia resta a metà con l’idea di schermare una eventuale linea di passaggio verso l’esterno dell’area (immagine 4). Sono tre scelte che i giocatori del Milan prendono singolarmente e che finiranno per essere decisive. L’azione prosegue con Perisic che arrivato sul fondo riesce a crossare verso il dischetto dell’area di rigore dove Icardi - libero da marcature - con una strana torsione riesce a fare gol.
In casi come questo la prima cosa da fare è sempre rendere i giusti meriti a Icardi, il cui gol non è per nulla banale, ma subito dopo vale la pena domandarsi dove inizino le colpe di Bonucci e dove quelle dei suoi compagni di reparto. Musacchio ad esempio permette a Perisic di entrare dentro l’area, arrivare sul fondo e crossare all’indietro, tutto quello che non dovresti concedere quando difendi in zona laterale. Certo, Musacchio ha la scusante che davanti a lui c’era uno dei giocatori più muscolari d’Europa, ed è anche molto sfortunato perché il pallone sembra passargli quasi attraverso, ma avrebbe quanto meno potuto provare a costringere Perisic a crossare il quanto più possibile verso il portiere. Infatti, è con questa convinzione che Bonucci decide di difendere il palo e non Icardi, convinto che fosse quello il naturale termine dell’azione e che la zona più arretrata fosse coperta da Musacchio e Biglia.
Ed è qui che finalmente entra in gioco il discorso “Barzagli e Chiellini”
In queste situazioni difensive, dove non è facile comunicare e nemmeno guardare le scelte dei compagni diventa importante avere degli automatismi perfettamente oliati. E anche - magari - un compagno di squadra in grado di fermare l’azione di Perisic sul nascere. Come ripetuto più volte, difensivamente Bonucci ha dei limiti e questi limiti erano più facilmente nascondibili accanto a due marcatori di élite come Barzagli e Chiellini, soprattutto dopo tanti anni passati allenandosi insieme. Il primo gol di Icardi racconta i problemi di Bonucci in questo momento forse meglio del secondo: la lentezza nella lettura del cross di Candreva, arrivato da trequarti di campo, e l’incapacità di coprire lo spazio tra difesa al portiere anche quando stava già correndo verso la linea di fondo, è abbastanza preoccupante.
Gli errori difensivi di Bonucci sembrano quindi avere una doppia causa: da una parte una condizione fisica certamente carente, che può sicuramente migliorare nel corso della stagione, pur considerando che il difensore non ha mai avuto lì il suo punto di forza e che ha 30 anni (il problema del rendimento dei singoli giocatori sembra molto più strutturato nel Milan, ad esempio Biglia sembra avere problemi nella condizione fisica ancora più evidenti). Dall’altra una evidente difficoltà nel difendere da squadra alcune situazioni di gioco, un problema che non riguarda solamente Bonucci, tanto più che la partita contro la Juventus ha dimostrato come anche il centrocampo ha delle grosse responsabilità nei problemi difensivi della squadra. Da questo punto di vista starà a Montella trovare le contromisure per migliorare l’efficienza difensiva della sua squadra e del suo capitano.
C’è però un altro aspetto da considerare.
La tenuta mentale
Verso la fine di Milan - Aek Atene, partita che i rossoneri hanno giocato piuttosto male dopo due sconfitte in campionato, Calhanoglu controlla un pallone all’interno dell’area avversaria e lo scarica dietro a Bonucci che sta arrivando a rimorchio per la conclusione. La giocata è molto pulita e prima dell’impatto è forte la sensazione che possa venirne fuori un buon tiro. Dopotutto è un’azione molto simile a quella che nella scorsa stagione gli ha fruttato un gol decisivo contro il Siviglia; ma Bonucci svirgola malamente il pallone che esce dall’inquadratura prima di perdersi nei pressi della bandierina. Lo stadio di San Siro lo fischia. Lui mette su un’espressione strana a metà tra l’amareggiato e l’arrabbiato.
Questa conclusione, più dei numerosi errori visti fin qui, racconta delle difficoltà di Bonucci sul piano psicologico. Sbagliare così malamente una giocata semplice denota un problema che non può essere né tecnico né tattico (quanti tiri del genere avrà fatto in vita sua? Quanto pochi saranno finiti così lontani dalla porta?). Un malessere culminato con l’espulsione nella successiva sfida contro il Genoa - se non si vuole aderire del tutto alla versione di Bonny, quella secondo cui il gesto che ha ferito Rosi sarebbe del tutto involontario.
Ovviamente questa stagione di Bonucci non è una stagione come le altre. Le modalità del suo approdo al Milan sono state un terremoto in un campionato su cui la Juventus sembrava esercitare uno status quo irreversibile. È passato agli storici rivali con una trattativa durata poche ore, diventando uno dei giocatori più pagati della Serie A e nuovo capitano rossonero. Tutta questa responsabilità è stata vista come l’intenzione da parte del Milan di farne il perno tecnico ed emotivo del nuovo corso. Un peso che Bonucci ha fortemente voluto, ma che al momento sembra più condizionarlo che stimolarlo. Un privilegio che si è rivoltato contro.
Sulla sua leadership al Milan tanto è stato detto, ma distinguere tra voci e verità non è semplice. Si dice - ad esempio - che la decisione di farlo capitano abbia indispettito molti suoi compagni che non lo considerano un leader. Si dice che dopo la sconfitta Bonucci abbia provato a restituire la fascia dicendo: «Se il problema sono io, la fascia è qui». Si dice che volesse un turno di riposo proprio contro l’Aek, ma che Montella non lo abbia ascoltato. Non sappiamo quale sia la verità, ma non possiamo ignorare quanto di mentale ci sia negli errori commessi fin qui dal difensore.
Anche la sfortuna sembra accanirsi contro di lui in questo momento: contro l’Udinese un suo tap-in è stato salvato ad un centimetro dal gol, mentre nella sfida contro la Roma solo una grande parata di Allison gli ha negato la gioia di un gol che avrebbe potuto avere un effetto salvifico sia su di lui che sul Milan.
Non è una novità il fatto che Bonucci più di altri giocatori abbia bisogno di avere una totale fiducia in se stesso, una fiducia che in questi primi due mesi sembra essere venuta meno. Il difensore ha avuto dieci giorni per lavorare sulla sua condizione fisica e trovare anche una maggiore serenità. Ora lo aspettano due sfide, con Aek e Sassuolo, nelle quali cercare delle risposte e probabilmente due buone prestazioni potrebbero rimettere sia lui che il Milan in carreggiata. Subito dopo partirà con la Nazionale per lo spareggio che deciderà se in estate andremo ai Mondiali in Russia. Un eventuale successo potrebbe dare al difensore la spinta emotiva che non è riuscito a trovare in questi primi due mesi a Milano.
Quel che è certo è che lo scarto di prestazioni tra le precedenti stagioni e questa rimane, ma rimane anche la sensazione che Bonucci è ad una mossa dal tornare quello che ricordavamo e che potevamo amare od odiare, ma a cui di certo non negavamo il nostro rispetto sportivo.