Qatar 2022 si porta dietro questioni problematiche, in questo articolo abbiamo raccolto inchieste e report che riguardano le morti e le sofferenze ad esso connesse.
È tipico del calcio ricercare l’inizio delle cose a posteriori, in punti che inizialmente ci erano sembrati insospettabili. Se il Ghana dovesse qualificarsi agli ottavi, per esempio, non ci vorrebbe molto a porre l’inizio del Mondiale di Mohammed Kudus già il 23 settembre, sotto il cielo basso di Le Havre, durante una grigia amichevole tra Brasile e Ghana. La federazione africana, con una fiducia nel futuro scandalosa per le nostre superstizioni, aveva deciso di affrontare due delle squadre che avrebbe potuto ritrovarsi agli ottavi di finale. Prima il Brasile, poi la Svizzera.
Il Ghana ha un rapporto speciale con il Brasile, il Paese che gli ha dato il suo strano soprannome, la scuola calcistica in cui teoricamente la creatività tecnica dei suoi giocatori dovrebbe rispecchiarsi. La Nazionale africana, però, sembra solo una squadra sbadata, il futebol arte al massimo può essere tatuato sul polpaccio di un qualche suo calciatore. Il Brasile, al contrario, è ordinato come una squadra di club, ci sta bene in questo piccolo stadio della Ligue 1 dedicato all’oceano e abituato a vedere un gioco fisico senza troppe velleità.
Dopo 39 minuti si è già sul 3-0, decisamente non il buon auspicio che il Ghana cercava organizzando questa amichevole. Una partita però si compone di centinaia di cose, siamo noi a proiettarci un significato. Nella doppietta di Richarlison, per esempio, potremmo intravedere l’exploit nella partita inaugurale contro la Serbia, tanto più che il suo primo gol contro il Ghana nasce da un gran tiro di prima da fuori area. Ci sono però anche delle cose meno chiare, segni oscuri di un futuro che ancora non conosciamo, oppure solo casualità.
Al 13', con il risultato già sull’1-0, il Brasile fa girare il pallone a centrocampo senza alcun affanno, ma Mohammed Kudus sembra di fretta. Su un pallone ricevuto da Neymar tra le linee, il centrocampista dell’Ajax arriva quando ormai lo ha già scaricato sull’esterno, eppure non si ferma, colpendolo col ginocchio dietro la coscia. Mentre Neymar si contorce a terra, fermato all’ennesima tappa della Via Crucis a cui il suo talento lo ha condannato, Kudus gli passa accanto senza nemmeno degnarlo di uno sguardo. Da dove viene tutta questa cinica freddezza? I due sono spesso vicini in campo: Neymar gioca sull’esterno sinistro, venendo incontro dentro al campo, Kudus è schierato da mezzala destra, e spesso si ritrova a rincorrerlo da dietro. L’elettricità si sente e i due provano a evitarsi, ma alla metà del secondo tempo, dopo un altro intervento ruvido da dietro, Neymar non si tiene e gli rifila un calcio da mulo, scalciando da dietro mentre Kudus gli corre alle spalle. Questa volta è Kudus a contorcersi a terra e Neymar non ci pensa nemmeno a ignorarlo. Gli va incontro puntandolo col dito.
Era da tempo che non si vedeva Neymar fuori di sé per un avversario troppo violento, tanto più in un’amichevole finita già prima della fine del primo tempo, e Kudus non è certo famoso per la durezza dei suoi interventi. Che significato dovremmo dargli nel caso in cui il Ghana riuscisse a non farsi divorare dall’incubo Uruguay e incontrasse davvero il Brasile agli ottavi? Cosa succederebbe se Neymar riuscisse a recuperare solo per incontrare di nuovo l’ultimo giocatore che lo ha fatto impazzire?
Dopo quella partita a Le Havre, Kudus rilascia una lunga intervista al programma sul calcio africano Star Connect. Nella zona commerciale intorno alla Johann Cruyff Arena, ad Amsterdam, insieme al giornalista Gary Al-Smith, parla del percorso che lo ha portato all’Ajax, della sua passione per Thiago Alcantara, infine anche del Mondiale. «Hai pensato alla possibilità che Brasile e Ghana possano rincontrarsi agli ottavi?», gli chiede Al-Smith. Kudus, quasi soprappensiero, risponde: «Me contro Neymar, parte due. Sono sicuro che gli piacerebbe». Nei giorni successivi la lunga intervista viene trascritta e riassunta dallo stesso Al-Smith per il Guardian e dalle sue parole escono dichiarazioni ancora più incomprensibili. «Neymar non è più forte di me, è solo un giocatore di più alto profilo, ecco tutto. Ciò che lo rende migliore è che ha vinto molto, ma ci arriverò presto». L’intervista viene pubblicata il 23 novembre, un giorno prima dell’esordio contro il Portogallo, ed è talmente dissonante rispetto alle aspettative che precedono il Mondiale che riesce in qualche modo a fare rumore. Kudus è costretto a smentirla con uno strano tweet, in cui la definisce una fake news, e chiede al Guardian quale sia il suo piano.
Oggi che Kudus viene da due gol e un assist nelle prime due partite di questo Mondiale, candidandosi a essere una delle sue sorprese, sulla vicenda inizia a stagliarsi una luce diversa, che potrebbe diventare ancora più chiara se il Ghana dovesse davvero incontrare il Brasile agli ottavi. Viene da chiedersi se Kudus non sappia qualcosa che a noi sfugge, soprattutto quando parla con quella gravità priva di ironia che sembra tipica dei grandi giocatori ghanesi, come Asamoah Gyan e André Ayew. Proprio Ayew pochi giorni fa ha dichiarato di non essere affatto sorpreso dalla sua esplosione al Mondiale: «È normale, è Kudus. Ha un futuro luminoso davanti a lui. Lo conosciamo, il Ghana lo conosce, e il mondo sta per conoscerlo. Può fare anche più di così, vedrete».
Definirlo una sorpresa effettivamente è ingeneroso. La sua storia nel calcio d’élite comincia infatti ben prima di quel 23 settembre, e forse sarebbe iniziata ancora prima se una serie di gravi infortuni tra la fine del 2020 e l’inizio del 2022 non avrebbe praticamente impedito all’Ajax di impiegarlo al massimo della condizione prima dell’inizio di questa stagione. La squadra olandese lo aveva prelevato nell’estate del 2020 in Danimarca, nel Nordsjaelland, dopo una stagione da 11 gol in 25 partite, solo alcune delle quali giocate sul fronte d’attacco. L’esperimento di metterlo da solo al centro dell’attacco da parte dell’allenatore dell’Ajax Schreuder non è quindi del tutto una novità, e nemmeno la ragione del suo exploit quest’anno, in cui ha già segnato 10 gol in 21 partite con il club olandese (di cui 4 in Champions League). Kudus sembrava destinato alla Premier League ancora prima di mettersi in mostra in questo modo, nell’ultimo giorno di mercato non si era presentato agli allenamenti con l’Ajax e sembrava a un passo dall’Everton. «Nessun calciatore vuole sedere in panchina e lo stesso vale per me», ha dichiarato Kudus cercando di spiegare la sua decisione di prendere in considerazione l’offerta dell’Everton con la reticenza di Schreuder a farlo giocare nelle prime giornate di campionato.
Nella difficile stagione dell’Ajax, l’allenatore olandese ha fatto fatica a risolvere il dualismo con Brobbey. A volte lo ha fatto giocare da prima punta, con compiti da falso nove, a volte li ha fatti convivere, spostando Kudus da mezzala destra. Due ruoli che lo esaltano in maniera diversa, perché a seconda dei compiti può sfruttare uno dei suoi due punti di forza maggiori.
Kudus è innanzitutto un maestro dei controlli orientati spalle alla porta e sa nascondere il pallone al difensore che cerca di anticiparlo come nessun altro della sua età. Nel gol più bello e importante della sua stagione, per esempio, porta van Dijk a fare un passo dalla parte opposta a dove stava per spostarsi il pallone, aprendosi lo specchio per il tiro violentissimo con cui ha messo la palla letteralmente sotto la traversa. Nelle ricezioni tra le linee questa sua qualità lo rende un’enigma per le difese avversarie, o meglio un cuneo di quelli che si usano per spaccare a metà la legna, perché per Kudus il controllo orientato è quasi sempre uno strumento per inclinare il campo verso la porta avversaria. In questo senso, gran parte dell’effetto wow di Kudus sta nel vedere andare il marcatore dalla parte sbagliata mentre lui si gira per andare in conduzione verso l’area avversaria. Ne sa qualcosa Ruben Neves, per esempio.
Quando gioca da mezzala, invece, Kudus è aiutato in primo luogo dalla sua forza sulle gambe in conduzione, un equilibrio in corsa stupefacente che quando sterza lo fa assomigliare a una moto da corsa che si piega tra le curve fino a sfiorare l’asfalto. Quando prende velocità, spostare il centrocampista ghanese dalla palla, allontanarlo dal suo baricentro, diventa molto difficile, e questo spiega perché Kudus è imprevedibile anche quando riceve fronte alla porta e punta la difesa già schierata. Il minimo comune denominatore tra queste due qualità rimane l’attrazione per la porta avversaria, fattore che lo distingue sia da Pedri che da Musiala in questo festival delle giovani mezzali offensive che si sta rivelando essere Qatar 2022. Kudus non disegna scarabocchi sul campo come i suoi due giovani avversari per la palma di miglior giovane del torneo, è meno rapsodico nel suo rapporto con la palla, più diretto. Il suo ritmo è diviso nettamente tra lento e veloce, raramente ci sono pause impreviste, finte di corpo. Nelle sue azioni c’è pochissima punteggiatura.
Questo significa anche che è un giocatore meno razionale nelle scelte, più istintivo, che con il peso di doversi caricare un intero Paese sulle spalle a volte compie scelte forzate, o cerca tiri impossibili. Ciò che però lo rende effettivamente simile a Pedri e Musiala è la velocità di coordinazione che sembra venire da una realtà diversa, da un videogioco. Una capacità di prendere decisioni in spazi minuscoli che sembra farli giocare in un tempo diverso, più rallentato, rispetto ai loro avversari. In un Mondiale in cui quasi tutte le squadre pensano a difendersi davanti alla propria area, e in cui i ritmi sono bassissimi finché non si arriva fin dentro la trequarti avversaria, questa velocità di pensiero ci risveglia dal torpore da cui siamo presi inevitabilmente quando guardiamo le partite in questi giorni, ci fa alzare gli occhi dal cellulare che avevamo ripreso in mano per cercare di schivare la noia. Kudus è uno dei giocatori a cui riescono più dribbling in questo Mondiale, 2.5 per 90 minuti, e, nonostante sia uno dei pochi nelle prime posizioni che gioca davvero da centrocampista, raramente fallisce in uno contro uno. Per avere un numero di dribbling riusciti simile (2.7 per 90 minuti) Mbappé ne deve provare molti di più (6 contro 4).
Più che con le qualità in conduzione e dribbling, Kudus si sta guadagnando le luci dei riflettori per il fatto di essere un buon finalizzatore, o ancora meglio, per segnare sia gol facili che gol difficili. La sua stagione, per adesso, si è aperta e si è chiusa con un tiro di sinistro. Il primo ha dato solo l’illusione all’Ajax di poter recuperare il risultato in Supercoppa olandese contro il PSV, ma rimane forse il suo gol più bello quest’anno - un tiro di mezzo esterno di controbalzo levigato come un lancio di un frisbee, dopo aver sgonfiato un pallone che sembrava lanciato da un drone sopra lo stadio con la coscia. Il secondo, pochi giorni fa, ha dato la possibilità al Ghana di giocarsi il passaggio del turno all’ultima partita disponibile ma, a vederlo come se fosse davvero solo un tiro, rimane una conclusione un po’ pigra ai limiti dell’area piccola talmente centrale da essere stata sfiorata dal portiere avversario.
Il calcio viene alimentato dal significato che ci proiettiamo sopra da fuori al di là di come viene colpita una palla. E tra questi due tiri non c’è nessun cerchio che si chiude, come si dice, perché ogni fine e ogni inizio sono arbitrari come i limiti di tutte le storie. Adesso il Ghana è atteso dall’incubo Uruguay, che potrebbe distruggere la storia di Kudus in una tragedia ciclica come le migliori maledizioni calcistiche. Oppure potrebbe andare avanti e trovare davvero il Brasile, realizzando la strana profezia autoavverante che la stessa federazione ghanese ha cercato di evocare ancora prima che iniziasse il Mondiale. Lì Kudus potrebbe essere atteso dalla narrazione che lui stesso ci ha tenuto a suggerirci - una sfida con Neymar che solo una settimana fa ci sarebbe sembrata lunare, e che probabilmente ci sembra tale ancora oggi - oppure no, visto che dallo stato della caviglia del numero 10 del Brasile sembra difficile che possa recuperare in tempo già per gli ottavi.
Al di là di come andrà a finire, Mohammed Kudus è arrivato per restare, o almeno credo guardandolo giocare, vedendolo esultare con le braccia incrociate, in un modo brandizzato e riproducibile in un’emoji pronta a riapparire sulla mia timeline di Twitter ad ogni suo gol in Champions League. Lui dice di aver ripreso il gesto dal film Black Panther, di immaginarsi di «incrociare due spade che formano un muro che mi difende dagli ostacoli e dai problemi», e perché non dovremmo credergli. Finora ha dimostrato di vederci lungo.