Turchia-Croazia era una delle partite più attese della fase a gironi, non solo per le reminiscenze degli emozionanti quarti di finale degli Europei del 2008, quando la Turchia prevalse ai rigori, ma soprattutto per la qualità tecnica delle due squadre, che le poneva entrambe come potenziali outsider del torneo.
Sulla carta entrambe le squadre avevano il loro punto di forza nel centrocampo. Quello della Croazia (per l’occasione composto da Perisic, Modric, Badelj, Rakitic e Brozovic) sembra più orientato al possesso, anche solo per le caratteristiche tecniche dei giocatori, pur lasciando qualche dubbio sulla capacità di creare pericoli alle difese avversarie con costanza. Il centrocampo turco (con Turan, Tufan, Inan, Özyakup e Calhanoglu), invece, nonostante il livello tecnico non da meno, sembra più orientato al controllo degli spazi, per recuperare il pallone all’interno della propria metà campo e ripartire con una transizione offensiva veloce.
Il canovaccio tattico atteso, quindi, era quello di una Croazia costantemente con il pallino del gioco a tentare di bucare la compattezza centrale della resistenza turca, e una Turchia ad aspettare, con Turan e Calhanoglu pronti a verticalizzare velocemente per i movimenti di Tosun e gli inserimenti di Tufan. Tutto scontato, se Cacic non si fosse dimostrato un allenatore più fine di quanto si pensasse alla vigilia.
E invece
Sorpresa sorpresa: la Croazia ha lasciato da subito l’iniziativa all’avversario, abbassando moltissimo il baricentro (secondo i dati Opta, la Croazia ha recuperato palla in media a nemmeno 33 metri dalla linea di porta), in un 4-4-1-1 in fase di non possesso molto stretto orizzontalmente, con le linee di centrocampo e difesa schiacciate al limite dell’area.
Il 4-4-1-1 compattissimo della Croazia. Tutti e i tre trequartisti della Turchia convergono centralmente facilitando la difesa degli uomini di Cacic mentre lo spazio lasciato libero sull’esterno di sinistra viene ignorato da Gönül che rimane in linea con la difesa.
Cacic ha dimostrato quindi di conoscere molto bene i pregi e i difetti dell’avversario: la Turchia ha sulle fasce due trequartisti che per loro natura tendono ad accentrarsi e la Turchia cerca prevalentemente di passare per vie centrali, con i terzini (Erkin e Gönül) molto parsimoniosi nei loro inserimenti offensivi per non scoprire i lati ai macchinosi centrali di difesa (Balta e Topal).
Contro la Croazia, però, la Turchia si è ritrovata a dover giocare una partita che non aveva né la volontà né la capacità di fare, con il gioco che ristagnava centralmente e i tre uomini di maggior talento (Turan, Calhanoglu e Özyakup) che invece di dialogare tra loro hanno finito per ostacolarsi nella stessa zona di campo.
E dire che la Croazia lasciava i lati deboli molto scoperti, soprattutto a sinistra, dove Perisic il più delle volte lasciava solo Strinic. Non è un caso che l’unica occasione pericolosa della Turchia sia nata proprio a destra, una delle pochissime volte in cui Gönul ha coadiuvato la manovra offensiva turca, mettendo un bel pallone dalla trequarti sulla testa di Tufan.
Ma quello che ha stupito di più è che la Turchia ha dimostrato forti carenze anche in quelli che erano considerati i suoi punti di forza: la compattezza delle linee di difesa e centrocampo, la capacità di restringere il campo sugli esterni e il gegenpressing diretto al recupero immediato del pallone e alla ripartenza. Anche in questo caso lo zampino di Cacic è stato determinante.
La scelta di schierare Brozovic come esterno di destra è quella che tatticamente ha dato più fastidio alla Turchia in fase di non possesso. La mezzala dell’Inter trovava costantemente spazio alle spalle di Özyakup, nello spazio tra Erkin e Inan, che invece era impegnato a tamponare Rakitic. L’accentramento di Brozovic era funzionale alle puntualissime salite di Srna, che quando non veniva seguito da Turan trovava spazio libero per affondare sulla destra. Inoltre, la passività della linea di difesa turca, molto bassa per il timore di concedere la profondità agli ossessivi movimenti senza il pallone di Mandzukic, lasciava molto spazio tra le linee.
In questo caso è addirittura Corluka a lanciare direttamente per Srna, che va ad attaccare lo spazio lasciato libero da Erkin, salito per prendere Brozovic. Solo il recupero affannoso di Turan riuscirà ad impedire il cross al terzino croato.
Dominio fisico
Così, la Croazia è riuscita ad arrivare al cross non solo nel modo in cui ci si aspettava alla vigilia, e cioè dalla sinistra quando Perisic riusciva a liberarsi e ad andare all’1 contro 1 (costantemente vinto) con Gönul, ma anche dalla destra. La Turchia ha lasciato totale libertà a Modric di abbassarsi per gestire il primo possesso e il centrocampista del Real Madrid ha trovato Brozovic tra le linee, pronto ad attaccare la difesa turca faccia alla porta, con lo scarico sicuro per Srna (per lui ben 10 cross e 3 occasioni create).
Solo raramente la Turchia ha tentato di andare a prendere il pallone alto (com’è nelle sue corde), in tentativi di pressing che però si sono rivelati essere velleitari e disorganizzati. Le poche volte in cui i turchi sono riusciti a muoversi con coordinazione, la Croazia riusciva comunque ad uscire agilmente in palleggio, grazie all’immensa qualità tecnica a disposizione a centrocampo. In questo modo, gli uomini di Terim non hanno mai trovato la retroguardia di Cacic disorganizzata, attaccando le due linee schierate prevalentemente in maniera statica e individuale.
C’è da dire, però, che raramente la Croazia è riuscita ad arrivare in area con una soluzione diversa dal cross dall’esterno. È stato più che altro il dislivello tecnico tra il reparto offensivo della Croazia e quello difensivo della Turchia a fare la differenza. I centrali Topal e Balta, infatti, hanno gestito in costante affanno i cross precisi messi in mezzo da Perisic, Srna e persino Mandzukic. Proprio da uno di questi è nato il gol che ha deciso la partita, con Modric che è riuscito a segnare tirando al volo un campanile alzato da Inan per spazzare l’area.
Nel secondo tempo i centrali della Turchia hanno fatto talmente fatica a controllare le palle alte che hanno lasciato totalmente libero Perisic. Da notare come, ad inizio azione, sia Brozovic che Rakitic siano totalmente liberi di ricevere tra le linee.
La conquista delle seconde palle è un altro aspetto in cui la Turchia ha stupito in negativo. Gli uomini di Terim sono arrivati sempre in ritardo nella riconquista del pallone (uno degli aspetti su cui si fonda il gioco della Turchia) commettendo spesso fallo e apparendo in grossa difficoltà fisica (saranno solo 45 le palle recuperate a fine partita, contro le 52 della Croazia). In questo senso, l’immagine di Tufan che si aggiusta i capelli sul campanile di Inan che porterà al gol della Croazia è più che altro metaforica, perché il centrocampista del Fenerbahce è stato in realtà l’unico a reggere il confronto fisico a centrocampo (per lui 4 contrasti vinti e 3 intercetti).
Cambiare in peggio
Terim ha provato a dare ampiezza alla squadra all’inizio del secondo tempo, togliendo uno dei tre trequartisti, Özyakup, per un’ala pura, Sen. La Turchia è passata quindi stabilmente al 4-2-3-1, con Calhanoglu al centro, dietro Tosun, Sen a sinistra e Turan a destra.
La mossa, però, ha avuto come effetto collaterale quello di squilibrare ulteriormente la Turchia. Sen, al contrario di Turan, non ha mai seguito le discese di Srna in fase di non possesso, lasciando definitivamente campo libero al terzino croato, che ha rischiato di segnare nel secondo tempo in ben due occasioni. Oltretutto l’uscita di Özyakup ha tolto alla Turchia anche l’unico uomo in grado di inserirsi da dietro senza palla: con Tufan che da quel momento è costretto per esigenze di equilibrio a rimanere bloccato sulla linea di centrocampo. Sen, isolato e lasciato solo da Erkin in fase offensiva, ha provato a muovere le cose con iniziative personali ma senza successo (due dribbling falliti su due).
La cosa interessante è che in fase di possesso la Croazia ha di fatto confermato gli esperimenti di difesa a 3 fatti da Cacic prima dell’Europeo, attaccando con un 3-6-1 con Perisic e Srna sugli esterni e un quadrilatero di centrocampo formato da Brozovic, Rakitic, Modric e Badelj. In basso a destra il triangolo che ha scardinato la difesa turca, con Erkin che è costretto a controllare sia Brozovic che Srna mentre Calhanoglu e Inan fronteggiano passivi Modric.
Nel secondo tempo, quindi, la Turchia si è rifugiata quasi esclusivamente nei lanci lunghi verso Tosun, che però ha perso praticamente tutti i duelli aerei con i centrali croati. La reazione finale, con le entrate di Yilmaz ed Emre Mor, è stata più che altro nervosa e legata ad iniziative personali.
La Croazia ha vinto con merito la prima difficilissima sfida sfruttando esclusivamente i limiti della sua avversaria e adesso vede la qualificazione agli ottavi di finale a un passo. La prossima partita sarà con l’avversario sulla carta più semplice di tutto il girone, la Repubblica Ceca, in cui forse verranno testate le capacità della Croazia di attaccare una difesa compatta e schierata.
La Turchia, invece, apparsa stanca e confusa, si andrà a giocare la qualificazione con la Spagna, in una partita che tatticamente potrebbe essere più semplice. Difficilmente gli uomini di Del Bosque avranno l’umiltà di lasciare l’iniziativa agli avversari, come ha intelligentemente fatto la Croazia, e la Turchia potrà spendere tutte le sue energie nelle transizioni. Certo, ci vorrà in ogni caso qualcosa di più di quanto si è visto ieri.