Al termine della partita contro il Cagliari, che l’ha visto tra i protagonisti con 1 gol e 1 assist, Éver Banega si è detto contento del suo attuale stato di forma: «Non cerco scuse, ho cercato di fare del mio meglio, poi con il trascorrere del tempo ho anche trovato la mia posizione ideale in campo».
Banega è un giocatore di difficile collocazione, «né volante, né trequartista», come l’avevamo definito all’annuncio del suo arrivo a Milano, con l’indole pigra del fantasista e il gusto raffinato del regista, come ci tiene a specificare lui stesso: «Di gol solitamente ne faccio meno, il mio pane sono gli assist per i compagni».
Idealmente è un collante efficacissimo tra le linee (quello che in Sudamerica si definisce con il termine, ormai universalmente conosciuto, di enganche), un giocatore ibrido che ha bisogno di un sistema altrettanto ibrido attorno, come quello di Emery nel Siviglia, con i centrocampisti su altezze sfalsate e continue soluzioni in verticale. Perché la verticalità è meno noiosa del gioco orizzontale, ed è importante che Banega non si annoi.
Nel concreto, Banega è un giocatore che fatica a entrare con continuità nel vivo del gioco, le cui prestazioni sono legate allo stato di forma più che alla posizione in campo. Ad esempio, contro il Napoli al San Paolo, una delle peggiori partite di Banega in maglia nerazzurra, Pioli lo aveva schierato in una formazione identica per 9/11 a quella schierata a Cagliari: Ranocchia e Brozovic giocavano al posto di Medel e Gagliardini, non una differenza sostanziale sul piano tattico.
Le ultime due settimane rappresentano un intervallo di valutazione molto breve, ma a giudicare dall’impatto positivo che ha avuto il suo ingresso dalla panchina contro Bologna e Roma, e dalla prestazione con il Cagliari, Banega sembra aver raggiunto il suo stato di forma ottimale.
Considerando, appunto, i problemi di continuità, conviene goderselo finché dura.
All’Inter, ha trovato la posizione ideale in un contesto simile a quello in cui agiva nel Siviglia, e cioè giocando da trequartista nominale, con due calciatori molto fisici alle spalle che possono occuparsi anche della prima fase di possesso, e tutta la libertà di leggere la partita e trovare la sua zona d’azione.
Contro il Cagliari ha iniziato orientandosi verso destra, con Candreva e D’Ambrosio, ma dopo i primi venti minuti ha scoperto un’isola felice spostandosi verso il centro-sinistra, come dimostra la distribuzione finale dei passaggi: ne ha ricevuti in maggior numero da Ansaldi, 13 e ne ha destinati in maggior numero a Perisic, 10.
Va detto che il sistema di scalate del 4-3-1-2 del Cagliari è stato un po’ troppo generoso nei suoi confronti: questa è l’azione dell’1-0 di Perisic, su assist di Banega.
Ha poi indirizzato decisamente la partita con una punizione strana: probabilmente Gabriel contava di arrivarci con la mano di richiamo, chissà.
Al 75esimo minuto, quando lascia il posto a Joao Mario, Ever Banega è il primo giocatore in campo per tocchi (73) e passaggi-chiave (5), ed è secondo, dietro Gagliardini, per passaggi tentati (52) e passaggi riusciti (46). A referto figurano anche 0 contrasti tentati, 0 intercetti, 5 palle perse (primo in campo anche qui), e una lunga serie di cross da calcio piazzato che la difesa del Cagliari ha agilmente respinto (3/12, 25% di precisione).
L’azione del terzo gol è un buon esempio dell’influenza di Banega sulle scelte dei compagni: l’Inter recupera palla a destra, dove un incauto Joao Pedro si è andato a infilare fra tre giocatori, e prova a cambiare fronte di gioco. A quel punto Icardi è in fuorigioco, Kondogbia non ha nessuna linea di passaggio pulita, Banega allora funge da presenza rassicurante.
Mentre Kondogbia converge verso il centro, Perisic chiama palla in profondità: tutti, tranne probabilmente Perisic e Kondogbia, sanno che quel lancio lungo significherebbe palla persa. Un notevole scatto all’indietro di Banega convince però Kondogbia a non forzare la giocata e a scegliere l’appoggio semplice, nel frattempo sale anche Ansaldi per la sovrapposizione, e nello spazio che si crea tra terzino e centrale dopo il cambio difensivo del Cagliari si infila il croato per il gol che chiude la partita.
I problemi di continuità per Banega emergono però anche all’interno di questa stessa partita, contro una delle peggiori squadre del campionato. Passaggi all’apparenza banali sono facilmente diventati palle perse, quando il livello di concentrazione di Banega si è abbassato.
Esempio. L’Inter si appoggia immediatamente su di lui dopo aver subito il tentativo di rimonta del Cagliari (nato da un pezzo di bravura di Borriello su un cross spiovente a difesa schierata) e Banega si fa trovare nella sua zona di competenza, il centro-sinistra, e inizia a valutare le opzioni a disposizione. Ne avrebbe diverse: l’appoggio per Perisic sul lungolinea, la traccia interna per Gagliardini che si è saggiamente smarcato alle spalle di Ionita, ma finisce per regalare la palla al diretto marcatore che legge in anticipo la linea di passaggio verso il centro (la più prevedibile), praticamente passandogliela sui piedi.
Anche Ansaldi non ci fa una gran figura.
È una giocata deludente che arriva nel momento di massima difficoltà della partita, una parziale dimostrazione di quell’impressione generalmente diffusa che Banega non riesca mai ad assumersi fino in fondo le responsabilità di leader tecnico.
Con una rapida triangolazione, il Cagliari arriva a guadagnarsi un calcio d’angolo da cui poi nasce un altro tiro in porta: Borriello arringa la curva, l’Inter sembra psicologicamente alle corde, di lì a breve l’arbitro fischia la fine del primo tempo.
È difficile spiegarsi come un giocatore in grado di immaginare ed eseguire soluzioni creative che sfuggono ai giocatori comuni (come l’assist qui sopra, per il primo gol di Perisic) possa anche commettere leggerezze di questo genere.
Banega sembra non accettare l’idea che il calcio non sia sempre una sfida estetica, una forma di appagamento intellettuale. Sembra che consideri alcuni passaggi come se fossero “non alla sua altezza”: non abbastanza sofisticati, non abbastanza impegnativi, che non richiedono il massimo della concentrazione o il massimo dello sforzo.
La dimostrazione di evidente superiorità calcistica offerta contro il Cagliari (ripeto: sono consapevole che si tratta di una delle squadre meno competitive del campionato in questo momento, a tutti gli effetti la seconda peggior difesa del campionato, non solo per i gol subiti ma anche per le difficoltà tattiche) non significa che Banega avrebbe dovuto giocare titolare anche le partite di cartello, semmai prova che sta entrando nel momento migliore della sua stagione e che contro squadre poco intense o poco compatte può assolutamente replicare questi livelli di dominio tecnico sulla partita.
Un passaggio che Banega considera abbastanza divertente.
Al momento, Pioli sta esasperando la staffetta con Joao Mario (entrato ieri al 75esimo, proprio al posto dell’argentino) e i risultati gli danno ragione, perché questa configurazione del 4-2-3-1 offre una protezione sufficiente alle spalle del trequartista centrale.
E contro il Cagliari anche Joao Mario si è messo in luce senza esitazioni, con una progressione conclusa da un assist per Icardi (traversa) e una serie di dribbling seminati in giro per il campo.
Per Pioli non sarà semplice scegliere il titolare di settimana in settimana, anche se tra i problemi che può avere un allenatore quelli di abbondanza sono senza dubbio i più facili da gestire.
Sulla bilancia dei pro e dei contro, il portoghese è certamente un giocatore più equilibrato, più affidabile, meno incline all’errore. Sarebbe comprensibile se Pioli preferisse puntare ancora su di lui contro l’Atalanta, contro cui sarà fisiologicamente più difficile gestire lunghe fasi di possesso, e servirà un centrocampo più esplosivo.
Banega, dall’alto del suo carisma, è la scintilla che può accendere ogni partita, il totem della trequarti da invocare quando c'è bisogno di sbloccare o di riaprire una partita. In fondo, per lui il contesto tattico non è determinante quanto la condizione atletica e l’intesa con i compagni di squadra.
Una cosa è certa: quando Banega si diverte, si divertono tutti.