«Nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma», una frase che hanno sentito anche i muri. Ma i pareggi del Genoa di Blessin si trasformeranno? Diventeranno vittorie o sconfitte, torneranno a far parte della realtà che conosciamo, una realtà in cui nessuna squadra pareggia per sette volte consecutive, anche semplicemente per buongusto. Cosa staranno pensando i tifosi del Genoa in questo momento? In stagione in cui, fin qui, è arrivata una sola vittoria in campionato viene da pensare che, magari, sia meglio di niente: muove la classifica, ti tiene aggrappato alla lotta salvezza. E però, diceva quello, pareggiare è come baciare la propria sorella.
Forse i tifosi del Genoa preferirebbero vivere il resto della stagione come una giostra, una domenica struggersi per una sconfitta, un sabato galvanizzarsi per una vittoria. I pareggi di certo non gli eviteranno la retrocessione ormai. Forse se avesse iniziato dalla prima giornata: 38x1=38, una quota salvezza onesta. Con questa classifica però è inutile baciare sorelle per un bene superiore. Il Genoa sembra diretto verso la B con naturalezza e la scelta di mettere Alexander Blessin in panchina, dopo i fallimenti di Ballardini e Shevchenko, era stata indubbiamente coraggiosa. Invece di convertirsi al tipico Iachinismo italico per provare a conservare l’inconservabile, la nuova proprietà ha puntato su un allenatore della galassia Red Bull, il primo laptop trainer del nostro campionato. Cosa potevamo aspettarci a quel punto? Un Genoa più aggressivo, certo, qualche giovane buttato nella mischia, un tentativo di ricambio per capire su chi puntare in futuro, probabile. Sette pareggi con due gol fatti e due subiti: assolutamente no.
E invece è quello che è successo, un filotto di partite che sembra uscito dalla fantasia di un giornalista sportivo anni ‘70, con la pipa in bocca e la macchina da scrivere, di quel mondo antico in cui la vittoria valeva solo 2 punti e i portieri potevano raccogliere i retropassaggi con le mani. La Serie A oggi è un campionato sempre più votato al gol (2.94 di media a partita, un pelo sotto solo alla Bundes) e quello del Genoa sembra più un incantesimo che non un conservatorismo 2.0. Anche scomponendo le partite in due, il Genoa ha finito in pareggio tutti i 14 tempi giocati con Blessin. Non ha mai subito o segnato gol nel secondo tempo. Poteva andare diversamente? Molto. Ho indagato questi sette pareggi per cercare di capire il motivo e quando le cose potevano cambiare ma non sono cambiate.
Genoa-Udinese 0-0, Yeboah si scorda come si stoppa un pallone
Prima dell’arrivo di Blessin c’era stato un brevissimo interregno di Konko, allenatore dell’U17, una sconfitta per 6-0 con la Fiorentina che sembrava certificare la fine del Genoa. Appena arrivato, davanti ai microfoni che lo puntavano come fosse un panda a spasso per i Caruggi, Blessin aveva parlato di «pressing e velocità folle» per la sua nuova squadra, come se non l'avesse mai vista giocare prima. Tre giorni dopo a Marassi era arrivata l’Udinese e il Genoa si era presentato effettivamente a velocità folle. Difesa alta, pressing e gegenpressing e si va a dominare. Era difficile aspettarselo oltre le parole. È vero che l’Udinese è una squadra che accetta di essere schiacciata, ma aveva finito addirittura con 2 tiri, zero in porta, 0.1 xG, la peggior prestazione offensiva stagionale. Al contrario il Genoa aveva avuto quattro buone occasioni, tutte grazie a recuperi alti, ma la vera rottura dello 0-0 poteva arrivare se Yeboah non si fosse scordato come si stoppa un pallone.
Non è un'azione pulita, ma è una azione indicativa di cosa vuole portare Blessin in Serie A, creare occasioni grazie all'entropia. Portanova aggredisce l’avversario su un pallone sporco a centrocampo, Sturaro che si inserisce e spacca le linee come un giocatore di rugby, quattro giocatori del Genoa che attaccano l'area di rigore, un cross velenoso, un paio di lisci e il gioco è fatto. Certo poi nel calcio aiuta avere un centravanti freddo e quello non si compra a gennaio dallo Sturm Graz, per quanto Yeboah abbia fatto vedere cose interessanti, almeno nell’impegno. Poteva essere l’inizio di una storia diversa? Chissà.
Roma-Genoa 0-0, gli abbracci per la squadra
A cosa è dovuto questo spirito battagliero costruito in 3 giorni? Il contatto fisico. L’allenatore tedesco fin dal primo giorno a Genova l’ha usato per caricare i suoi: pacche sulle spalle, cinque alti, abbracci, addirittura interventi duri durante gli esercizi in allenamento a cui partecipa volentieri. Una tecnica usata da allenatori di scuola tedesca come Klopp, ma anche da vecchie volpi come Mourinho e che pare aver conquistato i giocatori. Se al Genoa l’identità è sempre stata relativa - con i giocatori che cambiavano ogni mezza stagione - dall’arrivo di Blessin sembra non importare il nome dietro la maglia, ma quello che hai nel cuore. Tutti daranno il massimo se messi in campo. Alla seconda partita sotto la sua gestione, fuori casa con la Roma, guardate come Ostigard salva la conclusione a botta sicura di Abraham.
Spesso queste deviazioni finiscono in porta, ingannano portieri, ma il difensore norvegese è toccato dallo spirito di Blessin e il pallone esce fuori. Qualche minuto dopo verrà espulso per aver provato a decapitare Afena-Gyan che gli era scappato alle spalle: vale tutto per non concedere un'occasione facile agli avversari. Nel recupero un gol erculeo di Zaniolo verrà annullato per un fallo precedente di Abraham. Sarà un altro 0-0.
Genoa-Salernitana 1-1 e Genoa-Venezia 1-1, «Detesto i pareggi»
Pur non vincendo, Blessin è diventato rapidamente un feticcio del mondo dei meme a tema calcio. Con quella mascella così quadrata da farlo assomigliare a Robocop, il suo stile cameratesco ed energico ha facilitato la creazione del personaggio. Dipende anche da quello che dice o dalle storie che si raccontano su di lui. Un giorno ha mostrato ai giocatori dell’Ostenda il video di un branco di lupi e ha detto loro «dovete difendere così». Ai giocatori del Genoa, dopo il pareggio con la Roma ha detto «Da qui in avanti sarà come se andassimo a caccia. Dovremo lavorare molto forte. Non dovremo difenderci stando indietro ma attaccando».
Una motivazione che i giocatori portano in campo e fuori. Sturaro, che con Blessin è tornato titolare e capitano, ha parlato del suo allenatore in termini quasi divini «Il mister ci ha resuscitati» abbracciando il suo linguaggio marziale «abbiamo tredici partite e faremo tredici battaglie». Parole convinte come convinti sembrano i giocatori del Genoa in campo, ma che al momento stonano coi risultati raggiunti. Contro Salernitana e Venezia sono arrivati due pareggi che, se trasformati in vittorie, oggi disegnerebbero una classifica ben diversa. Due partite che il Genoa non ha giocato male (entrambe vinte al confronto degli xG, per quel che vale) ma che hanno dimostrato una difficoltà atavica nel fare gol (peggior attacco del campionato). Contro la Salernitana è stato Destro a mancare una buona occasione dopo un bel controllo, lamentandosi poi per una trattenuta che gli ha impedito di calciare come avrebbe voluto. Al termine di quella partita Blessin aveva ammesso «Detesto i pareggi».
Genoa-Inter 0-0, una X trionfale
Contro la miglior squadra del campionato, il Genoa si è presentato con Portanova, Melegoni e Gudmundsson alle spalle di Yeboah. Un attacco ai limiti del lisergico. Eppure nel primo tempo l’occasione migliore l’aveva avuta il Genoa: spizzata del centravanti italo-ghanese, l’ala islandese si infila tra i due centrali e arriva a calciare da solo davanti alla porta: azione base del gioco del calcio. Gudmundsson però aveva calciato fuori con Handanovic già a terra.
È difficile da spiegare questa totale assenza di gol nelle partite del Genoa, una squadra che non è certo l'Atletico Madrid di Simeone o la miglior Juve di Allegri. Certe volte, nel gioco del calcio, i gol semplicemente arrivano. Un tiro sporcato, un rimbalzo velenoso, un portiere distratto, al Genoa no. Guardate questo tiro di Melegoni.
Non è un tiro bello, né una zona di campo da dove si segna con facilità, eppure prende un giro strano o forse è solo Handanovic a essere ingannato da qualcosa, forse proprio dalla bellezza di questo Genoa, e sembra poter finire in rete. Con una mano, però, il portiere dell’Inter riesce a metterci una pezza. Sarebbe bastata una traiettoria pochi centimetri più bassa o alta e il pallone gli sarebbe passato o sopra o sotto. Certo anche l’Inter poteva vincere la partita: ha avuto un’occasione colossale con Calhanoglu, un’altra nel finale con D’Ambrosio che da pochi centimetri ha preso la traversa con uno di quei colpi di testa che per colpire la traversa devi farlo quasi apposta. Poi la palla aveva ballato sulla linea, ma il Genoa di Blessin è pieno di corpi disposti a sacrificarsi per una X. Dopo la partita la squadra è andata sotto la Gradinata Nord, spinta dal suo tecnico, ricevendo applausi e incitamenti. Chi l’ha detto che solo la vittoria porta trionfi?
Genoa-Empoli 0-0, record di tiri
È interessante la questione dei tiri. Arthur Theate, che ha giocato con Blessin all’Ostende, ha raccontato come «a volte lasciavamo il campo molto perplessi, perché nel corso di una seduta di allenamento non provavamo un tiro in porta». In questa stagione il Genoa ha un problema atavico con i tiri: è la peggiore squadra in Serie A per tiri nello specchio della porta (2,66 per 90’), per percentuale di tiri in porta (26,6%), nel rapporto tra tiri e gol (0,06); l’unica a non aver mai segnato da fuori area. Prima della partita con l’Empoli Blessin ha provato a invertire questa tendenza - per provare a vincere bisogna inevitabilmente tirare in porta - se non con l’allenamento, almeno a parole. Intercettato mentre passeggia sul lungomare di Genova ha detto che «alla squadra serve più cattiveria» (ancora più cattiveria, credo intenda) e «la voglia di vincere deve essere più forte della paura» (direttamente da un discorso di JFK).
Il Genoa era sembrato pronto per una vittoria, in amichevole aveva vinto 5-1, affrontava un Empoli in crisi. Blessin aveva promesso che i tre punti sarebbero arrivati «con tanta volontà e con il cuore caldo». Nei 90’ minuti il Genoa ha finito per tirato 18 volte, con 8 giocatori diversi, di cui 7 in porta. Ha più che triplicato le medie a partita, ma il risultato è rimasto lo stesso: 0-0. È stato forse il pareggio più assurdo tra i sette, con alcuni momenti in cui il Genoa non ha segnato per motivi realmente più vicini alla magia che non al gioco del calcio. Il più improbabile è forse questo salvataggio sulla linea di Asllani su un colpo di testa di Ostigard.
Ma erano arrivate anche occasioni più strutturate. Dopo un’azione partita da Sirigu, con un palleggio rapido e preciso, Portanova si era trovato a colpire di testa da buona posizione, ma lo aveva fatto addosso a Vicario. Portanova è un buon esempio di come è cambiato il Genoa col nuovo allenatore. Dal suo arrivo tira 2 volte a partita, il numero di contrasti è schizzato alle stelle, con l’Udinese sono stati 7. Sembra essere in ogni zona del campo, sempre acceso come una lampadina. Contro l’Empoli ha rischiato di fare un eurogol, con una giocata da prime Cristiano Ronaldo, ma dall’altro lato ha trovato Vicario in una versione migliore di prime Buffon.
«Siamo tristi per non aver vinto e oggi si può essere tristi, ma domani è un altro giorno e la vita continua, dobbiamo prepararci per la prossima partita» è stato il commento di Blessin, che continua a dare queste risposte molto profonde col suo inglese venato da un’anima profondamente tedesca e quello sguardo severo da chi potrebbe addestrare il tuo cane in un’oretta.
Atalanta-Genoa 0-0, il risultato è casuale la prestazione no
Il domani era l’Atalanta, dove è arrivato un altro pareggio (ovviamente: è il senso di tutto questo articolo). A gennaio il Genoa è profondamente cambiato: la rosa è stata svecchiata, il futuro tracciato. Rispetto al classico mercato invernale del Genoa è sembrato esserci più coerenza. Rimane una squadra confusa: in questa stagione sono 42 i giocatori ad aver giocato almeno un minuto e forse andrebbero cercate in questa statistica i motivi della brutta classifica. Blessin giorno dopo giorno indaga in questa massa informe per trovare i suoi soldati, non senza prendersi i suoi rischi. Destro, l’unico che segna, è scivolato dietro nelle gerarchie forse per il suo gioco senza palla poco intenso; giocatori che sembravano ai margini sono ricomparsi. Contro l’Atalanta è stata la partita di Galdames, un calciatore che non esisteva fino a domenica, e Morten Frendrup, 20 anni e due stagioni al Brondby come biglietto da visita. Fino a domenica aveva giocato 0 minuti col Genoa, poi contro l’Atalanta Blessin lo ha schierato titolare come terzino destro, lui che è un centrocampista centrale.
In un ruolo non suo, contro una squadra che fa la sua fortuna sugli esterni, alla prima partita fuori dalla Danimarca, Frendrup è stato uno dei migliori. Nel finale gli è anche capitata l’occasione che avrebbe potuto sparigliare il risultato, dare un’iniezione di fiducia alla squadra, premiare i loro sforzi. Coi suoi 20 anni e la corsa di un levriero, Frendrup si è buttato in uno spazio lasciato sguarnito dall’Atalanta, ricevendo e potendo arrivare davanti a Sportiello. Non è andata bene neanche questa volta, col suo tiro che ha mirato tra le gambe del portiere, finendo però per colpirne il ginocchio piegato.
Al fischio finale Blessin è andato da solo a incitare i tifosi sotto lo spicchio di stadio a loro riservato. Loro hanno invocato il suo nome con dei cori. Se ci pensate è assurdo: un allenatore incensato dopo un risultato che praticamente sancisce una retrocessione ormai molto probabile. Quando gli hanno chiesto dell'occasione di Frendrup Blessin ha elogiato il suo calciatore senza addossargli la croce: «se Morten avesse segnato quel gol, sarebbe stata la ciliegina sulla torta della sua prestazione». All’ennesima domanda su come fare a segnare, si è rivolto alla fortuna, come se non avesse altre armi rimaste: «Finora non siamo stati fortunati, lo saremo col Torino». In casa di un avversario superiore il Genoa ha tenuto sul piano dell’intensità, dei duelli individuali e ha finito per tirare in porta più volte dell’Atalanta. Come sempre: poteva vincere, poteva perdere, ha pareggiato. In generale, sul piano dei numeri, il Genoa di Blessin è la miglior versione stagionale del Genoa: con Ballardini segnava di più, ma era tragicamente fragile in difesa, con Shevchenko era solo tragico. Ora c’è un’idea di gioco e lo spirito giusto per assecondarla. Basterà per invertire la rotta? Secondo Blessin la vittoria arriverà, è inevitabile. Può sembrare una frase banale, pura statistica, ma se nelle prime 29 partite è arrivata una sola volta, perché dovrebbe arrivare nelle ultime nove?
Dovesse pareggiare anche col Torino, il Genoa raggiungerà il record del Varese ‘70/71 di otto pareggi di fila. Ricorderemo Blessin solo per questo? La voglia e la disponibilità con cui si è buttato su una squadra disperata fa pensare di no, che continueremo a vederlo abbracciare i suoi giocatori, spronarli fisicamente, costruire un enclave di scuola tedesca a Pegli. Il Genoa di Blessin, che va cercandoti l’anima in giro per il campo, sarebbe bello potesse restare così per molti anni. Alla fine, diceva quell’altro, il risultato è casuale, la prestazione no.