
Il divorzio era nell’aria, ma la conferma è stata un colpo. «Volevo ringraziare Rabiot che il 30 giugno è scaduto il suo contratto: volevamo augurargli tutti un felice futuro professionale e non» ha quasi sussurrato Giuntoli a margine della prima conferenza stampa di Thiago Motta, come se volesse nascondere la polvere sotto il tappeto mentre tutti erano distratti.
Dopo sono arrivati i post social di ringraziamento (solo del club), ma affrettati e lapidari. Come si è chiusa la storia lunga cinque anni tra Rabiot e la Juventus? Bene? Male? Chi ha scaricato chi? Probabilmente non lo sapremo mai, ed è meglio così (si dice, comunque, che il francese abbia rifiutato una proposta di rinnovo considerata troppo bassa).
Ora che tutto è finito, è difficile trovare a Rabiot un posto nella storia della Juventus. Cinque anni, nel calcio e nella vita, sono tanti. Di quelli che c’erano quando è arrivato sono rimasti Danilo, Szczesny (anche lui ai saluti) e Perin e Rugani, quasi due mascotte. Insieme a lui, magari ve lo ricordate, era arrivato - sempre a parametro zero - Aaron Ramsey. Oggi il gallese sembra non solo una figura lontana nella storia della Juventus, ma anche proprio in quella del calcio.
Quando un calciatore rimane così tanto nella squadra per cui tifi, è inevitabile averne una conoscenza capillare e un giudizio estremamente tagliato. Dopotutto in questi cinque anni Rabiot è stato in campo con la maglia della Juventus per 16319 minuti, sono più di 270 ore. Facendo un rapido calcolo credo di averlo visto poco meno di mia madre, ma più di tutti gli altri miei parenti. Più della maggior parte dei miei amici. Insomma, è impossibile rimanere indifferenti. Rabiot è il terzo francese per presenze nella storia della Juventus (212), appena dietro a Platini (224) e Trezeguet (320). Rabiot ha lo stesso, identico, numero di presenze di Zinedine Zidane con la maglia della Juventus. Se questa notizia vi lascia indifferenti, beh: non tifate Juventus.
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