Crescere un figlio non è semplice, per questo, solitamente, lo si fa in due. Le responsabilità sono meno pesanti se c’è qualcuno con cui condividerle. Véronique Rabiot non ha avuto questa fortuna: suo marito Michel è morto da poche settimane, ma per più di dieci anni non ha potuto contare sul suo aiuto, a causa di un ictus che lo ha immobilizzato su una sedia a rotelle, costringendolo a comunicare solo attraverso il battito delle palpebre. Così, Véronique si è trovata da sola a gestire la carriera del figlio Adrien. Quasi tutte le scelte prese fino ad oggi dalla madre, infatti, hanno ostacolato la carriera di Adrien che da giovane promessa del calcio europeo si è costruito l’immagine di in un calciatore intrattabile, viziato, che preferisce i soldi al pallone. È difficile credere che una madre voglia rovinare il futuro del figlio. Eppure, nel caso di Véronique ed Adrien Rabiot, le cose sembrano essere andate proprio così.
Sotto procura materna
Adrien Rabiot ha firmato il suo primo contratto da professionista con il Paris Saint Germain il 2 Luglio del 2012. Il PSG credeva molto in quel diciasettenne riccio e dinoccolato cresciuto a pochi chilometri da Camp de Loges, il centro di allenamento del club parigino. Del resto Rabiot era già nell’orbita dei principali club europei. Nel 2008, per 6 mesi, Rabiot aveva già giocato nell’Academy del Manchester City, prima di tornare in Francia a causa dei dissidi tra la madre e la dirigenza del club inglese, infastidita dalle continue ingerenze di Véronique nella scelte dello staff tecnico.
Dopo essere tornati a Parigi, la signora Rabiot si accorda con il Paris Saint Germain e, nel 2012, convince il figlio a siglare il contratto. Pochi mesi dopo, però, Véronique inizia la sua guerra personale con il PSG, finendo per coinvolgere il figlio in una faida che si trascina da sette anni. Alla vigilia della partenza per il ritiro invernale della squadra a Doha, infatti, la signora Rabiot chiede alla dirigenza parigina di poter accompagnare personalmente Adrien in Qatar. Il club accetta ma a condizione che la mamma si paghi da sola i voli di andata e ritorno.
Un diktat inaccettabile per Véronique, che pochi giorni prima della partenza per Doha scrive una lettera al Direttore Generale del club, Jean Claude Blanc, annunciandogli non solo che il figlio non partirà con il resto della squadra ma chiedendone addirittura la cessione a Gennaio. A soli sei mesi di distanza dalla firma del contratto, Véronique vuole già stralciare l’accordo. Un record assoluto. Dopo aver letto la lettera della signora Rabiot, Blanc le risponde annunciando che lo stipendio di Adrien è sospeso e che una cessione a titolo definitivo è esclusa. Per calmare le acque, però, il PSG decide di mandare Rabiot in prestito per sei mesi al Toulouse, dove il ragazzo conferma tutto il suo potenziale nonostante gli sforzi contrari della madre.
Véronique è una presenza ingombrante, segue Adrien come un’ombra e chiede al club di poter assistere personalmente agli allenamenti della prima squadra. L’allenatore del Toulouse, Alain Casanova, le dice di no. «Non è opportuno avere una madre a bordocampo» racconta ai giornalisti. «Non voglio che Adrien si senta a disagio con i compagni di squadra». La signora Rabiot torna alla carica con il PSG scrivendo un’altra lettera, questa volta al Direttore sportivo Leonardo. Véronique non ha ancora digerito il blocco dello stipendio del figlio e denuncia la disparità di trattamento con cui il club gestisce i propri calciatori, citando il caso di Lucas Moura (che durante il viaggio in Qatar è stato accompagnato dalla madre).
Esasperato, Leonardo autorizza il pagamento, preparandosi a riaccogliere la famiglia Rabiot per l’inizio della stagione 2013/14. Non può sapere però che nel frattempo Véronique sta trattando di nascosto con il Monaco per far trasferire il figlio nel Principato. Le richieste della signora Rabiot sono eccessive persino per gli standard di Montecarlo e Véronique si rassegna a tornare a Parigi, a condizione che la società aumenti lo stipendio al figlio.
Insoddisfatta dalle proposte della dirigenza, ad Agosto 2014 la madre procuratrice si rivolge a Jorge Mendes, che convince il PSG a vendere Adrien alla Roma per 11 milioni di euro. Véronique però fa sfumare la trattativa, prima chiedendo all’allora Ds Sabatini di poter parlare direttamente con l’allenatore Rudi Garcia, poi non rispondendo più alle chiamate del club giallorosso. La strategia materna è chiara: andare in scadenza di contratto nel 2015 per essere liberi di scegliere l’offerta più redditizia. Il Paris Saint Germain non vuole perdere Rabiot a zero e spinge per il rinnovo del giovane centrocampista. Di fronte all’ennesimo rifiuto di Véronique, la dirigenza parigina decide di mettere fuori rosa Adrien. Ad appena 19 anni, con più di trenta presenze in Ligue1 e cinque apparizioni in Champions League, Rabiot è sospeso per la seconda volta. In entrambi i casi senza averne colpa, perché le sue prestazioni in campo sono ottime, così come i comportamenti in allenamento.
A farlo finire fuori squadra sono le posizioni insostenibili di sua madre, che nel tentativo di monetizzarne il più rapidamente possibile il talento ne mette in pericolo la carriera. Consapevole di non poter ancora vincere la guerra contro un nemico troppo potente, Véronique sceglie di perdere la battaglia e – a fine 2014 – permette ad Adrien di firmare il prolungamento del contratto che scadrà a Giugno del 2019. La tregua però dura poco: durante la finestra invernale, infatti, Véronique presenta al PSG le offerte del Tottenham e del Siviglia, che la dirigenza qatariota non prende neanche in considerazione.
Un ritardo fatale
La scorsa estate, con l’arrivo di Thomas Tuchel sulla panchina del Paris Saint Germain, i problemi di Rabiot sembravano risolti. L’allenatore tedesco ha iniziato questa stagione puntando su di lui, apprezzandone le doti pressoché uniche all’interno della rosa. È la sua capacità di giocare in verticale a convincere Tuchel a non fare a meno di lui, fino al termine di Ottobre Rabiot è titolare 10 volte su 11 in Ligue 1 e 3 volte su 3 in Champions League. Poi, alla vigilia del match contro l’Olympique Marsiglia, Rabiot e Mbappé si presentano in ritardo alla riunione pre-partita e Tuchel decide di lasciare entrambi in panchina. Ma mentre l’attaccante viene perdonato immediatamente e torna in campo nella partita successiva contro il Lille, per Adrien è l’inizio della fine.
L’allenatore tedesco comincia a preferigli Draxler e Marquinhos - entrambi fuori ruolo - e il rapporto tra tecnico e giocatore si deteriora. Ad inizio Dicembre, alla vigilia del match contro lo Strasburgo, Tuchel dichiara che «Rabiot è rimasto fuori per scelta tecnica». Pochi giorni dopo, Véronique comunica al club che Adrien non rinnoverà il contratto. Il PSG prova a forzare la mano, costringendo Rabiot ad allenarsi da solo.
Questa volta però madre e figlio non cedono, decidendo di andare allo scontro frontale. Véronique ha tra le mani un’offerta del Barcellona e sa che Tuchel sta facendo pressione sul direttore sportivo del Paris Saint Germain, Antero Henrique, per reintegrare Rabiot. Il tedesco ha bisogno di lui, in mezzo al campo ha gli uomini contati. Di fronte al rifiuto del Ds, l’allenatore chiede alla società di trovare un sostituto all’altezza. Le difficoltà nell’individuarlo e l’acquisto di Leandro Paredes (che Tuchel considera un ripiego) incrinano ulteriormente i rapporti già piuttosto freddi tra l’allenatore ed Henrique.
La situazione peggiora dopo la sconfitta interno contro il Manchester United negli ottavi di finale della Champions League, che sancisce l’ennesima umiliante eliminazione del PSG dalla principale competizione europea. La partita ha pesanti ripercussioni anche su Rabiot, che pochi minuti dopo il fischio finale posta su Instagram un video in cui lo si vede festeggiare con gli amici in un club.
Come se non bastasse, il centrocampista parigino mette un like ad un post di Evra in cui l’ex capitano dello United celebra i Red Devils per il passaggio del turno. È la goccia che fa traboccare il vaso. Il 14 Marzo Rabiot viene messo per l’ennesima volta fuori squadra, sospeso a tempo indeterminato. Véronique, ormai fuori controllo, rilascia un’intervista esplosiva a L’Équipe, in cui accusa il PSG di tenere in ostaggio il figlio. Chiede aiuto all’UNFP (il sindacato dei calciatori francesi), si rivolge al Ministro del Lavoro e a quello dello Sport per “liberare” Adrien. «Ci sono giocatori [Rabiot, n.d.r.] puniti per essere arrivati con 6 minuti di ritardo a una riunione pre-partita e altri [Neymar, n.d.r.] che, infortunati, se ne vanno tranquillamente in giro per il mondo a festeggiare il Carnevale di Rio» dice Véronique.
La signora Rabiot sostiene che la dirigenza qatariota non sappia gestire un grande club e accusa la società di aver gettato il figlio in pasto ai media per dimostrare ai tifosi di saper usare le maniere forti con i suoi giocatori. È l’ultimo atto di una guerra che si concluderà tra pochi mesi senza nessun vincitore.
Disparità di trattamento e consigli sbagliati
La vicenda Rabiot apre uno scorcio preoccupante sul funzionamento del Paris Saint Germain: i risultati insoddisfacenti (almeno a livello europeo) del club parigino si spiegano anche attraverso la cattiva gestione di casi come questo. Al di là delle chiare responsabilità della madre e del giocatore, la disparità di trattamento denunciata dai Rabiot nella gestione dei giocatori è reale. Alcuni calciatori del PSG sembrano godere di privilegi non concessi ad altri e queste “doppie misure”, in uno spogliatoio di alto livello, si pagano a caro prezzo. Il corto circuito tra proprietà, direttore sportivo e allenatore si propaga ai giocatori e, di conseguenza, al campo, sul quale il Paris Saint Germain non riesce a ottenere gli obiettivi a cui ambisce.
Ma la vicenda Rabiot ci parla soprattutto della tendenza di diversi atleti di affidare la propria procura a un parente. Stiamo certo parlando di un esempio estremo, ma sono diversi i casi in cui questa scelta si rivela controproducente. L’esempio di Icardi è solo l’ultimo in ordine di tempo. La strategia scelta dai procuratori “in famiglia” è la stessa utilizzata dai professionisti: cercare lo scontro per ottenere di più. Spesso però questa tattica si ritorce contro i calciatori che, vittime dei cattivi consigli di famigliari poco lucidi e incapaci di gestire situazioni così complesse, vengono insultati dai tifosi, perdono il posto nella squadra di club e in nazionale.
Esattamente quello che è accaduto a Rabiot che, oltre ad essere stato invitato dai tifosi del PSG ad andarsene, ha rifiutato la pre-convocazione di Deschamps alla vigilia dei mondiali in Russia. È improbabile che una decisione simile sia stata presa senza ascoltare il parere di Véronique che, se non da procuratrice assennata perlomeno da genitore, avrebbe dovuto suggerire al figlio di essere paziente e accettare la chiamata. Far fare la scelta giusta ad Adrien, però, non è mai stata la specialità di sua madre.