Se immaginiamo per un attimo di poter accartocciare su se stesso il percorso narrativo di Graziano Pellè calciatore, ci sorprenderemmo ad osservare che un altro momento della sua carriera andrebbe a sovrapporsi con il 91’ minuto di Italia-Spagna. Era il 21 giugno 2007, campionato Europeo Under 21, si giocava uno spareggio tra Italia e Portogallo per guadagnarsi un posto all’Olimpiade di Pechino. Pellè entra in campo al posto di Pazzini al 55’, pochi minuti e 0 gol per lui fino a quel momento nella competizione. La partita non si sblocca e si decide tutto ai rigori: Pellè con decisione è il primo ad andare sul dischetto e con un cucchiaio beffa Paulo Ribeiro.
Tra la morbida parabola di quel rigore e i fulminanti tiri al volo scagliati in questo Europeo c’è tutto un processo di crescita, una maturazione, una differenza stilistica sostanziale nell’approccio tecnico al calcio. Se c’è una qualità che ha permesso a Pellè di emergere e di conquistarsi il ruolo di attaccante titolare della Nazionale è la sua capacità, rara, di essere un attaccante polivalente e al tempo stesso uno specialista. Saper fare bene alcune cose, molto bene poche altre ma mettersi sempre nelle condizioni di sfruttarle in tante situazioni diverse. Questa è la chiave del suo successo e della grande prestazione di ieri.
In fase di non possesso, all’interno della soluzione ideata da Conte per rendere sterile la prima costruzione spagnola, il compito principale di Pellè è quello di schermare la traccia interna verso Sergio Busquets. Non è un lavoro atleticamente difficile, perché i compiti di Busquets - fungere da punto di riferimento per l’uscita del pallone, dare ritmo al possesso con pochi tocchi – non richiedono la necessità di smarcarsi ossessivamente o di muoversi in posizioni laterali o più profonde. L’attaccante italiano riesce a gestire benissimo l’accoppiamento fin dalle prime battute, in termini di attenzione e concentrazione, ma soprattutto con il controllo del corpo. Pellè è sempre orientato in modo perfetto, si possono distinguere i movimenti con la testa per seguire puntualmente con lo sguardo il centrocampista spagnolo. Un lavoro di protezione delle linee di passaggio tanto meticoloso quanto costante.
Il duello con Busquets si rinnova anche durante le palle inattive a nostro favore. Cross tagliato di Florenzi, Pellè attacca il centro dell’area esattamente dal limite. Il movimento è perfetto: inizialmente corre alle spalle di Busquets, per creare un cuscinetto di spazio ta lui e lo spagnolo e prendere slancio, poi legge meglio la traiettoria del pallone e vira all’improvviso la sua corsa anticipando il diretto marcatore. L’impatto con il pallone è del tipo che preferisce: palla che viene dalla sinistra e possibilità di effettuare una piccola torsione della testa verso destra per accompagnare la palla verso l’angolino. Non riesce però a dare la forza sufficiente per superare un grande De Gea, almeno in questo caso.
L’Italia ha dato l’ennesima dimostrazione di avere una delle migliori organizzazioni offensive della competizione. Una folta struttura di meccanismi, combinazioni, scelte ad alta velocità e ad elevata difficoltà. In questo contesto il contributo di Pellè, per la sua capacità di offrire sempre una linea di passaggio, e di ripulire anche i palloni più complessi, è prezioso.
Il primo obiettivo della paziente costruzione bassa azzurra è quello di “svuotare” il campo, liberare spazio nella zona centrale per permettere a Bonucci, De Rossi e Barzagli di servire in verticale le due punte. In alternativa l’uscita del pallone è indirizzata sugli esterni o sulle mezzali in ampiezza, che di prima o comunque con pochi tocchi, devono servire le punte. Il gioco si sviluppa allora sui due attaccanti, che giocando vicini moltiplicano le interazioni tra di loro e con i compagni. La mole di lavoro di Pellè è impressionante: è sempre lui il perno sul quale ruotano le azioni offensive, con le sue ricezioni spalle alla porta, le sponde di prima con il petto o con la testa. Tutte situazioni complicate, da giocare con velocità e precisione, nelle quali l’eleganza è subordinata all’efficacia delle giocate.
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Si notano i collegamenti verticali verso Pellè da Buffon, Bonucci e De Rossi e il lavoro di sponda e distribuzione dello stesso Pellè verso Giaccherini e soprattutto Eder.
Nella prestazione di Pellè non c’è stato niente, davvero niente, che non abbia avuto un preciso scopo, un’azione che non abbia generato un vantaggio, potenziale o effettivo. La sua straordinaria efficacia risalta ancora di più in un contesto tattico in cui gli attaccanti devono accendersi ad intermittenza e con gradienti di ritmo ed intensità enormi. Pellè ha mantenuto lucidità e controllo su tutti i fronti: oltre a schermare Busquets, il nostro numero 9 ha cercato per tutta la partita possibili crepe nella linea difensiva avversaria.
Proprio in occasione della punizione di Eder, dalla quale è nato il gol di Chiellini, Pellè ha giocato sulla staticità dei due centrali spagnoli e sulla loro difficoltà nella comunicazione e nel cambiare velocemente tra lui e l’italo-brasiliano: ha avuto così il tempo di ricevere tra le linee e guadagnarsi il preziosissimo fallo. Le sue ricezioni tra le linee, sia nelle transizioni che dopo il giro-palla difensivo dell’Italia, sono state letali per la Spagna. Mentre Pellè si abbassava, in sincronia, Eder e un interno si lanciavano ad attaccare lo spazio.
La migliore occasione e forse la migliore azione italiana. Non è tanto il tocco con cui Pellè manda in porta Eder a regalare bellezza in questa azione. È la sua verticalità pura, il sincronismo dei movimenti che esplodono appena Pellè accende la miccia abbassandosi per la ricezione.
La qualità dei suoi movimenti, delle ricezioni, e molto spesso anche del passaggio seguente, hanno obbligato la linea difensiva spagnola a fare sempre delle scelte. Il piano architettato da Conte, sulle fondamenta di questi movimenti continui e sinergici, è stato proprio quello di aggiungere al 2vs2 tra attaccanti italiani e centrali spagnoli gli inserimenti verticali degli interni. Di accorciare, insomma, sempre di più la coperta difensiva spagnola. Andando ad analizzare il tipo di passaggi effettuati da Pellè, riusciamo ad avere un’immagine ancora più significativa della sua importanza.
Fonte:FourFourTwo.com.
La mappa dei passaggi di Pellè è particolarmente indicativa perché, all’interno del gioco “semplificato” dell’attaccante azzurro, mette in relazione in modo diretto la distribuzione dei passaggi e la loro zona di origine. È evidente la polarità delle soluzioni: apertura, spesso di prima, verso gli esterni (si nota la naturale maggiore frequenza a servire Florenzi sulla destra, nelle ricezioni spalle alla porta) e combinazioni corte e strette (filtranti o sponde principalmente) con Eder soprattutto ma anche con le mezzali. Il 65% di precisione nei passaggi è, contestualizzato alla tipologia delle assistenze, un dato relativamente alto. In un certo senso, la precisione dei passaggi di Pellè è un barometro della qualità della fase offensiva italiana.
Ci sono stati momenti, continui durante i 90 minuti, in cui Pellè sembrava poter far collassare la materia intorno a lui: un buco nero che, muovendosi continuamente sopra una paradossale orbita rettilinea verticale, attirava a sé avversari, influenzava le traiettorie del pallone sporcandole quasi indirettamente, metteva giù palloni selvaggi con il petto. Soprattutto nel secondo tempo, si è vista la sua capacità di rendere la partita un vero inferno per Piquè e Sergio Ramos, di entrargli sottopelle contestando ogni pallone, facendo allungare e accorciare la loro posizione ripetutamente, senza dargli un attimo di tregua. Per alcuni tratti Pellè ha rappresentato la nostra unica valvola di sfogo per alleggerire la pressione spagnola e risalire il campo.
La sponda di petto di Pellè. Così dolce, rassicurante.
Quello che precede la rete di Pellè non sorprende. Non può sorprendere un movimento di quell’intelligenza dopo che abbiamo appena visto una partita giocata dal numero 9 su così tanti livelli. Non può sorprendere, indipendentemente dal cross di Darmian sporcato, la lucidità con cui si coordina su quella palla. Non sorprende neanche quello che avviene dopo il gol. Non è un urlo di rivincita o di riscatto, è semplicemente un urlo di gioia che parte dal cuore ma che passa per la testa.
Perché è vero, come aveva detto Conte alla vigilia, che «saremmo andati oltre la ragione per fare l’impresa» ma questa vittoria, come la partita di Pellè, è troppo piena di razionalità, di intelligenza e di programmazione per non capirne la vera natura.