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5 cose che ci ha detto Real Madrid-Barcellona
04 mar 2019
04 mar 2019
La squadra di Valverde ha messo in ghiaccio la Liga battendo un Real Madrid ancora alla ricerca del suo equilibrio.
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A distanza di tre giorni dallo 0-3 di Coppa del Re, Real Madrid e Barcellona si sono incontrati di nuovo al Bernabeu nell'ultima partita utile per i “blancos” nella rincorsa alla Liga, con i catalani già avanti di nove punti in classifica. Insomma, era forse l’ultima possibilità che aveva il Real Madrid per provare a riaprire il campionato, ma la squadra di Solari ha fallito l’appuntamento, perdendo per 0-1 senza mai dare l’impressione di essere davvero in partita e confermando i problemi strutturali visti in questa stagione. Problemi che hanno a che fare con la dimensione tattica - come vedremo - ma anche con quella mentale. Il Real Madrid era una squadra abituata a dominare psicologicamente gli avversari, mentre ora invece - per la presenza di diversi giovani e per lo scarso stato di forma dei leader tecnici - manca in tutti i momenti chiave dei match. Un aspetto evidente soprattutto nella sfida di Copa del Rey, giocata discretamente ma comunque persa con uno scarto di addirittura 3 reti.

La vittoria di ieri, sebbene arrivata in uno dei Clasicos recenti meno entusiasmanti, ha segnato lo storico sorpasso - dopo 87 anni - nelle sfide vinte del Barcellona sul Real Madrid.

Non c’erano molte novità rispetto alla partita di coppa. Solari, senza snaturare il suo classico 4-3-3, ha effettuato appena due sostituzioni: Courtois ha preso il posto di Navas in porta mentre Bale è subentrato a Lucas Vazquez sulla sinistra. Per il resto, il Real si è messo in campo con i soliti uomini, con Reguilòn ormai stabilmente preferito a Marcelo come terzino sinistro (con tutto il caso mediatico a fare da contorno) e Vinicius ormai inamovibile davanti a lui.

Valverde, anche lui col 4-3-3, rispetto alla partita di coppa ha spostato Sergi Roberto dal centrocampo per rimetterlo terzino, con Rakitic nello slot di mezzala destra. Lenglet ha affiancato Piqué dietro e, alla sinistra di Busquets, si è rivisto finalmente Arthur, fuori da un mese per un infortunio alla coscia e giocatore indispensabile per il Barcellona di questa stagione. Davanti, Dembelé ha completato il tridente con Suarez e Messi.

La partita non è stata di altissimo livello, almeno per gli standard del Clasico, e ha risentito della poca brillantezza delle due squadre. In ogni caso è stata utile se non altro per fare una fotografia piuttosto precisa del momento delle due squadre. Abbiamo riassunto la vittoria del Barcellona attraverso cinque punti chiave.

1. Il pressing poco efficace del Real Madrid

Già dai primi minuti il Real Madrid ha voluto imprimere un ritmo alto al match, per dilatare le distanze e generare anche occasioni dal caos. Un modo forse studiato da Solari per evitare i problemi in fase di attacco posizionale che affliggono il 4-3-3 a volte troppo lineare dei “merengues”.

La strategia di pressing mirava anche a far emergere i problemi di possesso del Barcellona. La circolazione palla, specie nell'ultimo periodo senza Arthur, è stato tutt'altro che fluida, e per questo gli attaccanti del Madrid hanno subito cercato di aggredire la prima circolazione avversaria, in teoria seguiti dai compagni con una serie di scalate in avanti orientate sull'uomo.

Benzema restava a presidio del centro, per provare a schermare il passaggio su Busquets e, in caso di retropassaggio, per pressare Ter Stegen. Le ali invece si disponevano a metà tra i centrali e i terzini, pronti ad attaccare frontalmente Piqué e Lenglet e a schermare il passaggio verso i terzini, soprattutto attraverso la posizione del corpo. Kroos e Modric invece si alzavano, rispettivamente, su Busquets e Arthur. Più dietro, Casemiro restava ancorato alla difesa, pronto a controllare Messi nei suoi movimenti verso il centro del campo.

L’atteggiamento dei terzini è stato particolarmente significativo. A sinistra Reguilòn si alzava per seguire Rakitic. Se il Barcellona riusciva però a innescare Sergi Roberto, e quindi a saltare la pressione di Vinicius su Lenglet, spesso era proprio Reguilòn a dover scalare, con Kroos che abbandonava Busquets per scivolare su Rakitic in zona palla. Sul lato opposto anche Carvajal poteva decidere di alzarsi su Jordi Alba. Il più delle volte preferiva però rimanere basso, preocuppato dalla presenza di Dembelé nella sua zona. In tal caso, o Bale si disinteressava del centrale per attaccare Jordi Alba, oppure Modric doveva abbandonare Arthur per scivolare sul terzino.

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Gli accoppiamenti del Real Madrid su rimessa dal fondo.

Insomma, il pressing del Real Madrid ha funzionato solo parzialmente. La scelta di orientare la difesa sull'uomo spesso faceva dilatare le distanze tra i giocatori, impegnati a seguire l'avversario di riferimento. Con spazi ampi era più facile, soprattutto per un centrocampista come Arthur, orientare il controllo e anticipare le intenzioni del marcatore, costringendo il Madrid a dover ripiegare.

Senza dimenticare l'abilità di Ter Stegen con i piedi, utile per trovare i terzini e quindi a evitare la pressione di Bale e Vinicius sui centrali. In più, le scalate verso il lato palla erano spesso approssimative, con i giocatori indecisi su come assegnarsi le marcature sul lato palla. Il Barcellona infatti poteva contare sulla superiorità numerica del centrocampo per scardinare il pressing avversario. Nella fascia centrale, contro i tre centrocampisti del Madrid, oltre a Rakitic, Busquets e Arthur agiva anche Messi. Casemiro, preoccupato dall'argentino, raramente decideva di alzarsi per accompagnare le mezzali nella pressione. Quando i "blancos" indirizzavano il possesso ospite sulla fascia e a scalavano, ai giocatori blaugrana bastava combinare in modo da orientarsi col corpo verso il centro del campo per rigiocare il pallone su un compagno libero, spesso Busquets.

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Benzema era andato in pressione su Ter Stegen. Palla a Piqué e su di lui va Kroos. Il tedesco però con la corsa non scherma Busquets. Sul catalano non va nessuno e Piqué può servirlo indisturbato.




2. Il Real Madrid ha trovato troppo poco - comunque meno di quanto voleva - le ricezioni tra le linee

Anche il Barcellona nel primo tempo ha scelto di pressare alto, ma il Real Madrid riusciva ad aggirarlo innescando l'uomo tra le linee. La difesa blaugrana, spaventata dalla velocità e dai movimenti di Vinicius e Benzema, aveva paura ad accompagnare il centrocampo nel pressing. Così le distanze si dilatavano, creando zone di ricezione pericolose. Almeno uno tra Vinicius, Benzema, Bale o Modric, una volta fiutato lo spazio, poteva occuparlo in maniera dinamica per dettare il passaggio oltre la linea mediana avversaria. In questo modo il pressing di Arthur e Busquets era vano: i centrocampisti, prima che gli avversari gli arrivassero addosso, avevano già individuato il riferimento tra le linee da servire.

Un modo di attaccare diretto, con cui il Real Madrid poteva puntare frontalmente la difesa. Era un buon piano ma non ha portato i frutti sperati, un po' per la scarsa coordinazione tra gli attaccanti e un po' per l'intelligenza della difesa catalana, abile a scappare indietro per coprire la profondità. Al Madrid spesso restava solo il passaggio verso l'esterno.




3. La partita magistrale di Piqué e Lenglet

A quel punto si provava a occupare l'area con molti uomini per ricevere il cross, ma la difesa magistrale dell'area di Lenglet e Piqué ha chiuso ogni spiraglio. I centrali di Valverde sono stati nettamente i migliori in campo, sempre concentrati nel posizionamento e nella lettura dei traversoni, sia alti che bassi. A fine partita saranno i due giocatori ad aver effettuato più spazzate (14 per lo spagnolo, 8 per il francese).

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Piqué in particolare ha dominato la scena con l’abilità delle sue letture - specie nelle uscite alte su Vinicius - e il senso di controllo e sicurezza che è riuscito a trasmettere ai suoi compagni. A fine partita ha invitato i suoi compagni a unirsi a lui nei festeggiamenti sotto il settore ospiti, a testimonianza di una leadership sempre più evidente.




4. Il Real Madrid si affida troppo alle proprie ali per generare superiorità numerica

Per evitare la pressione, insomma, il Real Madrid puntava ad andare subito in verticale, senza affidarsi a sincronismi in fase di possesso che Solari non sembra intenzionato a sviluppare. Non è un caso che Courtois a volte abbia preferito lanciare lungo, in cerca di una spizzata che creasse entropia e permettesse ai suoi compagni di attaccare frontalmente la difesa. Il sistema offensivo di Solari riesce ad essere efficace solo se i giocatori riescono ad attaccare in velocità.

Nelle fasi di attacco posizionale il Madrid non sa come destrutturare la difesa avversaria per cercare ricezioni pericolose. Il pallone circola da un lato all'altro ma senza generare pericoli rilevanti. L'attacco posizionale si dispiega nelle ricezioni delle ali e nelle sovrapposizioni dei terzini. Ecco perché un giocatore elettrico come Vinicius (4 dribbling su 6 riusciti, non la sua miglior serata, ma comunque terzo nella graduatoria del match dopo Messi e Reguilòn) è diventato già così importante. Di contro, Bale non sembra in grado di generare costantemente vantaggi come il compagno (2 dribbling riusciti su 4 tentati, al di là della percentuale di riuscita un dato indicativo della poca intraprendenza del gallese) e mette un po’ tristezza vederlo così, specie se abbiamo in mente il suo dominio fisico negli anni del suo splendore.




5. Il Barcellona invece ha sfruttato al meglio la superiorità numerica a centrocampo

Anche il Barcellona ha problemi in fase di attacco posizionale, ma lo schieramento del Real Madrid ha finito per favorire il piano gara di Valverde. Visto l'atteggiamento di Kroos e Modric, i catalani hanno provato con continuità a innescare le ricezioni ai fianchi di Casemiro. Almeno due giocatori occupavano il campo in ampiezza, così da invitare i compagni ad occupare i mezzi spazi. Diverse volte il Barcellona è riuscito a trovare l'uomo al fianco di Casemiro. Tuttavia, i pochi movimenti in profondità e l'imprecisione di Suarez hanno impedito di convertire in palle gol delle ricezioni potenzialmente pericolose.

Nel primo tempo il Real Madrid è riuscito a limitare il gioco interno blaugrana grazie ai ripiegamenti di Bale e Vinicius, che stringevano sul giocatore nel mezzo spazio per aiutare Casemiro. Un lavoro difensivo indispensabile. È bastato però un rientro pigro di Vinicius per far collassare il sistema e regalare al Barcellona la seconda vittoria al Bernabeu nel giro di pochi giorni.

Tutto nasce da un'azione in cui Varane alza il pallone nella zona di Vinicius. Casemiro e Kroos ripuliscono il possesso e il tedesco inizia la conduzione. Le scelte degli attaccanti però sono poco coordinate: Bale non compensa il movimento di Benzema verso il lato palla e sulla destra non c'è nessuno da servire. Busquets rinviene e toglie il pallone all'avversario. Il Barcellona stabilizza subito il possesso e Messi viene incontro per ricevere.

Si crea un tre contro due, con l'argentino, Arthur e Rakitic contro i soli Casemiro e Modric. Più avanti Sergi Roberto continua la sua corsa e abbassa Reguilòn, un movimento che Rakitic sfrutta per alzarsi sul fianco di Casemiro. Vinicius avrebbe dovuto seguire il croato, ma rientra troppo lentamente. Sergio Ramos non vuole concedere una ricezione facile a Rakitic, forse per paura di un filtrante sul movimento in profondità di Suarez, così si stacca ed esce sull'avversario. Sergi Roberto si allarga per offrire una linea di passaggio all'ex Siviglia, attraendo su di sé Reguilòn. Rakitic scarica e, intuito lo spostamento del terzino del Madrid, si muove subito alle spalle di Ramos per occupare dinamicamente quello spazio. Sergi Roberto chiude la parete con precisione e Rakitic segna con uno scavetto il suo terzo gol in campionato.

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Due squadre imperfette

Dopo aver chiuso il primo tempo in vantaggio, il Barcellona nella ripresa ha rinunciato al pressing alto. Le ali del Real Madrid però non sono più tornate con frequenza e il rombo di centrocampo blaugrana ha dominato la fascia centrale: per Casemiro e i difensori è stato difficile controllare i mezzi spazi senza l'aiuto degli esterni, anche perché nel secondo tempo Suarez ha supportato meglio il palleggio, mentre Dembelé e Jordi Alba hanno attaccato con più decisione la profondità.

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Il Real Madrid dal canto suo ha continuato a provarci con le ricezioni e i cross degli esterni, senza mai riuscire a impensierire Piqué e Lenglet. Neanche Isco e Asensio, che a differenza di Bale ha anche cercato di muoversi sul lato di Vinicius per creare superiorità numerica, sono riusciti a cambiare il contesto.

Anche quest'anno il Real Madrid sembra estromesso già a marzo dalla lotta per la Liga. E, anche quest'anno, il solo obiettivo della "Casa Blanca" resta la Champions League. A differenza delle precedenti stagioni, però, sembrano esserci troppe lacune, sia nel sistema di gioco che nell'undici titolare. L'assenza di un risolutore straordinario come Cristiano Ronaldo è solo la punta dell'iceberg. Il Real Madrid ha idee povere e troppo lineari su come attaccare. Peggio ancora, la fase difensiva è stata poco coordinata, sia in fase di pressing sia in fase di difesa posizionale: forse troppe responsabilità individuali per un gruppo di giocatori abituati ad appoggiarsi sulle spalle larghe di Casemiro, Varane e Sergio Ramos. Nelle scorse Champions League, nonostante le disfunzionalità tattiche, il Real poteva aggrapparsi alla sua superiorità tecnica, personificata sì da Kroos e Modric, ma anche da giocatori come Isco e Marcelo in grado di dare fluidità al possesso anche nelle situazioni più scomode. Solari insomma sembra alla ricerca di un compromesso tra talento ed equilibrio che sembra ancora lontano dal pagare i dividendi sperati.

Il Barcellona ha saputo approfittare della superiorità numerica del centrocampo. Al netto della pigrizia delle ali avversarie, il secondo tempo ha dimostrato quanto siano importanti Suarez e Dembelé per i blaugrana. L'uruguaiano vive dei momenti interlocutori all'interno delle partite. Cerca sempre le sue classiche ricezioni con l'uomo dietro, quasi trattenuto alle sue spalle. Sempre più spesso, però, non riesce a fare perno e girarsi come faceva nei giorni migliori. A ciò si sommano le numerose imprecisioni tecniche dell'ultimo periodo, non solo sotto porta ma anche in fase di palleggio. Forse a trentadue anni è impossibile recuperare il dominio fisico di Suarez sui difensori. Tuttavia deve assolutamente migliorare il suo contributo in fase di appoggio; è l'unico modo per non lasciare Messi a predicare solo nel deserto. Altrettanto utili potranno essere, oltre ai movimenti senza palla di Jordi Alba, anche quelli in profondità di Dembelè, perché i catalani, pur portando il pallone sulla trequarti, non riesce a trovare sbocchi dietro la difesa.

Valverde dovrà lavorare sui meccanismi offensivi che da troppe stagioni ormai frenano il Barcellona in Champions League. In ogni caso, anche per quest'anno la Liga dovrebbe essere in ghiaccio.




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