Sono passati quarant’anni da quando Jorge Valdano usò per la prima volta l’espressione “miedo escénico” (letteralmente: paura del palco) per descrivere lo stato d’animo che colpisce gli avversari del Real Madrid, quando devono giocare al Bernabéu. In quel caso Valdano voleva spiegare la rimonta con cui la sua squadra era riuscita a ribaltare il 3-0 subito dall’Anderlecht in Belgio. Con il tempo, la leggenda delle rimonte del Real Madrid ha assunto uno spessore tale da rendere obsoleta l’espressione: ormai, più che essere l’avversario a giocare con le gambe che tremano dentro quello specifico stadio, sembrano i giocatori del Real Madrid a vivere a un livello di sicurezza sovraumano.
C’è un senso di ineluttabilità in questo tipo di vittorie del Real Madrid in Champions League. Neanche uno svantaggio a pochi minuti allo scadere è bastato, in passato, e adesso sappiamo che neanche uno svantaggio di due reti, con solo mezz'ora ancora da giocare, è davvero abbastanza. Ieri sera il Borussia Dortmund, dopo aver segnato i suoi due gol in 34 minuti, ne ha subiti addirittura cinque nei 33 finali. Difficile immaginare ragioni puramente tecniche o tattiche per una squadra che vince 5-2 una partita di Champions League in questo modo.
Visto da fuori sembra che basti indossare la maglia bianca della squadra di Madrid per poter fare questi miracoli, ma la realtà è che sono stati i giocatori scelti, e sviluppati in questi anni, a dimostrarsi in grado di perpetuare questa narrazione quasi mistica. Sono loro stessi, i giocatori, i primi a crederci e, quindi, a creare questi momenti magici.
Non sappiamo le parole di Ancelotti durante l’intervallo, se il tono sia stato assertivo o conciliante, sprezzante nei confronti dell’avversario, o di rimprovero per gli errori che hanno portato al doppio svantaggio, se si sia concentrato sulla tattica o sull'emotività della squadra. Magari ha solo mostrato lo stemma ricordando cosa comporta nelle notti di Champions League.
«Siamo arrivati nello spogliatoio molto silenziosi», ha detto Vinicius Jr. dopo la partita. «Abbiamo ascoltato il mister e ci siamo detti una sola cosa: se segniamo il primo, rimontiamo ancora una volta». Non è facile entrare in questo tipo di discorsi. All’intervallo neanche i tifosi del Real Madrid sembravano crederci, qualcuno addirittura fischiava, e si sentivano solo i cori festanti dei 3500 tifosi tedeschi presenti. Ma per Vinicius e gli altri veterani di questa squadra bastava un solo gol. «Sapevamo che in casa può succedere di tutto», ha concluso Vini Jr.
Il vantaggio del Borussia Dortmund
Ma partiamo dall’inizio. O meglio: dall’inizio del secondo tempo. Chissà quanti tifosi neutrali, che magari stavano guardando un'italiana al primo tempo, hanno deciso di cambiare canale vedendo il Real sotto di due, per poi scoprire che avrebbe rimontato anche questa volta - di sicuro, chi l'ha fatto non se n'è pentito.
Il Dortmund aveva maturato il suo doppio vantaggio nell’arco di quattro minuti alla mezz’ora di gioco, dopo un inizio di partita in cui la squadra di Nuri Sahin aveva preso l’iniziativa in modo decisamente più determinato rispetto ai padroni di casa, sia col pallone che senza. Il primo gol è arrivato grazie ad un perfetto lavoro spalle alla porta al centro dell'area di Guirassy. Palla ricevuta da un filtrante di Brandt, dopo un pallone recuperato al limite dell’area del Real Madrid, Guirassy tiene a distanza Rüdiger e sfruttando il raddoppio di Mendy mette Malen di fronte alla porta.
Il secondo gol arriva subito dopo grazie a una nuova iniziativa di Julian Brandt che, con un cambio gioco, serve il terzino destro Ryerson, che trova a destra di nuovo Malen. L'oladese supera Mendy ed entra in area, per poi servire con un cross basso sul secondo palo il taglio di Bynoe-Gittens davanti a Lucas Vazquez. Tolto lo spicchio giallonero, il Bernabéu si è ammutolito.
La risposta del Real Madrid è arrivata immediatamente. Alla prima azione utile, Vinicius ha visto il classico taglio centrale di Bellingham e lo ha servito perfettamente con un cross dalla fascia. L’inglese ha ricevuto il pallone solo davanti al portiere ma la conclusione è uscita male: un deludente colpo di testa centrale facilmente parato. Subito dopo è stato più bravo Rodrygo, che si è creato una buona conclusione pur ricevendo col marcatore a coprirgli la porta. La traversa, però, gli ha tolto il gol, prima di toglierlo anche a Bellingham che è riuscito a prenderla nuovamente sulla ribattuta.
A quel punto si poteva ragionevolmente pensare che il Real Madrid le occasioni per pareggiarla le avesse avute: per una volta, si poteva pensare, le cose gli avevano girato male. Sarebbe stato ragionevole pensarlo per qualunque squadra, tranne che per il Real Madrid.
Era già successo nella storia del Real Madrid in Champions League di ribaltare uno svantaggio di due gol in casa, mai però erano arrivati 5 gol e in un tempo.
Nel secondo tempo il Real Madrid sembrava ancora velleitario nel tentativo di recuperare la partita. Prima un tiro basso di Mbappé, sulla figura del portiere Kobel; poi un altro tiro di Vinicius - arrivato dopo un'azione proprio del brasiliano che non era riuscito a servire Mbappé in maniera sufficientemente precisa - finito sempre addosso al portiere.
Allo stesso tempo, però, già sembrava evidente che il Real Madrid avesse individuato la chiave per crearsi occasioni da gol: trovare Vinicius in isolamento in fascia, muovendosi intorno all’estro del fenomeno brasiliano. Senza Kroos, il Real Madrid è molto meno organizzato in fase di possesso rispetto a quanto lo sia in fase di recupero dopo la perdita. In questo momento si fa fatica a definire lo stile di gioco del Real Madrid, e forse non è un caso che in campionato stia faticando. La squadra di Ancelotti viene da una sofferta vittoria contro una squadra dalla manovra sofisticata come il Celta Vigo di Claudio Giráldez.
Il Real Madrid oggi è una squadra che ha lampi di organizzazione collettiva solo all’interno di momenti di massima esigenza, in cui il talento sembra allineato al massimo per una o due azioni consecutive. Eppure, come sempre, è una squadra che trova il modo di funzionare. Lo stesso Ancelotti ha detto in conferenza stampa pre-partita che questa versione del Real Madrid ha bisogno di correre più delle precedenti, perché fatica ad organizzarsi attraverso il pallone.
Gli equilibri tattici precari dati dallo schierare contemporaneamente Vinicius, Rodrygo, Mbappé e Bellingham, sono stati sottolineati anche dall'allenatore, che chiede a giocatori che sarebbero stelle indiscusse in tutte le altre squadre al mondo - come Rodrygo e Bellingham - di lavorare senza palla per compensare i movimenti di Mbappé, abituato a giocare nelle stesse zone di campo a sinistra di Vinicius.
Proprio su questa asimmetria contava di far leva il Borussia Dortmund anche nel secondo tempo, facendo entrare il centrale Anton al posto dell’ala sinistra Bynoe-Gittens. L’idea era il più elementare possibile: passare a cinque dietro abbassando il baricentro e mettendo più uomini possibile davanti alla propria area, in modo da compattare la difesa e giocare in verticale per sfruttare le lacune avversarie in transizioni difensiva. Era un ragionamento che aveva senso: senza un centravanti puro, il Real Madrid contro una difesa a cinque avrebbe potuto faticare.
Ancelotti però non ha risposto. Forse si è reso conto che in fondo, con il nuovo atteggiamento con cui si è presentata la sua squadra in campo nel secondo tempo, non c'era bisogno di niente e che bastava affidarsi a un giocatore diverso da tutti gli altri. Vinicius stava prendendo la partita sul personale ancora prima di spaccarla completamente, mettendosi la squadra sulle spalle, come si dice, e incendiando la tifoseria.
Ancelotti ha quindi atteso a fare i cambi, nonostante Camavinga fosse lì pronto a bordo campo per entrare al posto di Modrić, che ha fatto una partita di intensità atletica impressionante per un giocatore della sua età (il più anziano della storia del Real Madrid a scendere in campo). Questo è il livello di fiducia a cui l’allenatore è arrivato nei confronti di un gruppo, a cui basta quasi letteralmente niente per fare l'impensabile.
Il primo gol del Real Madrid, per la verità, non arriva dai piedi di Vinicius. Dopo un calcio d’angolo battuto corto, Mbappé si ritrova a ricevere sul lato destro della stessa e, invece di calciare in porta, decide di puntare l’uomo andando sul fondo. Il francese, autore fino a quel momento di una partita poco incisiva, con un bel cross riesce a trovare al centro dell'area piccola Antonio Rüdiger, che con un colpo di testa rabbiosa dimezza lo svantaggio.
Gli occhi spiritati di Rüdiger mentre incita, alzando ripetutamente le braccia al cielo, uno stadio in delirio sono una delle immagini che resteranno di questa partita. È strano da dire, perché non è proprio il giocatore che più identifica il livello di talento di questo Real Madrid, ma oggi come oggi è una delle anime della squadra. E come aveva previsto Vinicius, è bastato questo gol per far accadere tutto il resto, come una crepa in una diga.
Il problema per gli avversari è che il Real Madrid ha troppe risorse, troppi giocatori che possono accendersi anche per una singola azione e cambiare così le cose.
Quel Modrić che doveva uscire all’ora di gioco e che invece è rimasto in campo, per dire, dopo l'1-2 si accende improvvisamente appena ricevuto il pallone sulla trequarti. Una sua conduzione e poi un filtrante rasoterra trova Mbappé libero in area, in linea con la difesa del Dortmund un po' distratta, anche se in quel caso un controllo macchinoso permette a Schlotterbeck di recuperarlo da dietro in scivolata prima che possa calciare.
È stato il primo vero segno di una superiorità tecnica che nei minuti successivi ha portato più volte i giocatori del Borussia Dortmund a servire inavvertitamente i loro avversari: nel caso del gol del pareggio, proprio Vinicius, libero in area e con la parto di fatto vuota.
Tanto era stata saggia la scelta di Ancelotti di non intervenire sulla squadra a fine primo tempo, tanto è sembrata invece controproducente la scelta del tecnico Nuri Sahin di mettere su un Vinicius a quel punto in fiamme l’imbolsito Emre Can, mediano spostato a terzino destro. Il centrocampista tedesco è entrato al minuto 76 al posto di un affaticato Ryerson, e le cose da lì in poi sono precipitate per il Dortmund.
La partita è stata più aperta di quanto verrà probabilmente ricordato anche nel secondo tempo, tanto che all’82’ il Dortmund è andato vicinissimo a segnare il terzo gol con la conclusione in area del nuovo entrato Maximilian Beier, negata da una parata inconcepibile e forse un po' fortunata di Courtois, che ha chiuso le gambe all'ultimo momento disponibile. Un minuto dopo è arrivato il gol del 3-2 di Lucas Vázquez, che ha completato la rimonta e sbattuto un portone in faccia ad ogni velleità tedesca.
Nasce da un lancio lungo tenuto in campo a fatica da Rodrygo, che gioca poi indietro per Lucas Vázquez. Con Carvajal infortunato, Lucas Vazquez sta cogliendo l'occasione di mostrare che anche lui, persino lui, può tirare fuori dei momenti speciali con questa maglia addosso. Il suo passaggio in area per Mbappé viene intercettato da Brandt, che un'altra volta per sbaglio chiude il triangolo con il suo avversario: a quel punto Vázquez calcia fortissimo sopra la testa del portiere.
Dopo il gol Vázquez va a esultare sotto gli spalti, sbattendosi il palmo della mano sull’avambraccio, come a dire: scorre sangue madridista in queste vene.
Con il gol del 3-2 è finita la partita del Dortmund ma, per sua sfortuna, non quella di Vinicius, che aveva ancora energie da bruciare. La prima vittima del suo agonismo è il povero Emre Can, il cui passaggio all'altezza dell'area di rigore avversaria appena tre minuti dopo il gol del 3-2 viene intercettato con conseguenze disastrose. Il centrocampista tedesco prova a rimediare all'errore ma su di lui si è mosso prima Vinicius che, una volta anticipato l’avversario, sgasa in conduzione lasciandoselo alle spalle.
Il raddoppio di Süle, arrivati al limite dell’area, sembra poter rallentare l’azione di Vinicius, che invece entra dentro al campo per aprirsi lo specchio della porta virando a destra. Il tiro con cui firma il 4-2 sembra quasi troppo facile per Vinicius, che poi ha anche la forza di continuare la corsa per esultare, togliersi la maglia e finire alla bandierina opposta per indicare che ora il Bernabeu è casa sua.
Ricorda qualcuno?
Così, in pieno recupero, l'ala brasiliana completa la sua prima tripletta in Champions League, incutendo un timore quasi comico negli avversari, che non riescono a gestire un rimpallo in due contro uno. La palla che sembrava persa gli finisce di nuovo tra i piedi (per la terza volta nella partita del Real Madrid sono i giocatori del Dortmund a fornire l'assist) e una volta in area, con una finta di corpo, Vini Jr. si libera del tentativo di chiusura di Anton calciando di sinistro dove non può arrivare il portiere.
È impressionante pensare che siano passati solo 30 minuti da quando il Real Madrid era sotto di 0-2: nel frattempo il Bernabéu ha attraversato tutto lo spettro emotivo che può vivere uno stadio - dalla disperazione per un risultato apparentemente compromesso all'euforia per una goleada. Alla fine sono tre punti importanti per il Real Madrid, ma ancora di più per Vinicius, che con questa partita potrebbe chiuso definitivamente la corsa al Pallone d’Oro.
"Quando è concentrato e ha spazio, non c'è ancora nessun giocatore che possa fermarlo", ha scritto Marca, secondo cui è il migliore al mondo. «Quello che posso dire è che è raro vedere un giocatore che gioca un secondo tempo come ha fatto Vinicius», ha detto Ancelotti. «E non per i tre gol, ma per il suo carattere, è straordinario».
Dopo il fischio finale, mentre le telecamere riprendono Ancelotti abbracciato a Vinicius, dagli spalti del Bernabéu il coro è uno solo: «Vinicius, Balón de Oro». È l'ennesimo capitolo della mistica del Real Madrid che continua a perpetuarsi, ogni volta con un giocatore nuovo. Che sia Rodrygo, Modric, Bellingham, Joselu, o per l'appunto Vinicius, il risultato non cambia: una squadra in una notte di Champions al Bernabeu non può dirsi mai al sicuro, nemmeno se è in vantaggio di due gol e con solo un tempo da giocare.