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La realtà virtuale e l'intelligenza artificiale stanno cambiando il calcio
07 ago 2019
La tecnologia sta avendo un profondo impatto su come vivono le partite gli spettatori e su come si allenano i calciatori.
(articolo)
18 min
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Negli ultimi anni lo sviluppo del calcio è stato spinto anche dallo sviluppo tecnologico e dei materiali, con il primo obiettivo di migliorare le performance sportive. Basta guardare a come sono i cambiati i palloni, a quanto fossero diversi quelli di semplice cuoio all’inizio dello scorso secolo dal Telstar 18 dell’Adidas utilizzato in Russia, dotato al suo interno di un Chip NFC che trasmetteva dati consultabili con uno smartphone. Alla fine dell’800 anche gli scarpini erano in cuoio, allo scopo unico di proteggere il piede dal contatto con il pallone, mentre oggi la scarpa si adatta alle caratteristiche del singolo atleta: le Nike Mercurial Superfly e Mercurial 360, ad esempio, calzano il piede come una seconda pelle premiando la velocità dei movimenti. Gli stessi campi da calcio sono profondamente cambiati, passando dall’erba naturale a materiali semi-sintetici, fino al sintetico puro in alcuni casi.

La tecnologia ha cambiato il calcio (basti guardare anche alle statistiche applicate nella Match Analysis) ma ha cambiato anche il rapporto degli spettatori con il calcio, e in futuro le cose potrebbero cambiare ancora di più, magari più velocemente, con lo sviluppo dell’Intelligenza Artificiale. Al TED2016 (Technology Entertainment Design, una serie di conferenze su tecnologie e design) negli Stati Uniti, il celebre regista di video musicali Chris Milik ha tenuto una conferenza nella quale ha parlato della realtà virtuale (o VR, per utilizzare l’acronimo inglese). «La realtà virtuale è destinata a un ruolo incredibilmente importante nella storia dei media», ha detto Milik, esaltandone il valore artistico. «In effetti, sarà l'ultimo. Dico questo perché è il primo mezzo che rende possibile passare dall'assorbire l'espressione di un autore, la sua esperienza, al viverla in prima persona. Cosa accadrebbe se invece di raccontarvi un sogno a parole, potessi farvi vivere dentro quel sogno?».

Se pensiamo a come la VR può cambiare il calcio, ad esempio, possiamo immaginare che un giorno gli utenti potranno "simulare" l’esperienza di una partita dal vivo, facendosi "trasportare" dalla tecnologia direttamente all’interno dello stadio, con una visione a 360 gradi dell’ambiente nel quale sono immersi, mentre in realtà se ne stanno sullo stesso divano di sempre.

La realtà virtuale è una tecnologia già forte sul mercato (grazie anche ai prezzi finalmente accessibili di visori di alta qualità, come e Gear VR della Samsung) e questo sta già cambiando molti settori. Grazie all’app di Alibaba (Buy+) possiamo “andare” in un centro commerciale a fare acquisti che ci verranno poi spediti a casa; anche la pornografia sta cercando di offrire sempre maggiori servizi in VR, mentre la PS4 già presenta oltre 200 titoli completamente usufruibili in VR.

Per capire come potrebbe influenzare il calcio bisogna distinguere tre diversi campi di applicazioni: le operazioni di branding, i live streaming, e i videogiochi.

Branding, streaming e videogiochi

Nel 2017 la Juventus, con David Trezeguet, ha presentato a Shanghai una nuova app, Juventus VR, che permette agli utenti di poter vivere il mondo Juve dall’interno, con la possibilità di calarsi in ambienti a 360 gradi dentro o fuori dallo stadio. Anche il Real Madrid ha sviluppato un’app simile, e come possiamo vedere tramite alcuni spot promozionali su Youtube, ci permette di "immergerci" nel pre-partita, vivendo in prima persona il momento dell’arrivo dell’autobus, oppure il passaggio dal tunnel degli spogliatoi al campo da gioco. Al di là delle lievi differenze, sia l’app della Juventus che quella del Real Madrid cercano di avvicinare lo spettatore a quella che è l’esperienza reale.

Anche i musei del calcio stanno iniziando ad offrire esperienze immersive, come succede, tanto per fare un esempio, al FIFA World Cup 2002 Seoul Stadium, in Corea del Sud, con diverse aree dedicate al VR, sia per guardare gli highlights di quel Mondiale, che per partecipare ad alcuni piccoli giochi (in cui si possono parare alcuni palloni in rapida sequenza).

Come detto, il massimo dell'applicazione della VR al calcio consiste nel permettere a uno spettatore seduto a casa sua di guardare partite come fosse dal vivo, con la sensazione di essere dentro lo stadio o al fianco dei nostri giocatori preferiti. Per questo nel 2018 la UAE Gulf League, il massimo campionato egli Emirati, ha siglato un accordo con MediaPro al fine di trasmettere alcuni match in VR. «Preparati a smettere di guardare e iniziare a sentire», dice lo spot prodotto da MediaPro. «Quello era il modo in cui guardavamo un match fino ad oggi (vengono trasmesse in sequenza alcune brevi sequenze delle migliori giocate del campionato, ndr). Questo era come vedevamo un gol, questo era fare lo spettatore. Ma d’ora in poi potrai immergerti nel calcio come non hai mai fatto». Mentre la voce parla ci viene mostrato un contesto virtuale, nel quale ci ritroviamo seduti in salotto, di fronte al televisore, con la possibilità di poter interagire con alcuni menù che ci permettono di analizzare statistiche, guardare replay, oppure tornare all’interno dello stadio per vedere l’evento dal vivo.

Ma com’è vedere una partita di calcio in realtà virtuale? Il più grande evento calcistico in VR è stata per adesso la Coppa del mondo in Russia del 2018, mediante le app di FoxSports e della BBC. Se siete curiosi, sul canale Youtube “Simple Tech Man”, ci vengono offerti due minuti della partita inaugurale del Mondiale Russia-Arabia Saudita: dalla nostra cabina virtuale possiamo calarci sulle tribune, come se fossimo nella sezione stampa, con la possibilità di selezionare diverse telecamere e cambiare la prospettiva dalla quale vedere la partita. Quello che non riusciamo a percepire dal video è l’effetto audio, a 360 gradi, come la capacità della nostra visuale. Ovviamente c'è anche la possibilità di poter condividere la nostra esperienza virtuale sui social.

Certo, servirà ancora tempo per realizzare completamente questa transizione, dati i costi di sviluppo ed i miglioramenti grafici necessari per l’esperienza. Ma già negli anni scorsi sono stati diversi gli eventi trasmessi in VR: la finale di Champions League di Cardiff, diversi match di prova fra Bundesliga, Eredivisie e Chinese Super League. Anche l’NBA ha fatto importanti passi in avanti, dato che, grazie alla collaborazione con l’App Next VR, nella stagione 2018\19 ha trasmesso 26 partite di regular Season in realtà virtuale.

Anche nel calcio, dunque, il virtuale assorbe il reale, come sosteneva il filosofo francese Jean Baudrillard: "Nel virtuale ci si immerge, ci si tuffa dentro lo schermo. Di certo qui le care e vecchie contraddizioni fra realtà e immaginazione, vero o falso, vengono sublimate dentro uno spazio di iper-realtà che ingloba tutto, ivi compreso un qualcosa che essenziale come il rapporto fra soggetto ed oggetto".

L’impatto della realtà virtuale sui videogiochi (qui trovate una rassegna dei videogiochi calcistici in VR), sembra invece ancora a uno stadio precedente. Per adesso il massimo che riesce ad offrire l’industria è la riproduzione di semplici gesti tecnici, come Headmaster, che replica in modo abbastanza fedele la fisica del colpo di testa, oppure Final Soccer VR, nei quali vestiamo i panni di un portiere. Forse l’unico gioco che cerca di alzare l’asticella della simulazione è VRFC (Virtual Reality Football Club), nel quale possiamo giocare una vera e propria partita di calcio connettendoci in una room online con altri utenti. A parte la visuale in VR, però, i vari comandi vanno ancora impartiti attraverso un joystick. Chissà, magari un giorno si passerà a tute o altri strumenti che aumentino la sensibilità e il realismo.

Certo, c'è da dire che il gaming in VR presenta ancora dei limiti, come esposto in un articolo di The Verge nel quale un utente, quasi estraneo alle dinamiche del Football Americano, prova ad immedesimarsi nel ruolo di quaterback nel videogame VR Sports Challenge. L’utente descrive l’esperienza come un microcosmo nel quale vengono evidenziati i limiti della VR, che al momento sembra ancora indietro nella ricostruzione del contesto sportivo, ovvero la capacità di muoversi e sperimentare le stesse sensazioni fisiche di una prestazione sportiva vera e propria.

Le tecniche di allenamento

Ma la realtà virtuale sta cambiando anche aspetti più vicini al calcio giocato, come per esempio gli allenamenti dei calciatori professionisti a livello cognitivo. Soccerdream, un progetto, creato dallo spagnolo Andreu Bartoli e dagli autori dell’Ekkono Method (un metodo di allenamento che punta a rafforzare le abilità cognitive), è la prima piattaforma d’allenamento in realtà virtuale.

«Nelle migliori academy al mondo utilizzano esercitazioni al fine di implementare la tattica e le decisioni prese in campo», ci ha spiegato Andreu Bartoli, che ha risposto ad alcune nostre domande. «Noi virtualizziamo queste esercitazioni rendendole disponibili a chiunque, in ogni luogo. Il giocatore deve solamente indossare il visore ed iniziare l’allenamento con giocatori virtuali, sia compagni di squadra che avversari. Prende le stesse decisioni che prenderebbe nel mondo reale: passare la palla, riceverla, muoversi, calciare... Siamo convinti del fatto che l’apprendimento cognitivo dal reale sia trasferibile al virtuale».

Dunque, sostiene Andreu, che con Soccerdream ha avviato un percorso in Cina con la Beijing Sports University, il calciatore mediante il training in VR capisce, assimila e mette in pratica le proprie abilità cognitive: «Ad esempio con Soccerdream l’atleta può apprendere come meglio posizionarsi in campo e mantenere al meglio la struttura di squadra, come identificare lo spazio fra i giocatori e come poterne trarre vantaggio. Questi sono concetti che non sono semplici da insegnare per un allenatore, e per questo Soccerdream cerca di facilitare il lavoro dei tecnici».

Andreu Bartoli pensa che il Virtuale potrà essere potenziato dai sistemi di intelligenza artificiale. Immaginate che la squadra A debba giocare contro la squadra B: in settimana, nella preparazione alla partita, la squadra A svolge un allenamento tattico in VR, nel quale i calciatori si calano in un contesto contro degli avversari virtuali, dove provano alcuni movimenti o situazioni di gioco al fine di trovare il punto debole nella difesa della squadra B o di arginare la loro manovra offensiva: «Con lo sviluppo delle Intelligenze Artificiali saremo in grado di produrre qualcosa di simile, il sistema può imparare velocemente come gioca una squadra e riprodurlo in VR», dice Andreu.

Nella definizione dell’Università di Harvard (Artificial intelligence and Human Rights: Opportuniteis and Risks) l’Intelligenza Artificiale (IA) è un sistema che mima la rete neurale, dunque il pensiero umano, mediante deduzione derivanti da una serie di input che utilizzano regole formali per impegnarsi nel ragionamento tramite un processo di assimilazione delle statistiche definito Deep Learning. In parole più semplici: grazie a una serie di input che capta, l’intelligenza artificiale riesce, mediante una serie di calcoli, a definire quello che è miglior output in diversi campi di applicazione.

Come sostiene Jerry Kaplan nel suo saggio Intelligenza Artificiale: guida al futuro prossimo, l’IA ha superato la fase dell’infanzia nella quale veniva utilizzata in alcuni giochi (in particolar modo negli scacchi, dove ha da tempo soppiantato i giocatori reali) e si prepara a svolgere ora mansioni rimpiazzando l’uomo in vari ambiti, dalla medicina alla finanza, passando per un processo di automazione del lavoro.

Anche lo sviluppo robotico del calcio, per quanto di nicchia, ha radici profonde. Alla fine degli anni ‘90 in Giappone è nata la Robocup, una manifestazione calcistica giocata fra robot intelligenti, il cui scopo era creare una squadra di automi che entro il 2050 possano sconfiggere i campioni del mondo. Per capire a che punto è arrivato lo sviluppo di questo mondo, e se l’orizzonte che si è posto è davvero realistico, abbiamo posto qualche domanda a Domenico Bloisi e Vincenzo Suriani, rispettivamente Team Manager e Software Development Leader dell’SPQR Team di Robocup, del dipartimento di ingegneria informatica automatica e gestionale (DIAG) guidato dal prof. Daniele Nardi, dell’Università la Sapienza di Roma.

«Negli ultimi si sta cercando di avvicinare sempre di più le condizioni della partita tra robot a quella del calcio reale», dice Bloisi. «Si è aumentata la dimensione dei campi, il terreno è in erba sintetica, le linee che delimitano il campo sono bianche ed anche la dimensione del pallone è aumentata»La nuove sfida, secondo loro, riguarda il risparmio energetico e della batteria dei robot, per arrivare nei prossimi anni ai 90 minuti di gioco.

«Andando ad analizzare la parte software, da quest’anno sono state introdotte anche le rimesse laterali stile calcetto, oltre a quelle dal fondo, i calci d’angolo ed i calci di punizione», dice invece Suriani «Questo significa che se viene fischiato un fallo contro la nostra squadra, i nostri robot devono essere consapevoli di dover lasciare un certo spazio e posizionarsi di conseguenza anche in base a dove è il pallone rispetto al terreno».

Per rendere sempre più realistica l’interazione tra i robot, poi, si sta provando ad eliminare le comunicazioni Wifi. Spiega Suriani: «È stato dimezzato il numero di pacchetti e il rate d’invio, il trend è quello di abbandonare quegli strumenti tecnologici del quale l’uomo non dispone e di passare ad una comunicazione audio fra i robot»Naturalmente, l’obiettivo di creare una squadra di robot che possa battere i campioni del mondo è ancora lontanissimo dall’essere raggiunto, anche per via dei costi e la ricerca dei materiali per costituire dei veri e propri cyborg in grado di svolgere mansioni complesse.

Ma l’intelligenza artificiale sta avendo ed avrà un impatto forse più diretto sulla Match Analysis. Nel 2017 la Disney Research, dipartimento della California Institute of Technology, ha sviluppato mediante il processo di Deep Learning un algoritmo che può riconoscere le formazioni delle squadre e analizzare la posizione di ogni singolo calciatore. Alla MIT Sports Analytic Conference, l’algoritmo della Disney Research ha dimostrato che i programmi di IA possono indicare quella che dovrebbe essere la posizione ideale di un difensore in base a come sta sviluppando la manovra la squadra avversaria, e correggere eventuali sbavature. L’IA riesce anche a discernere il ruolo dei giocatori in campo e come questi cambiano durante il gioco, rilevandoli dai tracking data raccolti a partita in corso.

A questo punto è dunque lecito chiedersi quale peso ha ed avrà l’IA nello studio dei Big Data. «Le squadre di Serie A e all’estero usano mezzi di IA per estrarre statistiche», dice Bloisi. «Tutte le partite sono trasformate in dati e a disposizione degli allenatori. Ci sono sistemi esterni rispetto alle telecamere delle TV, altre riprese che raccolgono dati sulle posizioni dei giocatori, metri percorsi ed altre caratteristiche. Tutto viene inviato allenatori che può capire lo stato della performance di ogni giocatore e questo è utile anche in allenamento. Per quanto riguarda le tattiche, al momento non viene fatto nulla live».

Questo scenario sta invece trovando un riscontro reale nel football americano a livello di College o High School, dove l’azienda Go Route, fornisce i propri sistemi di IA per lo sviluppo di schemi offensivi. Il giornalista Joe Harpz su Forbes definisce l’esperienza simile a quella di un videogioco, dove la barra dei suggerimenti è attivata. «Questo perché il football americano è uno sport decisamente più frammentato e schematico rispetto al calcio, che al contrario presenta un contesto più dinamico», dice Bloisi. «Secondo me quello che si potrà fare è avere opzioni in real time, ma poi sarà sempre allenatore ad avere l’ultima parola, magari fra primo e secondo tempo, sulle strategie in base a qualche algoritmo, ma non so fino a che punto si potrà lasciare spazio all’IA. Alla fine le variazioni sono tante e il calcolo che la macchina sta facendo potrebbe essere inutile dato che il contesto cambia in maniera costante. Nell’NFL invece è plausibile inserire strategie computerizzate».

Eppure la ricerca nel campo dell’IA in contesti come quelli della Robocup potrebbe potare ad uno scenario distopico nel quale le filosofie di gioco degli allenatori potrebbero essere sostituite dall’intelligenza artificiale.

«Ci sono varie competizioni di Robocup, alcune nelle quali la strategia è il nocciolo della questione. In alcune leghe i robot sono semplificati al massimo, al posto di essere bipedi sono su ruote al fine di spingere sullo studio di strategie ottimali per arrivare a fare gol. Addirittura, c'è un contest dove viene simulata una partita al computer, dunque senza l’ausilio della parte Hardware. In queste leghe tutto quello che succede è applicare strategie di Machine Learning e Neural Network al fine di estrarre dei pattern per riuscire a capire l’avversario e che gioco sta facendo e cosa cambiare nella strategia per rendere vana un’azione. Tutto questo sicuramente poi può essere portato in uno scenario reale, perché qui la strategia è portata ad un livello nel quale tutto funziona bene. Da questo tipo di scenario è facile pensare di portare il know how della Robocup nel calcio reale e nell’analisi di partite».

Lo sport in cui invece l’automazione sta già avendo oggi un’influenza molto profonda è l'automobilismo, in cui gli esports vengono utilizzati per crescere e allenare i piloti, e dove esistono gare molto sviluppate come la RoboRace, ovvero competizioni con veicoli che in un futuro potranno pilotarsi da soli. Difficile immaginare gli sport automobilistici senza l'epicità della sfida fra piloti, con una competizione che sarà solo tra brand delle varie scuderie, in ogni caso. «Il pubblico dovrebbe identificarsi in un team di ingegneri, non più nel pilota», mi dice scettico Bloisi. «Non credo che allo stato attuale siamo pronti per un salto del genere».

L’esperimento del Leatherhead FC

Mentre si discute quali potranno essere i risvolti tattici della IA nel calcio, un club di settima divisione inglese, il Leatherhead, ha stretto una partnership con il colosso tecnologico IBM attraverso il programma Watson Discovery come esperimento al fine di verificare come un massiccio uso dell’IA possa migliorare le prestazioni della squadra e dei singoli giocatori, rendendo anche questi partecipi della lettura ed elaborazione dei dati.

«L’IA rimuove l’emozione dal processo decisionale», ha spiegato l’assistant manager del team, Martin McCarthy in un’intervista a zdnet «La tecnologia sta cambiando lo sport e se non ci si adatta si rimane indietro». Il programma di IBM della pre e post match analysis oltre che sullo scouting degli avversari lavora sui resoconti delle partite e i feed per raccogliere informazioni e analizzare gli avversari del Leatherhead, fornendo una panoramica delle recenti partite degli avversari.

Nel frattempo allo staff viene fornita un’innovativa interfaccia con la quale interagire e porre domande all’IA: nell’intervista McCarthy pone degli esempi, come i tiri nello specchio della porta da parte degli attaccanti, l’efficenza dei passaggi corti rispetto a quelli lunghi oppure le zone nelle quali viene maggiormente perso il pallone. Una volta effettuata la richiesta il programma fornisce i videoclip pertinenti con dati a corredo per contestualizzare i filmati. L’interfaccia è disponibile sia per lo staff che per i calciatori, che avevano così modo di esplorare la propria prestazione.

L’intelligenza artificiale e la programmazione

Insomma, l’intelligenza artificiale già oggi aiuta le squadre e le federazioni a ottimizzare le proprie scelte e massimizzare i profitti. A parte le ben note applicazioni delle statistiche avanzate nel dirigere le scelte di calciomercato (non sempre felicissime, c’è da dire, ma basti pensare che il celebre Billy Bean, ex general manager della squadra di baseball Oakland Athletics, interpretato da Brad Pitt in “Moneyball”, oggi è nel board del Barnsley FC, secondo in League One in Inghilterra), un’altra possibile applicazione, decisamente più semplice, riguarda la scelta degli orari delle partite.

Lo scorso febbraio il presidente della Liga Spagnola, Tebas, ha annunciato che verrà creato un sistema di intelligenza artificiale che, raccogliendo i dati di affluenza allo stadio e ascolti nei mercati esteri, deciderà quali saranno gli orari delle partite nella prossima stagione, in modo da poter massimizzare l’affluenza di pubblico e gli ascolti nei mercati di Stati Uniti e Asia.

In tutti i campi, comunque, sembra oggi più vicino l’arrivo della cosiddetta singolarità. Gli studiosi di IA definiscono Singolarità il periodo nel quale le macchine saranno sufficientemente intelligenti da programmarsi e migliorarsi da sole, fino al punto di rendersi indipendenti. E secondo alcuni analisti la singolarità potrebbe realizzarsi intorno al 2050. In questo processo d’avvicinamento uno degli scenari più inquietanti è quello citato dallo scrittore Jerry Kaplan nel suo già citato Intelligenza Artificiale: guida al futuro prossimo, in cui le macchine e i sistemi di IA a un certo punto potrebbero diventare proprietari di aziende e organizzazioni.

Kaplan sostiene che i computer siano potenzialmente in grado di escogitare strategie di business, fare investimenti, sviluppare nuovi prodotti o processi, brevettare invenzioni, ed infine, avere delle proprietà. Nel mondo del calcio possiamo immaginare intelligenze artificiali che acquistano giocatori o club, automatizzando il lavoro di direttori sportivi e dirigenti, persino dei presidenti. Stiamo andando troppo in là con l’immaginazione. Già oggi fa parte della nostra realtà è un utilizzo di VR e intelligenza artificiale che calcio è più profondo di quanto non si immagini, ma è ancora presto per arrivare agli scenari distopici.

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