«I giocatori erano veramente convinti di andare in avanti perché potevamo fare male alla squadra avversaria. E anche con un uomo in meno la sensazione era quella lì: e allora perché andare indietro? Andiamo in avanti». Così dopo il fischio finale Thiago Motta ha provato a spiegare una vittoria che a parole è difficile da spiegare, cercando nell’atteggiamento spavaldo dei suoi giocatori un senso a oltre 100 minuti di puro caos. È una dichiarazione che esalta l’ambiente, che scalfisce quello che è lo spirito antico della Juventus, dove era più probabile che si andasse indietro in partite come queste (e la statistica che per la prima volta i bianconeri hanno vinto una partita di Champions dopo essere andati in svantaggio due volte nel punteggio è un caso ma anche non del tutto).
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E badate non c’è niente di male: l’andare avanti (cioè, per uscire dalla terminologia usata da Thiago Motta, l'essere offensivi e proattivi), non è necessariamente garanzia di vittoria, come andare indietro non è garanzia di sconfitta. Anche ieri, se fosse stata una partita più lineare, la Juventus avrebbe potuto pareggiare subendo gol in una delle diverse occasioni create dal Lipsia nel finale, o addirittura perdere, se fosse mancata anche solo una chiusura in recupero, una maglia blu che faceva qualcosa oltre l’ordinario. O magari vincere prima, quando nei primi 60 minuti era sembrata la squadra migliore in campo tra le due. Perché questa è prima di tutto una vittoria nella prestazione, di una squadra che ha giocato bene a calcio e che si è ritrovata sotto di un gol e con un uomo in meno perché sembrava proprio dovesse andare così. Una di quelle serate in cui tutto va male e non si può fare altrimenti che allargare le braccia. Ma, è inevitabile pensarlo oggi, se hai la volontà di provare a cambiare le cose con il coraggio e l'ambizione, le cose si possono cambiare e la sfortuna diventare quella “fortuna che aiuta gli audaci”.
Controllare nelle difficoltà
Nel primo tempo la Juventus sembrava essersi persa in una di quelle attrazioni del Luna Park tutte specchi e burle: infortunio di Bremer al 5’ (una notizia sepolta dalla rimonta, ma che è diventata drammatica nella sua gravità, visto che per il brasiliano si tratta di rottura di crociato e menisco), infortunio di Nico Gonzalez al 10’, gol preso al 30’ alla prima, vera occasione concessa, su una ripartenza dopo aver tirato in porta, grazie a due giocate che sembrano fatte apposta per finire nel curriculum di Openda e Sesko; col primo che recupera un lancio lungo e costringe la difesa a rinculare prima di servire in profondità il compagno, che con uno stop al volo sontuoso di destro e una botta terrificante di sinistro ci ha ricordato perché è il giovane centravanti più ambito d’Europa.
Nonostante tutto, però, la Juventus aveva mantenuto il controllo sulla partita anche in maniera paranoica, come piace a Thiago Motta, mostrando sì ancora gli stessi limiti sulla trequarti, ma anestetizzando bene il pressing del Lipsia, che è arma pericolosissima, col palleggio (62% possesso palla). Grazie soprattutto alla tranquillità di Kalulu (68 passaggi su 69 riusciti alla fine) e ai movimenti di Fagioli, sempre pronto a dare una linea ai compagni e mai in affanno, e Cambiaso, ormai a tutti gli effetti un centrocampista, i bianconeri sembravano infatti non subire quasi per nulla l'intensità del Lipsia.
Controllare il gioco per la Juventus di Motta non è una novità, ma farlo anche contro un avversario forte e con due infortuni subiti in pochi minuti deve aver dato alla squadra quella fiducia delle squadre che si sentono spalle al muro non per colpa loro. Quello, insieme alle parole dell’allenatore, se è vero - ed è sembrato vero - quello che ha detto Vlahovic: «Nell’intervallo abbiamo parlato con Thiago e siamo usciti dallo spogliatoio indemoniati». Perché comunque già dall’inizio del secondo tempo la Juventus è sembrata meno ipnotica col pallone e più risoluta.
Dopo appena 60 secondi dal fischio dell'arbitro, Conceicao è entrato in area da destra puntando il diretto avversario e perdendo palla su un tentativo di dribbling che poi gli verrà meglio. Sull’uscita dalla difesa del Lipsia, Kalulu ha anticipato Openda nella trequarti avversaria, innescando un’azione che ha portato prima a un cross da ottima posizione di Yildiz, con l’unica giocata di classe della sua partita (del suo giocare largo se ne parlerà in altre circostanze) e poi a un bell’inserimento di Fagioli, irrisolto per un fallo ingenuo del centrocampista. Sul tentativo di costruzione da parte del Lipsia partendo da una punizione nella propria area di rigore, la Juventus ha recuperato di nuovo palla grazie a un anticipo di un difensore (questa volta Gatti) sulla trequarti avversaria. Da qui i bianconeri hanno tenuto il pallone per quasi un minuto, prima di trovare una combinazione a tre tra Fagioli, McKennie e Koopmeiners che ha portato l’olandese a calciare da solo da ottima posizione, centrando il palo.
Un minuto di possesso apparentemente sterile può portare a due passaggi che mettono un giocatore solo davanti alla porta: questa azione la Juventus deve ricordarsela.
Il Lipsia riparte ancora con la rimessa dal fondo, ma dopo tre secondi ha già perso il pallone: è la terza volta in tre minuti ed è quella giusta per la Juventus. Conceicao, venuto a ricevere al centro, si inventa un dribbling cadendo, per poi allargare su Cambiaso, rimasto invece per una volta largo. Nessuno dei tedeschi si prende il disturbo di chiuderlo e il suo cross è preciso in quel territorio di nessuno tra primo palo e difensore, dove arriva come un falco Vlahovic, che segna uno di quei gol che danno soddisfazione a chi pensa che i centravanti debbano essere centravanti.
Sono 4 minuti, ma per quel che vale, in questo lasso di tempo la Juventus ha avuto oltre l’80% di possesso palla, ha segnato un gol, preso un palo, effettuato tre cross, recuperato tre palloni e toccato diversi palloni nell’area avversaria.
Se questa fiammata aveva lo scopo di far tornare la partita alla sua normalità, non è successo. Nei minuti successivi le due squadre si sono aperte, forse perché entrambe convinte di poter segnare il secondo gol e vincere la partita. Un atteggiamento che però è più nelle corde del Lipsia - squadra Red Bull con un'anima da calcio batti e leva, magari meno accentuata del solito ma comunque presente - che non in quelle della Juventus, sia con Motta che prima di Motta.
Prima è arrivata una grande occasione per il Lipsia, sull’unica incertezza di Kalulu, che su una rimessa laterale si fa girare dietro da Openda, che poi si fa 40 metri tenendolo dietro e calciando prima su Gatti e poi sul palo. Poi sull’azione successiva la Juventus avrebbe avuto la possibilità di creare una grande occasione, con Koopmeiners che vince forse l’unico duello della sua partita, anticipando Lukeba sulla fascia con un tocco a seguire geniale ma venendo fermato dal guardalinee per un fallo discutibile Lukeba prima di potersi lanciare in un due contro uno con Vlahovic.
Non controllare nel dramma
Arriviamo al momento che ha ribaltato la partita: sulla migliore azione corale della partita del Lipsia con prima Xavi Simons e poi Sesko che giocano a parete per far salire la squadra, l’olandese trova una perfetta imbucata per Openda che salta Di Gregorio in uscita ma si perde il pallone. Due minuti dopo il VAR scoprirà il motivo: un tocco di mano fuori area del portiere della Juventus. Rosso e punizione dal limite.
E qui, in 10 contro 11, Thiago Motta capisce che provare a riprendere il controllo dei restanti 30 minuti sarebbe stato impossibile. Toglie Yildiz per Perin, una scelta praticamente obbligatoria, e inserisce Douglas Luiz per Savona, spostando McKennie a terzino. Savona è il giocatore a cui Motta sembra legato proprio per la sua normalità: un giocatore fisicamente eccellente, senza particolari ambizioni col pallone, a cui puoi chiedere di dare equilibrio alla squadra. Toglierlo è stato un po’ il simbolo della volontà di provare a non accettare una partita di sofferenza per tenere l’1 a 1. Ma l’1 a 1 è durato giusto il tempo di un altro check del VAR, che ha concesso il rigore al Lipsia sulla punizione successiva per un tocco di mano di Douglas Luiz.
Sotto di un gol e di un uomo nel giro di due minuti, senza più cambi e con l'infermeria piena cosa hanno pensato i giocatori in campo? È evidente che tutta quella serie di sfortunati eventi ha dato energie nervose alla squadra. I successivi 15 minuti della Juventus, oltre la retorica, sono stati esaltanti. Quante volte si è visto una squadra in inferiorità dominare così l’avversario, che tra l’altro giocava in casa e arrivava da un ottimo momento di forma? Thiago Motta e i suoi giocatori hanno accettato di fare il contrario di quello che hanno fatto finora, e cioè accettare tutti i rischi per cercare la ricompensa massima. Il pressing, che in 11 contro 11 non era sempre stato perfetto, è diventato molto più intenso e preciso. È infatti da una palla recuperata da Vlahovic e Conceicao, con i bianconeri che senza palla avevano 8 giocatori di movimento su 9 nell’area avversaria, che arriva il gol del pareggio.
McKennie sale su Simons che, pressato, sbaglia il controllo. Da dietro arriva Vlahovic che ne sporca il passaggio, agevolando il recupero di Conceicao, che gli restituisce il pallone.
Poi il gol del pareggio è ovviamente merito del talento balistico di Vlahovic, che è forse il singolo aspetto che funziona sempre e sempre a un livello d'élite. Avere calciatori forti in campo fa vincere le partite, ma il senso rimane: andare avanti e non indietro.
Non vorrei esagerare con i complimenti alla Juventus, perché il senso qui è che i rischi sono stati tanti e si è visto. Un minuto dopo il pareggio Openda ha sfiorato il palo, poi Fagioli non ha spazzato un pallone nella sua area e sul recupero ancora Openda ha sbagliato da buona posizione. Ma anche dopo il pareggio e dopo aver quasi concesso il terzo gol, la Juventus non è tornata indietro. A un certo punto, per non buttare il pallone Perin, che con i piedi non brilla, ha dribblato di tacco l’avversario in pressing. Pochi minuti dopo Kalulu ha deviato con il corpo un tiro di Musa che è difficile credere non sia finito in rete.
Anche l’azione del terzo gol parte da un rischio: Fagioli recupera un pallone vagante a centrocampo, ma non torna indietro per consolidare una fase di possesso per far respirare la squadra. Va subito in verticale su Cambiaso, che sempre in verticale va da Vlahovic. Il serbo cerca il tempo per la giocata ma esce fuori un cross troppo lungo. Conceicao lo recupera e serve Koopmeiners. La Juventus è praticamente in parità numerica con i difensori del Lipsia, ma il cross dell’olandese è ribattuto proprio sui piedi di Xavi Simons che ha davanti un’autostrada, anche perché McKennie, forse non abituato a fare il terzino, è rimasto largo in una terra di nessuno.
Da questa situazione nasce il gol della Juventus: i bianconeri hanno 7 giocatori su 9 di movimento tagliati fuori dalla linea della palla (McKennie è fuori dall'inquadratura, tutto a destra).
A fare la differenza sarà il recupero di McKennie e la poca lucidità di Simons, che non si libera prima del pallone e anzi lo scopre. Ma torniamo all’andare avanti, perché Kalulu, recuperato il possesso, con le squadre slabbrate come un vecchio maglione, riparte in avanti. Non fa niente di geniale oltre a portare il pallone sulla trequarti avversaria e servire Fagioli, ma una squadra si alimenta anche delle scelte dei singoli: se Fagioli non avesse forzato una ripartenza, se McKennie non avesse pensato di poter recuperare, se Kalulu non fosse partito in progressione da solo e senza pensare di essere lui l’ultimo baluardo di una squadra in 10, non sarebbe arrivato il gol di Conceicao, che poi invece è tutta una giocata di puro talento tecnico, un calciatore che vince il duello contro due, che passa in uno spazio che ha visto solo lui, con un tempo che manda fuori giri Raum, che fa una brutta figura.
Dopo c’è anche tempo per la Juventus di una volta, tutta respinte disperate in area di rigore e pacche sulle spalle, ma sempre senza rinunciare alla pretesa di provare a tenere palla e usare il possesso come strumento difensivo. Negli ultimi minuti non è riuscito bene, ma l’impegno dei giocatori è stato sufficiente per tenere una vittoria che ha un valore simbolico e uno tangibile.
In questo nuovo formato della Champions League arrivare tra le prime otto farebbe risparmiare due partite complicate, e non è poco, anche se è presto per fare previsioni. Forse è anche l’idea che un punto vale relativamente in un girone così grande ha dato la spinta alla Juventus per provarci. Forse invece è solo una vittoria simbolica, di quelle che - si dice - svoltano le stagioni. Difficile fare previsioni: la Juventus è una squadra con pregi e difetti abbastanza marcati e non basta una notte splendida per risolverli.
Certo, è una partita che dà fiducia, soprattutto ai tifosi, a cui queste emozioni mancavano da tanto. Una partita che suggerisce che l'ennesima rivoluzione, tecnica e societaria, ne è valsa la pena, perché vittoria e intrattenimento possono convivere, così come l'idea che nelle difficoltà si può andare avanti e non indietro, a vedere che c'è di là, perché può capitare di trovare una notte da sogno.