Avrebbe dovuto fare da secondo, un sostituto con esperienza e qualità del portiere titolare della Lazio dal 2016, invece “Pepe” Reina è diventato uno dei giocatori più importanti della squadra di Simone Inzaghi. Strakosha, dopo qualche problema fisico e la quarantena per la Covid-19, è rimasto in panchina fino alla partita con la Fiorentina dello scorso 6 gennaio, la prima nella striscia di cinque vittorie consecutive che hanno riportato la Lazio a ridosso della zona Champions League. Dopo quella partita, però, Strakosha è tornato indisponibile per dei problemi alla coscia e al ginocchio. Lo scorso dicembre Inzaghi diceva che, una volta tornato al meglio, Strakosha avrebbe ripreso il proprio posto, nel frattempo però la presenza di Reina è diventata centrale per il gioco della Lazio.
Ovviamente mi riferisco alle qualità in fase di distribuzione di Reina, il suo gioco “con i piedi”, quello che lo rende un portiere “moderno” da sempre, anche se ormai è più vecchio di molti portieri “meno moderni”. Si tratta di categorie in realtà passate, che ho messo tra virgolette perché ormai è impensabile per un portiere non essere a proprio agio con la palla tra i piedi. Vale, per i portieri, lo stesso discorso che vale per i difensori, che un tempo potevano avere belle carriere anche con mezzi tecnici rudimentali e adesso verrebbero semplicemente considerati di un livello non alto. A proposito di concetti vecchi: il portiere deve prima di tutto parare, il difensore difendere, d’accordo, ma nessuno può permettersi di sapere fare una sola cosa, oggi.
Certo è stato un processo rapido, per questo Reina si ritiene fortunato ad aver incontrato Frans Hoek, ex-portiere olandese e assistente di van Gaal quando Reina aveva quattordici o quindici anni ed era nelle giovanili del Barcellona. In un’intervista al quotidiano spagnolo AS, lo scorso novembre, ha detto: «È stato il mio grande vantaggio: lavorare nello specifico sin da quando ero bambino, cosa che gli altri portieri hanno fatto molto dopo». E poi ha aggiunto: «Mi sono adattato bene ai tempi».
Il primo vero pericolo nel derby è nato proprio dai suoi piedi. Con la Roma che pressava fino all’area di rigore, Reina ha giocato un filtrante centrale per Immobile, che di prima in diagonale ha trovato Caicedo rasoterra che, a sua volta, ha giocato “a specchio” su Milnkovic-Savic. A questo punto la linea difensiva della Roma è alta e Lazzari l’attacca in profondità, servito da un lancio d’esterno (la Lazio arriva fino al cuore dell’area di rigore dove Immobile non riesce a mandare al tiro Caicedo).
È da notare come Reina avrebbe avuto soluzioni più facili, compresa la palla bassa su Leiva che, senza girarsi, avrebbe potuto liberare Acerbi, ma il portiere spagnolo ha invece scelto di giocare quella palla difficile centrale, consapevole del pericolo che ne sarebbe potuto nascere, e anche del rischio che correva.
Pochi minuti dopo, su un passaggio simile, Immobile viene anticipato e approfittando delle distanze lunghe tra i difensori laziali la Roma gioca una transizione veloce che per poco non porta in area Mkhitaryan. La Lazio sarebbe potuta andare sotto nel punteggio, quindi, su una situazione di questo tipo, invece ha trovato il vantaggio proprio da un’azione cominciata da un lungo lancio in diagonale di Reina per Luis Alberto, su cui Spinazzola respinge male, Smalling scivola e Ibanez sbaglia a spazzare… tutti errori causati anzitutto da un principio elementare del calcio: è complicato difendere correndo verso la propria porta.
Il modo in cui la Lazio ha sfruttato le caratteristiche di Reina in queste giornate mostra bene i diversi vantaggi che portano sempre più squadre a utilizzare il portiere in fase di costruzione. Va detto, però, che le qualità di Reina si sposano particolarmente bene sia con lo stile di gioco di Simone Inzaghi sia con quelle dei migliori giocatori offensivi della Lazio. A cominciare ovviamente da Sergej Milinkovic-Savic, e non solo per la sua abilità nel vincere i duelli aerei.
Due esempi del rapporto stretto tra Reina e Milinkovic-Savic. Nel secondo (contro l’Atalanta in Coppa Italia) si scambiano la palla un paio di volte prima che il portiere trovi una soluzione lunga: anche in questo caso la palla morbida su Muriqi non genera un vero e proprio duello aereo, considerato lo spazio a disposizione per il controllo e la precisione del passaggio. Muriqi, poi, tornerà da Milinkovic che nel frattempo ha risalito il campo sulla fascia: la Lazio così ha conquistato quaranta metri.
Il fatto che Milinkovic-Savic sia il giocatore a cui Reina ha effettuato più passaggi in stagione (71) – più dei tre difensori che gli offrono soluzioni vicine: Acerbi (67), Radu (59), Luiz Felipe (44) – lascia intuire che oltre la tecnica nei passaggi una delle qualità migliori di Reina, quella che lo distingue dalla maggior parte dei portieri a proprio agio con la palla tra i piedi, è la visione di gioco.
Una delle ragioni per cui si coinvolge sempre di più il portiere in fase di costruzione è che alle sue spalle c’è la riga di fondo, la porta, ovvero che ha tutto il campo davanti. Anche questo è un principio elementare del gioco del calcio e che dovrebbe tranquillizzare almeno in parte gli strenui oppositori del palleggio basso: il portiere è spesso il giocatore con più campo libero e con la migliore visuale.
Per il gioco di Simone Inzaghi è questo l’aspetto più importante. La Lazio non cerca per forza di cose di attirare il pressing avversario quanto piuttosto di giocare un passaggio sicuro all’indietro (come si faceva un tempo, d’altra parte: per un portiere come Reina i piedi sono tanto sicuri quanto le mani) e allungare il campo in cui attaccare.
In fin dei conti si tratta sempre di saltare la prima linea di pressione avversaria, ma nel caso della Lazio più che una trama articolata di passaggi corti la soluzione sta nella capacità di Reina di trovare un uomo smarcato nella fascia centrale del campo, oppure, in caso non ci sia nessun appoggio “sicuro”, nei suoi lanci lunghi in diagonale.
In questo esempio, sempre dalla partita della scorsa domenica, Reina si appoggia a Marusic, sempre con un pallone morbido che l’esterno può girare facilmente verso il centro, dove ci sono ben due giocatori pronti ad attaccare frontalmente l’Atalanta.
Ovviamente parte della ragione per cui Reina e Milinkovic-Savic entrano così spesso in connessione sta anche nelle caratteristiche del centrocampista, molto forte nei duelli aerei e, soprattutto, dotato di un primo controllo eccezionale e di una tecnica nello stretto che gli permette di conservare il possesso anche sotto pressione e in spazi stretti.
Il gioco lungo di Reina è funzionale allo stile diretto con cui la Lazio attacca, mantenendo un baricentro basso (inferiore alla media del campionato) e preferendo un campo lungo in cui esaltare la velocità di Immobile e Lazzari e la capacità di portare palla di Luis Alberto o Correa. In realtà, l’importanza di Reina è cresciuta nel corso della stagione e adesso la squadra di Inzaghi sembra in grado di costruire palle gol direttamente dall’innesco di un suo lancio.
Come successo nel caso del secondo gol segnato contro l’Atalanta, domenica scorsa in campionato: lancio lungo sulla testa di Immobile e Correa che corre alle spalle della difesa avversaria in anticipo rispetto alla spizzata. Ed è da notare come, anche se pressato, in realtà Reina avesse a disposizione due linee di passaggio corte, semplici e sicure: ha scelto di cercare la testa di Immobile, probabilmente perché quel tipo di giocate la Lazio le allena.
La Lazio si sistema spesso con una linea di quattro o cinque giocatori offensivi, preparati a contendere il lancio lungo e la successiva seconda palla agli avversari. Poi, al di là delle possibili giocate veloci tra le punte, si vedono spesso combinazioni rapide che coinvolgono anche i centrocampisti e gli esterni, tese sempre ad attaccare la profondità o, al limite, a conservare il pallone e risalire il campo. Merito della grande sintonia tra tutti i giocatori della Lazio, che si conoscono ormai a memoria e sanno alternarsi nei movimenti incontro e in profondità e negli smarcamenti con cui semplificano la vita ai compagni.
Questa combinazione tra Correa, Immobile e Milinkovic-Savic, nata da un lancio di Reina, è stata disinnescata dall’uscita di Gollini, ma ancora una volta con tre passaggi la Lazio aveva messo un proprio giocatore alle spalle della difesa avversaria.
Come detto, alla Lazio il gioco di Reina serve sia contro squadre che la pressano alta, sia contro quelle più prudenti. L’abilità di Reina nel modulare lunghezza, velocità e direzione dei propri passaggi lo rende il vero playmaker basso della squadra. Più di Leiva che spesso si limita a venire incontro per liberare spazio al centro, o per effettuare giocate di prima con l’uomo alle spalle, “a specchio” su uno dei difensori.
Anche Strakosha può giocare palle in diagonale verso sinistra, sul movimento di Radu o Acerbi alle spalle degli attaccanti in pressione, ma non c’è paragone con la qualità di Reina. Che è un insieme di tecnica – con entrambi i piedi, oltretutto – visione di gioco e capacità di scegliere con freddezza la cosa migliore da fare.
Se non viene pressato Reina arriva fino a trequarti, o anche più vicino alla linea di metà campo, ma anche quando un attaccante prosegue la corsa fino a lui ed è costretto a lanciare forte e lungo, cerca la testa di un compagno. È difficile considerare i lanci di Reina come le spazzate che compiono la maggior parte dei portieri (o difensori) quando in difficoltà, non sono mai veramente casuali.
“Pepe” Reina è il secondo portiere del campionato a effettuare più passaggi in media ogni 90 minuti (38.4, meno solo di Provedel con 46.5) e nella Lazio ne fa più di Corea (34.5) e Immobile (28.4) ma anche di Marusic (33.5) e Lazzari (28.8). Il suo coinvolgimento è direttamente proporzionale alla pressione applicata dalle squadre avversarie sulla fase di costruzione della Lazio.
In campionato contro l’Atalanta ne ha effettuati addirittura 54, solo due in meno di Milinkvoci-Savic (e sei in più Acerbi, terzo giocatore con più passaggi), di cui 35 lanci; nel derby ha effettuato 47 passaggi, solo uno in meno di Milinkovic-Savic (e sette in più di Acerbi). Ma anche contro il Sassuolo, dove è stato meno coinvolto, è stato comunque il quinto giocatore con più passaggi della Lazio (42, tre in meno di Acerbi e sette in meno di Lucas Leiva).
La sua precisione sui lanci (52%) rispecchia la difficoltà di alcune palle giocate da Reina, ma le sue giocate sono a rischio zero, o quasi. Quando la Lazio perde palla nella propria metà campo in seguito a un suo passaggio, molto spesso è per via del controllo del compagno sotto pressione, o la sua scelta immediatamente successiva; quando Reina sbaglia un passaggio è quasi sempre su un lancio lungo. Ma entrambi gli eventi sono piuttosto rari.
Il dibattito se sia giusto costruire o meno dal basso non ha ragione di essere, ma tra le responsabilità del portiere in questione c’è anche quella di scegliere quando è il caso di provare il passaggio sul compagno pressato e quando lanciare in diagonale o sulla punta.
Oggi Reina è il miglior portiere del campionato con la palla tra i piedi, per la tecnica di base, varietà di passaggi, visione di gioco ma soprattutto per la tranquillità e l’alto livello di sicurezza con cui prende decisioni spesso più difficili di quello che sembra. Anche se è difficile immaginare che in futuro prossimo tutti i portieri abbiano la sua confidenza con la palla, portieri come lui dimostrano che il definitivo superamento di vecchie distinzioni tra giocatore di “movimento” e non. Almeno fino a quando non c’è da parare.