Inizia oggi Resto del mondo, la rubrica mensile di brevi approfondimenti sulla situazione degli altri campionati del pianeta Terra. In questa puntata: i problemi del Manchester UTD, l'infortunio di Nabil Fekir, la rifondazione del Wolfsburg, il meglio della Jupiler League, il dominio della Dinamo Zagabria, lo stato dell’arte della MLS, le squadre più convincenti della Süper Lig turca.
Inghilterra - Lo United non segna mai
di Alfredo Giacobbe (@la_maledetta)
Il Manchester United è ufficialmente in crisi. Lo era già da prima della partita con lo Swansea, ma una fase difensiva solida aveva nascosto i problemi sotto al tappeto. I due gol incassati in Galles, i primi del campionato, hanno acceso i riflettori su van Gaal e sui suoi uomini. Alla sosta, lo United è quinto in classifica, ma già distaccato di cinque lunghezze dai cugini del City, primi a punteggio pieno.
Sotto accusa soprattutto la fase offensiva: il Manchester United ha segnato solo 3 gol, nel ranking di prolificità sono quattordicesimi in compagnia di Arsenal, Tottenham, West Brom e Stoke City. Hanno tirato verso la porta anche meno delle due londinesi, 12.3 tiri a partita, con appena dieci squadre che hanno fatto peggio degli uomini in maglia rossa.
Dopo aver epurato quasi per intero il suo parco attaccanti, van Gaal ha puntato tutto su Wayne Rooney. Finora il ventinovenne di Liverpool non è sembrato capace di ripagare la fiducia del suo allenatore. È difficile contestare i numeri di Rooney, che ha avuto le sue migliori stagioni dal punto di vista realizzativo quando ha potuto giocare da prima punta (2009-10 e 2011-12). Ha 233 gol in maglia United, è a soli 16 gol dal primatista assoluto, la leggenda Sir Bobby Charlton. Non si può dire quindi che Rooney non sappia giocare in attacco o che non veda la porta.
Oggi “The White Pele” non è nelle migliori condizioni atletiche e sta faticando soprattutto nel trovare lo spunto in accelerazione per battere il diretto marcatore. È generalmente poco mobile senza palla e questo lo rende prevedibile e inoffensivo. La sua forma fisica migliorerà nel corso della stagione, ma sembra comunque non avere più il plateau di velocità e di continuità d’azione che serve a un centravanti del livello richiesto. Martial potrebbe giocargli davanti, permettendogli di arretrare in una posizione da trequartista, ma il francese sarà pronto da subito?
Un impatto duro, sul pianeta Premier League, lo ha avuto Memphis Depay. Schierato nel suo ruolo preferito di ala invertita sull’out sinistro, l’olandese non ha inciso nel gioco della sua squadra. Depay non offre mai un movimento al portatore di palla, vuole ricevere il pallone sempre tra i piedi per provare a risolverla da solo. Tutte le sue statistiche offensive sono peggiorate rispetto all’ultima stagione spesa al PSV, perché sta soffrendo contro difese più organizzate e difensori fisicamente meglio strutturati.
Come quella del Newcastle.
Per fare posto al suo pupillo, van Gaal ha smantellato l’unica cosa che funzionava allo United, nel finale della scorsa stagione: la catena di sinistra formata da Blind, Young e Fellaini. Gli ultimi due sono stati relegati in panchina, mentre Blind è schierato come difensore centrale a causa degli infortuni nel reparto. I tre offrivano l’ampiezza della manovra che oggi, con Depay e Shaw, il Manchester non ha.
La strada è lunga, di talento nella rosa dello United ce n’è a profusione. Ma se qualcuno pensava che la stagione degli esperimenti di van Gaal fosse finita, si sbagliava di grosso.
Germania - Wolfsburg, work in progress?
di Mauro F. Giorgio (@MauroFGiorgio)
L’unica squadra che nella passata Bundesliga è riuscita a insidiare il cammino trionfale del Bayern Monaco è stata il Wolfsburg. Ma la situazione sta già cambiando in fretta.
Tornato protagonista in patria e, in parte, in Europa dopo i fasti della stagione 2008-09 nella quale conquistò il suo primo storico Meisterschale guidato da Felix Magath, prima dell’era del duopolio Bayern Monaco-Borussia Dortmund, il Wolfsburg in seguito al campionato sontuoso disputato lo scorso anno, e culminato col secondo posto, si è candidato come principale rivale del Bayern anche quest’anno. Il viatico della stagione d’altra parte era di quelli promettenti, avendo sconfitto non più tardi di un mese fa proprio i bavaresi nella finale di Supercoppa di Germania, sebbene al termine della lotteria dei rigori.
L’attuale terzo posto in classifica dopo tre giornate, con 7 punti (due vittorie e un pareggio) non racconta a pieno le difficoltà della squadra. Sia il debutto con l’Eintracht, che la partita successiva contro il Colonia hanno mostrato evidenti problemi di gioco, oltre che preoccupanti ritardi di tenuta atletica. Paradossalmente, i segnali di ripresa sono arrivati dalla sfida di Sassonia-Westfalia con lo Schalke 04, giocata proprio senza De Bruyne, nella quale i Lupi hanno facilmente schiantato uno spento Schalke.
A fronte di realtà consolidate come il Bayern, ovviamente in vetta a punteggio pieno, o in via di ri-solidificazione come il Borussia Dortmund, il Wolfsburg, almeno stando a questo avvio, pare voler mettere in discussione i propri assetti, alla ricerca di una nuova stabilità e nuovi equilibri, complici naturalmente alcune non proprio comprensibili operazioni di mercato.
È vero che gli schemi tattici di Hecking, basati su due direttrici principali—ovvero l’oscillazione perpetua della linea a tre della trequarti, con la continua intercambiabilità delle ali nel modulo 4-2-3-1 e la pressione costante delle seconde linee finalizzata al rapido recupero della palla—sono talmente limpidi nella loro universalità da poter prescindere dalle particolarità di alcuni giocatori; ed è vero che nel cambio De Bruyne-Draxler forse valeva la pena perdere la continuità con cui De Bruyne creava gioco sulla trequarti offensiva (20 reti e 37 assist messi a referto in 73 presenze con la maglia del Wolfsburg sono numeri impressionanti) per ottenere una plusvalenza comparata di 40 milioni di euro, conti alla mano. Rimanendo comunque con in mano un talento di prima qualità come Draxler.
Ciò che non torna è la cessione di una pedina estremamente duttile e funzionale al gioco di Hecking come Ivan Perisic, posto che quest’ultimo volesse veramente andare a Milano a giocare in una squadra che non disputa la Champions League. L’ordine di problemi in sostanza è doppio: da una parte la possibilità che Draxler e Kruse insieme, pur ottimi giocatori, non restituiscano il plusvalore sulla trequarti di De Bruyne; dall’altra l’insostituibilità tattica di Perisic, da sempre cerniera tra i reparti del gioco del Wolfsburg. Capacità che non appartiene nemmeno a uno bravino come Schürrle, figurarsi a Caligiuri (troppo offensivo) e a Vieirinha (troppo difensivo).
Se l’idea della società, come annunciato dal dg Wolfgang Hotze a fine stagione scorsa, era quella di investire per rinforzare e rendere maggiormente competitiva anche su scala internazionale la struttura di squadra, forse siamo ancora lontani dall’obiettivo.
L’acquisto last minute di Dante, ad esempio, è difficile che possa risolvere i problemi mostrati in difesa, soprattutto in Europa. Come non dà molta sicurezza un centravanti come Dost, per di più senza un ricambio credibile che non sia Bendtner.
Croazia - Un altro anno di dominio della Dinamo Zagabria?
di Pietro Cabrio (@nogometniblog)
1. Breve storia del dominio Dinamo
Le origini dei successi della Dinamo Zagabria si possono collocare fra il 2007 e il 2008: in quei due anni la Dinamo vende Eduardo, Corluka, Modric e un'altra decina di giocatori riuscendo a ricavare più di sessanta milioni di euro (nei due anni successivi partiranno anche Lovren e Mandzukic e si arriverà quasi a ottanta), una cifra enorme per qualsiasi squadra dell’est Europa. Con quei milioni la Dinamo comincia a prendersi tutti i migliori talenti croati in giro per il paese, perfeziona la sua già ottima organizzazione giovanile e si conferma la squadra più ricca di Croazia mentre le finanze dell'Hajduk Spalato, la più grande rivale, peggiorano di anno in anno e indeboliscono a tal punto la squadra da renderla incapace di lottare anche per il secondo posto in classifica.
Grazie a quei sessanta milioni, la Dinamo riesce a qualificarsi ai gironi di Champions nel 2011 e nel 2012, a guadagnarne altrettanti e a diventare sempre più ricca, fino al punto di potersi permettere di ingaggiare giocatori come Ángelo Henríquez dal Manchester United, Paulo Machado dall'Olympiakos, Júnior Fernándes dal Bayer e altri ottimi giocatori stranieri che non ci penserebbero nemmeno ad andare a giocare per qualsiasi altra squadra croata. Di pari passo, il settore giovanile di Zagabria continua a crescere talenti di prima qualità, che il club poi vende alle migliori squadre d’Europa: da Kovacic, Brozovic, Vrsaljko, Badelj e Kramaric ai giovanissimi Halilovic, Jedvaj e Muric.
Di quei sessanta milioni—secondo la giustizia croata—un po' se ne sono intascati i fratelli Zdravko e Zoran Mamic: il primo (odiatissimo in Croazia) è stato inserito dalla ESPN fra i cinquanta personaggi più influenti nel mondo del calcio ed è vicepresidente esecutivo del club dal 2003; il secondo è stato direttore sportivo prima di diventare anche allenatore della prima squadra nel 2013. Entrambi sono stati arrestati lo scorso luglio con le accuse di evasione fiscale e appropriazione indebita, poi rilasciati e oggi in attesa del processo.
2. Cosa aspettarsi dalla lotta con Rijeka e Hajduk
Nella passata stagione la Dinamo ha vinto il decimo campionato croato consecutivo. Ad agosto è arrivata la terza qualificazione ai gironi di Champions League negli ultimi cinque anni, che ha portato altri soldi e garantirà altre vittorie. Se si guardano le altre squadre croate però, qualcosa si sta muovendo. Il Rijeka per esempio è di proprietà dell’imprenditore italiano Gabriele Volpi dal 2012 ed l’unica squadra croata oltre alla Dinamo che può contare su una solida struttura societaria ed economica. Da tre anni è la seconda squadra più forte del paese, pochi mesi fa ha completato un nuovo centro sportivo e fra circa un anno inaugurerà il nuovo stadio, che da sempre è uno dei punti deboli della Dinamo Zagabria.
L’Hajduk Spalato continua a essere in una brutta situazione economica, ma può affidarsi a una discreta rosa e a due grandi talenti: Nikola Vlasic (fratello di Blanka), trequartista diciassettenne dal dribbling impazzito, titolare da due anni e più giovane marcatore del club in Europa e in campionato; e Andrija Balic, diciotto anni, regista arretrato che in campo è quello che recupera palloni e decide come e quando giocarli.
Nell’altra squadra di Spalato, l’RNK, ci sarebbe stato anche Marko Rog, classe 1995, uno dei centrocampisti più promettenti della sua generazione, se non fosse stato comprato in estate dalla onnipresente Dinamo (anche quest’anno è riuscita a non rimanere senza giovani di qualità: c’è Ante Coric, trequartista diciottenne cresciuto nel Red Bull Salisburgo, già titolare da due stagioni; e c’è Marko Pjaca che non smette di segnare, con quell’esuberanza tipica dei ventenni troppo sicuri di sé).
Se nemmeno quest’anno Rijeka e Hajduk, eliminate nei turni preliminari di Europa League e senza impegni internazionali, riusciranno a scalfire il dominio della Dinamo, impegnata nei gironi di Champions fino a dicembre, significa che il titolo nazionale resterà a Zagabria ancora per molto tempo.
Spagna - La strana testa della classifica
di Daniele V. Morrone (@DanVMor)
Sono quattro le squadre a punteggio pieno dopo due giornate di Liga e non era certo facile pronosticare che ad affiancare Barcellona e Atlético Madrid non ci sono il Real Madrid e il Valencia, bensì il Celta Vigo e il piccolo Eibar.
Per il Barcellona le due vittorie contro Athletic Club e Málaga sono state faticose (com’era facile immaginare), in un agosto che deve essere sembrato infinito a Luis Enrique: tra Supercoppa europea contro il Siviglia a Tbilisi, andata e ritorno di Supercoppa spagnola e l’esordio in Liga sempre contro l’Athletic Club. La sofferta scelta di lasciar andare Pedro non ha fatto altro che diminuire ulteriormente la profondità di una rosa. Al primo infortunio serio la situazione potrebbe diventare critica. Basti pensare che con Dani Alves infortunato nelle prime due gare di campionato, al suo posto Luis Enrique ha schierato (con successo va detto) l’adattato centrocampista Sergi Roberto.
Nella seconda giornata poi è tornato al Camp Nou il Málaga di Javi Gracia, l’unica squadra che la scorsa stagione non ha mai perso contro il Barcellona e una delle poche ad aver capito come disinnescare la MSN. In soccorso a Luis Enrique è arrivato il centrale Vermaelen, che ha sia coperto egregiamente l’assenza per squalifica di Piqué, che segnato il gol che è valso tre punti. La pausa è arrivata come un balsamo per la squadra catalana, che alla prossima già si trova davanti il boogeyman per eccellenza della Liga: Diego Simeone.
L’Atleti ha prima battuto il Las Palmas all’esordio grazie a una punizione della stella Griezmann e poi distrutto nel big match della seconda giornata il Siviglia di Unai Emery. La squadra del Cholo ha mostrato un calcio di livello superiore contro gli andalusi che, pur giocando una buona gara, sono stati superati sotto ogni aspetto (tattico, fisico e mentale). Serviva una grande vittoria per dimostrare come l’Atleti quest’anno faccia sul serio, ed è arrivata.
https://www.dailymotion.com/video/x33pk5b_all-goals-highlights-sevilla-0-3-atletico-madrid-liga-bbva-30-08-2015-hd_sport
La squadra di Simeone difficilmente potrebbe tenere il passo dei due titani nel caso in cui questa fosse una Liga da 100 punti, ma tutto sembra indicare che si potrebbe ripetere la situazione di due anni fa, con il titolo portato a quota 90, perfettamente raggiungibile dai ragazzi del Cholo. Soprattutto visto che il Real Madrid è ancora in fase di definizione, bloccato all’esordio dallo Sporting Gijón (una sorta di Atleti in miniatura per stile di gioco) e reduce da una vittoria schiacciante contro il Betis che però poco ha fatto per eliminare i dubbi sulla reale possibilità di vedere al 100% tutto l’arsenale a disposizione di Benítez.
Le due sorprese in testa sono quindi una squadra galiziana e una basca. Il Celta, guidato per la seconda stagione dall’argentino Berizzo, non è propriamente una sorpresa, visto che già per buona parte dello scorso anno è stato tra le squadre più interessanti della competizione. Soprattutto grazie al mix di gioco propositivo e giocatori di livello a disposizione (come Nolito e Orellana, che anche quest’anno hanno iniziato alla grande). Il primo avversario serio sarà il Siviglia alla quarta giornata: lì si potranno saggiare le reali ambizioni del Celta, che sulla carta ha tutto per poter entrare in lotta per l’Europa League.
Discorso diverso per l’Eibar, che con i 6 punti raccolti già si distanzia dalla zona retrocessione, quella che in teoria è il suo territorio. Paradossale che l’Eibar quest’anno giochi in Liga da ripescato dopo la retrocessione per ufficio dell’Elche in estate. L’estate travagliata non ha impedito ai baschi di fare un mercato interessante con le ristrette finanze a disposizione (come insegna il Rayo), costruendo una rosa con prestiti (tra cui l’italiano Verdi ex Empoli) e parametri zero, e andando a spendere soldi solo per la nuova stella della squadra, il tecnico e rapido giapponese Takashi Inui (arrivato per quattrocentomila euro dall’Eintracht Francoforte) che dovrebbe debuttare con il ritorno del campionato. La squadra di Mendilibar ha uno spiccato DNA basco nello stile di gioco: punta a rimanere in Liga attraverso un calcio diretto, aggressivo e fisico, contendendo ogni duello aereo e provando a capitalizzare le poche palle gol a disposizione ogni volta. È una squadra operaia che vuole rendere la vita difficile a chiunque deve andare a giocare nel piccolo Ipurúa.
Belgio - Il meglio della Jupiler League
di Alessandro Piccolo (@ale_mitro45)
1. La squadra migliore: Oostende
Difficile ipotizzare un inizio migliore: 13 punti in 6 partite e primo posto indiscusso in classifica. Il merito è di una società in grado di rinnovare la squadra con cura, e di metterla in mano a un allenatore preparato come Yves Vanderhaeghe.
Il suo 4-2-3-1 è costruito per coprire la maggior porzione di campo possibile: il fraseggio a centrocampo tra i due mediani e il trequartista permette di trovare gli spazi per le incursioni degli esterni che stanno sempre molto larghi. Questo sistema ha funzionato non solo contro le squadre minori, ma anche contro una squadra già ben rodata e forte come l’Anderlecht, che ha subito tutti i punti di forza dell’Oostende. Anche in questo caso gli uomini fondamentali sono stati gli esterni: Musona, autore di una doppietta e Cyriac. Proprio lui che, ai tempi dello Standard Liegi, era considerato un prospetto da top club europeo, ma che nel suo passaggio all’Anderlecht non è riuscito a confermarsi ed è adesso approdato all’Oostende in una campagna che ha visto rinforzarsi il club praticamente in ogni ruolo.
Ma Cyriac non è il solo ex-Anderlecht che può fare le fortune del club: Vanderhaeghe può infatti contare anche sul talento e la tecnica del brasiliano Fernando Canesin. Potrebbero facilmente essere loro la sorpresa del campionato: per il momento sono certamente la squadra più in forma.
2. Il miglior giocatore: Ruud Vormer (Bruges)
Sta iniziando finalmente a trovare continuità e la sua importanza nel centrocampo del Bruges comincia a farsi sentire. È uno dei centrocampisti più sottovalutati della Jupiler League: in quest’ultimo mese ha segnato due gol e servito due assist ai compagni.
Affiancato a un regista del livello di Victor Vázquez, ex canterano del Barcellona e attualmente pedina fondamentale del centrocampo di Preud’homme, può liberarsi di tante pressioni in fase di costruzione e diventare così importante non solo in fase offensiva, ma anche in quella di interdizione. Dovesse continuare così, l’olandese potrebbe conquistarsi anche un posto in Nazionale, dimostrando che il talento di cui si parlava ai tempi del Roda non è stato del tutto sprecato.
3. Il miglior gol: Sint-Truiden - Bruges 2-1 (Edmilson Jr 74’)
Dopo 6 giornate, di bei gol ne abbiamo visti tanti. A partire da quello di Tielemans alla prima contro il Waasland Beveren, fino ad arrivare a quello di Oulare nella pesante vittoria del Bruges contro lo Standard Liegi. Ne ho scelto uno che mi ha stupito non solo per la leggerezza con il quale è stato segnato, ma anche per l’importanza del contesto.
Alla prima giornata, i neopromossi del Sint-Truiden, uno dei club della famiglia Duchâtelet, incontrano in casa il già rodato Bruges di Preud’homme. Apparentemente sembrerebbe un match già segnato. Da una parte le stelle del club di Bruges, che hanno centrato i quarti in Europa League, dall’altra una squadra ricca di giovani sulla quale pesa l’unica pressione di avere in panca un allenatore molto promettente come Yannick Ferrera. La partita inizia a ritmi piuttosto lenti, ma al 28’, con De Sutter, i nerazzurri passano in vantaggio. Da questo momento in poi, è il Sint-Truiden a dominare: fraseggio veloce a centrocampo, triangolazioni di prima e schemi innovativi che i giocatori eseguono in automatico.
I padroni di casa vanno negli spogliatoi in svantaggio, ma nella ripresa, come se avessero passato il quarto d’ora di intervallo sotto carica, iniziano subito controllando il pallone. E arriva così, su errore del portiere, il gol del pari firmato Rúben Fernandes. Un pareggio contro il Bruges potrebbe già essere un grande risultato per una squadra che si appresta a esordire nella massima serie belga, eppure gli uomini di Ferrera non si accontentano. Arriva così il 2-1. Al 74’ Edmilson Jr, giovane trequartista di grande tecnica e acconciatura, riceve palla sulla sinistra; la controlla con un tocco e alza la testa verso la porta, dopo un secondo tocco fa partire una strana traiettoria che finisce sotto la traversa.
MLS - Lo stato dell’arte
di Fabrizio Gabrielli (@conversedijulio)
La MLS 2015, l’edizione del ventennale che avrebbe dovuto sancire la definitiva affermazione del soccer negli Stati Uniti, si trova a un punto abbastanza avanzato del suo svolgimento: si può anzi dire che ci si stia ormai avviando verso la fine della regular season. Sono stati già giocati più di 250 match, e segnati 730 gol, una media di quasi tre a partita.
Il calcio è un’altra cosa degli States che, come i deli e le luci, non chiude mai. Mentre noialtri nella vetusta Europa annegavamo l’astinenza da pallone con party e partite in spiaggia, l’operoso calcio yankee giocava un campionato contemporaneamente a una competizione continentale (la Gold Cup, o Copa de Oro se preferite), senza soluzione di continuità.
Never stop. Neppure nel Giorno dell’Indipendenza. (Ma quelli che cantano l’inno a cappella a Los Angeles sono i Boyz 2 Men?!?).
Il suo giro di boa, se così si può dire, la MLS lo ha compiuto (ognuno per sé) in una delle settimane comprese tra l’esultanza del Cile per la vittoria in Copa América e l’inizio dei ritiri delle squadre della Serie A. Il meccanismo della MLS è qualcosa per cui l’arrivo al check point di metà campionato, infatti, non è un concetto ecumenico—non ci sono volate—, ma personalistico.
Eastern Conference
Chi sperava di vedere i newcomers del New York City Football Club ammazzare il campionato probabilmente nutriva troppa fiducia nell’efficacia del calcio in provetta: a oggi i Citizens newyorkesi galleggiano al penultimo posto, ben sotto l’asticella che sancisce l’accesso ai playoff (dal terzo al sesto posto in classifica), anche se la graduatoria è corta come la giornata di un businessman di Manhattan e ribaltarla sembra qualcosa di facile e rapido come una traversata del Ponte di Verrazzano. Sulla costa atlantica in testa alla classifica c’è il D.C. United, il club di proprietà del presidente dell’Inter Thohir, anche se in proiezione (a due punti dalla vetta, ma con tre gare in meno della squadra della capitale) sono i New York Red Bulls a essere lanciatissimi verso il traguardo della vittoria di Conference.
Il #DerbyDiNewYork è praticamente l’unico hashtag che ci ha tenuto vivo l’interesse per la MLS negli ultimi mesi. Ingenerosamente? Non lo so. L’ultimo se lo sono aggiudicati i NYRB, al termine di una partita vivace starring tra un montoliviano McNamanara e un inarrestabile Sacha Kljestan.
L’intera classifica è racchiusa in diciassette punti, che si riducono a quattro tra sesta e decima posizione. Nella Eastern Conference sono arrivati, nelle ultime settimane, Lampard e Pirlo a NY, Drogba a Montréal, il mio pupillo Herculez Gómez a Toronto per formare un trio interessante con un rinato Giovinco e Jozy Altidore: cercate uno streaming stabile, piazzatevi Jay-Z nelle orecchie e godetevi le prossime settimane, se accettate un consiglio.
Western Conference
Negli occhi della tigre dei giocatori di Los Angeles mentre alzavano al cielo la loro quinta MLS Cup era chiaro già dal dicembre scorso che l’addio di Landon Donovan avrebbe inciso il giusto su ambizioni e verosimiglianza di successo, one more time, dei Galaxy. I losangelini hanno sopperito all’abbandono del leggendario bomber con l’esplosione ormai definitiva di Gyasi Zardes, e poi sono arrivati Steven Gerrard nonché quell’uragano di delizia di Giovani dos Santos.
Nella rievocazione in chiave calcistica della più celebre diatriba dell’hip hop mondiale i Bad Boys di NYC sono caduti prigionieri della Death Row di LA. 5-1 senza possibilità d’appello né vendetta. Due reti di Robbie Keane, ormai il più hollywoodiano dei calciatori della MLS, e due di Gee-o, una specie di Suge Knight ma più messicano.
I Sounders di Seattle, dominatori di Conference negli ultimi due anni, sembrano aver un po’ smarrito lo slancio che DeAndre Yedlin sapeva dargli sulla fascia, e l’ingaggio del paraguaiano un po’ sotto naftalina Haedo Valdez sembra il canto del cigno di una squadra che surfa sull’onda scemante del successo e dell’hype.
Se dovessi spendere un euro sull’outsider dell’ultimo scorcio di regular lo punterei sullo Sporting Kansas City di Zusi e del talentuoso Jordi Quintillà, in serie positiva da cinque partite prima di incappare nella Waterloo casalinga contro i San Jose Earthquakes: tifo per loro perché il Missouri che approda sul tetto d’America è un’immagine molto poetica, dopotutto.
Vero exploit? Non del tutto
Ma l’hype attorno alla MLS è davvero cresciuto? Nel campionato 2014 (tra regular e play-off) il totale degli spettatori ammontava a circa un milione di persone in più rispetto a quello odierno, nel quale devono però disputarsi ancora almeno una trentina di partite: se la media spettatori fosse quella del D.C. United, primo in classifica ma ultimo nel ranking del numero medio di spettatori, la stagione 2014 verrebbe almeno eguagliata.
L’innalzamento qualitativo è evidente, anche se i giocatori che ci verrà voglia di seguire nei prossimi mesi, oltre a quelli già citati, sono pur sempre Barnetta, Shaun Wright-Phillips, Cirigliano e Iraola, vale a dire vecchie glorie, ex giovani promettenti, uomini che si reinventeranno in una maniera o nell’altra in terra yankee. Diventare un campionato bello, oltre che credibile e rispettabile, è una strada irta di pericoli, che richiede pazienza e non sempre conduce a sicuro successo. Anche nella Terra delle Grandi Opportunità.
Francia - La disgrazia di Fekir
di Emanuele Atturo (@Perelaa)
Prima dell’inizio della stagione ci chiedevamo se il PSG avrebbe giocato un campionato a parte. Queste prime giornate hanno risposto con un SÌ pesante come i piloni della Tour Eiffel. I parigini sono primi con 12 punti: 4 vittorie su 4 partite, 7 gol segnati e zero subiti. Tra la prima giornata e la seconda è arrivato anche Angel Di María, che già ha dimostrato di poter essere un notevole fattore di squilibrio, giocando contro il Monaco come se fosse sceso di categoria (Monaco che deve ricostruire un'identità persa nel calciomercato).
La notizia più grossa (e triste) di questo inizio di Ligue 1 è però l’avvio non banale di Nabil Fekir. Il talento del Lione ha riportato la rottura del legamento crociato del ginocchio destro durante l’amichevole vinta dalla Francia sul Portogallo. A dare un sapore ancora più malinconico all’infortunio, l’ultima prestazione di Fekir in Ligue 1, che mostrava un giocatore in grado di consacrarsi su livelli ancora maggiori a quelli che avevamo immaginato per lui lo scorso anno.
Nell’ultimo turno di campionato Fekir ha distrutto da solo il Caen, segnando 3 gol e offrendo una serie di giocate sontuose. Rivedendo la partita, il talento francese avrebbe potuto rappresentare, da solo, un motivo valido per seguire ogni singola partita del Lione fino alla fine del campionato.
Fekir annienta il Caen
Dopo pochi minuti c’è una giocata apparentemente banale, ma in realtà significativa del tipo di presenza espressa da Nabil Fekir su un campo da calcio. Gli arriva un rilancio del portiere su cui si trova ad affrontare tutta la difesa del Caen, per di più in svantaggio di qualche metro sul difensore. Lo recupera e si piazza davanti col fisico, poi controlla la sfera e si rigira magneticamente verso la porta. Punta le gambe con una forza spaventosa e inizia a fare perno sul difensore. Fekir, con gambe e sedere, potrebbe resistere alla pressione di un golem,a una libreria di castagno piena di enciclopedie universali che gli crolla addosso.
Nella gif ho censurato il passaggio orizzontale sbagliato. Ma davvero importa qualcosa?
Fekir non è di quei giocatori totalmente impigriti sul piede invertito: quando sulla sinistra può puntare l’esterno sul piede forte riesce a portare quel livello di minaccia che sembra appartenere ai calciatori di prima fascia. Come tutti i giocatori che abbinano enorme potenza fisica, tecnica raffinata e velocità, Fekir sembra sempre fare un grande sforzo per non fare qualcosa di estremamente sgraziato o ridicolo. Ma in realtà è solo che non siamo abituati a vedere cose del genere:
Il primo gol contro il Caen.
Nel secondo gol recupera 10 metri in velocità al difensore, e lo costringe di nuovo all’uno-contro-uno dentro l’area. Il tiro che si costruisce dopo non ha molta logica. Nel senso che alla fine la palla gli rimane davvero troppo indietro, e solo un istinto naturale nel vedere gli spazi gli permette un colpo simile:
Il secondo gol.
Nella terza rete riceve un bell’assist di Valbuena. Poi timbra il cartellino con uno scarico semplice in porta, ma è difficile non notare la velocità impressionante con cui sgambetta per preparare al meglio il sinistro lasciando scorrere il pallone.
La prima tripletta di Fekir ha incorniciato la sua migliore prestazione in carriera. Il giocatore che a 22 anni si trovava in una traiettoria di ascesa di cui non si vedevano i limiti, quattro giorni dopo si è infortunato e resterà fuori per almeno 6 mesi. Persino gli Europei casalinghi di fine anno sono a rischio. Esiste un evento più triste e disgraziato in questo inizio di stagione europea?
Turchia - Le squadre più convincenti
di Bruno Bottaro (@br1bottaro)
1. Trabzonspor
Per capire bene cos'è successo con la vittoria del Trabzonspor sul Besiktas di sabato 22 (data destinata a rimanere nella memoria dei tifosi del Trabzonspor come ogni volta che Istanbul viene conquistata) è necessario fare un passo indietro, al giorno in cui il Besiktas lascia partire l'allenatore Slaven Bilic, direzione Londra (West Ham), per scegliere Senol Gunes. L'uomo che portò la Turchia in semifinale al Mondiale 2002, un autentico maestro del gioco offensivo, straordinario nel concedere spazio ai giovani talenti (ad esempio: il nuovo astro del calcio turco, Ozan Tufan, è stato plasmato dalle sue mani). Gunes allena per la prima volta una delle tre grandi di Istanbul, e non una a caso. Per fare un esempio: la tifoseria del Besiktas è finita a processo per tentata eversione (un'accusa equivalente a quella di aver tentato un colpo di stato) per aver assaltato gli edifici governativi del Dolmabahçe, durante le proteste di Gezi Parki. Il Besiktas rappresenta la classe operaia della città, laddove la parte più glamour della Istanbul asiatica è incarnata dal Fenerbahçe e in Europa troneggia il Galatasaray con il suo liceo e la grandeur giallorossa che ha portato la società ad acquistare addirittura un'isola sul Bosforo.
Per il big match Senol Gunes, ex allenatore proprio del Trabzonspor, ha lasciato in panchina nuovamente Mario Gómez, mandando in campo Cenk Tosun, l'attaccante arrivato dal sud-est turco e iper-tifoso del Besiktas sin da bambino. Besiktas - Trabzonspor è stata la partita del mese: sono andati in vantaggio gli ospiti, con un sinistro preciso di Yusuf Erdogan (l'assist è di Dame N'Doye, ex Copenhagen, Lokomotiv e Hull City, un nuovo arrivato di cui probabilmente sentiremo ancora parlare), ma la partita è esplosa nel secondo tempo, grazie al nuovo idolo della tifoseria bianconera (un anarchico amato da anarchici), Ricardo Quaresma, che si è inventato un gol impossibile.
Ma il calcio è pazzo e Quaresma ancor di più: quando l'arbitro gli ha intimato di stare fermo e di non battere una punizione, lui ha fatto il contrario. Seconda ammonizione, cartellino rosso: Besiktas in 10, ma con la voglia di portare a casa un match che sembrava alla portata. Invece no, perché lo svedese Erkan Zengin ha trovato una sassata dal limite dell'area: oltre 110 km/h, nulla da fare.
Il Trabzonspor ha espugnato Istanbul con grande stile, poi ha pareggiato con l'Akhisar Belediyespor, ma è rimasto in testa alla classifica.
2. Kasimpasa
Se in Italia abbiamo il ChievoVerona, la Turchia ha qualcosa di simile nel Kasimpasa: un piccolo quartiere a pochi passi dalla Torre di Galata, affacciato sul Corno d'Oro, che riesce quasi per caso a trovare la promozione nella massima serie turca. L'esordio è stato da record: la prima annata il Kasimpasa è partito alla grande, restando addirittura in testa per diverse giornate. E dopo alcune stagioni è ancora lì, sorprendentemente nei primi posti del tabellone. Ora però questa storia apparentemente romantica ha un retroscena politico rilevante: Kasimpasa è il quartiere in cui è nato Recep Tayyip Erdogan, attuale presidente della repubblica turca. Il suo intervento nella crescita del club degli ultimi 10 anni è ormai evidente, tanto che il grazioso impianto che per miracolo si erge tra le case sulle colline iper-costruite della Istanbul europea è stato intitolato proprio a lui.
Il "Chievo turco" ha quindi un'impronta ben diversa da quello italiano, e non ha ancora una tifoseria così numerosa come quelle degli altri club della città. Dopo un'annata di transizione in cui ha lasciato il maestro Shota Arveladze, ex attaccante di Ajax e Trabzonspor che si è scoperto ottimo allenatore proprio tra le case di Kasimpasa, ora sulla panchina siede Riza Calimbay, ex Besiktas che l'anno scorso portò il neopromosso Mersin al settimo posto senza soldi né stadio. Gli Apache (questo il soprannome dei bianco-blu di Kasimpasa) hanno ritrovato il ritmo dei primi anni in Super Lig, oltre che un'inaspettata solidità difensiva. La sconfitta con il Gençlerbirligi ha riportato sulla terra gli Apache? Non proprio, il pasa resta una realtà da tenere d'occhio. A ridosso delle "big", un piccolo quartiere continua a sognare in grande.
3. Antalya
Se n'è parlato molto, forse persino straparlato: l'Antalyaspor ha dominato il calciomercato turco, anche solo portando in Turchia un quarto degli obiettivi dichiarati. Eto'o è già rinato, con tre gol nelle prime due partite, ma non è l'unico elemento a brillare. Dejan Lazarevic, ex centrocampista del Chievo, sta affinando l'intesa proprio con Eto'o e con Emrah Bassan, talentuoso prodotto del luogo. Ma si sta facendo notare anche Mbilla Etame, passato dalla Serie B turca a essere partner di Eto'o. Soggezione? Macché, Etame ha piazzato il gol decisivo al Gençlerbirligi di Ankara e ha portato l'Antalyaspor al momentaneo primo posto. Poi una doccia fredda di nome Fenerbahçe: doppietta di Nani, battuto l'Antalya al 97'. Perdere così a Istanbul è comunque sintomo di maturità: gli Scorpioni restano nei primi posti e vogliono combattere da outsider.
4. Le altre
Nonostante il primo posto in graduatoria, il Fenerbahçe resta un cantiere aperto, con giocatori che faticano a trovarsi. Più drammatica la situazione del Galatasaray campione, schiacciato in casa dall'Osmanlispor neopromosso. Qualche sorriso spunta dopo aver steso il Konyaspor, ma tutto ruota attorno alla forma di Wesley Sneijder. E il Bursaspor, che ha preso giocatori amati dai nerd calcistici come Luis Advíncula, Balazs Dzsudzsak e Isaac Cuenca? Tre sconfitte su tre, rimandato in attesa dello stadio a forma di coccodrillo, fiore all'occhiello di Bursa, che porterà grandi attenzioni sul club. In Turchia funziona così, il campionato è già un caos dopo tre settimane. Sulle orme della scorsa splendida stagione, in cui il titolo è stato deciso a un turno dal termine: sempre in bilico, la Super Lig è un affresco ancora indecifrabile.
Giappone - Il nuovo formato della J. League
di Daniele V. Morrone
La pausa per le Nazionali è arrivata proprio a metà del girone di ritorno in Giappone, ed è l’occasione giusta per parlare di come sta andando il nuovo formato della competizione, che ha esordito quest’anno. Per cercare di aumentare il bacino di tifo, che dopo anni di crescita a inizio Duemila sta attraversando un periodo di stagnazione, la J. League ha adottato un metodo unico al mondo per assegnare il titolo: la stagione viene divisa in due gironi esattamente come in Europa, poi però a fine stagione il titolo di campione nazionale viene assegnato attraverso un mini torneo a eliminazione diretta a cui partecipano 5 squadre, ovvero le 2 vincitrici dei gironi di andata e ritorno e le 3 prime squadre per numero di punti totalizzati nella stagione.
La prima classificata nella stagione regolare (che può corrispondere o meno alla vincitrice del girone di ritorno) accede direttamente alla finale, mentre le altre 4 si fronteggiano in gare di playoff per determinare l'altra finalista. Va detto che la scelta di questo sistema è stata criticata un po’ da tutti per essere inutilmente cervellotica, ma serviva una rivoluzione per attirare nuovi tifosi e sponsor. E i playoff in questo funzionano sempre in Giappone.
Si poteva anche introdurre un campionato parallelo di loghi.
C’è già stata quindi una squadra qualificata ai playoff come migliore del girone d’andata (gli Urawa Reds) mentre le altre quattro verosimilmente usciranno fuori tra le attuali prime sette in classifica, visto che tra i Kashima Antlers, quinti (e quindi ultimi in linea teorica a entrare ai PO), e gli Yokohama F. Marinos, settimi, ci sono solo quattro punti.
Proprio gli F. Marinos capitanati dall’eterno Nakamura sono in striscia vincente di quattro partite e nell’ultima giornata hanno distrutto per 4-0 gli Urawa Reds secondi in classifica e favoriti al titolo: non è detto che non riescano a compiere la rimonta per l’ultimo posto disponibile.
Yokohama vs. Urawa Reds: old but gold.
I candidati al titolo sono secondi in classifica a scapito dei Sanfrecce Hiroshima. La squadra di proprietà della Mazda sta stupendo tutti, riuscendo a rimanere competitiva dopo aver perso nel tempo tutti i pezzi pregiati dei due titoli consecutivi del 2012 e 2013. La ricetta vincente è spiegata dal mix offensivo nel tridente formato dall’esperto Sato, dal ragazzino cresciuto in casa Notsuda e dall’attaccante brasiliano Douglas, ovvero un reduce della squadra bicampione, un prodotto del vivaio e un investimento riuscito.
A completare le pretendenti ai playoff ci sono i campioni in carica dei Gamba Osaka e l’FC Tokyo dell’italiano Ficcadenti. I Gamba Osaka la scorsa stagione hanno vinto il titolo all’ultima giornata dopo una scalata in classifica di mesi (erano in zona retrocessione dopo 14 giornate!), concludendo poi una stagione storica con la vittoria in coppa. Ci sono tre elementi su tutti da segnalare nel Gamba: l’eterno regista e capitano Yasuhito Endo; la solita punta brasiliana (che stavolta si chiama Patric); l’attuale miglior giocatore della J. League, Takashi Usami, che dopo aver fallito in Europa da giovanissimo è tornato a casa e sembra davvero di un’altra categoria.
Essendo ancora in corsa nella Champions League asiatica (giocherà i quarti di finale contro una squadra coreana il 16 settembre) e con il Mondiale per Club in arrivo (che si giocherà in Giappone a dicembre) la squadra rischia però di patire dal punto di vista mentale i troppi impegni. Problema che non ha invece Ficcadenti, che dopo un anno per adattarsi alla realtà nipponica sta guidando la sua squadra al terzo posto in classifica nonostante la perdita della stella Yoshinori Muto, partito in estate per l’Europa.