«Guardare la tua squadra giocare come abbiamo fatto nel primo tempo è il sogno di ogni allenatore, nei primi 45 minuti abbiamo praticato un calcio perfetto». Carlo Ancelotti raramente si lascia andare all’enfasi, ma dopo aver visto la sua squadra giocare contro il Manchester United non si tiene. Era la semifinale di ritorno della Champions League 2006/07; il Milan aveva perso in casa dello United 3-2, tenuto a galla da un’iconica doppietta di Kakà, ma al ritorno si era imposto per 3-0. Una vittoria autoritaria che oggi ci dà la dimensione della forza europea dei rossoneri in quegli anni.
Quel doppio confronto è rimasto impresso nella memoria dei tifosi persino più della finale di Atene, ma oltre a essere uno dei punti più alti della storia rossonera, il doppio confronto contro il Manchester United rappresenta forse il picco della carriera di Kaká. Furono soprattutto quelle due partite a decretarlo il miglior giocatore del mondo, garantendogli il pallone d’oro del 2007. Il brasiliano era da anni nel gotha del calcio europeo, ma mai come nel corso di quella stagione il Milan fu così tanto dipendente da Kaká, con il trionfo contro il Manchester e il successo in Champions che divennero l’epilogo ideale. Vale la pena ricordare che, fino a quel momento, non aveva ancora vinto la massima competizione europea.
Il peso di Kaká nel Milan 2006-2007
Kaká, fin dal suo arrivo a Milano nel 2003, aveva rivoluzionato il ruolo del trequartista. Mentre l’idea del fantasista classico stava scomparendo, il brasiliano mostrò una nuova tipologia di rifinitore che agisce dietro le punte. Un giocatore estremamente diretto e dinamico, forse meno elegante e preciso nell’ultimo passaggio, ma incontenibile nelle corse e nei cambi di ritmo palla al piede. Kakà rappresentava una rottura particolarmente evidente nella scuola brasiliana, storicamente capace di forgiare soprattutto rifinitori dal gusto barocco, molto distanti dal minimalismo di Kaká. Con lui in campo, il Milan ha acquistato una capacità di ribaltare velocemente l’azione quasi unica tra i club di quel periodo. Appena recuperata palla, bastava servire Kaká tra le linee per creare una ripartenza potenzialmente pericolosa. Il brasiliano ha giocato quasi esclusivamente in due diversi moduli nel corso della sua avventura rossonera: a volte agì da unico trequartista dietro le punte nel 4-3-1-2, mentre in altri periodi Ancelotti schierò il doppio rifinitore nel 4-3-2-1.
Proprio quest’ultimo assetto tattico era l’undici tipo della stagione 2006-2007, una delle annate più particolari della storia milanista. Con la penalizzazione di 8 punti a causa di Calciopoli, i primi mesi erano stati estremamente tribolati: la partenza di Shevchenko fu una lacuna difficile da compensare per Ancelotti, anche a causa di numerosi acquisti sbagliati (Gourcouff e Ricardo Oliveira su tutti). L’unico nuovo innesto del Milan che vinse la Champions fu Massimo Oddo, arrivato solo a gennaio dalla Lazio. Condizionato da un’età media piuttosto elevata nella formazione titolare - che faceva presagire come quel ciclo straordinario fosse quasi ai titoli di coda -, il Milan 2006-2007 era una squadra discontinua. Tanti i passi falsi in campionato (69 punti senza contare la penalizzazione), compensati però da partite singole strabilianti, soprattutto in Europa, dove molti giocatori si trasformano. Come ha scritto Emanuele Mongiardo in un pezzo celebrativo sulla prestazione di Seedorf ai quarti contro il Bayern, quel Milan «poteva contare sull’intangibile DNA Champions, l’abitudine dei suoi giocatori migliori a interpretare le esigenze della competizione più schizofrenica in assoluto». Anche Ancelotti era consapevole della tendenza della squadra a dare il meglio di sè nelle partite europee, come avrebbe poi detto in conferenza dopo la gara contro il Manchester: «Penso che il Milan sia la squadra migliore in Europa in questo tipo di partite, raramente giochiamo una brutta prestazione a questo livello».
In quella stagione, i rossoneri giocano quasi sempre con il 4-3-2-1, il cosiddetto “Albero di natale”: Ambrosini torna titolare come mezzala sinistra per dare solidità alla squadra, con Seedorf che viene dirottato più avanti, vicino a Kaká e dietro a Inzaghi. Se il Milan di Ancelotti si è contraddistinto per un palleggio di qualità enorme, nella stagione 2006/07 la squadra è più diretta rispetto agli anni precedenti; meno dominante con la palla e più intenzionata ad arrivare in porta velocemente. Una strategia che si rivela l’abito ideale per il superbo stato psico-fisico di Kaká, in un anno di onnipotenza. Le sue progressioni superano una quantità impressionante di maglie rivali, che falliscono in modo spesso comico nel tentativo di contrastarlo. I gol e le azioni più iconiche di quel Milan sono quasi tutte inventate da Kaká . Il suo controllo orientato gli basta per guadagnare sempre un tempo di vantaggio sull’avversario.
Il secondo gol contro l’Anderlecht esprime bene questa sua qualità: se può partire in velocità e combinare con Cafu, è perché grazie al primo controllo porta via l’avversario con una facilità paurosa.
Il gol nei supplementari contro il Celtic, valso i quarti di Champions ai rossoneri, è un altro esempio di quanto il Milan dipendesse da lui. Ambrosini verticalizza per Kaká alle spalle del mediano scozzese, intorno al cerchio di centrocampo: resiste al contatto con l’avversario (che cade a terra) e si invola verso la porta. Nella corsa ha la lucidità di dribblare il difensore sul sinistro e concludere di precisione. È bastato servirlo tra le linee.
Anche al 3’ del primo tempo supplementare, il numero 22 mantiene resistenza e lucidità nella conduzione.
Nella sconfitta del match di andata Manchester United, Kaká aveva trascinato il Milan con una doppietta incredibile: iconico il secondo gol, in cui raggiunge una leggerezza immateriale mentre passa in mezzo a difensori troppo goffi per lui. In transizione, il brasiliano aveva seminato il panico, con corse e inserimenti incontrollabili per i Red Devils. Se il brasiliano era così letale nelle ripartenze, non dipendeva però solo dalle sue grandi doti tecniche e atletiche. Prima di tutto, Kaká aveva una grande sensibilità tattica nel leggere in quale zona del campo ricevere per poi puntare la porta (si muoveva tanto anche in orizzontale, decentrandosi spesso). E, ovviamente, aveva alle spalle una squadra in grado di esaltarlo: l’asse verticale Pirlo-Kaká funzionava alla grande, così come Seedorf assecondava bene i suoi movimenti grazie a un’intesa di alto livello (ne è un esempio l’assist del match di old Trafford). Tutti aspetti che si sono mostrati con chiarezza nel trionfo di San Siro contro lo United.
Un primo tempo perfetto
Le formazioni sono praticamente identiche al match di andata. Il Milan schiera il solito 4-3-2-1: Dida in porta, retroguardia composta da Oddo, Nesta, Kaladze e Jankulovski. Pirlo gioca davanti alla difesa, con Gattuso e Ambrosini mezzali, mentre in avanti Kaká e Seedorf agiscono alle spalle di Inzaghi (all’andata era invece sceso in campo Gilardino). Ferguson invece opta per un 4-3-3 che diventa una sorta di 4-2-1-3: mediana composta da Scholes e Carrick, mentre Fletcher fa il vertice alto del triangolo di centrocampo alle spalle di Ronaldo, Rooney e Giggs. In difesa, davanti a Van Der Saar, troviamo O’Shea, Brown, Vidic e Heinze.
Nonostante il Milan non disdegnasse partite di attesa e ripartenze, contro il Manchester United è riuscito a essere subito dominante in entrambe le fasi, schiacciando gli avversari per tutti i 45’. San Siro, picchiato da un’incessante pioggia, diventa subito un ambiente infernale per gli inglesi, che non riescono a porre alcuna contromisura all’intensità rossonera, dando la sensazione di essere sempre in inferiorità numerica. Il fatto che una squadra così fisica perda in continuazione le seconde palle la dice lunga sull’aggressività dei rossoneri. Già nei primissimi minuti si vede un’azione che sarà poi il principale pattern tattico del match: la facilità con cui il Milan sfonda al centro, con i mediani dello United che non riescono ad accorciare. Mentre i rossoneri costruiscono dal basso, Scholes esce in marcatura su Pirlo, ma nessun centrocampista inglese si preoccupa delle altre mezzali; Kaladze, (anche lui senza pressione), serve un liberissimo Gattuso, che può poi verticalizzare per Seedorf, il quale scarica su Kaká molto vicino a lui. Mentre Inzaghi gli crea lo spazio, il brasiliano corre verso la porta superando Vidic: sul successivo cross basso di Kaká, l’attaccante sfiora il contatto col pallone. Con una facilità disarmante il Milan è riuscito a bucare centralmente un avversario lungo e poco reattivo.
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Il Manchester United copre malissimo il centro, con Gattuso libero di ricevere e verticalizzare tra le linee per Seedorf e Kaká. Nelle ultime due slide, un’altra azione in cui il Milan trova facilmente i due fantasisti in zone interne, con lo United che difende male la propria zona di rifinitura. I due trequartisti combinano bene, con Kaká che allarga poi il gioco premiando la sovrapposizione di Oddo.
Osservando il match di Kaká si capisce la grandezza della partita dei rossoneri. Quel Milan era più essenziale rispetto agli anni precedenti, per riuscire a rendersi pericoloso chiedeva al brasiliano giocate dall’elevato tasso di difficoltà, anche in posizioni molto lontane dalla porta. Ma in quella partita non c’è mai la sensazione che debba forzare la giocata per creare occasioni. Il Milan riesce a servirlo con costanza in zone pericolose, alle spalle della pressione avversaria e fronte alla porta. Kaká sapeva anche defilarsi molto per ricevere palla, ma in quella partita mantiene una posizione centralissima, proprio perché il Milan - pur attaccando una difesa schierata - trova senza sosta spazio tra la mediana e la retroguardia del Manchester. Quando il brasiliano riceve, poi, ha tanti modi per rendersi pericoloso, premiando l’inserimento dei giocatori vicino oppure allargando il gioco su un Oddo inesauribile nelle sovrapposizioni. Se Kaká è messo nelle condizioni di essere letale tra le linee, è perché vicino a lui c’è una squadra fluida che manda fuori posizione l’avversario. Pur senza trovare la via della rete, Inzaghi è protagonista di una prestazione generosa, fatta di giocate di supporto preziose. A volte i suoi movimenti ad aggredire la profondità allungano la difesa, mentre in altre circostanze viene incontro per fare da sponda verso Kaká: quest’ultima situazione si rivela decisiva nei frangenti in cui i centrocampisti non possono verticalizzare direttamente sul numero 22.
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L’ottima intesa tra Inzaghi e Kaká quella sera. Nelle prime due slide, l'attaccante fa da parete verso il compagno. Nella terza slide, Kaká invece aggredisce la profondità liberando spazio per Inzaghi.
Il centrocampo rossonero disputa una partita sensazionale senza palla, con rotazioni posizionali che fanno venire gli incubi allo United. Si vedono tanti movimenti in verticale che tolgono riferimenti agli avversari. Soprattutto Pirlo si sgancia spesso in avanti, moltiplicando i riferimenti centrali e dilatando lo spazio di rifinitura per Seedorf e Kaká. In diverse azioni, il Milan è addirittura in superiorità numerica tra le linee, con i mediani del Manchester circondati da maglie rossonere e mandati così fuori posizione.
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Pirlo si inserisce molto di più rispetto a Gattuso e Ambrosini. I suoi movimenti tra le linee disorientano i mediani dello United, sempre presi ai fianchi, con il Milan che ha spesso la soluzione di passaggio verso Kaká e Seedorf.
Più ancora che la meravigliosa conclusione, nel gol di Kaká è bellissima la preparazione al tiro, che mostra come il Milan riesca a disordinare la struttura difensiva avversaria grazie a eccellenti movimenti combinati. Sul lancio lungo di Nesta, Kaká crea lo spazio per l’inserimento di Seedorf, mandando Vidic fuori posizione (mentre Brown si occupa di Inzaghi). L’olandese si infila con tempismo perfetto nel buco tra i due centrali difensivi; sulla sponda aerea di Seedorf, poi, Kaká va in gol con una sontuosa conclusione al volo di sinistro dal limite dell’area.
Seedorf si inserisce nello spazio creatosi prima ancora che Nesta calci. In questa situazione, il Milan legge con grande anticipo la giocata.
Anche nel secondo gol è significativa l’azione che porta al cross di Pirlo. Il Milan sporca la costruzione del Manchester United e recupera palla vicino la trequarti avversaria. Se i rossoneri sono riusciti ad avere un enorme predominio territoriale, i meriti sono di una fase di non possesso sublime. Anche senza marcature rigide, la squadra di Ancelotti ha stroncato l’inizio azione degli inglesi, che non sono mai riusciti a trovare soluzioni di passaggio per risalire il campo. I mediani dello United non sono mai stati liberi, né Vidic né Brown hanno avuto modo di verticalizzare su di loro; quando il gioco si allarga sui terzini, c’è sempre pronto qualche centrocampista del Milan a uscire (da segnalare un Pirlo che spesso accorciava su Heinze). Il Manchester non è sostanzialmente mai riuscito a uscire dal basso, con tanti lanci lunghi per le punte abbandonate a sé stesse. Nell’immaginario comune, è rimasta impressa la grande partita di Gattuso contro Cristiano Ronaldo, ma in generale è stata tutta la pressione del Milan ad annullare la manovra della squadra di Ferguson.
Kakà che corre
Le squadre cambiano l’approccio nel corso della ripresa. Gli inglesi riescono ad alzare il baricentro, con il Milan che a quel punto preferisce attendere nella propria metà campo in modo più passivo. Nella difesa di posizione, i rossoneri erano soliti schierarsi con il 4-4-1-1: Seedorf diventa quarto di centrocampista a sinistra, mentre Kaká resta più alto. Mantenere il brasiliano più avanzato quando il Milan si chiudeva dietro, senza sfiancarlo nei ripiegamenti, permetteva alla squadra di essere pericolosa nelle transizioni.
Ed è ciò che accade nel secondo tempo. Pur migliorando, i Red Devils non riescono a rendersi incisivi quanto Ferguson si augurava: al contrario, dopo ogni palla persa dagli inglesi, il Milan dà la sensazione di poter facilmente arrivare in porta. In questo, i meriti di Kaká sono palesi: le marcature preventive dello United sono disastrose, su moltissime ripartenze i rossoneri riescono a servire il liberissimo Kaká, che può puntare verso la porta senza pressione addosso.
A inizio secondo tempo, il numero 22 sfiora un gol incredibile in un’azione che mostra bene le difficoltà del Manchester nelle transizioni. Il Milan, schierato con il 4-4-2 nella propria metà campo, recupera un pallone in zone centrali del campo grazie a un bell’anticipo di Ambrosini. La palla arriva a un Kaká che, in totale solitudine, riceve alle spalle di Scholes e Carrick, con i difensori del Manchester che non accorciano. Il brasiliano può quindi correre verso la porta: appena entra dentro l’area, mette a sedere Vidic con una finta e tira di interno sinistro, costringendo Van Der Sar a superarsi. Evidenti le difficoltà dei Red Devils nella riconquista, sofferenze che poi culminano nel gol di Gilardino (entrato per Inzaghi) a pochi minuti dalla fine. Schierato con un’improbabile difesa a 3, il Manchester United si fa perforare con troppa facilità.
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L’occasione di Kaká a inizio ripresa. Milan che si difende con il 4-4-1-1, con Kaká quindi più avanzato del centrocampo. Quando i rossoneri verticalizzazioni su di lui, il brasiliano approfitta delle voragini concesse dagli avversari, letteralmente spaccati in due.
Questa partita esprime il talento di Kaká nella sua completezza. Nel primo tempo, si vede la grande sensibilità tattica del brasiliano quando il Milan attacca una difesa schierata. In quei frangenti, il brasiliano riesce sempre a farsi trovare tra le linee, leggendo bene gli spazi vicino a lui e connettendosi alla grande con i suoi compagni. Nella ripresa, quando il Milan si schiaccia, Kaká mostra sia leadership che straordinarie doti atletiche. In campo aperto, buca le linee avversarie con le sue celebri progressioni, scegliendo bene quando era il caso di andare dritto per dritto verso la porta e quando invece era meglio temporeggiare e far salire i compagni. Insomma, quando pensiamo a Kaká vengono in mente le sue straripanti qualità più appariscenti, ma non si sottolinea mai abbastanza quanto queste fossero accompagnate da un’intelligenza tattica fuori dal comune.
21 giorni dopo, il Milan vince la finale di Atene contro il Liverpool, prendendosi la rivincita dopo il dramma sportivo di Istanbul di due stagioni prima. Questi risultati porteranno Kaká ad aggiudicarsi il pallone d’oro del 2007, arrivando davanti a Cristiano Ronaldo, che a San Siro ha vissuto una delle peggiori sconfitte della propria carriera. La stagione 2007/08 coincide con l’inizio di un periodo difficile per il Milan, anche a causa di un’estate (quella del 2007) che non aveva portato al necessario rinnovamento di una rosa ormai logora. Questo immobilismo spiegherà in parte le difficoltà degli anni successivi. Quella stagione ha rappresentato quindi il canto del cigno di uno dei cicli più vincenti della storia del Milan, con Kaká che ha toccato probabilmente il picco della sua carriera, ottenendo quel trionfo internazionale che era ormai l’unica cosa che gli mancava.