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Emanuele Mongiardo

Calafiori ci ha ricordato cosa lo rende speciale

Contro la Juventus è stata quasi un'esibizione.

La partita tra Bologna-Juventus ieri rischiava di passare in secondo piano rispetto a tutto ciò che ruotava intorno all’incontro. Da una parte il saluto del Dall’Ara alla squadra che ha riportato la città in Europa dopo ventidue anni; dall’altra tutto il chiacchiericcio di mercato intorno a Thiago Motta, dato da diverse fonti come promesso sposo proprio della Juventus. E questo senza dimenticare il recente esonero di Allegri, ricordato sullo sfondo dai cori affettuosi del settore ospiti. Insomma, il campionato non sembrava avere nulla da chiedere a questa gara. Riccardo Calafiori, però, non la pensava in questo modo e prima di concludere la stagione ha pensato bene di salutarci con una prestazione talmente scintillante da assomigliare a una vera e propria esibizione.

 

Calafiori è stato una delle sorprese più grandi di questo campionato, quasi quanto il suo Bologna capace di qualificarsi in Champions League. Dopo l’infortunio al ginocchio subito nelle giovanili della Roma e l’epurazione da parte di Mourinho a seguito della sconfitta col Bodø/Glimt, aveva provato a ritrovare sé stesso al Basilea. Quest’estate, poi, il ritorno in Italia.

 

È difficile dire cosa si aspettasse la dirigenza del Bologna quando ha puntato su di lui. Calafiori, sulla carta, non si distanziava molto dai profili acquistati dai rossoblù in questi anni. Nelle ultime stagioni la società ha puntato su terzini e centrocampisti di grande spessore atletico. Calafiori era un terzino sinistro con buone qualità in conduzione e col suo metro e ottantotto d’altezza poteva anche garantire solidità nei duelli aerei. In Svizzera aveva anche giocato da terzo centrale, per cui avrebbe potuto fornire una certa duttilità. Insomma, era un acquisto sensato, ma chissà se davvero qualcuno pensava che avrebbe potuto fare la differenza in questo modo.

 

Da quando si è imposto come una delle rivelazioni della Serie A, inevitabilmente si è iniziato a parlare di Calafiori in chiave mercato. Non si conosce ancora il suo futuro, ma ciò che è certo è la presenza di una clausola grazie alla quale il Basilea otterrà il 40% di un’eventuale cessione del Bologna. Quasi la metà del denaro, insomma, finirà agli svizzeri. Un dato che può essere interpretato in vari modi: magari il Bologna non si aspettava un’esplosione così fragorosa, e quindi ha accettato condizioni del genere. O, al contrario, era così convinta di puntare sul giocatore da accettare persino di perdere il 40% di una futura cessione pur di poterlo avere in squadra quest’anno.

 

In ogni caso sono solo congetture. Ciò che resta è la realtà del campo, dove Calafiori, col suo rendimento, probabilmente costringerà Spalletti a convocarlo per gli Europei nonostante in questi mesi non lo abbia mai sperimentato in Nazionale. In un’intervista, l’ex difensore della Roma ha parlato del passaggio da terzino a centrale e di come quell’idea avesse ronzato da subito nella testa di Thiago Motta. «Il passaggio da terzino a difensore centrale è avvenuto per necessità, però dal primo giorno a Bologna ho parlato con Thiago Motta e lui mi ha subito detto che mi vedeva anche al centro della difesa».

 

La Serie A è un campionato che da anni ricicla i terzini da difensori centrali. Merito della scuola di Gasperini, il quale già ai tempi del Genoa, in riferimento a Luca Antonini e Giovanni Marchese, aveva spiegato come mai gli capitasse spesso di sperimentare questo cambio di ruolo: «Gli ex terzini sono migliori nell’impostazione, hanno l’anticipo, sono più bravi nelle uscite».

 

Sono esattamente i motivi che hanno permesso a Thiago Motta di convertire il suo numero trentatré in un centrale. A Calafiori era già capitato di giocare da difensore, ma in una linea a tre, che di solito permette di essere aggressivi per via della presenza di un uomo in più a fornire copertura. Thiago Motta, però, voleva invitare i suoi centrali a orientarsi in maniera forte sull’uomo e a uscire in avanti anche con una linea a quattro. Ecco perché ha insistito su quella scelta. «Io gli ho detto che lo avevo fatto già in passato, però in una difesa a tre. Lui mi ha rassicurato, dicendo che cambiava poco tra difesa a tre e a quattro. Io mi sono fidato».

 

Quel modo di difendere è stato la base che ha permesso a Calafiori di affermarsi come centrale, perché ha dimostrato di non soffrire nella difesa pura. Ad esempio, secondo Statsbomb tra i giocatori con almeno 1200 minuti è il secondo difensore centrale dopo Buongiorno per intercetti riusciti in proporzione al volume di possesso della sua squadra (3,12) e il quinto, tra i pari ruolo, per percentuale di duelli aerei vinti (76%). Il Bologna rende scomodo il possesso avversario già dal pressing alto, poi sta a Calafiori imporsi sull’attaccante girato di spalle. In più, ha una discreta corsa in campo aperto: non avrà grandi picchi di velocità, ma rispetto agli altri difensori italiani ha un passo migliore e in generale una migliore mobilità.

 

Se la prestazione di Calafiori di ieri è rimasta negli occhi degli spettatori, però, è soprattutto grazie alle sue qualità col pallone, di cui la partita con la Juventus è stata una summa. I due gol, in questo senso, sono nient’altro che il coronamento della sua prestazione, fatta di qualità tecnica e utilità tattica per il Bologna.

 

Calafiori è un buon passatore, abile a trovare tracce in diagonale ma anche ad alzare il pallone per i cambi gioco, ma sa essere determinante anche nell’ultimo terzo di campo. Il difensore del Bologna riesce a condurre con freddezza anche in zone profonde. Il modo in cui porta palla è un lascito del passato da terzino, ma aver cambiato posizione ha potenziato questa sua qualità. Da terzino, infatti, aveva la fascia a limitarlo nelle scelte. Dal centro, invece, diventa più difficile da pressare per gli avversari e può trovare più facilmente i canali in cui condurre.

 

All’ottavo minuto, ad esempio, si ritrova in possesso nella metà campo bianconera e si accorge che tra Rabiot e Locatelli vi è un corridoio in cui portare palla. Calafiori allora parte in conduzione.

 

 

Per manipolare la postura degli avversari finge di andare verso Rabiot, che si dispone perpendicolare verso di lui, negandogli la possibilità di condurre ulteriormente verso il centro (che è quello che Rabiot pensa che voglia fare) ma lasciandogli aperta la possibilità di sterzare in verticale (Rabiot non pensa che Calafiori possa prendere quella strada, perché è la più complicata).

 

 

All’improvviso, però, Calafiori spezza la corsa e va in verticale in uno spazio che a quel punto Rabiot non può più difendere.

 

 

Arrivato sul limite dell’area aspetta l’ultimo istante utile per scaricare il pallone: conduce fino a tirare fuori posizione Bremer e solo allora la passa a Aebischer, che grazie alla sua giocata ha più tempo per preparare la conduzione. Danilo infatti è dovuto rimanere basso per dare copertura a Bremer e ha lo sguardo rivolto proprio su Calafiori.

 

 

Se di difensori abili in conduzione siamo abituati a vederne sempre di più, l’aspetto in cui Calafiori – e anche i suoi colleghi, Lucumi e Beukema – rappresenta una novità è la possibilità di ricevere palla da mediano. Nelle partite del Bologna capita spesso di vedere i difensori alzarsi al fianco di Freuler. Un tipo di movimento ispirato probabilmente dal Manchester City di Guardiola e che ha portato Calafiori a dire: «Lo stile di gioco che mi si avvicina di più è quello di Stones, però non decido da solo di andare a giocare a centrocampo: sono tutti dettami del Mister».

 

Fare quel tipo di movimento non porta in automatico ad un vantaggio se il difensore che lo esegue non sa adattarsi alla nuova posizione. Occorre innanzitutto saper leggere il momento in cui salire, in modo da dare una linea di passaggio, e dopodiché bisogna essere pronti a ricevere in condizioni più scomode, perché spesso ci si deve orientare spalle alla porta o rivolti di taglio. Calafiori padroneggia tutto ciò come se fosse nato per eseguire quel tipo di movimento.

 

Alla mezz’ora, ad esempio, dalla posizione di difensore scarica sull’altro centrale Lucumi. Siccome sa che Vlahović salirà in pressing sul colombiano e che la Juve userà lo stesso Vlahović e Chiesa per pressare lui e Lucumi in parità numerica, allora si alza alle spalle del serbo mentre quest’ultimo va in pressing.

 

 

Lucumi apre per il terzino destro Posch e intanto Calafiori, dalla posizione di mediano, stringe verso il lato palla dando una linea di passaggio pulita al difensore austriaco: Chiesa non si è abbassato per seguirlo, mentre i centrocampisti della Juve erano troppo bassi, e di conseguenza Calafiori è libero. Il primo controllo è già rivolto in avanti e così il difensore rossoblu col suo movimento ha dato un’uscita ordinata alla sua squadra.

 

 

La 2023/24 è stata la stagione in cui in Serie A le squadre che si sono prese la copertina, Inter e Bologna, si sono dimostrate capaci di interpretare gli spazi in maniera dinamica. “Llegar y no estar” come dicono gli ispanofoni, muoversi verso gli spazi liberi e non occuparli in maniera statica. Calafiori, Dimarco, Bastoni, Pavard sono tutti interpreti di questo paradigma in cui ai centrali, all’interno di un’idea prestabilita, viene dato il compito di avanzare per sparigliare gli schieramenti difensivi avversari. Un calcio in cui diventano, insomma, la prima, se non principale, fonte di imprevedibilità.

 

Questi sono gli aspetti più vistosi del contributo di Calafiori con la palla. Poi ci sono i dettagli meno evidenti ma che fanno comunque la differenza. La postura al momento di ricevere, ad esempio, per preparare la conduzione in base alla direzione in cui verrà pressato. Oppure la compostezza con cui, come è successo un paio di volte ieri sera, si gira appoggiandosi all’avversario per proteggere palla e tornare indietro quando si ritrova sulla fascia. Da non trascurare, poi, il fatto che abbia discreta confidenza con il piede debole, il destro, con cui si è inventato il pallonetto del momentaneo 3-0.

 

La ciliegina sulla torta della sua partita, un’azione in cui ha concentrato tutto il meglio del proprio repertorio. Prima il tempismo con cui decide di seguire Vlahovic e di scommettere sull’intercetto, allargando il piede sinistro per catturare l’apertura del serbo verso la fascia (un intervento rischioso, perché avrebbe potuto lasciare il centro scoperto, ma ben riuscito). Poi la scelta di accompagnare l’azione correndo in avanti. Infine, la freddezza nel saltare il portiere con uno scavino.

 

 

Le prossime settimane saranno cruciali per la carriera di Calafiori. Dovrà decidere se rimanere a Bologna e in ogni caso di mezzo ci sarà l’Europeo: sappiamo quanto le competizioni internazionali possano incidere nella valutazione dei giocatori. Indipendentemente dalla sua prossima squadra, che sia ancora il Bologna o meno, dall’anno prossimo Calafiori sarà chiamato ad alzare ulteriormente il livello per affrontare avversari di spessore internazionale. Il difensore del Bologna dovrà affilare ancora di più le sue scelte per sostenere uno stile di gioco tanto rischioso e qualora giocasse in un sistema difensivo più ortodosso di quello di Thiago Motta dovrebbe adattarsi ad altri principi: a differenza degli altri difensori esplosi con le marcature a uomo, Calafiori sembra godere di una mobilità migliore nei movimenti laterali e in profondità, e sembra avere anche la concentrazione giusta per guardare di più la palla.

 

Per il resto, come dimostra Bologna-Juventus, le qualità col pallone sono già quelle di un difensore di primo livello.

 

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Emanuele Mongiardo nasce a Catanzaro nel 1997. Scrive di calcio su "Fuori dagli schemi" e di rap su "Four Domino".