Come arriva il Real Madrid
di Emiliano Battazzi
La squadra campione del Mondo per club non è una certezza: è imprevedibile, sa fare tutto benissimo ma niente con costanza. A parte una cosa, vincere: e non è solo una questione di personalità dei singoli. Il Real Madrid è una squadra che si adatta agli umori della partita e dell’avversario; può essere sbadato, trionfale, comico ed estatico nel corso degli stessi 90 minuti. Tutte caratteristiche che lo rendono un degno candidato all’impresa del nuovo millennio: vincere la Champions League per due anni di fila. Bisogna essere forti, per farcela, certo. Ma forse soprattutto folli.
Nessuno ci è mai riuscito finora, per vari motivi: ad esempio il grande logoramento fisico dovuto a una stagione piena di impegni ufficiali, dalla Supercoppa Europea già il 9 agosto, ma soprattutto dovuto all’impegno nel Mondiale per Club. Nessuno è mai arrivato in grande forma, sul rettilineo finale: l’anno scorso il Barça eliminato ai quarti, due anni prima proprio il Real si fermò in semifinale, come il Bayern tre anni fa.
Quella con il Bayern, appunto, è una grande sfida della tradizione “merengue”: tre stagioni fa fu un trionfo, forse il capolavoro di Ancelotti alla Casa Blanca. Ma adesso che Ancelotti torna da avversario, è alla panchina di Zidane che tutti guarderanno: 15 mesi e 3 trofei dopo, ancora non conosciamo bene possibilità e limiti dell’allenatore francese. Il confronto con il suo mentore, di cui fu vice per una stagione, è particolarmente intrigante perché questo Real sembra una versione prolungata di quello di Ancelotti, ma flessibile fino allo stato liquido.
Il 2017 dei “merengues” è ancora indecifrabile: 3 sconfitte in 21 partite, ben 26 gol subiti, l’eliminazione in semifinale di Coppa del Re contro il Celta Vigo; ma anche il primo posto in campionato, le due vittorie contro il Napoli negli ottavi di Champions, la capacità di riprendere partite già finite.
Quando il Real recupera palla nella metà campo avversaria, la transizione può essere devastante.
Entrare e uscire dalle partite
Se c’è una caratteristica specifica di questa squadra, in effetti, è la capacità di saper ribaltare l’inerzia. Negli ultimi 4 mesi, il Real ha rimontato e vinto contro il Deportivo negli ultimi 6 minuti; rimontato due gol al Siviglia negli ultimi 7 minuti nel pareggio di Coppa del Re; rimontato due gol e poi vinto contro il Villarreal in 20 minuti; ripreso due gol al Las Palmas e pareggiato negli ultimi 4 minuti di gioco; rimontato e vinto contro il Betis; rimontato e vinto sia all’andata che al ritorno contro il Napoli. Quasi come se il Real avesse bisogno di concedere l’handicap all’avversario per accendere la tensione competitiva: l’altro lato della medaglia è che non è mai davvero in controllo della partita. Da dicembre a oggi i Blancos hanno incassato due gol di fila, entro una distanza massima di 8 minuti l’uno dall’altro, in ben otto occasioni: e quasi sempre quando era in vantaggio.
Entrare e uscire dalle partite con la nonchalance del Real Madrid è un’abilità ai limiti dell’impossibile, perché presume l’assoluta irrilevanza dell’avversario. Non c’è piano gara che possa davvero bloccare gli spagnoli: almeno finora. Il Real è come un grande surfista che affronta sempre onde complicate: e fino a quando non esce dal tubo, pensi sempre che non ci riesca. E invece alla fine ce la fa, esce un po’ bagnato dall’onda, ma trionfante.
Il Real che manda in tilt l’Atletico con la pressione alta in zona della palla, strano ma vero.
Nel derby contro l’Atletico Madrid, l’altalena merengue è apparsa in tutta la sua interezza. Il Real ha controllato il gioco per quasi 75 minuti, mettendo in crisi l’avversario persino a livello di intensità: era riuscito cioè a interpretare bene un nuovo difficile registro. Dopo l’uscita di Pepe (due costole rotte) e l’ingresso di Nacho, gli uomini di Zidane si sono afflosciati, senza alcun motivo valido, e oltre a subire il pareggio sono sembrati persino in tilt in alcuni momenti. A metterci del suo è stato proprio Zidane, con l’inserimento di Isco al posto di Kroos, alterando gli equilibri di centrocampo e isolando Casemiro, che sembra tirato a lucido per il finale di stagione.
Con i cambi di Zidane il centrocampo si disordina: Casemiro va a sinistra, lasciando Modric al centro, che però non copre lo spazio alle sue spalle e permette a Correa di ricevere. Poi Nacho e Carvajal non riescono a chiudere Griezmann.
Carenze difensive
Con l’ennesima lesione muscolare di Varane e l’infortunio di Pepe, il Real si ritrova con solo due centrali difensivi in questo momento cruciale della Champions: Ramos e Nacho. Una coppia che non sembra ben assortita, e forse è anche un po’ sbadata, con il capitano dei Blancos che non attraversa il suo momento migliore (a livello difensivo, ovviamente: ben 10 gol in stagione). Le assenze alterano i piani di Zidane e lo costringono a pensare con attenzione il piano di gara per la sfida di andata a Monaco di Baviera. In linea teorica, infatti, ci si aspetterebbe un Real impostato sulle transizioni offensive, affidando ai bavaresi il compito di trovare gli spazi nel campo piccolo per poter attaccare in campo grande con la BBC. Dei tre davanti, però, proprio Bale non sembra ancora al suo eccezionale livello, mentre Benzema e CR7 sembrano ormai aver perso quelle vette impressionanti di rapidità: questa impostazione ha bisogno del gallese al massimo della forma.
Inoltre, Ramos e Nacho non sembrano proprio dei mostri in fase di difesa posizionale, e quindi Zidane potrebbe anche provare un piano più aggressivo, che ha funzionato molto bene contro il Napoli. L’inizio azione del Bayern non è più fluido come una volta, e il Real ha dimostrato di saper essere intenso e aggressivo: potrebbe così decidere di imporre i propri ritmi alla partita, invece di adeguarsi.
Benzema non rincorre Juanfran, Kroos non lo chiude, Marcelo esce a caso e Sergio Ramos non legge bene il passaggio: con una semplice conduzione del terzino l’Atleti crea un’occasione da gol
Ma dall’altro lato, questa squadra soffre anche le transizioni difensive, e giocare nella metà campo avversaria potrebbe mettere in mostra una serie di lacune: lo spazio dietro Marcelo, le difficoltà di lettura delle giocate di Sergio Ramos, la gestione degli spazi tra Casemiro e Kroos-Modric (uno va all’indietro, gli altri in avanti, e si creano spazi tra le linee).
L’enigma Real si risolve ogni volta durante i 90 minuti, quando gli opposti si attraggono in un grande abbraccio cosmico: la squadra che segna di più nella Liga su calcio piazzato è spesso in grande difficoltà a difendere nella stessa situazione; la squadra che riprende tutte le partite come per magia è la stessa che si addormenta a sorpresa durante i 90 minuti; una squadra che gestisce la palla sottoritmo ma che si trasforma in aggressiva e intensa; la squadra con alcuni tra i più grandi giocatori del mondo ma che dipende quasi fideisticamente dall’intelligenza tattica di Casemiro. Il Real Madrid è l’insieme di tutti questi opposti, l’emblema del calcio fluido in cui bisogna saper fare tutto: sta a Zidane trovare l’ennesima sintesi per passare un’eliminatoria difficilissima, sicuramente la peggiore della sua guida tecnica, e dimostrare di saper leggere le gare al livello dei più grandi, come il suo avversario Ancelotti.
Come arriva il Bayern Monaco
di Flavio Fusi
Il 4-1 che il Bayern ha rifilato al Borussia Dortmund, praticamente l’ultimo ostacolo alla vittoria della Bundesliga, ha consegnato ai bavaresi, salvo improbabili sconvolgimenti, il quinto Meisterschale consecutivo.
Il successo in patria è ormai un’abitudine, tanto che specie ad inizio stagione, non sono mancate le critiche nei confronti di Ancelotti. Effettivamente, diverse delle partite che fino all’anno scorso terminavano in goleada, sono diventate vittorie di misura, magari acciuffate nei minuti finali e al Bayern, che ha virato verso un approccio più diretto rispetto al juego de posición di Guardiola, è mancato il controllo assoluto a cui si era abituati durante l’era Pep.
Col passare dei mesi, però, i campioni di Germania hanno preso sempre maggiore confidenza con i nuovi principi di gioco e con il nuovo tecnico, che ha accelerato il processo convertendo il 4-3-3 utilizzato inizialmente in 4-2-3-1. In questa transizione Thiago, il giocatore più voluto e desiderato da Guardiola, è diventato il cardine del Bayern Monaco di Ancelotti. Schierato da trequartista lo spagnolo si è dimostrato in grado di far riguadagnare alla squadra il controllo perduto, oltre che di innescare le eccezionali folate offensive dei talenti bavaresi, in grado di fare la differenza a qualsiasi livello.
Per Ancelotti, che molto probabilmente a fine stagione avrà vinto il titolo nazionale in quattro dei cinque maggiori campionati europei, non rimane che provare a portare in Baviera il trofeo che è mancato a Guardiola nel triennio passato: la Champions League.
Una squadra carica e riposata
Forse, tra quelle rimaste in corsa, i rossi di Baviera sono la squadra peggiore da affrontare per chiunque, non solo per il Real. Con il titolo ipotecato, Ancelotti può permettersi di far riposare i giocatori chiave in vista delle partite ad eliminazione diretta che lo aspettano (anche se a dirla tutta, il turn-over con l’Hoffenheim ha contribuito alla seconda sconfitta stagionale in campionato) e a far emergere tutte le sue doti da gestore dello spogliatoio.
Doti dimostrate a pieno nel bacio dato per calmare Ribery dopo la sostituzione.
Assenti e sostituti
La superiorità del Bayern nei confronti del resto del campionato ha permesso ad Ancelotti di trasferire le proprie idee alla squadra con maggiore calma, giungendo al momento decisivo della stagione in un picco di forma e di qualità del gioco, oltre che con la rosa praticamente al completo.
“Praticamente”, perché Ancelotti dovrà fare a meno di Hummels, un’assenza che potrebbe rivelarsi particolarmente importante contro una squadra come il Real Madrid. Il difensore tedesco è senza dubbio tra i migliori al mondo nel ruolo e in più di un’occasione ha tolto la sua squadra anche da situazioni spinose.
“Situazioni spinose” tipo questa.
Dover rinunciare all’ex Dortmund proprio di fronte alle eccezionali individualità dei merengues non farà sicuramente felice Ancelotti, anche perché il Bayern è potenzialmente vulnerabile alle transizioni avversarie, specie con Lahm e Alaba che si spingono in avanti spesso e volentieri, lasciando esposti i due centrali. Considerando che probabilmente l’approccio dei bavaresi, che sono la squadra con il possesso palla medio più alto della competizione (70%), sarà quello di voler fare la partita, a Boateng (diffidato) e soprattutto Martinez dovranno fare particolare attenzione nelle situazioni di uno contro uno.
L'altra assenza determinante potrebbe essere quella di Robert Lewandowski. Il polacco ha subito due duri falli nella gara contro il Dortmund, con quello da rigore commesso da Burki che gli ha causato un infortunio alla spalla che sarà valutato poco prima della partita (il suo agente era addirittura una precisa strategia dei gialloneri per fargli saltare la gara con il Real). Ancelotti ha dichiarato che se Lewandowski avrà dolore, toccherà a Muller. In quel caso il Bayern si schiererà con un centravanti atipico, più mobile, ma comunque di livello assoluto.
Da non dimenticare che un altro fattore importante potrebbe essere l’esperienza di Ancelotti al Real. Il tecnico del Bayern ha allenato gran parte dei giocatori blancos e ne conosce punti di forza e di debolezza almeno quanto Zidane, che tra l’altro deve sicuramente molto al tecnico che in questo doppio confronto siederà nella panchina di fianco alla sua.
Di sicuro, quella di cercare di mettere Casemiro in inferiorità numerica sulla trequarti potrebbe essere una mossa vincente. Nel 4-2-3-1 di Ancelotti, sia Robben che Ribéry (o Douglas Costa), si ritrovano spesso a giocare in posizione centrale e mettere sotto pressione il brasiliano, fondamentale negli equilibri della fase difensiva dei merengues, potrebbe indebolire la difesa del Real, che ha finora, in questa edizione della Champions, ha sempre concesso almeno un gol.
Pur avendo abbandonato i principi posizionali che hanno caratterizzato la formazione bavarese fino alla scorsa stagione, il Bayern al momento è una squadra migliore nella gestione della palla che nel pressing. Con Ancelotti, l’altezza e l’intensità del pressing varia da partita a partita e anche durante i 90 minuti, per cui sarà interessante vedere quanto la fase difensiva dei bavaresi sarà aggressiva e quanto lontano dalla porta si svolgerà.
In effetti, lo spazio tra le linee di pressione e di conseguenza la compattezza generale, sono uno dei (pochi) punti deboli mostrati finora e di fronte a giocatori in grado di superare il pressing grazie alla propria abilità individuale quali quelli a disposizione di Zidane, potrebbe essere pericoloso esporsi per tutti i 180 minuti.
Nella sconfitta con l’Hoffenheim, squadra decisamente sopra la media nella gestione della palla, i problemi di compattezza delle linee del Bayern sono emersi in maniera più evidente del solito.
Sicuramente le conoscenze tattiche e l’esperienza di Ancelotti saranno determinanti per il passaggio del turno ma ancora di più lo saranno le prestazioni dei singoli. L’allenatore più vincente in Champions League ha fatto tutto quanto era nelle sue capacità per far emergere tutta la qualità e l’influenza dei suoi migliori giocatori: adesso sta a loro far sì che questo cambio di rotta porti fino al traguardo che Guardiola non è riuscito a raggiungere.