Una maniera semplice di presentare la finale di Champions League tra Real Madrid e Juventus sarebbe quelle di evidenziare che ad affrontarsi saranno, rispettivamente, il migliore attacco (32 gol in 12 partite) e la migliore difesa del torneo (3 gol subiti in tutto, tutti su calcio piazzato). Uno scontro quasi primordiale, semplice, tra una squadra che vuole sempre segnare e un’altra che di subire gol non ha proprio voglia.
Quelle che si affronteranno a Cardiff, per la finale di Champions League, sono però due squadre che presentano anche parecchie similitudini, oltre a precise diversità. La battaglia in campo riguarderà proprio questo: vince chi riesce a far prevalere le proprie differenze e a primeggiare negli aspetti comuni.
Flessibilità contro flessibilità
Juventus e Real Madrid utilizzano entrambe sistemi di gioco piuttosto fluidi. Lo schieramento posizionale può variare tra la fase difensiva e quella offensiva, in momenti diversi della partita, e persino tra una partita e l’altra. Sia Zidane che Allegri sono allenatori per cui il modulo di gioco non è un dogma, che preferiscono modificare i propri schieramenti in funzione dei propri calciatori, delle caratteristiche tecniche e tattiche della squadra avversaria e delle peculiari circostanze della partita in questione.
In questa stagione il modulo di base adottato da Zidane per la sua squadra è stato formalmente il 4-3-3, pur esplorando talvolta il 4-2-3-1 e un paio di volte la difesa a 3. Dall’iniziale 4-3-3, l’allenatore del Real muove le posizioni della sua squadra in entrambe le fasi di gioco per ottenere vantaggi posizionali in attacco e copertura ottimale del campo in difesa. E se possibile, la fase di attacco ha acquisito maggiore flessibilità da quando l’infortunio di Gareth Bale ha regalato una maglia da titolare a Isco.
La costruzione del gioco pensata da Zidane, partendo da una rete di possesso sicura, sfrutta le fasce per avanzare e creare i presupposti per la finalizzazione centrale. Nelle fasi iniziali della manovra i due terzini si alzano, rimanendo aperti per garantire ampiezza; ad agevolare l’uscita del pallone dalla difesa sono le due mezzali, Modric e destra e Kroos a sinistra, che si abbassano ai fianchi dei centrali, nello spazio liberato dai terzini. Il contributo centrale di Casemiro, in questa fase di gioco, è marginale.
Con questa configurazione l’uscita del pallone dalla difesa è prudente e la squadra coperta anche in caso di perdita di possesso. A essere maggiormente battuta è la fascia sinistra, dove alle capacità euclidee di Toni Kross si sommano le accelerazioni creative di Marcelo e il supporto di Benzema, che allargandosi puntella il possesso palla.
Dall’altro alto del campo il gioco è più diretto: il terzino rimane “aperto” e fornisce soluzione in ampiezza, mentre Modric è capace di fare risalire il campo alla squadra lungo il campo anche per mezzo della conduzione del pallone.
Il meccanismo di avanzamento della manovra nelle zone esterne del campo è rafforzato dalla presenza in campo di Isco: il Madrid non consolida il possesso in zona centrale sfruttando il rombo di centrocampo, utilizza invece Isco - e la sua naturale tendenza a muoversi verso il pallone - per creare zone di superiorità numerica e posizionale sul lato forte.
Isco si sposta a sinistra, Benzema si apre dallo stesso lato, Kroos si abbassa al fianco sinistro di Sergio Ramos, Marcelo si alza: il Real crea una zona di superiorità numerica, 4 vs 3, contro l’Atletico Madrid. In aggiunta, il movimento di Benzema tende a bloccare il terzino avversario, garantendo a Isco libertà di ricevere alla spalle della pressione dell’Atletico, creando così anche superiorità posizionale.
Se il principio di gioco sempre ricercato dal Real è un attacco che sfrutta l’intera ampiezza del campo e un avanzamento lungo le fasce laterali, la traduzione concreta di questo principio rimane variabile e dipendente dalle caratteristiche dei giocatori. Anche con Bale in campo, e una disposizione riconducibile a un 4-3-3 più rigido, la ricerca dello sviluppo esterno utilizzando le catene laterali rimane prioritario e il contributo dei movimenti di Benzema per facilitare il possesso e liberare spazio interno a Cristiano Ronaldo, fondamentale.
A capitalizzare tutto il gioco esterno del Real c’è Cristiano Ronaldo, mai così in forma nelle vesti di finalizzatore come negli ultimi due turni di Champions League, con i 5 gol realizzati al Bayern Monaco e i 3 all’Atletico Madrid.
La flessibilità del Madrid è evidente anche quando il pallone è in possesso degli avversari: difende indifferentemente con il 4-4-2 o il 4-5-1, a seconda dei momenti della partita e con interpreti diversi in funzione della posizione dei tre giocatori offensivi alla fine dell’azione di attacco.
Isco è in campo e occupa l’out di sinistra nel 4-4-2 difensivo del Real, spingendo Modric sulla fascia opposta. Con Bale in campo è spesso il gallese ad occupare la fascia destra, spingendo così verso sinistra il trio di centrocampo.
Con la stessa naturalezza il Real può difendere con una linea di centrocampisti composta da 5 uomini, tenendo Casemiro ancora più ancorato alla linea di difesa. La squadra di Zidane non gioca con continuità fasi di pressing particolarmente alto ed aggressivo, tuttavia la sua linea difensiva, pur difendendo posizionalmente, prova a non abbassarsi e, per motivi anche strutturali, i centrali spesso difendono da soli, senza troppo aiuto da parte dei due terzini.
Pur non eccellendo nelle fasi di difesa posizionale, il Real non disdegna di lasciare il controllo del pallone agli avversari: 3 squadre in Liga e ben in 8 in Champions League hanno avuto percentuali di possesso palla superiori ai blancos. Questo anche al fine di liberare il campo per giocare transizioni offensive rapide e verticali.
E perché non difendere anche con un rombo a centrocampo?
Le sostituzioni, effettuate spesso da Zidane in maniera controintuitiva, possono accentuare alcuni caratteri dell’identità fluida dei blancos. I frequenti ingressi a partita in corso di Lucas Vázquez, Asensio e, perché no, Morata, possono disegnare un 4-4-2 abbastanza ortodosso, adatto a difendere e a giocare ripartenze in spazi ampi.
La fluidità è una delle caratteristiche che hanno costituito la forza della Juventus in questa stagione. Oltre ad avere giocato con più moduli di gioco e avere completato la transizione dal 3-5-2 al 4-2-3-1, ha adottato una particolare identità capace di mutare nel corso della partita, specie nella parte finale della stagione.
Esemplare, in questo senso, è stata la sfida di andata di semifinale contro il Monaco. La nuova versione del 4-2-3-1, con Barzagli sulla linea arretrata e Dani Alves più avanti, ha consentito alla squadra di modellare continuamente il proprio schieramento nelle due fasi di gioco. A Montecarlo la Juve aveva cominciato giocando un 3-4-3 in entrambe la fasi di gioco che garantiva superiorità numerica in fase di costruzione bassa contro i 2 attaccanti del Monaco e, in caso di perdita del pallone, contro le mortifere ripartenze della squadra di Jardim. Il 3-4-3 in fase di possesso palla si è trasformato, nel corso della partita e a vantaggio acquisito, in un 4-4-2 difensivo per controllare il gioco posizionale del Monaco e la sua pericolosità con le catene laterali.
In fase d’attacco, specie in presenza di Dani Alves e Khedira, il 4-2-3-1 si mostra parecchio mobile, per generare quegli spazi da attaccare direttamente, o dove poi si crea la superiorità posizionale. In particolare la fascia destra occupa il ruolo di lato forte della manovra bianconera, con Dybala che si allarga spesso a dialogare e a cambiare posizione con Dani Alves, sviluppando l’avanzamento qualitativo della manovra con pregevoli combinazioni tecniche.
Gli spazi interni liberati da Dybala sono coperti profondamente dagli inserimenti di Khedira che venendo da dietro occupa l’area di rigore, mentre il lato sinistro è utilizzato preferibilmente come fronte da attaccare dopo avere spostato le attenzioni avversarie sulla fascia opposta. Le doti aeree di Mandzukic contro gli esterni bassi e le progressioni in spazi aperti di Alex Sandro sono fondamentali in questa strategia.
Bale o Isco? Juventus con la difesa a 3 o a 4?
Buona parte della sfida della flessibilità si giocherà sulla scelta di Zidane di schierare Gareth Bale o Isco. Con il gallese in campo la struttura posizionale del Real è più rigida e il fronte d’attacco presidiato da 3 giocatori interscambiabili tra loro. In questo caso, per garantirsi superiorità numerica in zona arretrata, la Juventus potrebbe orientarsi stabilmente su una linea di 4 difensori dietro, presidiando poi gli spazi più avanzati giocando un 4-4-2 difensivo, meno orientato sulla posizione degli avversari di quanto la squadra di Allegri sia solita fare.
Tuttavia, Bale non ha ancora giocato un solo minuto da quando si è fermato per infortunio e appare maggiormente probabile l’impiego tra i titolare di Isco che regalerebbe una continua variabilità allo schieramento offensivo dei blancos. In quest’ottica diventerebbe importante la presenza in campo di Barzagli e la possibilità, per Allegri, di passare senza soluzioni di continuità da uno schieramento a 4 a uno a 3 dietro. Partendo da una disposizione 3-4-3 (vista, come detto, già contro il Monaco) la Juventus avrebbe riferimenti più naturali per controllare, orientandosi sull’uomo, la costruzione del gioco del Real. In particolare, i due attaccanti esterni, Dybala e Mandzukic, si troverebbero con facilità a contrastare la ricezione bassa delle mezzali, Dani Alves e Alex Sandro potrebbe ingaggiare duelli individuali con i terzini avanzati del Real e Barzagli e Chiellini sarebbero liberi - protetti dalla difesa a 3 - di aggredire Benzema e Isco nei loro movimenti incontro, sia in posizione alta che esterna.
Inoltre la difesa a 3 garantirebbe un’ulteriore protezione centrale contro i cross e le doti di finalizzazione in area dei blancos che sviluppando il gioco principalmente sulle fasce, sono ai vertici, sia in Liga che in Champions League, nella classifica dei cross per gara.
Per questo sembra sembra difficile che Allegri rinunci all’incredibile flessibilità che la presenza in campo di Barzagli offre, e al contributo qualitativo di Dani Alves 30 metri più avanti. Ritagliando così per Cuadrado, reduce comunque da un’ottima stagione, un ruolo come eventuale arma da giocarsi in corsa.
In ogni caso, in fase offensiva, una chiave importante per creare pericoli al Real Madrid sarà quella di sfruttarne i punti deboli in difesa, come dichiarato in maniera sibillina dallo stesso Allegri nella conferenza stampa successiva alla partita con il Bologna.
I problemi maggiori per la difesa posizionale del Real risiedono nella zona alle spalle dei terzini e, più in generale, nella relazione tra i terzini e i centrali. I problemi esistono sia sul lato forte che su quello debole. I terzini tendono sempre a giocare in maniera piuttosto aggressiva sul lato forte, dilatando quindi la distanza dal proprio centrale di riferimento e costringendoli così a scegliere sempre tra il mantenimento prudente della posizione interna o ad uscire esternamente.
Marcelo esce alto sull’esterno (e non torna in posizione quando la palla torna al centro) e Rakitic trova spazio alle sue spalle. Da questo nasce il gol del Barcellona.
Anche in questo caso sarà fondamentale la fascia destra della Juventus, i meccanismi che coinvolgono Dybala, Dani Alves e Pjanic in appoggio. La Juve deve provare a sfruttare, sul proprio lato migliore, i difetti strutturali della difesa del Real Madrid, tirando fuori Marcelo tramite le ricezioni di Dani Alves o Dybala e attaccando lo spazio alle spalle del terzino. Al contempo, Khedira sarà importante nell’occupazione dell’area e per tenere impegnati i centrali del Real, mai troppo precisi nelle marcature, per aumentare a dismisura i difetti sul lato debole della difesa dei blancos.
I due terzini del Real, sia per ragioni puramente atletiche che per difetti di attenzione e nei fondamentali di marcatura, difendono con parecchia difficoltà sul lato debole, poco supportati nel cuore dell’area dai centrocampisti o da un perfetto posizionamento dei centrali. In questo senso per Allegri diventa importante anche la finalizzazione sul lato debole, con Mandzukic o Alex Sandro che potrebbero rivelarsi un’arma formidabile.
Non proprio la maniera migliore di difendere i cross se dall’altro lato c’è Mario Mandzukic…
…o Alex Sandro.
Va detto anche che la posizione costantemente avanzata dei terzini in fase offensiva, assieme alle blande marcature preventive applicate di solito dal Real Madrid, costringe gli uomini di Zidane a fronteggiare transizione difensive complesse, che i due centrali e Casemiro tendono a interpretare individualmente, facendo leva sulle loro capacità, e non come reparto, esponendosi così a errori di lettura evitabili.
Chi avrà il controllo?
Il Real Madrid e la Juventus attuano forme di controllo della gara piuttosto diverse. I bianconeri hanno l’ambizione, sostenuta quasi sempre da ottimi risultati, di controllare gli sviluppi tattici delle partite, gestendo i ritmi e le tendenze dei match e variandoli in funzione dei momenti e delle proprie esigenze. Contro il Barcellona, ostinato nel cercare la costruzione bassa, ma in difficoltà nel realizzarla, Allegri ha impostato, nelle fasi di apertura dei due match, un pressing ultra offensivo che ha generato i gol del decisivo vantaggio a Torino, per poi gestire le partite alternando aggressione a difesa coperta e posizionale.
Contro il Monaco, formidabile nelle ripartenze e negli spazi ampi, la Juve ha invece impostato due gare di estremo controllo, costringendo la squadra di Jardim ad attacchi posizionali nella vischiosa difesa juventina e giocando ripartenze medio-corte ingestibili per la non eccezionale difesa del Principato. Pur cambiando spesso approccio, decidendo se controllare il pallone o lo spazio, la Juventus aspira sempre a imporre alla partita l’abito tattico che ritiene a lei maggiormente congeniale .
Il Real Madrid invece non appare ossessionato dal controllo tattico del match; non sempre i “blancos" sono in pieno controllo strategico delle partite e questo, più volte in questa stagione, ha costretto la squadra di Zidane ad andare in svantaggio o ha riaperto match che sembravano ormai chiusi. Tuttavia, quasi sempre, come nel caso, ad esempio, dei quarti di finale contro il Bayern Monaco, in difficoltà nel punteggio e tatticamente, il Real Madrid ha la capacità mentale di rientrare pienamente in partita e di ribaltare i destini del match.
La fiducia cieca nelle proprie capacità tecniche - oggettivamente notevoli, in ogni caso - permette al Real di continuare a giocare la propria partita, con pazienza e senza cedimenti mentali, esercitando un controllo che si può definire psicologico sulla gara.
Per questo alla Juve non basterà esercitare il controllo strategico del match, come fatto contro Barcellona e Monaco, per fiaccare mentalmente gli avversari: difficilmente il Real Madrid vedrà nelle proprie eventuali difficoltà tattiche un impedimento insormontabile alle proprie chance di vittoria. Ai bianconeri occorrerà fare una partita con pochi errori e dovrà accoppiare al controllo tattico la capacità continua di pungere e attaccare i punti deboli dei blancos. Contro gli uomini di Zidane e la loro capacità di vincere nonostante tutto non basterà controllare, ma sarà necessario attaccare.
Sarà una bella finale?
Eliminando rispettivamente Porto, Barcellona, Monaco e Napoli, Bayern Monaco, Atletico Madrid, Juventus e Real Madrid sono giunte entrambe più che meritatamente alla finale di questa Champions League. Sono le due migliori squadre d’Europa della stagione, hanno già vinto i loro campionati e promettono la migliore finale possibile a Cardiff.
Oltre alle sfide tattiche e mentali, la partita si preannuncia ricca di duelli individuali ad altissimo livello tecnico. Lo scontro sulla fascia tra Marcelo e Dani Alves metterà di fronte gli esterni bassi con maggiore influenza sul gioco d’attacco delle loro squadre degli ultimi anni; dall’altro lato la sfida tra Alex Sandro e Carvajal appare altrettanto spettacolare. Si scontreranno la migliore protezione dell’area di rigore d’Europa, quella bianconera, e un attacco altamente capace di finalizzare centralmente tutto il lavoro preparatorio che il Real sviluppa sull’esterno.
La Juventus, che non ha subito un gol su azione in Champions, dovrà limitare le disattenzioni sui corner e punizioni contro Sergio Ramos, probabilmente uno dei migliori saltatori su calcio piazzato del mondo. In mezzo al campo quella di Pjanic potrebbe essere la partita della definitiva consacrazione a livello internazionale, così come quella di Dybala, che muovendosi ai fianchi di Casemiro può trovare gli spazi per destabilizzare la difesa Real. Infine, Higuain e Mandzukic sono chiamati a prevalere sui loro marcatori e a finalizzare il gioco della squadra. Come spesso accade nel calcio, la vittoria dei duelli individuali sarà decisiva per orientare i destini della gara.
Comunque vada a finire, è molto probabile che si vedrà una sfida spettacolare.
Come sempre, che vinca il migliore.