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Ritrovare le misure
28 ago 2016
Napoli e Milan sono ancora cantieri aperti: pregi e difetti dalla partita di ieri.
(articolo)
6 min
(copertina)
Foto di Francesco Pecoraro / Getty Images
(copertina) Foto di Francesco Pecoraro / Getty Images
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Agli albori della tattica, il 2-3-5, la cosiddetta “Piramide”, rappresentava il modulo di riferimento per tutte le squadre: la linea più folta era quella d’attacco, composta da un centravanti, due ali e due attaccanti interni. Nel corso dell’evoluzione del calcio gli attaccanti interni videro a poco a poco abbassarsi il loro raggio d’azione fino a schiacciarsi sulla linea di centrocampo, ma oggi, tornando sulla linea d’attacco, sembrano vivere un momento di ritrovato splendore, pur chiaramente con compiti e caratteristiche diverse rispetto al passato. In un calcio in cui i ruoli sono sempre più fluidi e in cui conta soprattutto l’occupazione di determinati spazi, avere giocatori offensivi in grado di fare la differenza nei corridoi interni del campo è fondamentale: chi gioca nei cosiddetti half-spaces è difficilmente marcabile, perché non sta né nella zona del difensore centrale né in quella del terzino, imponendo quindi delle scelte e creando spazio per sé o per i compagni.

Napoli - Milan è stata una gara modello da questo punto di vista: chi ha occupato la posizione che una volta identificava l’attaccante interno ha influenzato più di tutti il risultato. Mertens e Callejón da una parte, il primo prendendo parte attiva a tutte le azioni dei gol finché è rimasto in campo, il secondo con una doppietta; Niang e Suso dall’altra, gli autori dei due gol milanisti.

Una situazione da manuale. Mertens riceve senza marcature nella tasca tra Abate, Kucka e Gómez e con il suo tiro propizia l’1-0 di Milik.

Il Milan e la mancanza di coordinazione

Sia il Napoli che il Milan hanno mostrato delle difficoltà nel coprire lo spazio tra difesa e centrocampo, facilitando così la ricezione dei giocatori chiamati a muoversi negli half-spaces: gli azzurri soprattutto quando portavano il primo pressing, i rossoneri sia quando pressavano che quando si schieravano per difendersi sul possesso di palla consolidato del Napoli. E se da una parte è stato soprattutto lo schieramento milanista in fase di possesso a causare problemi, dall’altra si può semplicemente parlare di disorganizzazione difensiva. Il Milan ha evidenziato due grandi difetti: la distanza tra Kucka e Montolivo, che permetteva al tridente del Napoli di avere molto spazio per abbassarsi e ricevere tra le linee; e la poca coordinazione della propria linea difensiva, incapace di assorbire i movimenti dei giocatori del Napoli muovendosi all’unisono: il fatto che Gómez e Romagnoli fossero alla prima partita in assoluto come compagni al centro della difesa non ha aiutato, ma oltre all’asincronia nei movimenti di reparto, i difensori milanisti hanno mostrato limiti individuali piuttosto gravi nella lettura delle azioni.

Kucka e Montolivo sono lontanissimi, Mertens ha una prateria per tagliare e ricevere completamente smarcato, ma Romagnoli è poco reattivo nel leggerne il movimento e nel contrastarlo con efficacia. Sull’angolo che seguirà la conclusione del belga, Milik segnerà il 2-0.

Il gol del 3-2 è un manifesto dell’assenza di coordinazione della linea difensiva milanista. Romagnoli e Gómez, come molte altre volte nel corso della partita, sono attirati entrambi fuori posizione dalla presenza di un giocatore del Napoli tra le linee, in questo caso Zielinski, mentre Abate e De Sciglio sono spinti in basso dalla marcatura degli avversari diretti, Milik e Callejón. Ancora una volta Mertens ha molto spazio per ricevere, puntare Abate e calciare in porta: sulla respinta di Donnarumma, Callejón firmerà il 3-2.

Romagnoli e Gómez fuori posizione, Abate e De Sciglio più in basso rispetto ai compagni per seguire Milik e Callejón. Mertens può ricevere tranquillamente ed esibirsi nella sua classica giocata, il tiro a rientrare sul secondo palo.

Il Napoli e i problemi nel pressing

Il Napoli non ha mostrato difetti così evidenti nell’organizzazione difensiva, ma è andato in difficoltà quando il Milan è riuscito a eluderne il primo pressing, o meglio quando doveva riorganizzarsi dopo il primo pressing andato a vuoto. I rossoneri sono sempre andati in difficoltà quando il Napoli attaccava la loro fase di costruzione bassa, ma le volte in cui riuscivano a non perdere palla, ad esempio conquistando la respinta dopo un lancio lungo oppure tornando indietro da Donnarumma, o nei momenti in cui il Napoli rifiatava e non aggrediva il loro primo possesso, sono riusciti a sfruttare i limiti evidenziati dalla squadra di Sarri già all’esordio contro il Pescara.

Il comportamento della linea difensiva azzurra, specie se il primo pressing viene aggirato, non è sempre irreprensibile: spesso resta dietro, concedendo troppo spazio alle spalle del centrocampo, e quando viene puntata in campo aperto ha difficoltà a coordinarsi per coprire lo spazio alle proprie spalle. Tutto ciò è stato messo ancora più in evidenza dal 2-3-5 con il quale il Milan si schierava in fase offensiva: la linea d’attacco rossonera riusciva ad allungare la difesa del Napoli e ad allontanarla dal proprio centrocampo, permettendo la ricezione di Suso e Niang nello spazio che veniva a crearsi. La costruzione dei due gol è stata simile: verticalizzazione dalla difesa ai due esterni (Suso in occasione del 2-1, Niang nell’azione del 2-2), entrambe eseguite da Montolivo, a smentire una delle critiche più ricorrenti dei tifosi milanisti nei confronti del proprio capitano, quella cioè di accontentarsi degli appoggi più semplici in orizzontale e all’indietro e di non giocare mai in verticale.

Alla ricerca dell’equilibrio

Dopo appena due partite giocate Napoli e Milan sono ovviamente due squadre ancora in via di definizione e alla ricerca dell’equilibrio dopo un’estate difficile per motivi diversi. Doppietta a parte, Milik ha dimostrato di poter avere un ruolo importante in questa squadra, specie se continuerà ad avere i due esterni così vicini come è capitato contro il Milan: è essenziale, ma efficace nei movimenti e ha una buona tecnica che gli consente di essere preciso nel gioco di sponda prima di attaccare la profondità, caratteristiche che lo aiuteranno a inserirsi velocemente negli schemi offensivi di Sarri. Ancora però a fare la differenza è stato soprattutto a Mertens: se ha questi spazi è difficile da marcare e anche i limiti nel suo registro di gioco vengono mascherati. Il belga non ha creato nessuna occasione e ha tirato 7 volte (solo contro il Chievo nel 2014 aveva collezionato più tiri, 9) senza segnare, ma con le sue conclusioni è stato decisivo in due gol su quattro, oltre ad aver procurato indirettamente l’angolo sul quale Milik ha segnato il 2-0.

Il Milan di Montella è ancora troppo sbilanciato per poter pensare di candidarsi a possibile sorpresa stagionale: in fase offensiva è certamente diventato più pericoloso rispetto all’anno scorso, grazie al nuovo schieramento che consente di avere molti giocatori sopra la linea della palla, ma i miglioramenti da dover fare sono enormi, dall’uscita dalla difesa quando viene pressato fino all’intera fase di non possesso. I rossoneri sono vulnerabili sia quando pressano che quando si schierano nella propria metà campo: la mancanza di sincronismo nei movimenti difensivi è davvero preoccupante e Montella dovrà intervenire al più presto se vorrà fare del Milan una seria candidata a un posto in Europa.

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