Nel calcio la stragrande maggioranza delle rivalità cittadine appartiene a due categorie: le diarchie e le monarchie. Le prime sono caratterizzate da cicli, come accade a Milano, a Glasgow oppure a Manchester; le seconde sono invece cristallizzate in un'immutabilità pressoché totale. Ipotizzare oggi una Serie A chiusa con il Torino davanti alla Juventus, o una Liga con l’Espanyol più in alto del Barcellona, significa evocare un immaginario da ucronia calcistica. Ma se esiste un Paese dove l’assurdo può stravolgere la realtà quello è il Belgio, dove nell’attuale stagione di Pro League si sta compiendo un clamoroso, nonché rarissimo, caso di detronizzazione. A Bruxelles, l’Union Sint-Gillis (o Royale Union Saint-Gilloise nella versione francofona) ha vinto la regular season e si presenta ai play-off scudetto da primo in classifica, vicino a compiere un’impresa modello Nottingham Forest, Monaco, o Kaiserslautern: ovvero vincere il campionato da neopromossa. Anche l’Anderlecht si è qualificato ai playoff, ma da terzo in classifica, una posizione peraltro ottenuta solo all’ultima giornata, dopo una stagione spesa nelle posizioni a ridosso del podio, quelle di solito riservate – specialmente in tornei non di primissimo livello dove le big si contano sulle dita di una mano monca - alle provinciali di lusso. Le prime quattro del campionato (Union 38 punti, Brugge 36, Anderlecht e Anversa 32 è la situazione ai blocchi di partenza del girone finale) adesso si affronteranno di nuovo in un doppio turno di andata e ritorno in un girone all’italiana, partendo con la metà dei punti totalizzati nella stagione regolare. In ogni caso, a Bruxelles la periferia si è fatta centro, mentre il centro si è ridotto a periferia calcistica.
Sotto un profilo strettamente geografico anche l’Anderlecht appartiene alla periferia, visto che Anderlecht è uno dei 18 comuni che circondano la città di Bruxelles per formare l’enclave della provincia del Brabante Fiammingo nota come regione di "Bruxelles capitale". Per storia e tradizione, però, i bianco-malva dell’Anderlecht appartengono all’immaginario collettivo legato alla città tanto quanto il Manneken Pis, l’Atomium e il Palazzo Europa. Ma non c’è nulla di più distante dalla Bruxelles dell’Unione Europea dei comuni di Vorst e Sint Gillis, rispettivamente la casa e l’origine dell’Union, oltretutto confinanti proprio con Anderlecht, tanto che i tifosi locali sono soliti percorrere a piedi i tre chilometri e mezzo che separano l’impianto dell’Union, il Joseph Marienstadion, dal Lotto Park. I quartieri popolari di Vorst e Sint Gillis sono un miscuglio di etnie fin dagli anni Sessanta, quando greci, spagnoli e portoghesi furono i primi immigrati ad affiancare la popolazione autoctona. Oggi si trovano negozi turchi a fianco di locali hipster, e sui marciapiedi si alternano burqa e pantaloni slim fit a vita bassa. A proposito di hipster, il Joseph Marienstadion è stato definito dalla rivista olandese Voetbal International il “santo Graal dei groundhoppers”. È un museo a cielo aperto del calcio di una volta, con la sua facciata in mattoni art déco, gli infissi in legno datati 1919, i parrocchetti che volano sul campo e le tribune scoperte circondate dal verde del Duden Park che, in quanto bene ambientale tutelato, impedisce qualsiasi opera di copertura e ammodernamento su buona parte dell’impianto. Sembra di guardare un Atari ST: vecchiume da rigattiere o tesoro vintage, dipende solo dalla tipologia di osservatore.
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Nonostante i colori gialloblu, derivanti dalla bandiera del comune di Sint Gillis, e un’assenza dalla massima divisione belga durata 48 anni, l’Union non è una versione belga del Chievo o del Leicester City, essendo tutt’oggi il terzo club più titolato del paese dopo Anderlecht e Club Brugge con 11 campionati vinti. Ma questi successi sono talmente lontani nel tempo che nemmeno parte dei tifosi belgi lo ricorda. Tempo fa, in un quiz pubblicato online dalla rivista Het Laatste Nieuws, la domanda su quale fosse la società belga con più titoli nazionali in bacheca dopo le due big fu quella che ottenne più risposte sbagliate in assoluto. Sono ancora in meno a sapere che l’Union ha giocato solo pochi anni nel comune dove è stato fondato, Sint Gillis, spostandosi a più riprese in diversi stadi di città limitrofe a causa dell’imponente urbanizzazione che già nei primi anni del XIX secolo rendeva difficile, nonché costoso, trovare un terreno edificabile per costruire il proprio impianto. Dal 1914 l’Union gioca a Vorst, un comune confinante, all’interno di un polmone verde chiamato Duden Park, dal nome di un mercante di merletti tedeschi che donò a re Leopoldo II questo lotto di terra ponendo come unica condizione che fosse trasformato in un parco pubblico recante il suo nome. Tutto nella storia dell’Union profuma di antico, anche se questo non lo rende un club con lo sguardo costantemente rivolto al passato.
La crisi dell'Anderlecht
La rivista Voetbalmagazine, a questo proposito, ha paragonato l’Union a una vecchia signora risvegliata da un data analyst rivoluzionario, Tony Bloom. Qui entra in gioco la modernità dell’Union Sint Gillis, dove si programma la costruzione di un nuovo stadio (oltre ai citati vincoli ambientali, al Marienstadion mancano anche i posti auto riservati ai giocatori) e si studia come potenziare il proprio settore giovanile. In questo senso mentre l'Union potrebbe essere paragonata, per struttura e organizzazione interna, a una start up in ascesa, dinamica, flessibile e snella nei processi decisionali rapidi, l'Anderlecht invece assomiglia a una multinazionale in decadenza, le cui scelte seguono percorsi più istituzionali e consolidati, generando conflitti e producendo strategie non sempre coerenti.
Il 22 dicembre 2017 il self-made man Marc Coucke, partito da una farmacia e diventato il capo della multinazionale Big Pharma, ha rilevato il 70% delle quote dell’Anderlecht, ponendo fine a oltre 50 anni di gestione del club da parte della famiglia Vanden Stock. Fu uno shock, e anche un colpo di teatro: un po’ come se Giampaolo Pozzo acquistasse la Juventus dalla famiglia Agnelli. Coucke infatti si era creato un nome in ambito calcistico per la buona gestione di una provinciale come l’Ostenda. L’Anderlecht però è tutto un altro mondo, e a rendere più difficile la situazione era la montagna di debiti accumulata negli ultimi anni da Herman Van Holsbeeck, storico direttore generale, personaggio pieno di amici tra i giornalisti ma progressivamente sempre meno gradito ai tifosi, che lo accusavano di fare affari sempre con i soliti procuratori. L’Anderlecht è arrivato ad avere debiti per oltre 100 milioni di euro e le ripercussioni a livello sportivo non sono tardate ad arrivare. Nel 2019 il club non si è qualificato alle coppe europee per la prima volta dal 1964, e i tre anni di gestione Coucke hanno finora portato un sesto, un ottavo e due quarti posti, con uno di questi ultimi teoricamente migliorabile al play-off. Una nuova dimensione da provinciale di lusso che stride con il blasone e le aspettative della società.
Un indicatore della difficoltà dell’Anderlecht nell’uscire da questo status periferico che non gli è mai appartenuto è arrivato dal dossier Plan 2020-2025 pubblicato al termine della stagione 2019-20, chiusa con il peggior piazzamento in campionato (il citato ottavo posto) del club di Bruxelles nel dopoguerra. A meno di due anni dalla presentazione di questo piano di rilancio, tutte le persone nei ruoli di comando sono cambiate. Tra promozioni e licenziamenti, il presidente, il CEO, il direttore generale, il direttore sportivo e l’allenatore non sono più quelli presenti nel dossier (Coucke stesso si è fatto da parte agendo solo come finanziatore). L’attuale tecnico, Vincent Kompany, è stato player manager, quindi assistente prima di Simon Davies e poi di Franky Vercauteren, infine allenatore capo. Con un budget risicato a causa dei debiti, il punto focale del rilancio dell’Anderlecht è costituito da Neerpede, sede del settore giovanile del club. Negli ultimi anni è stato battuto tre volte il primato di trasferimento di un giocatore proveniente dal vivaio, detenuto da colui che può essere considerato uno dei migliori prodotti nella storia dell’Anderlecht, Romelu Lukaku. I 15 milioni di euro pagati dal Chelsea per l’allora 18enne attaccante sono stati superati dai 17.5 ottenuti dal trasferimento di Sambi Lokonga all’Arsenal, dai 25 di Youri Tielemans al Monaco e dai 26 di Jeremy Doku al Rennes.
Oggi l’Anderlecht potrebbe schierare un undici tutto made in Neerpede, eppure ad eccezione di Yari Verschaeren e di Anouar Ait El Hadj (fondamentale domenica con un gol nel 3-2 in casa del Kortijk nel classico match che valeva una stagione, perché se l'Anderlecht non avesse vinto, ai play-off scudetto sarebbe andato il Gent), nessun altro tra i giovani del vivaio quest’anno con Kompany sta trovando continuità di impiego, scavalcati dai volti nuovi arrivati dal mercato. Insomma, se il 35enne Lior Refaelov rimane un titolare inamovibile a dispetto di prestazioni altalenanti significa che il Plan 2020-2025 non sta andando proprio come previsto.
Forse la sconfitta peggiore subita quest'anno: lo 0-2 preso in casa dal Cercle Bruges.
Il momento di grazia dell'Union
Recentemente il quotidiano De Morgen ha titolato: Anderlech beeft, Union leeft, cioè "L’Anderlecht trema, l’Union vive". In realtà, si potrebbe dire che a tremare è un po’ tutto il calcio belga, che a causa della prestazioni negative delle sue squadre in Europa nelle ultime stagioni sembra destinato a perdere il posto fisso ai gironi di Champions. In questo senso, il successo dell'Union potrebbe essere visto come un primo segnale di inversione di tendenza.
Dei 18 giocatori utilizzati in questa stagione dal tecnico Felice Mazzù, solo due erano in rosa nell’estate 2019. Eppure la squadra ha dominato la serie cadetta belga e, con pochi ritocchi, ha chiuso al comando la Pro League. Il proprietario del club, l’inglese Bloom, ex giocatore di poker diventato milionario sviluppando piattaforme di gioco online e operando come consulente nell’ambito delle scommesse attraverso l’analisi dei dati, rientra nella casistica dell’investitore passivo. Dopo aver rilevato il club saldando il debito esistente di 3 milioni di euro, Bloom ha delegato tutto al presidente Alex Muzio e al direttore sportivo Chris O'Loughlin. È un proprietario completamente assente, con piena fiducia nelle persone scelte per la gestione del club, insomma.
A Voetbalmagazine O'Loughlin ha dichiarato come l’Union utilizza anche lo scouting, «ma i nostri mezzi sono limitati e non possiamo contare solo su quello. Magari visiono una volta un giocatore e quello fa la partita della vita. I dati sono più attendibili e raramente sbagliano». L’Union è una società che calza a pennello a un artigiano di provincia quale Mazzù, che dopo sei positive stagioni allo Charleroi (con tre qualificazioni ai play-off per il titolo) ha provato ad alzare l’asticella passando al Genk ed è stato esonerato dopo pochi mesi. Sulla carta il Genk sembrava il club ideale per il background italiano di Mazzù, visto che oltre la metà della popolazione cittadina non autoctona proviene dal nostro paese, tuttavia a livello calcistico si trattava di una società più strutturata dove il margine operativo del tecnico era minore. Tornato a una dimensione più abituale, in tempo record Mazzù ha ritrovato la propria brillantezza.
La coppia O'Loughlin-Mazzù ha pescato l’attaccante Deniz Undav dalla terza divisione tedesca e, dopo aver contribuito alla promozione dell’Union a suon di reti, quest’anno ha segnato più gol lui da solo che la più quotata coppia titolare Zirkzee-Kouamè dell’Anderlecht (25 contro 23 - di cui 15 dell’ex Parma). Anche il suo compagno di reparto, Dante Vanzeir, è andato bene, e le sue buone prestazioni hanno prodotto una prima convocazione nella Nazionale maggiore belga. Bart Niewukoop, svincolato dal Feyenoord, è uno dei migliori esterni dal campionato e le sue parole dicono molto del sogno che sta vivendo l'Unione. «Quando feci il colloquio con questa squadra di cui ignoravo l’esistenza», ha dichiarato, «sono rimasto stupito dai miei interlocutori, perché sapevano quasi più come di me loro del sottoscritto». Anche l’Anderlecht ha trovato in estate un terzino-esterno di grandissimo rendimento, lo spagnolo Sergio Gomez, che però si è formato alla Masia e arriva in prestito dal Borussia Dortmund. I prestiti dell’Union, come quello dell’esterno giapponese Kaoru Mitoma, arrivano al massimo dal Brighton & Hove Albion, l’altra società di Bloom.
Le strade di Unione e Anderlecht si sono incontrate ancora prima di questa stagione. L’11 febbraio 2021 l’Union ha perso 5-0 in casa contro l’Anderlecht nei sedicesimi di coppa del Belgio. Poco più di cinque mesi dopo, da neopromosso, ha battuto l’Anderlecht 3-1 al Lotto Park alla prima di campionato. In quel lasso di tempo era cambiato più l’Anderlecht dell’Union, e in campo si vedeva tutta la differenza tra una società, e un allenatore, da sempre abituati all’austerità della provincia, e una che certe limitazioni era costretta a subirle.
Nove anni prima, al termine della stagione 2012-13, non poteva esistere distanza maggiore tra Anderlecht e Union, e proprio quell'annata, che regalò a entrambe emozioni e paure da film, aiuta a definire ancora meglio i confini dell'impresa compiuta oggi dalla squadra di Sint-Gillis. In quel momento, in Belgio non esisteva squadra più dominante dell'Anderlecht di John Van den Brom, che aveva stravinto la regular season accumulando un vantaggio di punti tale sulla seconda, che ai play-off scudetto la squadra poté permettersi di rallentare nonostante la rimonta dello Zulte Waregem, che si fermò proprio all'ultimo turno in casa dei bianco-malva. La rete del pareggio che valeva lo scudetto la firmò Lucas Biglia. In quella stagione l'Anderlecht aveva stabilito un primato forse mondiale di rigori sbagliati, avendone mancati 16, di cui 10 in campionato. Ma era arrivata anche la prima vittoria casalinga in Champions dopo quasi dieci anni e, soprattutto, il secondo titolo consecutivo, poi triplicato l'anno seguente, per un filotto che mancava dagli anni '90.
Nello stesso periodo l'Union si trovava a un passo dal fallimento definitivo. Militava nella Derde Klasse B, la terza divisione belga, e pagava anni di mala gestione da parte dell'italiano Enrico Bove. Retrocedere al quarto livello forse sarebbe significato sparire per sempre. L'Union concluse il campionato al terzultimo posto ma, a campionato in corso, la federazione ammise il Tournai, portando il torneo da 18 a 19 squadre, e per questa ragione la squadra di Bruxelles fu costretta di colpo a lottare per sopravvivere. Quello che accadde dopo assomiglia alla sceneggiatura di un film.
Il primo avversario ai playoff salvezza fu il Leopoldsburg, squadra di quarta divisione, che al Duden Park si trovava in vantaggio per 3-2 al novantesimo minuto. Sul giocatore che segnò il decisivo 3-3 al minuto 95 che mandò la partita ai supplementari bisogna fermarsi un momento. Qualche mese prima l'Union aveva ingaggiato uno studente italiano, Ignazio Cocchiere, arrivato in Belgio tramite l'Eramus per concludere la sua tesi sul sistema di protezione civile a livello europeo. Cocchiere aveva giocato nelle giovanili dell'Inter, ma aveva deciso di privilegiare lo studio al calcio. A Bruxelles non conosceva nessuno. Nel tempo libero andava allo stadio, e proprio al Duden Park si era imbattuto in Ibrahim Maaroufi, conosciuto quando anche il giocatore belga-marocchino militava nell'Inter di Roberto Mancini. In quel momento Maaroufi era sotto contratto proprio con l'Union e fu lui a procurare a Cocchiere un provino con la squadra di Sint-Gillis. In ogni caso, ai supplementari l'Union riuscì a rimontare al 119esimo un nuovo svantaggio per poi imporsi finalmente ai rigori. Sembra il classico finale a lieto fine se non fosse che nel turno successivo l'Union venne travolta per 5-0 in casa dall'Hasselt. Sarebbe retrocessione se non fosse che un paio di giorni dopo fu ufficializzato il fallimento del Beerschot, che liberò un posto in Derde Klasse. La federazione belga optò quindi per un ulteriore spareggio tra le due perdenti del turno precedente, che vide l'Union imporsi 1-0 sul Royal Liegi. Dopo 39 partite, il club di Bruxelles aveva mantenuto la categoria e salvato la propria esistenza.
Il resto, come si dice è storia. Di lì a poco sarebbe arrivato un milionario tedesco a sistemare i conti, quindi la promozione in Eerste Klasse B, la vendita a Bloom, la promozione in Pro League, il primato cittadino, il primo posto in Pro League e, forse, anche il titolo più clamoroso nella storia del calcio belga.