Non esiste un cross sul secondo palo, il suo, che Robin Gosens non pensi di poter colpire e mandare in porta; e così, a un quarto d’ora dall’inizio del secondo tempo, quando Kimmich ha messo un cross lungo, su cui chiaramente non poteva arrivare, ha chiuso gli occhi e preso il volo. Gosens salta in lungo e il suo ginocchio sinistro, disteso come un personaggio di Street Fighter, non incontra il pallone ma la faccia di Benjamin Pavard, che cade a terra a corpo morto, guance sull’erba. Eriksen aveva avuto il malore solo tre giorni prima, e per qualche secondo abbiamo temuto di nuovo. Pavard ha dimostrato la sua resistenza, rialzandosi più o meno come se non avesse subito uno degli interventi più violenti di questi Europei. A molti ha ricordato una di quelle ginocchiate volanti con cui nelle arti marziali miste si mandano a terra gli avversari.
Il fatto che Pavard non si sia fatto nulla, ci ha permesso di prenderla con ironia. Noi che da anni vediamo Gosens mandare a fuoco la fascia sinistra dei campi italiani, ridevamo all’idea che ora anche in Europa dovessero fare i conti con la sua follia. Con un’esplosività fisica così eccezionale che può diventare persino pericolosa per gli altri; con un’energia che sembra semplicemente eccessiva per il gioco del calcio, o per un campo di queste dimensioni.
Fa uno strano effetto, veder giocare Robin Gosens con la maglia della Germania, fuori dalle catene di fascia di Gasperini; fuori da una squadra con un’identità così collettiva da diluire le individualità e renderle indistinguibili; e ora invece spicca, con la maglia numero venti, la muscolatura ipertrofica, la faccia un po’ truce, in mezzo a leggende della storia del calcio come Thomas Muller, Toni Kroos, sempre un po’ interdetti di fronte a questo fenomeno incomprensibile. Dopo lo spettacolare fallo su Pavard, Gosens è rotolato per terra, stendendosi di fronte alla porta e parando involontariamente un tiro di Kroos che si mette le mani nei capelli.
Nessun esterno gioca come lui.
Gosens cade spesso. È molto difficile guardare un’azione di Gosens che non termini con Gosens che cade a terra, come se il suo corpo non riuscisse a sostenere la propria stessa esplosività. Loew ha detto che fuori dal campo è come in campo: generoso, energico. Anche quando corricchia, il collo teso in avanti come un lupo, sembra fare una grande fatica a non lasciarsi andare, a controllare la sua potenza, a non mangiarsi il mondo davanti a sé. Il suo stile è thriller, ogni volta che ha il pallone cerca di distruggere il corpo della squadra avversaria correndogli dentro come fosse un proiettile. Scarica e si butta nello spazio velocemente; corre in mezzo ai difensori avversari; oppure attacca i traversoni dall’altro lato con uno spirito da stunt-man. Ogni cross, un film d’azione.
Con questo stile adrenalinico, Robin Everardus Gosens, ha distrutto la Serie A: 9 gol nella stagione 2019/20; 11 in quella appena conclusa. La parte più cinica di noi pensava che era la Serie A a essere mediocre, o la stravaganza dell’Atalanta a esaltarlo, come si pensa di tutti i giocatori di Gasperini che crediamo miracolati. Non sarà mancata quindi un po’ di sorpresa, quando Gosens sabato pomeriggio è passato sopra il Portogallo come di solito fa col Genoa o col Torino. Ha segnato un gol, fatto un assist e trasmesso una sensazione di onnipotenza rara per quello che è, in fondo, un semplice esterno sinistro. Forse è stata l’allucinazione di questo Europeo che è una piccola Serie A, ma a un certo punto sembrava di vedere la Germania giocare come l’Atalanta: cross dell’esterno per l’altro esterno, ancora e ancora. Kimmich come Hateboer (più o meno…), Gosens come Gosens. Dopo 4 minuti aveva già messo in porta un cross di Ginter coordinandosi come Karate-Kid, schiacciando la palla con un collo pieno tirato a mezzo metro da terra. C’è sempre qualcosa di esagerato nel modo con cui Gosens approccia i traversoni che piovono dall’altro lato. Non fa mai una conclusione “leggera”, “composta”, “serena”. Va sul pallone come noi andiamo sui cross di FIFA, spingendo cerchio furiosamente per far coordinare il nostro giocatore nel modo più violento possibile.
Dopo undici minuti Kimmich cercava Gosens come attirato da un magnete, da un lato all’altro come se fosse la soluzione più logica. Sulla stessa azione l’esterno dell’Atalanta ha mandato al tiro Kroos con uno scarico per niente banale.
Poco dopo la mezz’ora l’asse Kimmich-Gosens ha prodotto il gol del pareggio. Kimmich alza la testa e cambia gioco con l’interno sinistro - la sua qualità con entrambi i piedi è oltraggiosa. Gosens non perde tempi di gioco, tira al volo di collo sinistro su Ruben Dias che devia in porta pressato da Havertz. Non c’è neanche discussione se Gosens avesse provato a tirare o meno: l’assist e il tiro per Gosens si fanno alla stessa potenza, solo che il primo è al centro dell’area e l’altro verso la porta.
Anche il secondo autogol della partita, che ha portato la Germania in vantaggio, nasce in un’azione in cui partecipano entrambi gli esterni. Kimmich mette un pallone teso in mezzo dove Guerreiro devia ancora in porta nel tentativo di anticipare Gnabry.
Gosens ha tenuto sempre una posizione estremamente alta sull’esterno sinistro, dove a inizio secondo tempo ha ricevuto lo scarico di Havertz in un’altra azione brillante della Germania. Di nuovo un sovraccarico sul lato destro, scarico su quello debole, dove Gosens ha crossato basso ancora per Havertz, che ha segnato con un istinto da finalizzatore sempre più chiaro. I giocatori indicano Gosens, il gol è suo, ed è un mondo a misura di Serie A. Dieci minuti dopo, in un mondo ormai completamente in mano agli esterni, Kimmich ha crossato per Gosens, che di questi gol di testa a chiudere sul secondo palo in Serie A ne segna uno a partita (non è vero, ma l’impressione è quella).
Prima dell’Europeo la Germania ha affrontato una lunga discussione su chi far giocare sulle fasce, in assenza di molti terzini affidabili. È possibile addirittura che Low abbia costruito il suo 3-4-3 per risolvere questo problema, inserendo Gosens a tutta fascia e Kimmich per avere un playmaker sul lato destro. Naturalmente è una cosa accettata mal volentieri dall’opinione pubblica, non sembrava certo geniale l’idea di limitare l’influenza di Kimmich all’esterno, togliendolo dal cuore del gioco. Ma anche lui, con una partita di rodaggio contro la Francia, è stato superlativo contro il Portogallo.
Gosens è nato in un paesino al confine tra Olanda e Germania, e dopo essere stato bocciato a un provino col Borussia Dortmund si è costruito calcisticamente in Olanda. In Germania è stato misconosciuto fino a poco tempo fa, e in ogni caso non ci si aspettava certo che potesse arrivare a giocare a questi livelli; che potesse, cioè, diventare il migliore in campo - come certificato dal premio finale - in una partita decisiva contro il Portogallo. In Germania è stata una scoperta. La Bild ha titolato: “Geil, Geiler, Gosens!”, che sarebbe a dire più o meno “Libidine, doppia libidine!”. Dopo la partita Thomas Muller lo ha preso in giro, perché sostituito dopo un’ora, col suo classico senso dell’umorismo bavarese: «Hai corso solo 60 minuti, ma del resto giochi in Serie A». In un’intervista di qualche giorno fa Mats Hummels ha dichiarato che Gosens è uno dei giocatori che parla di più in campo, pur essendo entrato nella Mannshaft in punta di piedi. Gosens era arrivato all’Atalanta dall’Heracles per meno di un milione di euro, e la prestazione contro il Portogallo è stata il coronamento di un lungo processo di lavoro su sé stesso. In un’intervista a Raphael Honigstein di The Athletic ha detto di aver passato diverse ore insieme a Gasperini e allo staff dell’Atalanta per analizzare i suoi movimenti, e per migliorare quello in cui è diventato un maestro: i tempi dell’inserimento sul secondo palo. «Ho speso anche un sacco di tempo ad allenarmi sulla finalizzazione, con la testa, col destro, col sinistro».
Al vertice con Mario Draghi Angela Merkel ha citato direttamente Gosens, nel momento di massima gloria di un esterno di Gasperini: «Anche sul calcio siamo in sintonia, entrambi pensiamo che Gosens del Bergamo sia un ottimo giocatore». È stata anche la vittoria, questa, di Joachim Loew, che stavolta ha avuto ragione in modo quasi esagerato in una delle sue scelte più impopolari. Per quanto riguarda Gosens, nella stessa intervista a Honigstein ha dichiarato di avere ancora del potenziale inespresso. Da qui, non riusciamo proprio a immaginarlo.