
Se pensiamo istintivamente a quali sono gli sport più seguiti in Italia la risposta arriva subito: calcio e motori, includendo in quest'ultimi sia la Formula 1 che la MotoGP. Non stupisce, quindi, che un videogioco che unisce proprio il calcio con le automobili come Rocket League stia avendo molto successo, e non solo in Italia ovviamente: alla fine parliamo dell'anello di congiunzione più solido tra gli sport tradizionali (sempre che di tradizione si possa parlare con le auto) e quelli elettronici e, più in generale, il gaming. Arrivando dritti al punto: Rocket League è, sia a livello italiano che internazionale, una possibile next big thing dell’esports. Ma andiamo con ordine.
Rocket League viene lanciato ufficialmente il 4 luglio 2015 da Psyonix, inizialmente per Windows e PlayStation e poco dopo per Xbox One e Nintendo Switch. La sua descrizione lo annuncia semplicemente come un “gioco di calcio ma con potenti macchine dotate di razzi”. Dal mondo del calcio ha ereditato il concetto base: far entrare la palla in porta. Il come farlo, tuttavia, fa tutta la differenza del mondo: ogni giocatore guida una sorta di macchinina telecomandata con la quale deve spingere il pallone, decisamente più grande delle auto, nella porta avversaria su un campo di gara, utilizzando anche acrobazie ed evoluzioni sfruttando la spinta data dai razzi presenti sulle vetture. Un gioco frenetico, dinamico, senza pause e senza falli laterali o rimesse dal fondo, un semplice timer che assegna alla scadenza la vittoria alla squadra che ha segnato più gol.
Ufficialmente Rocket League è il seguito del titolo Supersonic Acrobatic Rocket-Powered Battle-Cars del 2008, un gioco per PlayStation 3. In pochi ricordano questo predecessore, sommerso da numerose critiche e con poco successo. Eppure già quel titolo conteneva il seme di un’esplosione mediatica e di utenza che sarebbe arrivata solo successivamente grazie ad alcuni accorgimenti. Psyonix si è infatti resa conto che non aveva spinto a sufficienza il precedente titolo, sfruttando poco le campagne sui social media e la promozione sul mercato. Il primo vero sussulto che spinge Rocket League verso una maggiore attenzione è quindi la modalità di lancio: ovvero in modo gratuito per tutti i membri del PlayStation Plus. È la mossa che permette al videogioco di costruire la sua prima, solida base di utenti, affascinati dall’intuitività e dall’immediatezza del titolo.
All’inizio del 2018, grazie a questa prima spinta, Rocket League conta 40 milioni di giocatori. Qualche mese prima era stato addirittura inserito negli X-Games, nell’edizione di Minneapolis, la manifestazione sportiva che accoglie tutti, o almeno la maggior parte, degli sport estremi: skate, motocross, BMX, snowboard e molti altri. Qualche anno prima era toccato a Call of Duty (di cui abbiamo parlato qui) presenziare in nome degli esports, ma nel 2018, come detto, l’attenzione era tutta per Rocket League che continuava a macinare numeri uno dopo l’altro. D’altronde, lo ripetiamo, è un gioco incredibilmente semplice nel suo apprendimento: basta usare le abilità delle auto potenziate per spingere un pallone a entrare in porta o evitare che accada se in quel momento fate parte della squadra che sta difendendo. In realtà esistono anche modalità in cui è possibile giocare, sempre spingendo una palla o un disco con una macchina, a hockey o basket. Ma è la versione calcistica quella più scelta e seguita.
Nel 2017 i campionati esports del circuito RLCS, le Rocket League Championship Series, avevano già raggiunto le tre milioni di ore totali visualizzate su Twitch, superando addirittura titoli fino a quel momento più quotati come League of Legends. Nello stesso anno The Esports Observer aveva stimato che erano state giocate più di un miliardo di match, di cui la metà erano partite competitive, finalizzate quindi a una carriera professionistica o in tale direzione. I primi campionati del mondo avevano un montepremi di 75mila dollari nel 2015, vinti dal team Ibuy Power Cosmic con i giocatori Kronovi, Lachinio e OverZero; già l’anno successivo per la seconda stagione il montepremi era salito a 250mila, la cui quota più importante era stata conquistata dai Flipsid3 Tactics, in cui militava anche l’italiano Francesco “Kuxir97” Cinquemani, eletto MVP del torneo.
Negli anni successivi il montepremi è cresciuto fino a raddoppiare: nel 2018 le finali della Stagione 6 avevano un prizepool di 500mila dollari, salito nel 2019 fino a 529mila. Nell’era Covid, dal 2020, il circuito è stato diviso in due grandi tronchi, europeo e nordamericano, ma con un montepremi totale addirittura superiore: 400mila ciascuno per un totale di 800mila, più i nuovi eventi Major da 100mila dollari ciascuno. Il primo evento dal vivo successivo all’inizio della pandemia si è disputato a Stoccolma appena pochi giorni fa dall’8 al 12 dicembre con 300mila dollari di montepremi e la vittoria del Team BDS. In totale nel solo 2021 sono stati elargiti un milione e 700mila dollari di premi in denaro nella sola massima scena competitiva di Rocket League, tornando quasi ai livelli pre-pandemia.
Una delle forze di Rocket League, d'altra parte, risiede proprio nella grandezza della platea a cui si riferisce, anche grazie alla presenza su più piattaforme. Proprio grazie alla massiccia fanbase e a una community attiva Rocket League oltre che come videogioco sta crescendo rapidamente come esports. Un successo che si spiega, ancora una volta, con l’intuitività che il gioco richiede non solo per essere giocato ma anche e soprattutto per essere seguito. Come il calcio non ha bisogno di grandi spiegazioni o conoscenze tecniche per essere fruibile, così Rocket League allo stesso modo è un esports per tutti. Titoli come League of Legends, Overwatch, Starcraft o Counter-Strike, pur quest’ultimo nella sua semplicità di dover eliminare tutti gli avversari, richiedono una competenza tecnica che crea una barriera all’ingresso non indifferente. Uno spettatore che per la prima volta assiste a una partita di Rocket League non ha invece alcun limite, riuscendo immediatamente a fruire dello spettacolo offerto: è sufficiente seguire il pallone e rendersi conto di quando entra in porta. Esattamente come il calcio, accessibile a tutti.
Le regole semplici sono senza dubbio un bonus non indifferente per un primo approccio, sia da giocatore che da spettatore, ma ciò che poi rapisce del tutto è la spettacolarità delle partite. Perché più le regole sono semplici più è difficile arrivare in alto e più per farlo bisogna dimostrare un talento fuori dal comune. La semplicità del gioco infatti non comporta che a livello competitivo sia semplice da affrontare. Rocket League contiene al suo interno più livelli di conoscenza e di strategia, tuttavia non indispensabili affinché uno spettatore casuale possa divertirsi assistendo a una partita. Niente abilità peculiari da memorizzare per ogni personaggio, nessuna gestione dell’economia di squadra, nulla che non possa essere serenamente intuibile. Ma tanta, tantissima attenzione alle tempistiche e alla coordinazione di squadra: è sufficiente un singolo attimo per colpire la palla in volo con un’inclinazione errata e causare un autogol o sbagliarne uno praticamente fatto. A tratti sembra quasi di assistere a una partita di pallavolo con il pallone che non tocca terra per decine di secondi, spinto non solo in avanti ma anche in alto dai vari giocatori allo scopo non solo di poterlo impattare in modo migliore ma di rendere più complesso per gli avversari raggiungerlo. E di creare al tempo stesso una sorta di spasmodica attesa nell’osservatore che attende di scoprire chi riuscirà a colpire il pallone e in quale direzione indirizzarlo.
Il fatto stesso che il gioco sia semplice e quasi completamente orfano di casualità implica che il risultato di ogni partita dipenda esclusivamente dalle abilità dei singoli giocatori. Più si alza il livello più le differenze di abilità, inevitabilmente, si assottigliano, costringendo i giocatori a superare i propri limiti e aumentando così la spettacolarità al videogioco. A quel punto il match si decide su un errore dell’avversario o su una “giocata” di un compagno di squadra ed esattamente come nel calcio il risultato è sostanzialmente imprevedibile. Esistono favoriti e non, certamente, ma il gioco in sé, per come è costruito, permette a ogni squadra di potersi giocare il match. Un fattore che avvicina irrimediabilmente Rocket League allo sport tradizionale.
Non deve pertanto sorprendere che Rocket League sia stato scelto all’interno dell’Intel World Open, torneo organizzato da Intel e ufficialmente inserito nelle manifestazioni pre-olimpiche prima dei Giochi di Tokyo 2020, riconosciuto dal CIO. Così come le Olimpiadi, anche l’Intel World Open si è disputato nel 2021 portando i migliori giocatori al mondo a sfidarsi per le finali in Giappone, esattamente come tre anni prima, a PyeongChang, a sfidarsi nel torneo pre-olimpico dei Giochi Invernali erano stati i migliori giocatori di Starcraft. Quasi un passaggio di consegne tra un titolo storico degli esports e il nuovo che avanza, family-friendly e il più possibile vicino a uno sport senza essere un simulatore sportivo. In sostanza il perfetto anello di congiunzione tra i due mondi, spesso lontani ma più vicini di quanto si possa pensare.
Così come non può stupire che sempre più realtà, anche sportive, abbiano deciso di “sposare” Rocket League. Lo ha fatto il Barcellona, che da già diversi anni compete sul titolo Psyonix, ancora prima di entrare su League of Legends. Lo ha fatto, più recentemente, la Roma annunciando un torneo dedicato per la propria community mentre l’Empoli o il Cagliari, rispettivamente in collaborazione con gli Esport Revolution e con gli Exeed, due organizzazioni esports italiane, sono presenti già da diverso tempo. Ed è proprio a partire dalla community che in Italia, ad esempio, è nato il primo campionato nazionale, il Rocket League Italian Championship, quest’anno accolto sotto l’egida di PG Esports, uno dei principali organizer italiani, che ne ha portato le finali dal vivo alla recente Milan Games Week. Un exploit su tutti i livelli, aiutato dalla decisione nel 2020 di rendere il gioco free-to-play per tutti su tutte le piattaforme, compreso il mobile. Rocket League arriverà presto anche per smartphone e tablet per soddisfare l’enorme platea di potenziali giocatori (entro la fine dell’anno, per essere precisi, anche se una versione beta è già scaricabile su iOs e Android).
Il mantra, o filo conduttore se preferite, di Rocket League sembra essere il dogma dell’inclusione e dell’accessibilità: la stessa Psyonix ha sempre voluto centrare l’intera sua esperienza di sviluppo sullo slogan “E for Everyone”. Un gameplay che fosse per tutte le tipologie di giocatori, che potesse avvicinarsi agli sport tradizionali, che fosse adatto a tutte le età. Più gli esports diventano popolari per la massa, nelle università, nelle scuole soprattutto, più gli sponsor e i vari brand che vogliono avvicinarsi al settore sono alla ricerca di titoli non violenti che possano essere facilmente giocati e seguiti. E tutto questo lo hanno trovato su Rocket League, uno dei principali candidati per diventare il prossimo esports di massa, forse persino di più di quelli che ci sono stati finora.