Il 15 maggio del 2016 l’Atalanta ha concluso la sua quinta stagione consecutiva in Serie A - dopo il breve salto in B nella stagione 2009/10 - al 13esimo posto. Aveva vissuto una stagione grigia, con 12 pareggi e 15 sconfitte. È interessante ricordare da dove viene la squadra oggi allenata da Gasperini, che ieri sera per l'ennesima volta ha per buona parte dominato una gara difficile contro un'avversaria sulla carta più attrezzata - e senza dubbio più ricca. È importante tenere conto dell'eccezionalità di questa Atalanta, anche per non perdersi tra le polemiche e i malumori del primo mini-psicodramma stagionale della Roma (d'altra parte, proprio pochi giorni fa ci chiedevamo quante "grandi" avrebbe messo in difficoltà la Dea).
L’Atalanta, ieri, ha effettuato 16 tiri verso lo specchio della porta giallorossa solo nel primo tempo: più di chiunque altro da quando Opta ha iniziato a raccogliere dati della Serie A nella stagione 2004/05. Forse vale la pena riscriverlo: l'Atalanta, a Roma contro la Roma, ha tirato 16 volte in 45 minuti. Se pensiamo che l’arbitro Fabbri non ha dato recupero, questo vuol dire che l’Atalanta in media è arrivata al tiro una volta ogni 3 minuti circa. Alla fine della prima frazione di gioco, la squadra di Gasperini aveva creato più del triplo degli Expected Goals rispetto a quella di Di Francesco.
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Una superiorità evidente, chiarissima, inequivocabile, sottolineata dai fischi dei tifosi di casa a fine primo tempo. Lo stesso Di Francesco - che ha ripreso la partita passando al 4-2-3-1 e inserendo Nzonzi vicino a De Rossi, sistemando in parte i problemi in impostazione - ha riconosciuto, a fine gara, che la Roma della prima frazione di gara era semplicemente "troppo brutta per essere vera".
Una superiorità ancora più straordinaria se si pensa che l'Atalanta arrivava alla partita sì con più minuti di gioco nelle gambe della Roma, ma anche ampiamente rimaneggiata tra infortuni e titolari fatti rifiatare dopo la partita in Europa League (Ilicic, Gomez, Toloi, Masiello, De Roon, Freuler). Anche l'inerzia dei primissimi minuti di gara, con il gol bello e impossibile di Pastore e lo stadio elettrico che soffiava sull’entusiasmo della squadra di casa, sembrava non remare a favore dell'Atalanta.
Gasperini ha schierato 2 giocatori di meno di 22 anni, che non avevano praticamente mai giocato in Serie A: Luca Valzania, che l’anno scorso era al Pescara in Serie B; Matteo Pessina, classe 1997 che viene da una stagione allo Spezia nella serie cadetta; a cui vanno aggiunti Gianluca Mancini che lo scorso anno con l'Atalanta ha accumulato una decina di presenze in Serie A, e Pierluigi Gollini che ha appena 23 anni e l'anno scorso ha giocato 7 partite in campionato. Ma anche Ali Adnan e Rigoni erano alla loro prima partita ufficiale con la maglietta neroazzurra e, in teoria, dovrebbero aver bisogno di tempo per inserirsi in una squadra dal gioco così codificato. Eppure l’Atalanta non ne ha praticamente risentito, anzi è sembrata persino più eccitante ed esplosiva di quanto ci abbia abituato nelle ultime stagioni.
La tentazione di pensare all’Atalanta come ad una squadra che trascende i suoi interpreti, come fosse un mosaico e i giocatori dei tasselli colorati, è forte: forse per questo Gasperini ha voluto ricordare a fine partita che “in campo ci vanno i giocatori”. Anche se poi ha aggiunto: «La mia idea di calcio è sempre quella. Possono cambiare gli avversari e in base alla tua esperienza puoi fare degli accorgimenti. Negli ultimi 4-5 anni in tanti hanno cambiato il modo di stare in campo, quindi bisogna adattarsi a situazioni diverse».
Le parole di Gasperini ci mettono in guardia dallo scivolare nella pigrizia di considerare l’Atalanta come un meccanismo automatico sempre uguale a se stesso, e a margine sottolineano il lavoro raffinatissimo di adattamento all’avversario, seppur sempre ricamato su principi di gioco senza compromessi.
Tutti sanno di quanto sia difficile superare la pressione dell'Atalanta e scardinare il suo sistema di marcature a uomo, ma il primo tempo contro la Roma ha messo in mostra tre principi fondamentali del calcio di Gasperini con la palla.
1. L’ampiezza per disinnescare il pressing
L’arte di cucire l'abito della propria squadra sulle misure dell’avversario richiede esercizio e adattabilità a tutti quei piccoli accorgimenti necessari. Ieri, ad esempio, andava disinnescato il pressing alto della Roma, uno dei tratti più delineati della squadra di Di Francesco. La Roma cercava di restringere il campo al centro, con le ali che chiudevano dall’esterno verso all’interno, mettendo pressione ai centrali difensivi destro e sinistro dell'Atalanta, mentre Dzeko andava a uomo verso il vertice basso della difesa atalantina, Djimsiti.
Contro un pressing che aveva l’obiettivo di recuperare palla sulla trequarti, Gasperini ha pensato una contromossa semplice ed efficace: aprire il campo verso gli esterni. Il tecnico ha abbassato i due esterni per dare uno sfogo laterale alla manovra, chiedendo ai tre centrali di giocare su di loro non appena possibile.
Una strategia che aveva anche uno scopo offensivo: con le ali della Roma che entravano dentro al campo per pressare insieme alla punta i 3 difensori dell’Atalanta, gli esterni erano quasi sempre liberi di ricevere con molto campo libero davanti, con i terzini di Di Francesco quasi sempre in ritardo nel salire organicamente con il resto della squadra. D'altra parte, la costruzione sulle catene laterali è un altro dei principi cari a Gasperini (che aveva già messo in mostra alla prima uscita stagionale l'anno scorso a Bergamo, d'altra parte, uscendone però sconfitto in quella occasione).
2. Occupare lo spazio lasciato dal compagno
L’uscita alta e in ritardo dei terzini della Roma liberava con un effetto a domino gli spazi che poi l’Atalanta poteva utilizzare per attaccare l’ultimo quarto di campo.
Nell’azione illustrata nelle immagini qui sopra, lo spazio liberato dall’uscita tardiva di Florenzi su Ali Adnan viene riempito dal taglio interno-esterno di Zapata, che porta fuori posizione Manolas; nello spazio lasciato vuoto dal centrale greco ci si infila nuovamente il terzino iracheno, su cui è costretto ad uscire questa volta De Rossi; con l’intervento disperato del capitano della Roma, si libera la zona più pericolosa al centro dell’area, con Pasalic è pronto a tirare da ottima posizione (ma il rientro di Florenzi salva la Roma in angolo, letteralmente).
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Quello di occupare gli spazi vuoti con il giusto tempismo è uno dei principi basilari del gioco del calcio, d'accordo, ma come dice Gasperini in campo ci vanno i giocatori e qualcuno deve pur dirgli come devono muoversi insieme. In questo caso, Ali Adnan ha proseguito un movimento iniziato dalla propria difesa fino all’area avversaria, con una sicurezza e un sostegno corale da parte del resto della squadra che non è banale. La chiarezza dei compiti assegnata da Gasperini ricompensa i giocatori permettendogli di giocare con un coraggio e una spensieratezza nell’attaccare la porta avversaria che normalmente non avrebbero.
Qualche minuto dopo, l’Atalanta pareggia lo svantaggio iniziale sfruttando gli stessi meccanismi.
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3. Difendere e attaccare sono la stessa cosa
Il contributo degli esterni di difesa in queste azioni ribadisce quanto Gasperini punti sulla difesa in avanti e, più in generale, sulla massima per cui la difesa è il miglior attacco. Concetti che rimangono spesso troppo astratti, ma che diventano concreti quando Mancini si butta in attacco in verticale dopo aver vinto un duello aereo in difesa.
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I principi diventano efficaci quando si traducono in atteggiamenti in campo e Gasperini non chiede ai suoi giocatori solo attenzione tattica e concentrazione, ma anche l'ambizione necessaria per sfruttare a pieno i vantaggi tattici che si procurano. Per dirlo più semplicemente: i giocatori non devono accontentarsi mai, in nessuna occasione.
E quindi, ad esempio, con l’Atalanta già in vantaggio per 1-2 all’Olimpico, Pasalic, quando viene pescato da una bella diagonale di Castagne non si accontenta di anticipare Manolas con uno scavino esterno per servire Rigoni, ma continua il movimento per attaccare lo spazio alle spalle di Fazio. Serve un recupero miracoloso di De Rossi (non l'unico della partita) con una corsa indietro di 40 metri, per impedire che il centrocampista croato metta alla prova Olsen.
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Quando si parla del calcio di Gasperini spesso si fa riferimento alla sua fisicità, all’attenzione richiesta ai giocatori nel suo sistema di marcature e a quanto sia difficile giocarci contro. Raramente, però, si sottolinea quale sia la finalità di tutto questo: provare a segnare in qualsiasi situazione, superare i propri limiti, provare a vincere contro chiunque.
A fine partita Gasperini era sinceramente rammaricato per non essere uscito dall'Olimpico con una vittoria che certificasse il valore della prestazione nella prima metà di gara: «I ragazzi hanno fatto davvero una grande partita, per questo torniamo a Bergamo con l’amaro in bocca. C’era la possibilità di vincere, siamo stati bravi in tutte le situazioni. Potevamo vincerla anche nel finale, avevamo gli spazi per segnare ancora».
Questi principi rendono l’Atalanta unica, capace di spiccare nel contesto di un calcio troppo spesso conservativo e speculativo (non solo nel campionato italiano). Forse dovremmo parlare di più dell'Atalanta e di cosa significa per il nostro campionato, invece di concentrarci sui problemi che la squadra di Gasperini periodicamente fa emergere tra le grandi. E se la grande, alla fine, fosse lei?