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L'azione da 35 passaggi del Bologna contro la Roma
23 apr 2024
Il gol del 2-0 è un manifesto del gioco dei rossoblù.
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8 min
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Foto di IMAGO / sportphoto24
(copertina) Foto di IMAGO / sportphoto24
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A un certo punto lo psicodramma sembrava inevitabile. All’ultimo minuto di recupero, sul campo del Frosinone, Dan Ndoye, il giocatore sbagliato nel posto ha sbagliato, riceve una sponda in area di rigore. Anzi, in area piccola. La palla è un po’ indietro e allora deve flettere il proprio corpo di lato e staccarsi da terra. Stefano Turati, statisticamente uno dei peggiori portieri d’Europa, compie una parata miracolosa, deviando sulla traversa il suo tiro. Sulla respinta Freuler sembra arrivare per un tap-in facile, ma Ndoye - preso dalla foga - scalcia come per fare cyclette sul letto, e riesce nell’impresa di non cogliere lo specchio della porta.

Non aver vinto quella partita dopo aver sbagliato quel gol sembrava un presagio di sventura troppo chiaro per il Bologna, specie per una squadra che in linea teorica non dovrebbe appartenere a quella quota di classifica. Certo, contro l’Empoli Fabbian aveva segnato all’ultimo minuto e quello non era che un bilanciamento cosmico. C’era però l’idea che il Bologna fosse troppo fragile per resistere alle onde negative che ogni tanto, inevitabilmente, una stagione ti abbatte contro. Un segnale ancora più duro era arrivato la settimana successiva. Il Bologna aveva pareggiato contro il Monza zero a zero una partita particolarmente sterile, dove era emersa una piccola crisi offensiva che ciclicamente i rossoblù hanno vissuto durante l’anno. A metà del secondo tempo il capitano Lewis Ferguson aveva lasciato il campo e il giorno dopo era arrivata la notizia fatale: rottura del legamento crociato. Il cordoglio sui social, la foto con Gianni Morandi in ospedale, i messaggi motivazionali, quello strano clima da funerale che si crea attorno a un giocatore che si rompe il ginocchio.

È da tutto l’anno che, più o meno, ci si aspetta che il Bologna crolli, rispettando il copione che gli osservatori più cinici della Serie A hanno scritto per lei. Quel momento sembrava vicino. Ferguson è uno dei due o tre giocatori più importanti del Bologna, per peso tattico, fisico e tecnico. Forse non c’è giocatore che meglio personifichi l’idea di una squadra ultra-dinamica, gioiosa quando corre negli spazi vuoti, duella con gli avversari, moltiplica le possibilità. Ferguson è il giocatore della Serie A che percorre più chilometri per partita, se vogliamo una misura della sua generosità.

Questa trasferta contro la Roma non poteva arrivare nel momento peggiore, contro una squadra in forma e in fiducia, rimasta a tiro per il sorpasso. Avesse vinto poi aveva i venti minuti contro l’Udinese per prendersi il quarto posto.

Il Bologna, invece, ha fatto quello in cui è riuscito tutto l’anno: ha smentito ogni previsione più fosca, è andata oltre le aspettative persino dei suoi stessi tifosi, persino di sé stessa. All’Olimpico, in un clima autunnale, i rossoblù hanno offerto una prestazione maestosa, vinto 3-1, ribadito qual è la squadra che merita il quarto posto, se ce n’era ancora bisogno.

La partita è stata equilibrata soprattutto nei primi 20 minuti, dove la Roma ha pressato il Bologna con qualche risultato, innescando sulla trequarti alcuni dei giocatori di maggiore qualità. Al nono minuto El Shaarawy ha fallito un’occasione piuttosto grande per le sue qualità.

I giallorossi sembravano concedere qualcosa in difesa, ma forse pensavano di appoggiarsi anche alle non eccelse qualità in finalizzazione dei giocatori del Bologna. Invece dopo 13 minuti, il giocatore più di fatica dal centrocampo in su, El Azzouzi, ha segnato un gol impensabile, coordinandosi in rovesciata in mezzo a cinque avversari. È anche questa la magia del Bologna. Il sostituto del giocatore chiave infortunato segna in rovesciata. L’azione nasce comunque da una dinamica classica del Bologna, con un sovraccarico del lato sinistro con l’inserimento di Calafiori - uno degli epurati di Mourinho - che da difensore centrale arriva a rifinire in area di rigore. La Roma si costruisce un’altra occasione con Paredes che riconquista palla in alto, sbagliando poi la cosa più semplice dopo il dribbling che gli aveva aperto lo specchio, ovvero la conclusione nella porta quasi vuota.

Poi c’è un episodio stupido che assume un peso ingigantito dal nervosismo della Roma. Paredes fa una mezza simulazione su una reazione mancata di Zirkzee. L’arbitro ammonisce entrambi, la Roma considera ingiusta l’ammonizione e inizia a perdere aderenza sulla partita, dalla testa alle gambe. «Non possiamo perdere la testa per un'ammonizione» dirà poi De Rossi. Nello scontro diretto più delicato, vestendo i panni della squadra con meno esperienza, comunque, il Bologna è sempre rimasto in controllo mentale.

Col passare del tempo il palleggio della squadra di Thiago Motta si è fatto più sicuro, la Roma è finita fuori tempo sempre più spesso, in tentativi di pressing sempre più velleitari. Il Bologna ha iniziato a funzionare come la macchina perfetta che è stata durante tutto l’anno - «Il computer è sottosopra per i loro movimenti» ha detto De Rossi prima del match. Negli ultimi dieci minuti del primo tempo il Bologna inizia a governare la palla, e la Roma le corre dietro, sempre un tantino più in ritardo, meno concentrata. Gli sforzi di disciplina della partita di coppa contro il Milan - vinta in dieci contro undici - iniziano a portare il conto. In quegli ultimi dieci minuti del primo tempo il possesso palla del Bologna arriva oltre il 62%; negli ultimi sette minuti fino al 67%. Al 43’ inizia un possesso di due minuti e 35 passaggi che portano al tiro di Zirkzee, al gol del 2-0, a una rottura più o meno definitiva dell’equilibrio della partita. Un’azione che dimostra la consapevolezza dei principi di gioco che guidano il Bologna da inizio anno: la fluidità, il coraggio, l’ambizione, la pazienza.

L’azione comincia con una rimessa laterale e un possesso basso gestito da Beukema. Saelemakers che fa saltare con semplicità l’aggressione di Celik e porta il possesso sulla trequarti. È in questo momento che vediamo un tratto del gioco del Bologna: la sua pazienza, la ricerca del controllo che fa preferire i benefici di lungo periodo a quelli immediati. Saelemakers avrebbe la possibilità di cercare la verticalizzazione, o comunque un passaggio più rischioso per affondare.

Il belga invece porta palla fino alla trequarti centrale, e poi torna indietro, per consolidare l’attacco posizionale. L’attacco si sviluppa sulla destra, finché El Azzouzi non si accorge che non ha compagni vicini, perché hanno già provato tutti un movimento in avanti, e allora torna di nuovo indietro. Dybala e Abraham pressano su Calafiori e Beukema. Lucumi indica a Beukema di tornare indietro dal portiere per cambiare lato, ma il centrale olandese fa una scelta più coraggiosa, andando dentro su Freuler per rompere subito la linea di pressing della Roma, in ritardo, lunga e disordinata per lo sforzo di distendersi e chiudersi più di una volta.

Il Bologna inizia a palleggiare stavolta sul lato sinistro, dove Lucumi e Calafiori si alternavano nell’attaccare lo spazio, sfruttando il buco strutturale nella Roma dello scarso lavoro difensivo di Dybala. Muovendo palla avanti e palla indietro il Bologna era sicuro di trovare il modo di progredire ordinatamente in campo. In questa situazione Aebischer - la mezzala - è largo a dare ampiezza e a fare densità. Anche Zirkzee si abbassa in quella zona. La palla verso Calafiori fa scalare le marcature della Roma e crea una superiorità numerica sfruttata col passaggio interno per Lucumi (nominalmente il terzino sinistro).

Dopo aver palleggiato a sinistra, facendo scivolare lì le marcature della Roma, il Bologna torna a destra. E poi di nuovo a sinistra, ma stavolta più velocemente, usando un movimento di Zirkzee sulla trequarti. Il centravanti, in linea col suo stile di gioco, non affretta i tempi ma cerca le associazioni con i compagni per continuare a mandare a vuoto le marcature della Roma. Allora protegge palla su Paredes e vede Lucumi, nel frattempo inseritosi nello spazio lasciato vuoto da Cristante. Zirkzee vede che la mezzala della Roma sta tornando, e allora usa Lucumi come un muro per farsi ridare la palla. Il Bologna ancora non affonda. Vuole cucinare la Roma ancora un po’.

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Zirkzee torna a dialogare a sinistra, scarica su Saelemakers e si butta dentro l’area. La Roma è confusa da tutti questi movimenti. Notiamo Llorente indicare a Celik di seguire Zirkzee, ma nel frattempo non avanza per chiudere Saelemakers. A palla scoperta il belga fa una giocata intelligente, servendo l’ennesimo inserimento da dietro, quello di El Azzouzi - qui nei panni di Ferguson - che si butta in area e fa sponda di petto per Zirkzee. In quel momento c’è la grande giocata dell’olandese, che è veloce sui primi passi per portarsi la palla sul sinistro e calciare sul primo palo.

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Un’azione in cui il Bologna ha manipolato e disordinato una Roma sempre più stanca e confusa. Un’azione che dimostra la consapevolezza con cui tutti i giocatori rossoblù si muovono per il campo, senza seguire schemi predefiniti ma aggiustandosi di volta in volta alla dinamica dell’azione: ai movimenti dei compagni e degli avversari, leggendo sempre al meglio gli spazi che si aprono e i tempi, che possono venire accelerati o dilatati a seconda della situazione. Un’azione che è facile assumere come manifesto del gioco di Thiago Motta, se non altro perché ha avuto un peso decisivo in una partita decisiva. Dopo aver vinto nettamente all’andata, il Bologna ha battuto la Roma anche al ritorno, mettendo in chiaro quale squadra tra le due merita il quarto posto in classifica. La squadra di Motta ha battuto anche l’Atalanta fuori casa, cioè la squadra al momento sesta in classifica - il primo posto fuori dalla Champions League.

Questo per dire che in questa corsa alla qualificazione europea del Bologna non c’è nemmeno una piccola particella di casualità: è tutto merito di un progetto tecnico che ha moltiplicato le possibilità di ciascun giocatore. In ogni scontro diretto, in ogni partita importante, il Bologna è salito di rendimento, felice di poter mettere alla prova le proprie idee nei contesti più difficili. Veramente una grande storia per la Serie A.

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