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Dove si vede la mano di De Rossi
08 mar 2024
Quali sono i meriti del nuovo allenatore della Roma nella netta vittoria per 4-0 contro il Brighton.
(articolo)
9 min
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IMAGO / Action Plus
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Prima che il 4-0 spazzasse via ogni preoccupazione, nell’ambiente romano c’era stata grossa discussione su quale fosse il reale valore del Brighton. È una discussione ciclica, interessante e al tempo stesso sfuggente, e nemmeno un risultato netto come quello di ieri sera sembra averci dato una risposta definitiva a riguardo. Lo stesso De Rossi ieri ha ammesso che il risultato è stato «troppo ampio» e che in parte è stata la finalizzazione a fare la differenza: «Il nostro portiere è stato bravo, abbiamo concesso un po’ ma è normale contro squadre del genere». Il Brighton, effettivamente, ha tirato da dentro l’area verso la porta della Roma ben 9 volte, ha mancato due “grandi occasioni” (cioè tiri con nessun avversario tra l’attaccante e il portiere), ha preso un legno e complessivamente ha accumulato 1.03 xG, che non è poco. Eppure, anche al di là del risultato, non è riuscito a spazzare via la sensazione che la Roma fosse sostanzialmente in controllo della situazione, troppo più forte, confermando il pregiudizio che una parte consistente dell’opinione pubblica ha nei confronti di De Zerbi - che la tattica, i suoi principi, siano in sostanza fumo negli occhi, e che stringi stringi quello che conta è il peso dei singoli giocatori. «Io lo amo, anche se c’è chi non lo ama», ha riconosciuto De Rossi nel post-partita.

È l’idea di chi metteva sul bilancino i nomi che componevano le due rose: Wellbeck da una parte, Dybala dall’altra; Gross da una parte, Pellegrini dall’altra; Dunk da una parte, Ndicka dall'altra, e così via. «Se facciamo un'onesta valutazione delle due squadre non possiamo non dire che la Roma sia migliore del Brighton», ha dichiarato per esempio Massimo Caputi. D’altra parte, è stato lo stesso De Zerbi, alla fine, a suggerire implicitamente questo punto di vista: «Potete parlare di occasioni, ma abbiamo perso meritatamente contro una squadra forte di testa e in campo, se sono forti in campo non scopro l’acqua calda».

È un assunto che a Roma si fa perno di molti altri discorsi, tutti sostenuti dal sotterraneo conflitto tra chi, prima del suo esonero, sosteneva Mourinho e chi, invece, vede nei primi risultati di De Rossi il segno che l’allenatore portoghese fosse diventato ormai un peso. L’insistenza con cui il nuovo allenatore della Roma ripete di avere «giocatori che altre squadre si sognano» cozza con la narrazione portata avanti da Mourinho, che non faceva che ripetere che più di così, con questi giocatori, era impossibile fare.

In questo dibattito forse si perde di vista la sincerità di De Rossi nella sua ammirazione per De Zerbi («un allenatore diverso rispetto agli altri») e per il Brighton, che dice di aver studiato molto, e di averci messo il doppio del solito per preparare la partita. Sono dichiarazioni che sembrano contraddire l’idea che tra Roma e Brighton ci fosse una differenza tecnica abissale, ma che più nel profondo contraddicono tutto il dibattito intorno a un valore assoluto, astratto dei calciatori. Insomma, se il divario era così ampio, che c'era da preoccuparsi?

L’allenatore della Roma ha ammesso di aver adottato scelte radicali per affrontare una squadra che temeva molto. Il Brighton, d’altra parte, è rinomato per la sua capacità di manipolare gli avversari con l’uso della circolazione bassa del pallone e contro una squadra del genere «devi cercare di farglielo giocare il meno possibile». Nei fatti questo significava innanzitutto alzare il pressing sulla prima costruzione avversaria, e farlo accettando «il duello uomo a uomo», e quindi che si sarebbero potute creare situazioni di parità numerica anche dietro. Per rendere efficace questo pressing la Roma ha preso scelte rischiose: per esempio alzare Paredes sul vertice basso avversario (uno tra Gross e Gilmour) svuotando la zona centrale del centrocampo, oppure i due centrali esterni della difesa a tre di fatto della Roma, cioè Spinazzola e Mancini, sui due giocatori offensivi del Brighton che si abbassavano in mediana per facilitare il possesso, cioè Buonanotte da una parte ed Enciso (e poi Ansu Fati) dall’altra. Più spesso, la Roma faceva entrambe le cose, assumendosi il rischio, con la linea di difesa a centrocampo, di aprire il campo in verticale agli avversari.

La Roma avrebbe potuti pagarli caro, questi rischi. Al 56esimo, con il risultato sul 2-0, il Brighton ad esempio è riuscito a girare a proprio favore il pressing avversario, lanciando Adingra nello spazio lasciato libero da Mancini, che era salito fin dentro la trequarti avversaria per seguire a uomo Ansu Fati. La squadra di De Zerbi, in transizione, è riuscita a mettere Welbeck nelle condizioni di tirare da dentro l’area da ottima posizione, ma l’attaccante inglese fuori equilibrio ha tirato alto. Se il Brighton avesse avuto un attaccante migliore di Welbeck forse avrebbe segnato rimettendo in discussione la qualificazione, ma senza la chiarezza di idee data da De Zerbi ai suoi giocatori (e le contromosse estreme messe in campo di conseguenza da De Rossi) il Brighton probabilmente non ci sarebbe nemmeno arrivato a tirare da quella posizione.

La spregiudicatezza del gioco del Brighton e le contromisure pensate da De Rossi per arginarla hanno prodotto due squadre più simili di quanto non si pensasse prima del fischio d’inizio. Un’altra arma che sia Roma che Brighton hanno utilizzato per cercare di mettere in difficoltà l’avversario per esempio era quella di alzare la linea di difesa anche in fase di difesa posizionale, con gli uomini sotto la linea della palla e in situazioni di palla scoperta. È una delle soluzioni più estreme che può prendere un allenatore per impedire all’avversario di avere ricezioni pulite tra le linee nelle zone centrali del campo, e si può pagare caro con una “semplice” verticalizzazione dalla difesa per un taglio in profondità del proprio attaccante.

La partita è stata sbloccata al 12esimo proprio in una situazione simile. La Roma ha fatto circolare il pallone all’indietro, tornando dai difensori centrali, e il Brighton per togliergli spazio tra le linee si è immediatamente alzato, portando la difesa vicino al cerchio di centrocampo. A quel punto c’è voluto il piede di Paredes per trasformare questa situazione in un’occasione da gol vera e propria - e vedremo tra poco come la sua qualità tecnica abbia fatto la differenza - ma il fatto che Dybala abbia tagliato in profondità tra i due centrali, qualcosa che raramente gli vediamo fare, rivela come il gol non sia frutto solo di un’invenzione estemporanea.

All’inizio del secondo tempo le due squadre si sono ritrovate in una situazione quasi identica, ma a maglie invertite. Il Brighton faceva circolare il pallone in mediana e la Roma ha alzato la difesa fino a vicino il cerchio di centrocampo. La differenza l’hanno fatta il piede di Dunk, non tra i più raffinati, e la prontezza di riflessi di Ndicka, che ha anticipato Welbeck. Sulla palla recuperata, la squadra di De Rossi è arrivata vicino al terzo gol con un colpo di testa ravvicinato di Lukaku respinto dal portiere del Brighton.

È un altro esempio di come le qualità dei calciatori non si esprimano nel vuoto ma all’interno di un contesto tattico plasmato dagli allenatori, e se ne possono fare altri. Uno degli incroci che ha avuto il maggiore peso nel decidere la gara, alla fine, è stato quello a sinistra tra “la finta coppia di terzini” Spinazzola-El Shaarawy e i propri corrispettivi del Brighton, cioè Buonanotte e Lamptey. Anche in questo caso De Rossi è stato piuttosto chiaro a riguardo, seppur con il pudore di non voler fare “il fenomeno”: «Ieri avevo detto che avremmo potuto vincere la partita sulla fascia sinistra, perché c’era un divario fisico tra Spinazzola e Buonanotte molto importante, anche se avesse giocato Enciso da quella parte».

Come detto, il combinato tra le idee di De Zerbi e le contromisure di De Rossi, hanno prodotto due squadre molto simili in campo, anche nella loro disposizione geometrica. Senza palla Roma e Brighton si disponevano entrambe con il 3-5-2, con la differenza sostanziale che a sinistra la squadra di De Rossi non aveva un vero centrale di difesa ma un terzino estremamente offensivo e dalla grande spinta atletica come Leonardo Spinazzola. Così, senza palla, mentre Pellegrini (la mezzala sinistra della Roma) poteva controllare van Hecke (il centrale di sinistra del Brighton) anche solo con lo sguardo, sapendo che non si sarebbe sganciato dalla sua posizione, dall’altra parte Buonanotte doveva inseguire Spinazzola all’indietro fino alla linea di fondo. La Roma gli permetteva infatti di salire palla al piede come il terzino che effettivamente è, e la mossa ha funzionato non solo perché il mismatch fisico con Buonanotte era notevole, ma anche perché il giocatore che avrebbe potuto raddoppiarlo e tenerlo in velocità, cioè Lamptey, era portato via dai tagli esterno-interno di El Shaarawy, che dalla fascia si accentrava per attaccare l’area quando il suo compagno scendeva a sinistra.

Il funzionamento del “doppio terzino” della Roma è arrivata a pieno compimento nello splendido quarto gol, ricordandoci che le idee dell’allenatore vengono interiorizzate dai giocatori e reinterpretate in campo a seconda delle situazioni che il gioco gli pone davanti. Sul 4-0, infatti, la sovrapposizione di Spinazzola è stata interna anziché esterna, ed è stato decisivo il movimento ad allargarsi di Pellegrini, che ha tirato fuori Lamptey, costringendo van Hecke ad allargarsi su El Shaarawy e aprendo il corridoio in cui si è infilato il terzino della Roma. Anche in questo caso è stata poi la qualità tecnica dei giocatori di De Rossi a fare “l’ultimo miglio”: la precisione chirurgica con cui Pellegrini chiude il primo triangolo, il gusto nel delizioso filtrante di punta di Spinazzola, la visione di gioco con cui El Shaarawy d’esterno serve Cristante dentro l’area.

In definitiva, le due squadre si differenziavano quasi unicamente per il loro approccio nei confronti delle transizioni verticali attaccando con pochi uomini, che la Roma, al contrario del Brighton, non disdegnava di utilizzare ogni tanto. In questo modo la squadra di De Rossi ha attaccato soprattutto a destra, dove Celik ha sfoderato la prestazione della vita. De Rossi ha detto che in allenamento il terzino turco friggeva il GPS per quanto correva e forse l’ha scelto proprio per questo: cercare di colpire alle spalle un giocatore molto offensivo come Adingra con il suo atletismo senza palla. La mossa ha funzionato ma anche in questo caso non era priva di rischi, e lo si è visto tutte le volte in cui Celik è andato in affanno con il suo avversario ivoriano in uno contro uno. Con la Roma alta a prendere il Brighton uomo su uomo, la mezzala dal suo lato (principalmente Cristante) non faceva in tempo a farsi tutto il campo all’indietro per aiutarlo con un raddoppio, e in un paio d’occasioni la squadra di De Rossi avrebbe potuto anche prendere gol sulle accelerazioni a sinistra di Adingra, in isolamento con Celik.

L’essenza del De Rossi allenatore, però, sembra essere questa. Fidarsi ciecamente delle qualità dei suoi giocatori, anche a costo di svelarne qualche debolezza, anche prendendosi il rischio di pagare qualcosa. Lo ha detto lui stesso in una delle interviste post-partita: «A coraggio si risponde con coraggio».

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