Oggi fa tenerezza a ripensarci, ma quando in estate Romelu Lukaku si è trasferito all’Inter sembrava uno di quegli acquisti in grado di spostare gli equilibri della Serie A. La rosa nerazzurra dello scorso anno sembrava già la migliore del campionato, cosa sarebbe diventata con in più uno dei migliori centravanti della storia recente?
Certo, c’erano dei dubbi. L’esperienza di Lukaku al Chelsea era stata un naufragio. Un breve compendio di tutte le cose che possono andare storte tra un calciatore e il club che lo paga: incomprensione tecniche, tattiche, umane, errori comunicativi, infortuni a cascata. Arrivato come acquisto vetrina della squadra che aveva appena vinto la Champions League, se ne è andato via deteriorato, in prestito, giocatore finito, inutile, inadatto.
Eppure era difficile immaginare che in Serie A non potesse ancora fare la differenza. Un po’ per il discorso che tendiamo a farci sulla differenza competitiva tra il nostro campionato e quello inglese. Un discorso pieno di luoghi comuni e banalità, ma che contiene qualcosa di vero. Un po’ perché era passato davvero troppo poco tempo dal suo addio. Il nostro ricordo di Lukaku era ancora fresco.
Lukaku era andato via solo un anno prima. Aveva segnato 30 gol, sollevato montagne, distrutto difese, vinto uno Scudetto che spezzava il dominio decennale della Juventus. Quanto potevano essere cambiate le cose, in un anno, per Romelu Lukaku? Quanto possono cambiare, in generale, per una persona? Voi eravate poi tanto diversi un anno fa?
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