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L'estate italiana di Romelu Lukaku
05 ago 2019
Non abbiamo ancora imparato a conoscere l'attaccante belga conteso da Juve e Inter.
(articolo)
16 min
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Romelu Lukaku ha sostanzialmente due problemi. Il primo è che è diventato l’obiettivo di mercato ben due squadre italiane, proprio dopo un anno difficile. È diventato il pomo della discordia tra Inter e Juventus (o della ripicca di Paratici a Marotta, secondo qualcuno), dopo la sua peggiore stagione nelle ultime cinque, dal punto di vista realizzativo non molto migliore alla peggiore di sempre, quella 2014/15, in cui aveva 21 anni. Ma, a parte il fatto che lo scorso anno è stato duro per tutto il Manchester United, che è stato cambiato allenatore in corsa e che sia Mourinho che Solskjaer gli hanno fatto passare qualche giornata in panchina, in che senso è stata una stagione “brutta” per Lukaku? E cosa ci può dire questa stagione sul tipo di giocatore che è, oggi, Lukaku?

Il secondo problema di Romelu Lukaku è che, giocando in Premier League da quando di anni ne ha 19, tutti pensano di conoscerlo, di sapere già cosa aspettarsi da lui. Anche se in realtà, soprattutto da parte di chi lo critica, si leggono e sentono molti giudizi superficiali su di lui, per lo più basati sulla deduzione giocatore grande e grosso = giocatore poco tecnico. A cui si aggiunge, dato che Lukaku oltre ad essere grande e grosso è anche nero, lo stereotipo razziale di un calciatore arrivato nell’élite del calcio mondiale soprattutto grazie alle sue straordinarie doti fisiche. Per qualcuno, cioè, nel bene e nel male Romelu Lukaku è semplicemente un calciatore molto grosso e molto nero. E invece Lukaku ha caratteristiche tecniche e fisiche che non solo hanno conseguenze sul piano della tattica (individuale e collettiva) ma che lo rendono unico nel panorama mondiale.

Certo, è difficile non credere ad Antonio Conte quando dice che Lukaku sarebbe “un grande colpo” per l’Inter, o pensare che la Juventus si priverebbe di Dybala solo per fare un dispetto al suo ex DS, ma al tempo stesso chi resiste al potere persuasivo di un video crudele con la musica di Benny Hill?

Diario di un anno difficile

Se si esclude la prima stagione da professionista, in prestito al West Bromwich, Lukaku non ha mai giocato così poco come nella passata stagione. José Mourinho lo ha tenuto fuori perché non sembrava felice, mentre Ole Gunnar Solskjaer - lui stesso uno dei migliori supersub della storia dello United, che quindi non deve vedere la panchina come una punizione - ha detto di considerarlo importante anche se gli ha più volte preferito Martial, Rashford e Lingard (tutti e tre insieme, o anche solo due dei tre). Lukaku ha comunque giocato più 2000 minuti in campionato, ed è stato il miglior marcatore del Man United.

Se concentriamo lo sguardo sulle sue ultime tre stagioni possiamo parlare magari di una “normalizzazione”, ma è indubbio che si tratti di un attaccante di alto livello, sotto il punto di vista della finalizzazione pura ma anche della creazione di occasioni da gol, per sé e per gli altri. Anzi, diciamo che si può parlare di normalizzazione solo in confronto alla sua ultima stagione con la maglia dell’Everton (quella 2016-’17), eccezionalmente positiva, in cui ha superato anche le previsioni più ottimistiche segnando 24 gol in campionato (più un rigore) a fronte di 11.5 Expected Goals.

La sua efficienza - espressa appunto nel rapporto tra gol e xG - quella stagione è stata di 2.08: ha segnato cioè il doppio dei gol che la media di tutti gli attaccanti presi in considerazione nell’indice statistico (di più stagioni e non solo del campionato inglese) avrebbero segnato. Sarebbe stato assurdo se avesse continuato a segnare su quel ritmo: per darvi un’idea, l’efficienza di Messi nelle ultime stagioni oscilla tra 1.15 e 1.35; mentre Cristiano Ronaldo nella prima stagione italiana si è fermato a 0.75, e nelle ultime due spagnole a 0.9 (e nelle precedenti due con la maglia del Madrid è arrivato a 1.1).

Nella sua prima stagione con la maglia del Manchester, Lukaku in Premier League ha avuto un’efficienza comunque alta (0.99) rispetto agli altri attaccanti del campionato inglese, segnando un numero di gol (16) praticamente uguale a quello che il modello di Expected Goals si sarebbe aspettato sulla base delle occasioni avute (16.1). E persino lo scorso anno davanti alla porta Lukaku non ha deluso: ha segnato 12 gol avendo avuto a disposizione occasioni per un totale di 13.7xG, con un’efficienza nella media degli attaccanti di Premier (0.87).

I suoi numeri in fase di finalizzazione nella passata stagione lo collocano di poco fuori dai primi dieci marcatori di Premier, che in media hanno segnato poco più di lui (16.1 gol), sono stati leggermente migliori di lui nel crearsi occasioni o sono stati serviti leggermente meglio (16.9 xG) e sono stati più efficienti nel trasformarle in gol (0.96). Il “Kun” Aguero, per fare un esempio specifico, lo scorso anno ha segnato 21 gol ma ha avuto un’efficienza simile a quella di Lukaku (0.9). Parliamo comunque del campionato in cui giocano alcuni tra i migliori attaccanti al mondo, con alcune tra le squadre con il miglior gioco offensivo, e di una stagione che per Lukaku è stata anomala in senso negativo. In Serie A, per capirci, l'efficienza media lo scorso anno è stata di 0.79.

Che poi, volendo, ci sono anche dei bei video su Lukaku.

Ma l'efficienza da sola non ci dice tutto della finalizzazione di un attaccante. Allora se consideriamo la capacità di convertire i propri tiri in gol, Lukaku ha comunque avuto performance superiori a quelle dei migliori in PL, trasformando in gol 21.8% dei suoi tiri, contro la media del 18.3% dei migliori tra i suoi colleghi (e la media di tutti gli attaccanti è tra il 12% e il 14%). Ha calciato in porta il 58.2% del totale dei propri tiri, mentre i migliori 10 in PL solo il 41.5%. E questi numeri sono simili persino all’ultima stagione mostruosa all’Everton, in cui Lukaku ha segnato con il 22% dei suoi tiri e preso la porta nel 47.7% dei casi.

Semmai, quello che cambia di più tra il miglior Lukaku dell’Everton e il peggiore dello United (sempre tenendo presente che sono la stessa persona), è il volume di tiri: nelle ultime due stagioni ha calciato in porta 118 e 110 volte, un quarto in più rispetto alla prima stagione con lo United (86) e circa il doppio di quanto fatto la passata stagione (55) con un terzo dei minuti in meno a disposizione.

Il che lascia immaginare, da una parte, che lo United non abbia funzionato benissimo nel metterlo in condizione di tirare, e che Lukaku abbia avuto meno responsabilità offensive rispetto a quando tutte le azioni dell’Everton finivano sui suoi piedi; ma, dall’altra parte, significa anche che Lukaku ha saputo scegliersi, crearsi, le occasioni migliori in cui calciare in porta. Al punto che la passata stagione è quella in cui ha prodotto più xG per 90’ (0.56), in cui cioè è riuscito a concentrare le migliori occasioni nei minuti avuti a disposizione (e magari con più minuti avrebbe avuto più occasioni e, probabilmente, fatto più gol). Questo è il dato più interessante della passata stagione: Lukaku ha mantenuto un volume alto di occasioni create, in proporzione ai minuti giocati la qualità dei suoi tiri è rimasta nei suoi (decisamente alti) standard.

Prima di parlare dell’utilità tattica di Lukaku, ecco una prova del fatto che non gioca da solo a testa bassa, ma che può creare occasioni anche per i compagni, anche solo muovendosi.

Insomma, Lukaku viene da una stagione negativa per i suoi standard, ma neanche così tremenda, e forse questo è il momento migliore per acquistarlo: la sua valutazione è probabilmente più bassa di quanto non sia stata nei tre anni precedenti ma le sue prestazioni non sono calate al punto da far pensare a un’involuzione tecnica, o a un declino atletico - che a 26 sarebbe difficile da immaginare, anche se qualcuno ha ipotizzato anche questo.

Le sue doti fisiche nei due anni a Manchester sono state messe più volte in dubbio, perché Lukaku non è agile come qualche anno fa. Come lui stesso ci ha tenuto a sottolineare, però, la stazza non gli impedisce di raggiungere picchi di velocità oltre i 36Km/h: è secondo dietro Dalot nella classifica interna dello United che Lukaku ha pubblicato e poi cancellato su Twitter (mettendo involontariamente in imbarazzo il più lento, Luke Shaw).

I numeri ci dicono che, al netto di un adattamento al livello più alto dello United rispetto all’Everton, e del raggiungimento della maturità fisica per cui Lukaku a 26 anni è più grosso del Lukaku a 23 (che comunque non era piccolo), è un giocatore piuttosto costante che ha il suo posto in una squadra di primissima fascia. Uno di quelli per cui vale la pena spendere più di 80 milioni.

Ok, ma cosa farebbe Lukaku alla Juve o all’Inter?

Detto dello stato del talento di Lukaku, resta da chiedersi come potrebbe ambientarsi alla Juve o all’Inter. Ci sono anche ragioni che non riguardano il campo, per cui Lukaku potrebbe o meno venire in Italia - tipo l’eventuale plusvalenza che la Juventus farebbe scambiandolo con Dybala, che però nelle ultime ore sembra aver perso l'interesse dello United - ma in ogni caso poi andrà capito perché entrambe le squadre volevano proprio lui. Ci saranno anche delle ragioni tecniche, tattiche?

Come detto all’inizio, al di là delle sue qualità fisiche, Lukaku ha caratteristiche piuttosto uniche per cui sarebbe sbagliato considerarlo esclusivamente un attaccante d’area di rigore (per quanto, come abbiamo visto, sia la parte più importante del suo gioco). Non ha tutti i torti chi mette in dubbio il suo primo controllo o più in generale il suo contributo lontano dall’area di rigore, ma al tempo stesso sia Sarri che Conte danno molta importanza al contributo degli attaccanti lontani dall’area di rigore. Normale, quindi, che ci sia un po’ di confusione sulla reale utilità di Lukaku per entrambi.

Pochi giorni fa l’Indipendent ha raccontato che nell’ottobre del 2017, quando allenava il Chelsea, Conte ha parlato con i suoi collaboratori di come Mourinho stesse usando male Lukaku allo United, facendolo giocare spalle alla porta, mentre lui aveva in mente un ruolo più mobile per sfruttare le sue corse palla al piede «potenzialmente devastanti». E poco prima che uscisse questa indiscrezione, un paio di settimane fa, Alfredo Giacobbe (che ha fornito tutti i dati che leggete in questo pezzo) aveva immaginato qui sull’Ultimo Uomo che nel sistema a due punto di Conte, Lukaku potesse essere l’attaccante da profondità, «pronto a ricevere il pallone sulla corsa travolgendo tutto ciò che incontra».

Nonostante sia alto e grosso, Lukaku non ha un grande talento per i duelli aerei e i colpi di testa (anche se in area di rigore sui calci piazzati, anche solo per quanto è grosso e quanto è alto è una minaccia sempre e comunque, e sappiamo quanto i calci piazzati siano importanti per Conte). Né è affidabilissimo come sponda per risalire il campo, quando si trova con le spalle alla porta: compensa in parte il suo controllo non pulitissimo proteggendo palla con il corpo, ma quando non gioca di prima resta comunque macchinoso e impreciso.

Come detto, però, Conte gli potrebbe mettere vicino qualcuno più a proprio agio a metà campo (lo sono sia Lautaro che, in caso, Dzeko) per attivare Lukaku una volta girato col corpo verso la metà campo avversaria, aggirando in un certo senso il problema. Lukaku sbaglia passaggi, magari di poco, anche dopo belle corse palla al piede, ma oltre a considerare il diverso livello atletico del campionato italiano (quanti difensori potrebbero tenerlo in velocità e al tempo stesso resistere alla sua forza?) dobbiamo immaginare che nel sistema di Conte saprebbe prima in quali corridoi lanciarsi in velocità, e avrebbe compagni intorno che si muovono in modo da creargli spazio e offrirgli linee di passaggio. Insomma, non dovrebbe improvvisare a ogni azione, problema con cui ha dovuto convivere allo United (soprattutto Mourinho sembrava lasciargli ogni responsabilità in transizione) e a cui è sopravvissuto grazie a una visione di gioco non banale.

In questo senso, volendo affrontare l'elefante nella stanza, non solo gioca molto di più compagni rispetto a Icardi, e con più qualità nonostante tutto (lo vedremo tra poco), ma è più a sua agio ad attaccare in un campo lungo. Se Icardi si esalta negli spazi asfissianti dell'area di rigore, meglio ancora nel fazzoletto dell'area piccola con il marcatore addosso, Lukaku ha bisogno di un campo in scala con le sue dimensioni, e al tempo stesso è lui ad allargare il campo per sé e per i suoi compagni quando entra in possesso della palla con la possibilità di correre.

Sono attaccanti quasi agli antipodi, ma se uno dei due può coprire i compiti dell'altro, quello è Lukaku, che in area ha comunque presenza e istinto, mentre Icardi si trova in difficoltà quando deve portare palla per troppi metri. Icardi saprebbe trovare il modo di fare gol anche con i polsi legati a una sedia in mezzo all'area, ma Lukaku farebbe a pezzi la sedia, andrebbe a prendersi palla di forza a centrocampo e poi tornerebbe in area per spingere in rete il cross del terzino.

Anche Maurizio Sarri avrebbe bisogno di Lukaku per le sue qualità da attaccante di movimento, nel senso però che gli serve un centravanti che - oltre a segnare - compensi i movimenti di Cristiano Ronaldo. Considerando che il portoghese probabilmente partirà dalla sua posizione esterna a sinistra (nel 4-3-3) per poi tagliare verso il centro, in area di rigore o tra le linee, l'ideale sarebbe un numero 9 che partendo dal centro si allarghi da quella parte, portando via il difensore centrale destro avversario e mandando il numero 7 all'uno contro uno con l'altro difensore. O comunque (e questo è valido anche immaginando la Juventus con il trequartista e due punte, di cui una appunto sarebbe Ronaldo) un attaccante che allargandosi spinga in basso le difese.

Lukaku effettua questi movimenti in modo abbastanza naturale, all'Everton e allo United lo ha fatto soprattutto sul centro destra ma essendo mancino a sinistra quando si allarga dietro al terzino destro avversario ha più facilità nel portare palla lungo linea. Non è difficile immaginare Lukaku che taglia in diagonale verso sinistra e che, dopo aver protetto palla ed essersi girato a guardare verso il centro del campo, giochi una sponda bassa per Ronaldo che si inserisce internamente.

Quando si parla di Lukaku alla Juventus, però, più che delle questioni tattiche ci si chiede se tecnicamente sia all'altezza delle richieste di Sarri . Ma, a parte che Lukaku è quello delle compilation YouTube che raccolgono i suoi errori goffi almeno tanto quanto è quello delle compilation in cui sembra onnipotente, parlando solo del suo primo controllo si finisce con il sottovalutare altre sue qualità tecniche: i dribbling con cui crea occasioni per sé, la visione di gioco e la creatività con cui crea occasioni per i compagni.

Il gioco di Lukaku è tanto grezzo quando si trova spalle alla porta (anche se migliora quando si avvicina al limite dell'area e può fare sponde di prima, passaggi brevi per mandare al tiro un compagno), quanto è vario quando può puntare i difensori avversari palla al piede, con lo sguardo rivolto alla porta.

Quindi, anche se Lukaku può far guadagnare molti metri di campo a qualsiasi sistema che gli crei spazio, che ne sfrutti le doti atletiche facendogli fare movimenti profondi, e diventa devastante in transizione, sa giocare anche in fase di attacco posizionale. Oltre a riempire l’area di rigore (in senso quasi letterale, pur se in modo piuttosto statico), si rende disponibile ai compagni e se la cava anche nello stretto, con entrambi i piedi.

È l’idea di calcio in cui Lukaku è cresciuto, quella belga, che esalta la creatività sulla trequarti, Lukaku è diventato adulto guardando i tagli alle spalle della difesa dei compagni e provando a servirli, non è uno di quegli attaccanti che cerca lo spazio per il tiro anche quando ha davanti un muro di giocatori, né uno di quelli che alza la mano vicino al dischetto chiedendo che la palla venga messa dentro (semmai, proprio considerando quanto gli piace uscire dall'area, immaginandolo con Ronaldo vicino la paura è che possano finire a pestarsi i piedi sulla trequarti). Lukaku vuole essere importante anche fuori dall'area di rigore, una parte consistente del suo gioco non c'entra niente con la finalizzazione pura.

Se si esclude l’ultima stagione, ha sempre fatto assist (6 nelle ultime due stagioni all’Everton, 7 nella prima con lo United). Non dipende solo da lui, ovviamente, ma lo scorso anno ha prodotto 2.3 Expected Assist, mentre in quelle passate 4.7 e 4.6. La sua partecipazione al gioco offensivo, però, non è mai nulla (ha eseguito 0.8 passaggi all’interno dell’area di rigore in media ogni 90’, più della prima stagione con Mourinho - 0.5 - ma anche di più dell’ultima all’Everton - 0.7).

Questo, en passant, non è diventato un assist solo perché in porta c'era Alisson.

Le difficoltà tecniche in questi ultime anni si spiegano con il fatto che Lukaku non è mai riuscito a specializzarsi per diventare un riferimento sui lanci lunghi, limitando i suoi movimenti alla fascia centrale di campo come un tipico attaccante da calcio inglese, muovendosi più liberamente potrebbe evitare quelle situazioni in cui i suoi limiti tecnici vengono in superficie. Forse finché si parlava dell'Inter i limiti tecnici di Lukaku non sembravano rilevanti, perché il gioco di Conte nel nostro immaginario è più fisico e schematizzato, mentre quello di Sarri ci sembra più adatto a giocatori di maggiore sensibilità tecnica. Ma in entrambi i casi l'abito tattico dovrà adattarsi sulle misure di Lukaku: pensare che tutto il lavoro spetti al giocatore significa sottovalutare l'esperienza e la professionalità dei due allenatori.

Al tempo stesso, concentrarsi troppo sui limiti di Lukaku significa sottovalutare le sue qualità. E a questo punto è arrivato il momento di fare una breve riflessione personale, che spero possa valere anche per qualcun altro. Due anni fa ho scritto un articolo dal titolo Cosa non va nel calcio di Lukaku, in cui forse sono stato troppo severo con un giocatore che seguivo da molto tempo e su cui mi ero fatto delle aspettative diverse. Più in generale, però, quando parliamo di calcio tendiamo a confondere il nostro giudizio personale, in cui possono entrare anche ragioni di gusto, con la necessità di fare una valutazione che, per quanto sempre soggettiva, debba aspirare ad avvicinarsi all'oggettività.

Due anni fa scrivevo che Lukaku si porta dietro sia i problemi della formazione belga, per il suo gusto si svariare sulla trequarti e cercare giocate difficili, sia quelli derivati dall’adattamento ai lanci lunghi e alle transizioni continue del calcio inglese. Ma questo percorso ha fatto di Lukaku il giocatore che è oggi, fornendogli strumenti che un classico centravanti non ha. Qualsiasi giudizio personale (se si parla di centravanti, ad esempio, continui a preferire quelli con un gioco tecnico spalle alla porta, che spesso hanno un baricentro basso) deve comunque rendere giustizia all’eccezionalità di Lukaku, che è quella di un centravanti con numeri di prima classe a cui si accompagnano una creatività e un gioco coi compagni che, per quanto non supportate da una tecnica finissima o da una genialità di pensiero, sono comunque doti rare nei numeri 9.

Romelu Lukaku non è un attaccante autosufficiente, né perfetto. Non vince tutti i duelli che ingaggia, né porta a termine tutte le sue corse palla al piede, spalle alla porta si irrigidisce e rallenta l'azione. Ma dà sempre un contributo al gioco offensivo della squadra in termini di sponde e movimenti senza palla, e sa giocare coi compagni nel breve e nel lungo, con una metà campo vuota a disposizione o con un'area piena di gente in cui trovare spazio. Se si adatterà alle idee di Sarri, o di Conte, e se formerà una grande coppia con Ronaldo, Lautaro Martinez o Dzeko, dipenderà da molte cose, ma chi dà giudizi troppo severi o lo conosce poco, oppure, come ho fatto io, dà troppa importanza al proprio gusto personale.

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