Scegliendo di tornare al Chelsea Lukaku ha visto forse una possibilità di riscatto, di provare al mondo che chi non aveva puntato su di lui anni fa si era sbagliato. Per lui che il Chelsea lo aveva lasciato appena ventenne, tornarci quasi un decennio dopo come uno dei migliori centravanti d’Europa significava mettere alla prova il suo status. È stato un ritorno a casa quindi. Ma un ritorno a una casa che però nel frattempo è stata demolita e ricostruita una, due, tre volte. Una casa in cui anche chi ci vive è cambiato – almeno in buona parte – ma pur sempre casa.
Che il Chelsea fosse casa sua Lukaku lo aveva predetto prima ancora che il club lo mettesse sotto contratto la prima volta. Nei giorni in cui si concretizza il ritorno, l’Anderlecht pubblica un video d’annata. Il contesto non è chiaro ma un giovanissimo Romelu è in gita a Stamford Bridge. Ha la maglia di Drogba e per lui è il paradiso; si siede in tribuna, cerca di godersi il momento; a un certo punto il video stacca su di lui, in piedi mentre guarda il campo. Dice che un giorno avrebbe giocato lì. Così sarà, sia pur per una manciata di partite tra un prestito e l’altro.
Nel suo ritorno il passato e presente si compenetrano e su questo giocherà anche il video con cui il Chelsea lo annuncia al mondo. È l’agosto del 2021 e in quel video ricompaiono i frame di quella gita ma anche quelli dei suoi primi giorni al Chelsea: la firma sul contratto, i giri per Cobham e le foto dei suoi primi allenamenti. In sottofondo passa Public Service Announcement di Jay-Z, nella cui RocNation Big Rom è entrato da qualche anno. Il tempo passa, lui cresce e i capelli diventano meno, le maglie cambiano e la musica accelera. Quando entra il ritornello la maglia è di nuovo blu, come quando è iniziato tutto. Nella sua prima intervista Lukaku annuncia di aver scelto la maglia numero nove. Lo vuole dire, lo fa con genuino entusiasmo e probabilmente anche perché sa cosa significa quella maglia per il Chelsea. Quel numero è spesso stato una condanna per chi l’ha indossato nell’ultimo ventennio. Che siano stati giocatori fenomenali come Fernando Torres, Hernan Crespo, Radamel Falcao o Gonzalo Higuain, giovani come Franco Di Santo o Tammy Abraham o addirittura difensori come Khalid Boulahrouz. Quel numero ha sempre accompagnato stagioni deludenti.
Romelu però non si fa problemi: con quel numero ha scritto la storia della Nazionale belga, ha giocato nel Manchester United e ha vinto con l'Inter. Gli antichi greci parlerebbero di hybris e sapendo come è finita si potrebbe essere d’accordo, ma nella sua testa il problema non esisteva.
La stagione di Lukaku
E infatti l'inizio sembra promettere bene: il debutto arriva all’Emirates e dopo un quarto d’ora Lukaku si tira quasi letteralmente via Pablo Marí, passandoci sopra come fosse un bulldozer e trovando un gol fin troppo facile su un cross basso di James. Nel secondo tempo va vicino anche alla doppietta ma Leno gli leva dalla porta un colpo di testa con una parata che è stata candidata anche al premio di migliore dell’anno.
Una settimana dopo il livello della difficoltà sale tremendamente: il Chelsea va ad Anfield e dopo un primo tempo positivo si trova a giocare la ripresa in dieci. Lukaku in questa situazione è quasi fuori dal gioco e riemerge dalle tasche di van Dijk solo per una sponda interessante verso Kovacic che quasi vale la vittoria ai Blues. Siamo alla seconda giornata e qualcuno mugugna perché il centravanti da 120 milioni è stato poco più che una comparsa in uno scontro diretto.
Al ritorno dalla pausa arriva il secondo gol della sua stagione: una bellissima corsa alle spalle della difesa dell’Aston Villa che culmina in area, qui manda per terra Tuanzebe e col destro mette in porta. Nel finale trova anche la doppietta spedendo nel sette un sinistro semplicemente troppo forte per tutti. Il “boom” con cui Massimo Marianella descrive il gol restituisce bene la forza con cui il pallone si stacca dal suo sinistro. Questi due gol sono forse quanto di più simile a ciò che gli si è visto fare nel suo biennio interista e d’altronde contro van Dijk non ci si può giocare ogni settimana. Tre giorni dopo sarà sempre lui a schiacciare in porta un cross di Azpilicueta per battere lo Zenit all’esordio stagionale in Champions.
Nelle sei partite seguenti il gol manca del tutto e prima della partita di Champions League contro il Malmo, Tuchel parla di necessità di adattamento sia di Lukaku verso il club che viceversa, ma aggiungerà anche che Lukaku non è al meglio. Parla di “stanchezza mentale”, una formula già impiegata poco prima per giustificare l’assenza di Chilwell, e attribuita anche alle energie che entrambi - ma anche Mount e Jorginho - hanno dedicato alle rispettive nazionali durante gli Europei. Su Lukaku in particolare sostiene che abbia la tendenza a caricarsi sulle spalle i risultati negativi del suo Belgio. Tuchel parla in modo serio, non sembra cercare alibi.
La svolta negativa arriva però esattamente il giorno dopo, quando un’entrata in ritardo di Lasse Nielsen provoca a Lukaku una distorsione alla caviglia che lo ferma per un mese. È qui che qualcosa sembra rompersi perché al suo ritorno, ancora non da titolare, sembra molto più impacciato. Alla prima da titolare però torna anche il gol, di nuovo contro lo Zenit. Non è un gol bello, Werner gli serve una palla che deve solo appoggiare nella porta vuota. Si prende anche il lusso di stopparla, bloccando con il suo enorme fisico il rientro di Karavaev. Magari non si fida di un appoggio di prima, ma in generale non sembra un gol del tutto suo.
Per ritrovare un gol in Premier League bisogna aspettare il Boxing Day. Davanti c’è ancora l’Aston Villa e Lukaku parte ancora dalla panchina. Entra nel secondo tempo e dopo dieci minuti sarà una sua deviazione di testa a superare Martinez per mandare avanti il Chelsea. Completerà l’opera a fine gara, partendo come un treno in transizione, tirandosi via Targett e costringendo Konsa a stenderlo in area. Il rigore lo segnerà Jorginho ma in questi 45 minuti si vede di nuovo, forse per l’ultima volta, il Lukaku visto a Milano.
Intanto, però, lo score recita 6 gol in 16 partite. Diventeranno 7 in 17 tre giorni dopo, quando schiaccerà di testa un angolo di Mason Mount contro il Brighton, numeri modesti in qualunque modo li si voglia vedere. All’esordio del Chelsea nel nuovo anno Lukaku non figura nella distinta. Il motivo è noto ed è nell’intervista, non concordata né col Chelsea né col suo agente, rilasciata a Sky Italia.
Tutto ciò che dice e che fa in quell’intervista trasmette delusione: parla con un tono basso e dice di stare bene fisicamente, dice che è merito dell’Inter e che non è contento della situazione al Chelsea. Ne viene fuori una critica pesante verso Tuchel, che secondo lui avrebbe cambiato modulo e che in quello attuale fatica a ritrovarsi. Quando parla dell’Inter il suo umore sembra migliorare: dice che è nel suo cuore, vengono fuori parole di amore verso l’Italia, chiede scusa ai tifosi dell’Inter e auspica di tornare prima della fine della sua carriera.
Che con Tuchel ci fossero dei problemi era emerso anche qualche giorno prima. Parlando a ESPN, Lukaku aveva chiesto maggiore chiarezza al suo allenatore, ribadendo come fosse un giocatore capace di fare tutto quello che serve. Tuchel reagirà inevitabilmente male e nel caos che nascerà da quell’intervista si comincia a parlare di una cessione immediata, addirittura un ritorno all’Inter. Il risultato più vicino è una tribuna contro il Liverpool.
Da quell’esclusione arrivano però 10 partite di fila da titolare ma in molte – quasi in tutte a dire il vero – Lukaku sembra semplicemente inadeguato. Tocca pochi palloni e ne perdi tanti, produce tra il poco e il nulla, i tiri sembrano sempre troppo deboli e i suoi tocchi sempre imprecisi. Un buon saggio del momento di forma lo offre la partita di metà gennaio contro il Manchester City. Lukaku tocca 20 palloni in 90 minuti – per dare un paragone, il secondo peggiore è Ziyech con 24 in 70 – perdendone nove, perde tutti i duelli aerei e produce un solo tiro, per giunta neanche così pericoloso.
Sembrerà riprendersi quando il Chelsea andrà a giocare il Mondiale per Club. Nella semifinale con l’Al Hilal trova il gol vittoria con un tocco in mischia nell’area piccola e nella finale con il Palmeiras apre le marcature con un bel colpo di testa su cross di Hudson-Odoi. La fiducia, e probabilmente anche la pazienza, di Tuchel termina una settimana dopo, quando il Chelsea va in casa del Crystal Palace e Lukaku sembra un corpo estraneo. Toccherà 7 palloni in 90’, due in tutto il primo tempo contando il calcio d’inizio. Sono tutti raccolti in un pratico video.
Un piccolo sussulto arriva in FA Cup, dove segna contro Luton e Middlesbrough ma per tornare a giocare da titolare in Premier deve aspettare fine aprile, quando scende in campo, senza incidere, contro l’Arsenal. Riparte da titolare nelle ultime due stagionali, segna tre gol, chiude a 15 complessivi e, paradossalmente, è il miglior marcatore stagionale del Chelsea. Eppure resta difficile definire anche solo sufficiente la sua stagione.
Cosa non ha funzionato
È stata una stagione fallimentare, non ci si può girare intorno. Lukaku è tornato al Chelsea per dimostrare di essere uno dei migliori attaccanti al mondo e il risultato è stato un clamoroso e costoso fallimento. Le cause sono molteplici, in generale la più grande resta probabilmente l’incompatibilità emersa con le idee di Tuchel, che da lui si aspettava probabilmente un lavoro spalle alla porta diverso e in generale migliore. Era difficile prendere il posto di centravanti in una squadra che ha vinto la Champions League senza. Rimane da chiedersi a questo punto cosa ha visto il Chelsea in Lukaku.
Tuchel, per esempio, ha faticato fin troppo a ritagliare a Lukaku un ruolo che potesse esaltarne i movimenti fronte alla porta. Le responsabilità di questo fallimento sono molto più diffuse di quanto uno potrebbe pensare a primo impatto. Inoltre, a complicare un già difficile inserimento hanno pesato anche fattori esterni come il fatto di non aver svolto la preparazione – è arrivato con la Premier già iniziata – e alcuni problemi che hanno afflitto tutta la fase offensiva del Chelsea in senso più ampio. Nello specifico ciò che sembra aver inciso maggiormente è stata l’assenza di Ben Chilwell e della sua capacità di fornire una serie di movimenti con e senza palla utili ad allargare e rompere le linee difensive avversarie. Assenza, questa, a cui si è poi aggiunta anche quella di Reece James, capace di fare altrettanto sul lato destro. In entrambi i casi i sostituti, Alonso e Azpilicueta, hanno proposto un’interpretazione del ruolo profondamente diversa.
Nel corso della stagione Tuchel ha provato varie soluzioni per migliorare la fase di possesso ma non è stato in grado di individuarne una del tutto convincente, finendo per complicare la stagione tanto a Lukaku quanto a buona parte dei suoi compagni di reparto. Una situazione in cui ha di certo inciso l’incertezza societaria che da mesi affligge la squadra. Un condizionamento di cui è difficile capire i limiti, ma che è esistito.
In definitiva l’inserimento di Lukaku nell’organismo Chelsea non sembrava a priori impossibile, anche alla luce della maturità tecnica raggiunta nel biennio interista. Ai suoi storici limiti - un gioco spalle alla porta non sempre tecnicamente pulito - si sono aggiunti fattori di incompatibilità tecnico-tattica e poi probabilmente anche di motivazione.
Che fare
I presupposti per provare a reinserire Lukaku nel meccanismo del Chelsea ci sono e il club ne avrebbe tutto l’interesse visto la portata dell’investimento – quasi 120 milioni di Euro di cartellino e quasi 20 di ingaggio lordo – ma in ogni caso ciò presuppone anche un discreto ripensamento degli equilibri della squadra. Un ripensamento, va detto, che non sembra così impossibile visto che il Chelsea dovrà ricostruire quasi interamente il reparto difensivo. Da questa ricostruzione potrebbe passare anche una nuova forma della squadra e in quella forma Lukaku potrebbe anche ritrovare una sua dimensione, soprattutto considerando che stavolta avrebbe dalla sua parte l’aver svolto la preseason con il club.
Dal canto suo, Lukaku sembra molto più intenzionato a tornare all’Inter e, stando a quanto si dice, lo farebbe anche a costo di tagliarsi lo stipendio. Per ricostruire le sue motivazioni tornare in un club amico sarebbe fondamentale ma è anche vero che all’Inter troverebbe una situazione profondamente diversa da quella che ha lasciato un anno fa e pertanto reinserirsi nel gruppo potrebbe essere ben più complesso di quanto Lukaku possa sperare. Per lui ci sarebbe anche da ricostruire il rapporto con una parte di tifoseria che nel suo addio ha visto un tradimento, sia per i modi che per i tempi con cui è arrivato. A questo punto capire quale sia la scelta migliore per lui è difficile, di certo è il momento più delicato della sua carriera. Quante cose possono cambiare in un anno.