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Quando Ronaldinho fermò il tempo con un passo di danza
07 mar 2025
Sono passati vent'anni dal leggendario gol di punta al Chelsea.
(articolo)
10 min
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È una serata fresca di inizio marzo, a nella parte ovest di Londra non piove. Alcuni calciatori però ci vanno cauti: hanno optato per le maniche lunghe. È quella che viene definita una serata di gala: una partita tra le le due migliori squadre di Premier League e Liga a inizio degli anni 2000, e infatti c’è chi parla alla vigilia di finale anticipata.

Lo Stamford Bridge non ha mai atteso una partita così tanto. C’è l’aria del cambiamento: cioè della metamorfosi in una squadra egemone grazie ai soldi di Abramovich e alla genialità di Mourinho. Da settimane ronza a tutti in testa il ritornello di una canzone dei Kaiser Chiefs uscita da poco: “Oh my god I can't believe it I've never been this far away from home”.

Il Chelsea è un mix dei giocatori ereditati dalla gestione Claudio Ranieri e di quelli voluti dal rampante José Mourinho. Una squadra che vincerà la Premier League stabilendo il record di 95 punti, lasciando per strada solo una sconfitta e subendo la miseria di 15 gol (questo record resiste ancora oggi). I nomi che compongono la difesa sono proprio il simbolo di questo incontro tra il vecchio e il nuovo: John Terry e Ricardo Carvalho centrali, William Gallas e Paulo Ferreira terzini, davanti alla linea difensiva staziona Claude Makélélé e in porta Petr Cech. Una difesa che sarà lo zoccolo duro del primo ciclo di Mourinho, un gruppo ambizioso quanto il suo allenatore, altrettanto spigoloso, abrasivo.

All’andata al Camp Nou il Barcellona ha vinto per 2-1 grazie al solito gol di Eto’o. C’è stata un’espulsione di Drogba e Mourinho ha messo il solito carico di polemiche nei confronti dell’arbitro sia negli spogliatoi che nel dopo partita, con tanto di conferenza stampa saltata. L'allenatore portoghese verrà multato della UEFA, che lo rimprovererà per aver creato un ambiente “avvelenato e negativo”.

Il Barcellona di Rijkaard, invece, è entrato da questa stagione a pieno regime. È il bocciolo della squadra che poi fiorirà in una delle migliori versioni del Barcellona: ci sono Eto’o, Deco, Xavi e Puyol, tra gli altri. È ancora il Barcellona di Ronaldinho, che è il grande acquisto della prima presidenza Laporta. In realtà il presidente catalano voleva prendere Beckham e Henry: l’aveva anche promesso in campagna elettorale. Il primo però sceglie di rimanere all’Arsenal mentre il secondo sceglie il Real Madrid e quindi si va questa terza scelta. Secondo il giornalista inglese Sid Lowe, un dirigente del Real Madrid ha affermato che i madrileni avevano sotto controllo il brasiliano ma non lo avevano ingaggiato perché era "troppo brutto" e li avrebbe "affossati" come marchio. «Grazie a Beckham, tutti vogliono scopare con noi», avrebbe detto secondo questa ricostruzione.

Un anno e mezzo dopo il Barcellona ha in più anche Eto’o e Deco, ed è primo in classifica in un campionato in cui Ronaldinho è la principale attrazione, il giocatore fantasioso e spensierato che in un calcio sempre più muscolare sembra muoversi come in spiaggia con gli amici. Tutti vogliono vedere le sue partite, i giornalisti hanno terminato i superlativi per descrivere le sue partite, i bambini stravedono per lui, le aziende fanno la fila per mettere la sua faccia buffa sui prodotti. La notte di Stamford Bridge è quella in cui si candida a diventare il migliore al mondo.

Il suo primo pallone toccato dal fischio d’inizio è per fare una doppia parete di prima a centrocampo. Un momento che si chiude con un colpo di spalla. C'è da dire che i primi minuti sono tutti a favore del Chelsea, che è carico come non mai. La squadra londinese viene da due settimane in cui Mourinho ha caricato l’ambiente oltre ogni limite dopo l’andata, e gli effetti si vedono. Dai giocatori ai tifosi: sono tutti uniti contro il nemico come non succedeva a Londra dai raid nazisti.

Il Barcellona ha il possesso e fa circolare palla, ma gli viene negato l’ingresso non soltanto in area, anche sulla trequarti centrale, con un'aggressività animalesca su chiunque riceva palla nella metà campo del Chelsea. Alla prima occasione buona in contropiede poi arriva un gol da centravanti consumato di Eidur Gudjohnsen. Dieci minuti dopo, su un tiro dal limite respinto di Joe Cole, arriva un altro gol di Lampard. Due minuti dopo, sempre in contropiede, anche il gol di Damien Duff. Il Barcellona non è mai entrato in area avversaria e la partita è sul 3-0 in venti minuti di gioco.

Il Barcellona, però, regge l'urto dello shock e riesce a non crollare. Poco dopo il 3-0 riesce a impegnare Cech prima con un tiro da fuori di Eto’o e poi con la prima conclusione di Ronaldinho, che sfila di poco al lato (forse uno dei pochi colpi di testa nella carriera del brasiliano). Fino a quel momento il Chelsea aveva fatto di tutto per non fargli arrivare il pallone o fermarlo anche con un fallo dopo lo stop.

Ma quando il Chelsea meno se lo aspetta viene fischiato un rigore su fallo di mano di Paulo Ferreira. Ronaldinho va al dischetto sotto i fischi dello Stamford Bridge e segna. Non festeggia neanche, interrompe la corsa accennata verso i tifosi per andare a raccogliere il pallone in rete e con sguardo torvo gridare ai compagni che non è ancora finita. Almeno per lui.

Di lì a poco si arriva al momento che stavate aspettando. Da un lancio lungo di Giovani van Bronckhorst dalla propria metà campo che viene respinto di testa dalla difesa del Chelsea, il pallone raggiunge Ronaldinho al centro della trequarti, con Iniesta, Deco e Eto’o vicini. La linea difensiva del Chelsea è ben piazzata, nessuno si aspetta quello che sta per succedere.

Ronaldinho viene scavalcato dalla traiettoria e, girandosi, allunga la gamba per provare a toccare il pallone vagante, ma non ci riesce, per sua fortuna Iniesta è proprio lì vicino e può controllarla lui. Subito gli vanno addosso in due del Chelsea, uno dietro e uno davanti: non lo lasciano certo tirare in porta così facilmente. Iniesta scarica allora accanto a Ronaldinho all’altezza della lunetta dell'area, ora fronte alla porta. Lo spagnolo poi prosegue la corsa dietro alla linea difensiva e per una frazione di secondo sembra che Ronaldinho, che intanto è fermo col pallone sotto i piedi, lo stia aspettando per servirlo. In fondo il filtrante è la sua specialità, almeno tanto quanto il dribbling. Il momento per passarla però scivola via senza che Ronaldinho abbia fatto nulla. Alle spalle ha Lampard che si avvicina in corsa, davanti Carvalho con le gambe strette sulle ginocchia a chiedergli lo specchio. Il brasiliano è impassibile.

Alla fine il movimento arriva: una finta di passaggio a Iniesta talmente ostentata che sembra debba colpire da fermo il pallone d’esterno senza però alzare veramente il piede, uno spasmo. Per descrivere questa finta si sono fatti tanti paragoni. Il gesto con cui si spegne un mozzicone di sigaretta col piede, un passo di samba, quest'ultimo soprattutto in Brasile, dove sanno che più che il piede è il movimento dell’anca a fare la differenza. Quello di Ronaldinho sembra effettivamente un balletto sul posto, che fa bloccare Carvalho davanti a lui con i piedi a X e le braccia abbassate a proteggere neanche lui sa cosa. Ronaldinho l’ha trasformato in una costosissima statua di terracotta. È un attimo, prima che il numero dieci del Barcellona ripeta il gesto, ma questa volta per calciare di punta prendendo tutti controtempo.

Il gol di punta è un topos del calcio brasiliano. Per Romario era una formalità e Ronaldo al Mondiale 2002 aveva segnato di punta il suo gol più bello contro la Turchia. Non è questa, quindi, la cosa straniante di questo gol, quanto piuttosto la velocità che dà al pallone pur calciando da fermo. Per calciare così forte da quella distanza, insomma, bisogna essere in movimento. Ronaldinho invece ha il piede sinistro ben piantato a terra, come se avesse calciato una punizione, ma senza aver preso prima la rincorsa. Tu sei lì a vederlo muovere le anche e non fai in tempo a realizzare che sta realmente succedendo questa cosa che lui ha calciato in porta.

La palla vola accanto alla destra di Carvalho, nello spazio libero dove sta correndo Terry per seguire Iniesta. Uno spazio che evidentemente ha visto solo Ronaldinho. Il capitano del Chelsea neanche riesce a reagire, ma non l’aveva fatto neanche la statua di Carvalho, non lo farà neppure Cech. Quando la palla è in porta lui è ancora abbassato sulle ginocchia per prepararsi a tuffarsi, fa giusto in tempo a girarsi sconsolato per seguirla superare la linea.

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Il gol sembra aver sorpreso anche lo stesso Ronaldinho, come un artista che rientra in se stesso dopo l'estasi della creazione. Forse ha realizzato che gli è effettivamente riuscito un trucco che aveva tentato di puro istinto. Quando questo momento passa, mentre i tifosi del Chelsea tutto attorno e i giocatori in blu sul campo sono impietriti, l’esultanza è un insieme scomposto di giubilo, dove chiaramente non c’è nulla di preparato. È un'immagine che rimane. Ronaldinho che corre indicandosi, ciondolando la testa, portandosi le mani dietro alle orecchie in un modo un po’ goffo fino a quando Eto’o e Iniesta lo raggiungono per abbracciarlo. Il completo del Barcellona con le maniche lunghe che Ronaldinho tira stringendo le estremità dentro il palmo delle mani. Un completo forse leggermente largo che si era gonfiato nel movimento estremizzando la finta e poi il tiro.

Giriamoci poco intorno: è uno dei gol più belli della storia della Champions League. Uno dei primi che viene in mente e che è sempre presente nelle compilation di Ronaldinho.

Col tempo ho realizzato che la cosa che rende magnetico questo gol non è tanto la finta o il tiro, ma la sospensione del tempo. Sembra stiano tutti aspettando che Ronaldinho faccia una cosa pazzesca, senza sapere che farà quella cosa pazzesca. Ronaldinho ha frantumato la realtà di una partita di calcio tirando fuori un gesto che semplicemente non ha senso di esistere, ha creato così un piccolo universo localizzato solo a Stamford Bridge in cui le leggi della fisica sono leggermente alterate.

Allora vivevo in Spagna, in uno studentato, e vidi la partita in gruppo, su un maxischermo di una sala teoricamente adibita a cinema in cui ci incrociavamo quasi ogni settimana. Ero a Madrid: la platea non era certamente clemente con quello che stava succedendo al Barcellona a Londra. C’era solo un canario che tifava per il Barcellona e fino a quel momento era rimasto di sasso, un madridista di Toledo affianco lo aveva punzecchiato ininterrottamente dal 3-0. Quando la palla è entrata in porta l’ho visto con la coda dell'occhio schizzare in piedi. Il volume della sala si alzato improvvisamente e mi sono girato più volte per guardare in faccia gli altri spettatori, come si fa quando succede qualcosa di fuori dall'ordinario. Avevamo già visto insieme Ronaldinho fare magie contro le squadre della Liga e sapevamo che era realmente capace di qualsiasi cosa, ma un gol così semplicemente non era contemplato. Stupore prima ancora che ammirazione.

Ma torniamo alla partita. Il gol del 3-2 significherebbe la qualificazione del Barcellona per differenza reti, ma purtroppo per Ronaldinho e la sua squadra, questo gol è arrivato troppo presto. Il Chelsea ha avuto a disposizione l’intervallo per riordinare le idee e tutto il secondo tempo per iniziare una guerra d’attrito. Il gol del 4-2 arriva al 76’: lo segna Terry su calcio d’angolo. Alla fine sarà il Chelsea a passare il turno, con uno strascico emotivo tale da creare una delle principali rivalità della Champions League a cavallo tra gli anni ‘00 e ‘10.

Ronaldinho si prenderà la sua vendetta la stagione successiva, quando da Pallone d'Oro in carica rincontrerà, sempre agli ottavi, la squadra di Mourinho. La eliminerà segnando un altro bellissimo gol, sempre nella partita di ritorno e lanciandosi fino alla vittoria della competizione. Curiosamente sarà proprio questo gol ad essere il preferito di Ronaldinho stesso, tra quelli segnati in Champions League. Un'azione in cui, resistendo al contrasto di Terry e imprimendo una forza paurosa nel tiro, mostrava che era anche un giocatore tosto fisicamente e non solo fantasioso.

Quale dei due gol però è rimasto? Già all'epoca di Ronaldinho gli attaccanti stavano mutando a livello muscolare per diventare sempre più forti, e già allora giocatori come Eto'o o Drogba sapevano segnarli. Ma quanti all’epoca avrebbero potuto segnare un gol ballando? Quanti saprebbero farlo oggi? A quanti verrebbe anche solo in mente di farlo? Se torniamo ciclicamente a questo gol, è perché la sua unicità ci mostra il lato artistico di questo sport. E Ronaldinho è forse il migliore esempio esistito di giocatore artista, in grado di eseguire giocate uniche ad ogni partita.

Nel gioco del brasiliano non c’era l’idea di efficienza e replicabilità e forse è anche per questo che gli è stato tanto difficile far durare il picco della sua carriera più di quei tre, quattro anni. All’interno di quei tre, quattro anni, però, la sua creatività non ha avuto paragoni. Ancora oggi quando pensiamo alla creatività nel calcio, non serve per forza doverla spiegare a parole ma basta far vedere il gol a passo di danza di Ronaldinho.

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