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Ronaldo è solo il primo acquisto del Fantacalcio saudita
07 mar 2023
L'arrivo di Ronaldo è solo l'inizio della storia dell'Arabia Saudita nel calcio.
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9 min
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Stringer / Imago
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Come accade ogni primo weekend di settembre, in ogni lega fantacalcistica d’Italia, anche quest’anno alla vostra asta c’è stato quell’amico che ha esagerato, spendendo una quantità insensata di fantamilioni per il miglior attaccante del campionato. Alla fine, però, sembrava il meno preoccupato di tutti: quanto è più facile addormentarsi la sera, d’altronde, sapendo di avere in rosa Ciro Immobile o Victor Osimhen?

Qualche mese più tardi e a svariate migliaia di chilometri di distanza, c’è una lega in cui tutto questo è accaduto con milioni di dollari reali, non virtuali. Una lega in cui Immobile è Cristiano Ronaldo, aspettando che la prossima estate arrivi un Osimhen (e perché non Lionel Messi, allora?); e in cui i vostri amici, i fantallenatori rivali, sono i membri della famiglia reale. Siamo nella Saudi Pro League (SPL), nel Regno dell’Arabia Saudita. Dove, nonostante la determinazione a privatizzare i club sbandierata a più riprese dalla monarchia e dalla federazione, le società sono sotto il diretto controllo del governo, nelle mani dei membri della famiglia reale. A partire dal principe ereditario Mohammed bin Salman, e dai suoi fratelli Naif, Turki e Rakan, tutti membri onorari dell’Al-Nassr.

È un attimo, in un contesto del genere, fantasticare su una cena in una lussuosa villa di Riyadh, in quella che potrebbe essere la nostra asta di riparazione. Immaginando il momento in cui quell’amico, proprio lui, ha esagerato: duecento milioni di euro all’anno, in totale quasi un miliardo sul tavolo, ed ecco CR7 al centro dell’attacco dell’Al-Nassr. Un’operazione “fortemente voluta, ad ogni costo”, da MBS e dai suoi fratelli, come riportato dal Gulf Times. Non può rilanciare nessuno, ovviamente, ma all’ala della famiglia vicina all’Al-Hilal scappa una promessa: goditelo, perché io l’anno prossimo compro Messi!

L’esagerazione, chiaramente, è quella di chi scrive. Non è verosimile, infatti, pensare che una lega professionistica e un affare con tutti questi zeri sia in balia di capricci simili. Fantasie e iperboli a parte, è evidente che l’operazione-Ronaldo sia frutto di un accurato studio di costi e benefici da parte di Mohammed bin Salman, del governo saudita e di chi ha reso finanziariamente possibile tutto ciò: il Public Investment Fund (fondo PIF). Prima di rovesciare tutte quelle fiches sul tavolo, potete stare certi che la scelta sia stata ponderata con lucidità e cognizione di causa. C’è sempre, però, il proverbiale fondo di verità della storia. La maggior parte dei sedici club che militano nella prima divisione del campionato saudita, infatti, sono davvero nelle mani della famiglia reale; e il tentativo dell’Al-Hilal di rispondere al colpo CR7 con l’acquisto del suo storico antagonista non è un’invenzione dei media, né tantomeno un’utopia - o distopia, fate voi - irrealizzabile.

Per comprendere a fondo le ragioni di questo investimento e capire come il portoghese possa fare da apripista per altre stelle, prima di tutto vanno messi da parte i paradigmi del calciomercato nostrano. Se qui l’arena competitiva sono i campionati e le coppe, e il metro di valutazione i successi dei club (sul campo e a bilancio), in contesti come l’Arabia Saudita, il Qatar e altri Paesi del Golfo bisogna mettere al centro del discorso l’intreccio tra sport e politica. Fitto a tal punto da fare del calcio uno strumento, al servizio di un disegno sociale ed economico a lungo termine.

In occasione della nostra visita del mese scorso a Riyadh, dove abbiamo assistito al derby di Supercoppa tra Inter e Milan, avevamo raccontato la centralità degli eventi sportivi internazionali all’interno del Saudi Vision 2030, un programma di modernizzazione e diversificazione economica del Paese varato sette anni fa. Al suo interno, sul percorso verso una maggiore indipendenza dall’esportazione del petrolio, lo sport riveste un’importanza cruciale per promuovere un’immagine positiva del governo e della società saudita, in un progetto che sottintende quelle stesse logiche di sportwashing che nel 2022 hanno portato la coppa del Mondo a Doha. Ma anche l’NBA negli Emirati Arabi Uniti, le Supercoppe in Arabia Saudita, il MotoGP in Qatar, la Formula 1 e il tennis ATP e WTA un po’ ovunque nella regione, e così via.

Portare nel campionato locale un polo gravitazionale di attenzioni mediatiche come Cristiano Ronaldo, però, è un’operazione diversa. L’obiettivo finale è il medesimo: mostrarsi al mondo in una nuova luce, in un contesto positivo per antonomasia come lo sport e in cui si ha un certo controllo della narrativa; cercando di sbiadire nell’opinione pubblica le tante controversie legate al Paese, a partire dalle violazioni dei diritti umani e dall’inquietante caso Jamal Khashoggi del 2018. Ciò che cambia, sono gli obiettivi intermedi. Ronaldo per l’Arabia Saudita è, sostanzialmente, una calamita, in grado di attrarre corpi di varia natura e con un raggio d’azione quasi illimitato. L’obiettivo lo conosciamo: l’assegnazione della Coppa del Mondo 2030, che rappresenterebbe l’ideale punto d’arrivo del Saudi Vision e un solido trampolino da cui proiettarsi in una nuova era. Il Regno è al lavoro per impacchettare la propria candidatura al fianco di Egitto e Grecia, e nel frattempo per accrescere la propria credibilità agli occhi del Mondo, in attesa della decisione che verrà ufficialmente annunciata nel FIFA Congress 2024. Ed è qui che l’esborso faraonico per il portoghese assume un senso.

La visibilità internazionale del calcio saudita è decuplicata con il suo sbarco a Riyadh, come potrebbe confermarvi chi lavora per i profili social dell’Al-Nassr o chi si occupa della vendita dei diritti TV della Saudi Pro League (da gennaio trasmessa anche su Sportitalia e su un’altra dozzina di emittenti europee). E questo è importante per diverse ragioni. Un’espansione simile può dare forte slancio sul percorso verso la privatizzazione dei club, favorendo l’arrivo di investitori e capitali stranieri, verso cui c’è una crescente apertura; a loro volta, questi nuovi attori potrebbero essere dei fattori positivi per la crescita del movimento, tanto da un punto di vista tecnico quanto del management. Gettando le basi, così, per la creazione di un campionato con appeal globale, anche grazie ai possibili benefici dell’influenza europea, come ha spiegato il CT Hervé Renard durante la spedizione dei "Falchi Verdi" in Qatar.

Il trasferimento di Ronaldo ha abbattuto anche definitivamente una barriera geografica, già scalfita in precedenza dai traslochi a queste latitudini di vecchie conoscenze del calcio europeo come Banega, Krychowiak, Luiz Gustavo, Talisca, Ighalo, Tello e Ospina, oltre che dallo shopping sempre più consistente degli sceicchi nel campionato brasiliano.

Nei giorni trascorsi a Riyadh, abbiamo toccato con mano il nuovo contesto in cui si inseriscono - più o meno - gli atleti in arrivo dal vecchio continente. Vicente Moreno, allenatore dell’Al-Shabab, ha raccontato che tendenzialmente questi «si isolano in una sorta di comunità chiusa, in cui si conduce uno stile di vita occidentale». Delle bolle isolate, come quella per cui Ronaldo ha avviato il cantiere nell’area di Al Nakheel, a pochi minuti dal centro allenamenti dell’Al-Nassr. La spesa stimata, tra acquisto del terreno e costruzione dell’edificio, si aggira intorno ai 10 milioni di dollari. Nel frattempo, in attesa della conclusione dei lavori, Cristiano soggiorna nelle 17 suite riservate nel Four Seasons Hotel, in cima alla Kingdom Tower. La provvisoria dimora di lusso che condivide con Georgina Rodríguez, figli e un entourage composto da agenti, chef e personal trainer, oltre che da diversi amici. Il saldo: circa 300mila dollari al mese.

Non sappiamo, ad oggi, se le cose andranno davvero come ci ha raccontato Rudi Garcia in occasione del nostro passaggio al centro dell’Al-Nassr, di cui è allenatore; ovvero, se la Saudi Pro League sia davvero destinata a diventare un punto di riferimento nel panorama calcistico mondiale nel giro di una decina d’anni. Sappiamo per certo, però, che la direzione intrapresa è questa, e che anche l’obiettivo più ambizioso sembra a portata di mano, con la spinta del fondo sovrano PIF, colosso dell’economia mondiale presieduto da Mohammed bin Salman e proprietario di asset finanziari per oltre 600 miliardi di dollari. In parole povere, una fonte di liquidità pressoché illimitata per i progetti espansivi del principe. Nel calcio, il fondo si è fatto notare con l’acquisizione del Newcastle nel 2021, e la sua presenza nel tessuto economico occidentale è ormai capillare: Facebook, Walt Disney, Pfizer, Starbucks, in un’ampia lista di partecipazioni che non smette di allungarsi.

Con il congresso della FIFA nel 2024, nei prossimi mesi aspettiamoci dunque una serie di colpi dall’estero da parte dei top club della SPL. Potremmo vedere dei nomi proprio grossi, direbbe Fabio Caressa. Un esempio? Messi.

L’argentino è il sogno (non più proibito) dell’Al-Hilal, il club più titolato del Paese e dell’intero panorama calcistico asiatico, che secondo Mundo Deportivo starebbe preparando un’offerta da oltre 300 milioni all’anno. Leo è già ambassador del turismo per l’Arabia Saudita, e dopo aver spento 36 candeline la prossima estate valuterà l’ipotesi di diventare, più o meno esplicitamente, testimonial anche della candidatura al Mondiale 2030.

Il suo eventuale arrivo, neanche a dirlo, moltiplicherebbe l’impatto di quello di Ronaldo, regalando alla SPL la possibilità di ospitare la rivalità che ha dominato la letteratura calcistica degli ultimi quindici anni. In un contesto lontano anni luce, geograficamente e non solo, dai clasicos di Madrid e Barcellona, ma di cui a Riyadh sono già andate in scena le prove tecniche. Lo scorso mese il Paris Saint-Germain è stato ospite d’onore, infatti, della passerella d’esordio di CR7, che insieme a una selezione mista dei club della capitale ha sfidato proprio il PSG di Messi. Sugli spalti, i tifosi dell’Al-Nassr hanno potuto urlare i primi due siuuu, celebrando la doppietta del portoghese; i sostenitori dell’Al-Hilal, invece, hanno colto l’occasione per iniziare il corteggiamento all’argentino.

E quindi, succederà davvero? Ronaldo contro Messi, a contendersi una toppa dorata sul petto, l’equivalente del nostro scudetto, e la Coppa del Custode delle due Sacre Moschee, la nostra Coppa Italia? Fino a qualche anno fa, sarebbe stato etichettato come fantamercato. La geopolitica del calcio, però, sta cambiando rapidamente e ora non è più necessario un enorme sforzo di immaginazione. Nel giro di qualche settimana, del resto, abbiamo visto Messi alzare la Coppa del Mondo con un bisht sulle spalle, Ronaldo concedersi ad abiti e danze tradizionali nel giorno della festa nazionale saudita, e Georgina sfilare sul red carpet con la testa coperta da un hijab. Può darsi che il momento in cui parleremo anche di calcio saudita su Che partita hai visto sia più vicino del previsto.

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