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Rondo the Maverick
22 dic 2014
La nostra redazione basket discute della trade tra Boston e Dallas che ha portato Rondo ai Mavericks e li ha, forse, resi una nuova contender per il titolo.
(articolo)
10 min
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Perché fare la trade

di Fabrizio ‘Fazz’ Gilardi (@Fazzettino)

A Boston:

Brandan Wright, Jae Crowder, Jameer Nelson, una seconda scelta (2016), una prima scelta protetta (tra il 2015 e il 2020), una Traded Player Exception da 12.9 milioni di dollari.

A Dallas:

Rajon Rondo, Dwight Powell

Perché per Boston

Ricostruzione. Totale. Il GM Danny Ainge era inquietato dalla prospettiva di rinnovare il contratto di Rondo al massimo salariale (che avrebbe probabilmente portato a impantanarsi nel limbo in cui nessuno vuole stare, troppo-scarsi-per-competere e troppo-forti-per-ambire-alle-primissime-scelte-del-Draft) e, allo stesso tempo, era spaventato da quella di perderlo da free agent senza ottenere in cambio alcuna risorsa. Perciò, dopo anni di chiacchiere, speculazioni e tentativi ha deciso che “piuttosto che niente, meglio piuttosto”. Wright è un capolavoro firmato da Carlisle, lungo di efficienza clamorosa. Ma, come Rondo, è in scadenza di contratto.

Crowder è un embrione di 3&D, cioè un esterno in grado di offrire buone percentuali al tiro da 3 punti e difesa competente, una fattispecie ambita nella NBA contemporanea, ma ancora tutto da sviluppare. La prima scelta è protetta per il Draft secondo i seguenti criteri: 1–3 e 15–30 (cioè i Celtics riceveranno la scelta solo nel caso in cui i Mavericks dovessero rimanere fuori dai Playoffs e non “vincere” la draft lottery, che premia tre squadre) e quindi facilmente slitterà al 2016 (con protezione 1–7). Nelson e la seconda scelta sono solo contorno. Insomma, la perfetta definizione di “Piuttosto”.

Ora la domanda è: è possibile che un giocatore come Rajon Rondo valga solo “piuttosto”? Assolutamente sì. La scadenza di contratto incide (Dwight Howard ha fatto scuola in questo), le probabili cifre del nuovo accordo anche, e il fatto che oggi Rajon sia una point guard nella media (se non ci credete prendete i 30 titolari del ruolo… il livello di talento è assurdo) anche. Il nodo principale è che, come detto, si inizia a ricostruire da subito. Obiettivo tanking, perdere per ottenere la miglior posizione possibile al Draft 2015. E, indirettamente, fare un dispetto ai rivali Lakers, che se dovessero ritrovarsi con una scelta fuori dalle prime 5 sarebbero costretti a cederla ai Phoenix Suns.

Perché per Dallas

Molto semplicemente perché quando si può acquisire una (potenziale) Stella cedendo solo giocatori di rotazione, si fa. E solo in un secondo momento si pensa alle dinamiche in campo (vedi sotto).

Se a questo si aggiunge che a giugno ci sarà la possibilità, con Nowitzki e Parsons già sotto contratto e dopo aver confermato (si spera) Rondo, di avere spazio salariale sufficiente ad offrire il massimo salariale ad esempio a un Marc Gasol: No brainer. Senza alcuna discussione. Lavoro clamoroso di Cuban & co., perché solo due anni fa la squadra sembrava destinata a un lento e inesorabile declino. Ecco, invece, dove sono ora.

Cos'è Rajon Rondo?

di Daniele V Morrone (@DanVMor)

Parlare del contesto è fondamentale quando si cerca di analizzare un giocatore, ma nel caso di Rondo è impossibile scindere il numero 9 dal contesto in cui gioca. La carriera di Rondo parla di un giocatore in grado di elevare un contesto vincente esaltandosi a sua volta, ma è anche totalmente incapace di modificare un contesto perdente. Ho dovuto fare questa premessa prima di tutto a me stesso perché per diversi motivi (in realtà solo Brad Stevens e la presenza di Avery Bradley e Marcus Smart) ho seguito e sto seguendo le disavventure dei Celtics 2014/15, e senza mettere il contesto davanti a tutto rischierei di essere troppo pessimista nel giudicare l’attuale Rajon Rondo.

Nelle 22 partite giocate fino ad ora, a fronte dei soliti difetti (palle perse non forzate dalla difesa e tiro da tre inesistente, per fare due esempi), l’impressione è che proprio Rondo ormai fatica a mettere la palla nel canestro — non solo è al minimo in carriera dal campo, ma Rondo tira anche con il 33% ai liberi. La sua difesa è legata esclusivamente alle palle rubate e a vederlo in campo si nota il falso altruismo di un giocatore che quasi forza gli assist per i compagni per giustificare il fatto di avere tanto la palla in mano. Un giocatore in declino in un contesto perdente. Tornare in un contesto vincente ai Mavs dovrebbe invertire la rotta della carriera di Rondo: mi aggrappo ancora al contesto, ma il pessimismo non mi abbandona quando penso al suo inserimento nel miglior attacco della NBA, che si fonda su di un sistema che non necessita dei pregi di Rondo, ma che potrebbe subirne i difetti. L’unica cosa certa è che sarà interessante seguirne l’evoluzione, che siate pessimisti al riguardo o meno.

Nel miglior attacco NBA

di Lorenzo Neri (@TheBro84)

I Dallas Mavericks al momento sono la miglior squadra offensiva della Lega. Ce lo dicono i numeri che li vedono in cima alle classifiche di efficienza (113.6 punti su 100 possessi, +2.6 rispetto ai Raptors, secondi) e ce lo dicono i nostri occhi vedendo le splendide esecuzioni degli uomini di Rick Carlisle. Nel giro di due anni, il coach di Dallas ha elevato al massimo le potenzialità del proprio roster con un sistema basato principalmente sulla perfetta armonia tra giocatori in possesso di palla e senza, con ottime spaziature perimetrali e la grande capacità di coinvolgimento di ogni singolo elemento del quintetto.

In questo contesto, inserire un giocatore come Rondo sembra essere un compito tutt’altro che facile. Nonostante sia un passatore fenomenale per tempistiche e istinti, negli ultimi anni ha dimostrato di essere totalmente dominato da questi istinti, senza dare nessun’altra identità al suo gioco e allungando inutilmente i tempi di possesso in attesa del passaggio illuminante. Non è più un giocatore condizionante per le difese, le quali, oltre a sapere di questa sua inclinazione alla big play — intesa come soluzione utile nella singola situazione e altamente spettacolare, ma non affidabile per gestire un’intera partita — cercano di lasciargli spazio per prendersi il tiro, fondamentale dove non è mai è riuscito a migliorare.

Il passaggio a Dallas potrebbe però dare nuova linfa alla carriera di Rondo. A differenza di altri pari ruolo che in carriera hanno avuto cifre simili alle sue, l’ex di Boston non è mai stato uno capace di migliorare i compagni. Anzi, il suo meglio lo ha dato proprio quando ha avuto a suo fianco giocatori migliori di lui dal punto di vista offensivo (Pierce-Allen-Garnett, per fare tre nomi a caso) capaci nel metterlo nelle migliori condizioni per usufruire della sua arma preferita, ovvero l’assist.

A questo punto entra in campo la figura di Rick Carlisle, forse l’allenatore più preparato tecnicamente nel far funzionare un attacco e nel trovare soluzioni per sfruttare al meglio le caratteristiche dei suoi uomini. Basti pensare a quanto fatto con Monta Ellis, arrivato con la nomea di giocatore egoista e di difficile collocazione tattica, ed ora diventato uno dei giocatori più pericolosi con la palla in mano.

La convivenza tra Ellis e l’ex Celtic potrebbe sembrare impossibile, ma se andiamo a vedere le cifre raccolte del backcourt di Dallas prima della trade, notiamo che Ellis non è solo quello con minor possesso in relazione ai minuti giocati (3.6 sui 33.8 totali), ma anche quello con meno tocchi (1.96 per minuto, rispetto agli oltre 2 degli altri)) a disposizione. Questo per far capire che da Carlisle è usato quasi esclusivamente da finalizzatore, mentre lascia agli altri il compito di iniziare i giochi, e in questo caso Rondo è sicuramente un upgrade.

Per quanto riguarda il tiro e lo spacing, è chiaro che Rondo non potrà mai essere usato come tiratore piazzato — non può essere altrimenti con uno che in carriera tira a malapena con il 25% da tre — ma un suo uso come tagliante continuo potrebbe essere letale, soprattutto con lunghi abili ad allargarsi sul perimetro come Nowitzki.

Difensivamente invece i Mavs sono fatti di tutt’altra pasta e il passaggio da Jameer Nelson a Rajon Rondo rimane comunque un miglioramento, nonostante anche qui il neo-acquisto sia in caduta libera rispetto ai fasti dei primi anni di carriera, dove era un ottimo difensore sulla palla. Ultimamente la carenza di intensità dimostrata in questo fondamentale lo ha ridimensionato, ma in Texas le sue lunghe braccia (ha in apertura alare di 210 cm rispetto ai soli 185 d’altezza, e due mani che sono due badili) saranno utili per difendere su una delle situazioni tattiche che da sempre crea problemi a Dallas, il pick&roll.

Inoltre Rondo è un grande rimbalzista per il ruolo, soprattutto sotto i propri tabelloni (il 22.7% dei rimbalzi difensivi quando è in campo sono suoi… ai livelli di una PF!), una caratteristica tutt’altro che da trascurare, dato che i Mavs sono la seconda peggior squadra NBA sotto questo aspetto (dietro agli immaginifici New York Knicks).

Per quanto sia tatticamente difficile pensare all’inserimento di Rondo in un sistema già ben oliato come quello dei Mavericks, non deve essere sottovalutato il lavoro di uno dei migliori staff tecnici della NBA che hanno permesso alla squadra una partenza del genere. Ma chiaramente tutto passa dall’indecifrabile testa di Rajon: se riesce a mettere da parte l’ego dimostrato negli ultimi anni e tornare il team-player che era con la prima versione dei Big Three, ovvero un concentrato di intangibles, difesa e cattiveria agonistica, potrà portare dare a Dallas un contributo ben più grande di quello che si possa immaginare. Anche perché se non riesce a trovare motivazioni davanti a avversari quali Chris Paul, Steph Curry, Damian Lillard e Mike Conley, allora nel prossimo contratto da ridiscutere a luglio bisognerà da ridimensionare totalmente la sua figura.

Una nuova contender a Ovest?

di Dario Vismara (@Canigggia)

Quando parliamo di Rajon Rondo, dobbiamo fare un attimo il punto su cosa è Rajon Rondo oggi. Probabilmente vi ricordate il giocatore assolutamente spaventoso dei playoff 2012, quando trascinò gli ultimi Celtics dell’era dei Big Three ad un vantaggio di 3-2 sui Miami Heat di un LeBron James ancora ringless, prima di cedere le ultime due partite. Ma due anni e mezzo sono un tempo lunghissimo in NBA, e quel Rondo ha dovuto affrontare la rottura del legamento crociato anteriore e la conseguente riabilitazione, con l’inevitabile perdita di atletismo che essa comporta. Questo Rondo non è più quel Rondo, anche se i suoi tantissimi fan italiani (avete mai fatto caso a quante canotte biancoverdi col numero 9 ci sono in Italia?) sperano che sia il contrario.

Se dovessimo basarci solamente su quanto visto negli ultimi due anni, risulta difficile pensare che l’aggiunta di Rondo permetta ai Mavs di competere davvero per la Western Conference, e quindi per il titolo. Certo, a leggere i nomi del quintetto (Rondo - Ellis - Parsons - Nowitzki - Chandler) viene da pensare che siano assolutamente una contender. Lo sarebbero anche, sulla carta. Ma quando si passano in rassegna le altre 7 squadre che si scontreranno a primavera all’inizio dei playoff — o anche solo le point guard: Steph Curry, Mike Conley, Dame Lillard, Patrick Beverley, Chris Paul, Tony Parker, Russ Westbrook… holy shit! — ci si rende conto che neanche l’aggiunta di un quattro volte All-Star cambia realmente gli equilibri della squadra all’interno di quella conference.

I Mavs erano una squadra forte già prima dell’arrivo di Rondo, con i loro pregi e i loro difetti, e al primo turno avrebbero dato battaglia contro tutti in ogni caso, con o senza Rondo, come successo l’anno scorso quando hanno portato gli Spurs fino alla settima partita. Con un po’ di fortuna e i giusti accoppiamenti, potrebbero anche passare un turno. Ma con le loro difficoltà difensive e la totale assenza di una panchina presentabile, è più probabile che perdano al primo turno, proprio come l’anno scorso.

Che funzioni o non funzioni, era comunque un azzardo che Mark Cuban doveva tentare, anche solo per non rimanere col dubbio di “cosa sarebbe successo se avessimo preso Rondo a dicembre 2014?”. E anche perché lo doveva a Dirk Nowitzki, che in estate ha rifirmato a cifre ridicole proprio per permettere alla dirigenza di acquisire più talento (come Chandler Parsons) e dare la caccia ad un altro titolo.

Tirando le somme: era la mossa giusta da fare, ma non cambierà poi di molto gli equilibri della conference: le altre squadre sono semplicemente troppo forti.

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