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Ronnie Coleman e l’utopia del body building
16 nov 2021
La perfezione costa sacrifici.
(articolo)
13 min
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La meta è vincere la medaglia di Mr. Olympia: preferibilmente nella categoria “open”, la massima, dove non ci sono limiti di peso e grossezza. La gara venne inaugurata nel ‘65 e vinta quello stesso anno da Larry Scott, The Legend. Famoso per i bicipiti erculei, pioniere del culturismo, Scott fu tra i primi a fare uso del Dianabol, lo steroide anabolizzante più utilizzato da sempre nel mondo del Body Building (BB). Fu però la vittoria di un Arnold Schwarzenegger ventitreenne, nel ‘70, a far diventare la gara popolare e a creare il prototipo mainstream del culturista per eccellenza. Per mettere su massa, i BB facevano uso di Dianabol, Deca Durabolin, Primobolan, mentre per perdere grasso e migliorare la vascolarizzazione ci davano dentro con Anavar e Winstrol. Era tutto legale, non si sapeva nemmeno che fossero mix micidiali e causassero modifiche non solo al corpo.

Si è scoperto poi che l’ormone della crescita, ad esempio, provoca mutamenti significativi ai tratti somatici: le ossa del naso si appiattiscono, la fronte diventa prominente, le guance perdono il grasso della bolla Bichat scavandosi lugubri sotto gli zigomi, e la mandibola si ingrandisce a tal punto da prendere il nome di mandibola GH (growth hormone), una specie di nuova creatura mutata. A partire da una buona genetica, Schwarzenegger potenziò la muscolatura tra allenamenti e anabolizzanti. Sotto gara andava in scarico di carboidrati, ingurgitava solo carne e tonno al vapore, il viso rimaneva scavato, i distretti muscolari si asciugavano, ma grazie agli steroidi, petto bicipiti cosce e schiena si gonfiavano a dismisura.

La ricerca della perfezione è tanto più artificiosa quanto più diventa una questione di millimetri. La forma estrema, sbalzata a tutto tondo, è utopica proprio perché rimanda alla naturale fisiologia: la costruzione-deformazione di un corpo cesellato al dettaglio è talmente coincidente con la realtà fibrosa e connettiva dei singoli elementi che la compongono da avere un effetto iperreale.

È un mondo che ha i suoi canoni, i suoi principi e le sue regole; un mondo sommerso, spesso considerato di serie b, e che per alcuni non è nemmeno uno sport. Occorre una preparazione ardua, molta dedizione, una routine rigida e grandissima attenzione al cibo. Ci si alimenta, non si mangia. Si immette combustibile per pompare e far andare su di giri la macchina. Una forma mentis adatta è fondamentale: bisogna inquadrare la situazione, definire l’obiettivo e le azioni intermedie, poi superare la noia della ripetizione e trasformarla in circolo virtuoso. “Bulk” ecut” sono gli estremi tra cui oscilla continuamente il body builder: costruzione e distruzione.

La fase di bulk è il periodo in cui si mette su massa con l’aumento progressivo delle calorie introdotte. Mangi di più, aumenti il carico di allenamento, il numero sulla bilancia sale e lo specchio ti rimanda la tua immagine a metà tra un titano ipertrofico e un vitello grasso. Poi c’è la fase cut, di definizione, dove si va in deficit, la muscolatura si asciuga, lo strato di adipe si assottiglia e il peso scende ai minimi storici. Sul palco si mostra il risultato raggiunto: un corpo enorme satinato al mallo di noce, che si pianta a terra in una posa plastica, estetizzante, e certifica la propria condizione di straordinaria perfezione.

Il re

C’è un uomo che è stato capace di vincere la medaglia di Mr. Olympia per ben otto volte di fila, dal 1998 al 2005. Il colossale Ronnie Coleman, The King, che già da ragazzino era dotato di un fisico promettente e che, prima che la sua carriera si consolidasse, ha continuato a fare il poliziotto, per avere una base economica fissa. In rete ci sono delle foto di lui in servizio, cranio rasato, faccione sorridente e montagna di muscoli a spianargli la divisa di ordinanza. Mentre gli altri atleti con cui si misurava – e che puntualmente stracciava in gara – facevano i culturisti di professione tutto il giorno, sette giorni su sette, lui si svegliava alle 4.30 per andare ad allenarsi in palestra, poi indossava la divisa e pattugliava la città.

Coleman è diventato famoso anche per il modo selvaggio che aveva di allenarsi. Nel periodo d’oro staccava da terra dei bilancieri talmente carichi che le barre di acciaio su cui erano inseriti i dischi si incurvavano. Col grugno accartocciato, tra stacchi e squat a pieno carico, arrivava a sollevare anche 360 kg per parte, e alla leg press una tonnellata, praticamente da suicidio per muscoli e articolazioni. Combinando un’alimentazione da seimila calorie al giorno, allenamenti poco ortodossi, e un po’ di chimica ben tollerata, arrivò a pesare 150 kg off season, per poi scendere al netto sgocciolato di 130-135 kg sotto gara. Jay Cutler, che nel 2006 spodestò The King, diceva di lui: «Non era umano. Tutti noi ci allenavamo duramente, ma quando negli spogliatoi Ronnie si svestiva, ognuno capiva che era finita».

Durante la sua prima e la sua ultima vittoria di Mr. Olympia, nel 1998 e nel 2005, quando sentì chiamare il suo nome, Ronnie si inginocchiò, rimase chino con la faccia a terra e si mise a piangere. La stessa cosa l’ha fatta mentre Schwarzenegger gli stava per consegnare il premio alla carriera. Coleman, che ormai si regge in piedi con le stampelle, si è commosso mentre sul palco faceva il suo discorso: «Grazie a mia madre che cucinava tutto il mio cibo, ed era il miglior cibo del mondo, non mi sembrava nemmeno di essere a dieta, perché quel cibo era ottimo, lei cucinava per me ogni santo giorno, e come sapete stiamo parlando di una montagna di cibo, perché si sa che mangiamo sei sette volte al giorno…» a quel punto abbassa la testa e comincia a piangere. Sembra avere un attacco d’asma, come quei bambini che non riescono più a respirare tra i singhiozzi. «Dammi due minuti», dice. Schwarzenegger gli appoggia una manona sulla spalla, e la platea lo inonda di applausi.

In un’intervista radio di qualche anno fa, Coleman ha parlato degli steroidi: «Prendevamo cose semplici, le basi. L’ormone della crescita, il D-Bol, era tutto in regola, andavo dal dottore e mi facevo dare le ricette mediche, e questo per ogni genere di testosterone di cui avessi bisogno. Perché quando veniva l’antidroga volevano sapere che cosa prendessimo. In quel periodo c’erano stati casi di ragazzini che avevano preso steroidi e si erano suicidati. Si suicidavano perché diventavano depressi quando smettevano di prenderli. E quindi l’antidroga veniva a controllare per capire cosa stessimo facendo, e fu allora che mi rivolsi al medico per farmeli prescrivere. Era tutto legale, noi avevamo l’antidroga che ci controllava».

E aggiunge: «Comunque non è possibile diventare così grosso solo con gli steroidi, devi avere la predisposizione genetica. Solo una piccola percentuale della popolazione può diventare così grosso e rimanere sano. In fondo non prendevo chissà cosa, forse molto meno di quello che prendeva un giocatore di baseball, ma la mia predisposizione faceva la differenza. La gente pensa che usassi vagonate di roba, ma non è così, altrimenti non sarei più qui. A parte le operazioni chirurgiche alla schiena e al collo, sono in ottima salute, il fegato, i reni, il cuore, tutto funziona molto bene». Quando finiva i tre mesi di preparazione per la gara, smetteva tutto dalla sera alla mattina. E si sentiva normale, era forte comunque, continuava a fare squat a pieno carico senza prendere nulla in potenza. Dopo tre mesi ricominciava daccapo. Tutto sotto controllo, con esami del sangue di routine fatti ogni tre-quattro mesi.

«In fondo, fino a trent’anni non ho preso nulla», ricorda. «E poi, cosa ti fece cambiare idea?», gli chiede a quel punto l'intervistatore. «Mi ero stancato di perdere», risponde, e ride.

L’era della sproporzione

Dal ‘97 al ‘98 il corpo di Ronnie ha una trasformazione definitiva. Da grosso ma ancora armonico e liscio di grasso, esteticamente equilibrato, ecco che cosce glutei e l’intero apparato muscolare aumenta esponenzialmente. Il nuovo corpo di Coleman è una specie di neoumano in similpelle: mastodontico, definito, asciugato. Con una massa di grasso corporeo al tre per cento, le striature del tessuto connettivo e fibroso di ogni singolo muscolo a vista, l’intera rete vascolare ramificata in rilievo lungo il corpo, Ronnie Coleman finalmente vince la medaglia di Mr. Olympia e diventa The King. E farà anche un po’ di show, impugnando scettro corona e mantello da re imperatore.

Tutto pur di arrivare alla meta. Tutto pur di sfiorare la perfezione assoluta. I canoni di bellezza e perfezione sono sempre temporanei, e hanno a che fare col gusto predominante della sottocultura a cui appartengono. Al momento, il modello di riferimento nel body building (BB) è l’enormità ben stigmatizzata dalla categoria “open”. Corpi altrettanto sagomanti ma di calibro minori, più umani, si trovano nelle categorie “Men’s Physique” e “Classic Physique” del Mr. Olympia. E lo stesso vale per le quattro categorie femminili, dalla più mascolina a quella più svelta, tutte seguono il concetto di estrema definizione, di pelle sottile attaccata al muscolo e vene in rilievo. Siamo ancora in piena era della sproporzione. Sproporzionati sono i corpi sotto ai crani piccoli, sproporzionata è la dedizione per arrivare alla meta.

Non possiamo escludere che a un certo punto ci sarà un’inversione di tendenza in nome di una maggiore regolatezza. Esiste già un tentativo di normalizzare il modello con un’immagine naturale. L’idea è quella di ripartire da un fisico non dopato. Allontanare il modello ipertrofico alla Hulk e prendere in considerazione uno sviluppo leonardesco del corpo, dove gli organi interni vengano tenuti in considerazione tanto quanto gli esterni, rimanendo soprattutto sani e non soccombenti alla costruzione del colosso. Il body building natural: una specie di futuro ecosostenibile del corpo per evitare i disastri del settore. La morte classica per un body builder è l’infarto. Non è difficile capire perché: il cuore è un muscolo e tutta la roba che ingurgitano lo ingrossa esattamente come accade per tricipiti e bicipiti femorali. Il BB natural accetta il ridimensionamento, si vuole più bene, e tenta di scardinare la dispercezione corporea dell’enormità come culto di perfezione. Insomma si cerca di rendere la vita meno insopportabile agli individui mediamente dotati, gettati in pasto allo sguardo altrui.

Deriva da quanto sta accadendo anche nel resto della società: riconfigurare il concetto di bellezza legato non tanto all’idea di un’utopica perfezione a cui tendere, ma tenendo conto del corpo come tempio unico e multiforme, gestito in nome del benessere e dell’accettazione dei propri limiti. Così siamo tutti inclusi, accolti e accettati, a partire non dallo sforzo immane di corrispondere o aspirare a un canone inarrivabile, ma semplicemente perché esistiamo, alla stregua di una pianta, un albero, un sasso, ognuno con la sua meravigliosa naturaleim-perfezione. Tutto molto e ragionevole: però non vinci Mr. Olympia. Anzi, non puoi nemmeno partecipare.

Il costo della perfezione

Esiste un disturbo psicoemotivo chiamato vigoressia, o bigoressia, grande, che consiste nel provare una fame di grossezza, fondamentalmente è il desiderio di ottenere un corpo sempre più grosso. È un’anoressia inversa, un disturbo ossessivo compulsivo legato all’estremo controllo, dove il cibo diventa un mezzo che fagocita il fine e il rigore alimentare taglia fuori tutto il resto che non sia te e lo specchio. È un soliloquio. Alla stregua del corpo inconsistente dell’anoressica, la bigoressia crea una corazza inaccessibile e mantiene una distanza siderale dal resto del mondo. Il corpo deformato è soglia, difesa e tormento.

Ma qui si entra in una zona grigia, perché le variabili esterne a volte scatenano il problema resuscitando un’indole soggettiva, una sorta di predisposizione, elementi che a volte sono utili per arrivare alla vittoria. Anche se è indubbio che controllando continuamente quanto e cosa introduci in bocca ci sarà una certa deviazione mentale nel decodificare il percorso fame/bisogno di mangiare: è impossibile intercettare esattamente il punto di contatto tra psiche e corpo. Senza contare che i disturbi alimentari rimangono comunque trasversali a categorie e individui.

Il mastodontico Paul Dillet poche ore prima dell’Arnold Classic mischiò due diuretici e ottenne un corpo talmente definito da sembrare spellato a sangue. Cominciò a sentirsi male sotto i riflettori. Fece, assieme agli altri atleti, la posa doppio bicipite frontale, poi il giudice chiese di girarsi, gli altri atleti eseguirono, Paul rimase fermo. Il giudice ripeté l’invito a cambiare posizione, ma lui rimase immobile, pietrificato nella figura da maciste. Completamente disidratato, lo sollevarono di peso e lo portarono al pronto soccorso così, senza che lui potesse abbassare le braccia, come una statua di marmo. I medici ebbero molte difficoltà nel fargli l’iniezione fisiologica: provate a infilare un ago su una distesa di carne dura come la pietra. Lo stesso Coleman, nel 2001 svenne prima di salire sul palco di Mr. Olympia per il mix anabolizzanti e diuretici. La mattina prima della gara era così debilitato che disse: «Ho dovuto bere un gallone d’acqua per alzarmi dal letto».

Valutare sull’asse giusto/sbagliato non aiuta a comprendere meglio le cose. Alcuni individui, per insicurezza, solitudine o insoddisfazione, sfidano di più i limiti e solo così si sentono vivi. Forse, se davvero esiste inclusione, questa deve accettare l’esistenza del non-sano come presenza ineludibile e fondante della vita, anche quando non è originato da una falla genetica ma coltivato con cura dalle proprie mani.

Marc Pfitzenreuter/Getty Images

Coleman ha abusato e goduto del suo fisico iperbolico reggendo benone per una ventina d’anni alla chimica usata, poi a un certo punto la schiena non ce l’ha fatta più. I problemi iniziarono già durante la preparazione dell’Arnold Classic Ohio del 1997. Racconta che durante un allenamento, mentre faceva gli squat, sentì una pacca sulla schiena. Ai tempi succedeva che compagni e allenatore gli dessero delle pacche di incoraggiamento, ma quella volta non c’era nessuno alle sue spalle. Dopo qualche ora venne portato in ospedale e gli diagnosticarono l’ernia al disco. Gli consigliarono di evitare gli allenamenti pesanti e di cambiare sport: come se fosse il gusto di un gelato da scegliere in cambio di un altro. "Ehi Ronnie, fai così, cambia sport e tutta la tua vita, i tuoi desideri, i sogni e il modo che hai di stare al mondo, cambia, dài, ti farà bene". Ovviamente non li ascoltò e continuo ad allenarsi come una bestia. Dopo aver vinto l’ultimo Mr. Olympia, si strappò dorsali, tricipiti, e i muscoli della coscia.

Gli interventi chirurgici alla schiena lo hanno reso incapace di stare dritto e di camminare senza stampelle; nella colonna gli sono state inserite delle piastre di metallo che tengono insieme le costole procurandogli ancora forti dolori che cerca di tenere sotto controllo con i farmaci. Dopo la sostituzione delle anche, e un periodo sulla sedia a rotelle, ora nei video appare claudicante, al decimo intervento, mentre dice: «Non so se riuscirò a camminare».

Le operazioni gli sono costate molto anche in termini di soldi, per le ultime due ha speso due milioni di dollari senza risolvere un granché. Ma lui non cede, cammina male, sorride, si deve appoggiare per fare anche solo qualche passo, ma continua ad allenarsi: da seduto. Oggi ha 57 anni, un patrimonio netto di dieci milioni di dollari, tre bambine, una moglie, ha scritto un libro sulla sua vita, vive in Texas, gestisce un brand di successo, il Ronnie Coleman Signature Series, praticamente vende e produce integratori, e si è fatto costruire una palestra privata in casa, dove ha continuato ad allenarsi anche durante il Covid. Il fisico è molto ridimensionato, ma rimane comunque sopra la media delle persone “normali”. Spera nelle cellule staminali, spera di cominciare a stare meglio, spera molto Ronnie, è religioso. Quando gli chiedono: Rifaresti tutto quello che hai fatto?, lui risponde: «Sì».

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