La rovesciata di Cristiano Ronaldo contro la Juventus è un gesto di rottura, nella partita e nell’epoca che lui e Messi stanno segnando. Siamo abituati a raccontare la loro grandezza come un flusso continuo, comprensibile solo nel suo insieme. Dobbiamo aggiornare i nostri calcoli in tempo reale per renderci conto di quanto sia eccezionale averli entrambi, ora. E se questo è vero anche per Lionel Messi, il cui talento è più evidentemente unico, che fa cose che solo lui può fare oggi, lo è ancora di più per Cristiano Ronaldo. Per Leo i 466 gol segnati negli ultimi nove anni (da quando, cioè, Cristiano Ronaldo è venuto a pestargli i piedi in Liga; erano 463 per uno prima della tripletta di partita del Barcellona con il Leganes) sono qualcosa in più, gliene sarebbero bastati molti meno per farci capire la sua eccezionalità. Per Cristiano i gol sono fondamentali, tutti (sono diventati 464 da martedì a oggi, sempre contando quelli segnati da quando veste il bianco di Madrid). Anzi, per come la vediamo noi, è Cristiano ad aver trascinato Leo in questa rincorsa continua, a spostare il discorso su un ordine di misura diverso.
Per Cristiano i gol sono necessari come prova concreta del suo lavoro. In questo senso, i presupposti alla base dell’arte di Cristiano Ronaldo sono quelli che maggiormente aderiscono alla nostra epoca. Grazie al miglioramento di sé, riesce ad essere al tempo stesso sovraumano e continuo, straordinario e quotidiano (in un mondo in cui le risorse scarseggiano, Cristiano Ronaldo può produrre gol in quantità sufficiente a sfamare tutti). Ma soprattutto è questo bisogno di apparenza, di materialità, come se del suo talento non dovesse restare niente di invisibile, come se temesse di non sfruttarlo a pieno.
Cristiano ci dice che con il duro lavoro si può ottenere tutto ma, paradossalmente, lui stesso ci comunica un’insoddisfazione altrettanto concreta. L’ansia che qualsiasi cosa faccia non sarà mai abbastanza. Per questo appena si ridimensiona un minimo, quando torna umano, viene fischiato (ricordate che appena quattro mesi fa, immediatamente prima che vincesse il suo quinto Pallone d’Oro, Zidane diceva che Cristiano Ronaldo non era rispettato abbastanza?).
La rovesciata realizzata contro la Juventus spezza l’incantesimo. Segna una pausa nel meccanismo che alimenta Cristiano e ci costringe a riscrivere retrospettivamente la sua carriera, a 33 anni. Basta, da sola, a dare una forma definita al suo talento. Prima non c’era un suo gol che valesse quanto i suoi sforzi, adesso invece potremmo mostrare la rovesciata ad un alieno in visita da un’altra galassia dicendogli: “Ecco, questo è uno degli esseri umani più straordinari sul pianeta. Si chiama Cristiano Ronaldo”.
Più probabilmente, quando un giorno non troppo lontano avremo bisogno di mostrare qualcosa a chi non ha avuto la fortuna di vederlo giocare, cominceremo da questa rovesciata.
Foto di Emilio Andreoli / Getty Images
La rovesciata in sé contiene alcuni elementi significativi che vale la pena smontare e guardare da vicino. Anzitutto, la rovesciata di Cristiano Ronaldo comincia con un lancio completamente sbagliato di Marcelo. Chiellini è in anticipo e Buffon sta per ricevere il pallone tra le braccia, ma basta la presenza di Cristiano, lì nei paraggi, a distruggere una delle intese difensive più solide e certificate mandando nel panico Chiellini.
Mentre corre, Chiellini controlla la presenza di Cristiano girando la testa verso sinistra, per capire se sta provando a passargli davanti, come nel primo gol segnato quella sera, in cui ha tagliato davanti a tutta la difesa juventina, mandando a vuoto Benzema che aveva già caricato il tiro. Anche quel gol non è stato proprio normalissimo, Cristiano si è mosso così velocemente che ci è voluto il replay per vedere il suo tocco di esterno. Il che spiega in parte perché Chiellini, quando non lo vede, preferisce anticipare Buffon in angolo. A El Mundo, Chiellini ha descritto la sensazione che si prova a giocare contro il Real Madrid, le sue parole però sembrano adatte a descrivere cosa si prova a marcare Cristiano Ronaldo: “Ti morde e ti uccide. Ti entra sottopelle”.
Cristiano Ronaldo ferma la palla prima che esca, si gira verso il campo e serve un assist rasoterra a Lucas Vazquez, che però tira sui pugni di Buffon. Carvajal recupera la respinta e corre in area. A quel punto anche noi ci siamo dimenticati della presenza di Cristiano Ronaldo, che è fuori inquadratura nelle immagini televisive e alle spalle di tutta la difesa della Juventus.
Se riguardate l’azione attenti solo ai suoi movimenti, noterete che quando Carvajal crossa, senza guardare l’area, Cristiano sta saltellando sul filo del fuorigioco, con un equilibrio perfetto per scattare in avanti come all’indietro. Teoricamente, rispetto a lui sarebbe posizionato meglio Lucas Vazquez, per l’inserimento e il colpo di testa, correndo frontalmente alla porta, ma Cristiano reagisce con una rapidità davvero felina, tre passi (destro-sinistro-destro) potenti e lunghi, poi esplode letteralmente in aria. Come se i tre passi gli fossero serviti a caricare i muscoli delle gambe di sangue e ossigeno, e il salto abbia scaricato tutta la forza che avevano a terra.
Ecco un’altra contraddizione significativa: la rovesciata di Cristiano Ronaldo è un capolavoro di agilità che però rende meglio nelle foto che nei video. Non è un gesto di armonia assoluta, sintesi di potenza ed eleganza. C’è qualcosa di innaturale nel movimento che compie Cristiano, indipendentemente da quanto fosse l’altezza esatta ha cui ha colpito la palla, era comunque troppo in alto. Le foto depurano il movimento compiuto della sua violenza e al tempo stesso amplificano l’assurdità complessiva. Nelle foto il corpo di Cristiano sembra levitare sopra quelli di De Sciglio e Barzagli. Anzi forse, considerando il contesto nel quale siamo abituati a interpretare le immagini ormai, e cioè internet, sembra un fotomontaggio.
Nelle foto si vede che Barzagli, anziché guardare la palla ha fin dall’inizio gli occhi su Cristiano Ronaldo. E che De Sciglio si porta le mani al volto mentre ancora sta caricando il salto, in conflitto con la necessità di compiere il proprio dovere provando a colpire la palla e la necessità, ancora più reale, di non farsi staccare la testa mettendola tra l’animale selvaggio che gli è saltato davanti e la sua preda.
Dalle foto si vede che Cristiano colpisce la palla usando la propria gamba e il proprio piede come una leva rigida, arrivandoci con la punta. Non è una rovesciata di collo, di quelle in cui il corpo che calcia è usato come una catapulta, a Cristiano Ronaldo interessano solo due cose: arrivare sulla palla, indirizzarla sul primo palo per prendere controtempo il portiere.
È una rovesciata meno spettacolare, meno ricercata, di quella di Ibrahimovic segnata contro l’Inghilterra. Se Zlatan sta dicendo - in amichevole, nata da una situazione senza senso, con la palla spiovente a quaranta metri di distanza e il portiere molto fuori dai pali - che lui è in grado di segnare in situazioni in cui un calciatore normale non penserebbe neanche a tirare; Cristiano ci sta dicendo che a lui basta avere una palla al centro dell’area a più di due metri di altezza - in un quarto di finale di Champions League ancora da decidere, contro la miglior difesa di Europa del 2018, contro uno dei portieri più forti della storia con i piedi ben saldi al centro della porta - per anticipare tutti con il proprio piede. Ci sta dicendo, cioè, che potrebbe rifarlo ogni volta che la palla si trova a quell’altezza, a quella distanza da lui.
Mai come in questo periodo storico lo sport vive la contraddizione di dover celebrare l’eccezionalità - il più forte, il più veloce, il più abile - e al tempo stesso illudere il suo pubblico che con la forza di volontà si possa forzare il proprio codice genetico e recuperare qualsiasi svantaggio anche sociale. Nessuno al mondo può prendere la palla di piede dove l’ha presa Cristiano Ronaldo con la sensibilità tecnica necessaria per mandarla in rete (persino lui non c’è mai riuscito prima e difficilmente riuscirà in futuro a fare una rovesciata altrettanto incredibile) ma Cristiano stesso a vederla come il prodotto del proprio duro lavoro.
Nell’attimo immediatamente dopo, se blocchiamo le immagini televisive si forma una scenetta con undici attori. Lucas Vazquez guarda Cristiano così vicino che sembra voler mettere le dita nelle piaghe del suo costato come San Tommaso. Bentancur, De Sciglio, Barzagli (che ha già allargato le braccia mentre la palla stava entrando in rete) e Asamoah sono più o meno immobili, leggermente curvi. Chiellini sta allargando le braccia in direzione di Buffon, in contrasto con l’arbitro di porta che non fa una piega. Noi spettatori possiamo immedesimarci in Isco, che in primo piano si porta una mano alla testa e non ha neanche il coraggio di andare a esultare con Cristiano Ronaldo.
Inizia ad esultare con la sua solita posa da supereroe. Per un attimo diventa la statua di se stesso (in assenza di uno scultore in grado di rappresentarne la grandezza). Dietro, sullo sfondo, qualche tifoso lo sta insultando, ma altri già lo stanno applaudendo. Cristiano Ronaldo ci mette un po’ ma poi si rende conto che anche i tifosi avversari, a cui poco prima, a muso duro, aveva sentito bisogno di ricordare la sua presenza in campo, portandosi l’indice al petto e indicando la terra che stava calpestando, lo stanno omaggiando.
Cristiano Ronaldo ringrazia, con le mani al petto in una posa vagamente zen che non avremmo mai collegato al suo brand. Sembra sinceramente stupito e felice. Sereno per la prima volta il vita in sua. Libero dall’ansia di dover dimostrare tutto a tutti.
Foto di Marco Bertorello / Getty Images
Secondo Carlo Ancelotti, il film biografico di Cristiano Ronaldo non rappresenta fino in fondo la sua professionalità. Perché non lo vediamo entrare in una vasca piena di ghiaccio alle tre del mattino, appena rientrato da una trasferta. Nel film, però, vediamo le conseguenze della sua professionalità, vediamo l’assenza di quasi tutto il resto. Lo vediamo giocare a fare gli addominali con il figlio, giocare a ricordare le marche delle automobili in garage. La solitudine di Cristiano Ronaldo è quella di chi non si è mai fermato un secondo.
Prima di martedì scorso. Finalmente Cristiano ha fatto qualcosa di abbastanza grande e negli occhi dei tifosi avversari ha visto il riflesso della propria straordinarietà. Per questo la sua rovesciata è un gesto di rottura: Cristiano Ronaldo, anche solo per un attimo, si è fermato e ha capito di non essere solo.