Anche se ovviamente non sta a me decidere come debbano essere ricordate le partite, diciamo che sarebbe un peccato - se non addirittura un segno di quanto ormai il discorso sul calcio sia scollegato dalla realtà del calcio stesso - se questa finale tra Madrid e Liverpool venisse tramandata, ad esempio, come la finale degli errori di Karius.
O quella dell’infortunio di Salah, il giocatore più insostituibile della squadra sfavorita nei pronostici; delle lacrime di Carvajal, che dopo aver saltato lo scorso Europeo per essersi infortunato in Champions League, salterà il Mondiale per un tacco; del messaggio ambiguo di Cristiano Ronaldo, che prima ancora di alzare la coppa parla al passato del suo periodo a Madrid - eri ancora arrabbiato per l’invasione di campo che ti ha negato il quarto gol praticamente già fatto, vero Cristiano?
È stata la finale di tutte queste cose, ma è stata anche la finale della rovesciata di Gareth Bale che ha piegato la partita dalla parte del Madrid quando il risultato era ancora sull’1-1.
Si può discutere su cosa abbia pesato di più a livello tattico, tecnico, psicologico e chi vuole può allargare le braccia per altri dieci anni sospirando “certo che a questo Real Madrid gira tutto a favore” e prendersela con gli arbitri - soprattutto, Sergio Ramos l’ha fatto apposta? - ma se proprio volessimo ricordare la terza Champions League del Real Madrid di Zinedine Zidane con una sola immagine, io propongo di scegliere quella di Bale con il quadricipite gonfio e le mascelle serrate mentre la palla si deforma sul collo del suo piede.
In estrema sintesi, se in punto di morte il boia mi chiedesse di riassumere gli ultimi trenta-quarant’anni di calcio mentre passa l’olio sulla mannaia, probabilmente proverei a salvarmi dicendo:
I soldi e il professionismo arrivati negli anni ‘80-’90 hanno portato i calciatori a livelli tecnici e atletici inimmaginabili e, alla fine, il Real Madrid ha vinto la terza Champions consecutiva segnando non una ma due rovesciate incredibili, di cui una in finale.
E se avessi altro tempo aggiungerei: entrambe al minuto 63. Perché comunque si sa che le curiosità piacciono e perché il boia dovrebbe fare eccezione?
Ci abbiamo messo letteralmente dei decenni a perfezionare le tecniche di allenamento, a togliere le birre e le patatine dalle tavole dei calciatori, a fargli mangiare e bere solo il meglio del meglio, a farli diventare dei professionisti regolari e costanti; li abbiamo coperti di soldi, coccolati, torchiati sotto pressioni settimanali, bisettimanali, gli abbiamo chiesto di giocare cinquanta partite a stagione tutte ad alto livello e per questo abbiamo persino accettato un certo distacco simbolico e materiale, una lontananza che ci ferisce e ci umilia, tutto questo per arrivare dove siamo, ai calciatori che abbiamo oggi.
E non sarebbe paradossale se adesso ci riducessimo a preferire la flagellazione pubblica di un povero portiere che ha avuto la sfortuna di far coincidere la serata peggiore della sua carriera con la partita più importante della sua vita a un gesto tecnico e atletico come quello di Bale che riassume alla perfezione questa evoluzione?
Sarebbe come guardare la migliore generazione mai esistita di cavalli da corsa e aspettare solo che uno di questi cada per puntargli il dito contro e sbeffeggiarlo.
Mentre i migliori infrangono tutti i record e imparano ad andare sui rollerblade.
Foto di Micheal Regan / Getty Images.
Forse è un problema strettamente legato alla nostra opinione di Gareth Bale.
Tant’è che per parlare della sua rovesciata si tira in ballo quella di Cristiano Ronaldo, come se da sola non meritasse di essere menzionata.
Forse è per i suoi continui infortuni e il fatto che da due anni è Isco il titolare del Real Madrid di Zidane che è con Isco in campo che immaginiamo il Real Madrid come la squadra con più qualità al mondo, ingiocabile. Non siamo più abituati a pensare a Bale come a un giocatore decisivo, di primissima fascia (anche se va ricordato che sulla Champions di Ancelotti di quattro anni fa il suo nome è scritto con un carattere più grosso di quello dei suoi compagni, e che nella prima di Zidane l’assist su punizione per il gol di Casemiro è suo).
O magari è proprio perché Bale da solo rappresenta troppo bene proprio quell’evoluzione che, almeno in parte, rifiutiamo.
Due anni fa scrivevo di Bale come di un calciatore “venuto dal futuro”: quel futuro che però non è ancora il nostro futuro e probabilmente non lo sarà mai. Nel senso che Gareth Bale è comunque un esemplare abbastanza unico di essere umano, che non vedremo mai una squadra con undici Gareth Bale - per fortuna, aggiungerebbe qualcuno.
Anzi, alcune di quelle caratteristiche che lo rendono effettivamente un giocatore migliore di quanto si dica, versatile, associativo, adattabile a quasi ogni contesto e zona di campo, sembrano persino datate rispetto al calcio tutto in discesa di gente come Mbappé o Ousmane Dembélé.
Gareth Bale però continua a sembrarci un esperimento eugenetico finito male. Un modello di robot di qualche anno fa che comunque ci spaventa, quando lo vediamo muoversi e camminare in mezzo a noi.
È innegabile che quello che è diventato Gareth Bale, quello che ha fatto al proprio corpo e talento, è qualcosa di più difficile con cui fare i conti rispetto a quello che, ad esempio, ha fatto Cristiano Ronaldo col suo.
Cristiano è già un caso estremo di come il lavoro su noi stessi ci possa trasformare. Recentemente il quotidiano madridista As ha scritto che ha solo il 7% di grasso corporeo; mentre il conservatore ABC sostiene che Cristiano programma di perdere un chilo all’anno per non perdere velocità. Il suo corpo è un monumento all’idea del miglioramento costante di se stessi proprio per come la fatica e lo sforzo restano nascosti, occultati.
In Bale invece, anche adesso che gli infortuni lo hanno costretto a perdere un po’ del suo giro-coscia, è tutto troppo evidente. È tutto poco elegante.
Due anni fa scrivevo: «Gareth Bale è troppo trasparente, è un insulto vivente all'opacità di Cristiano Ronaldo, lo costringe a vedere la sua stessa artificialità».
Anche nella rovesciata segnata in finale c’è meno armonia rispetto a quella di Cristiano realizzata nei quarti, che comunque era di suo un gesto abbastanza violento (basta ricordare la faccia di De Sciglio, una persona normale che per poco non finiva nel getto di un vulcano appena svegliatosi).
In Bale c’è sempre qualcosa di poco civilizzato, una forza poco educata. C’è qualcosa di primitivo in Bale, come se avesse fatto il giro completo e si fosse ricongiunto con i millenni passati a ripararci dalle intemperie e a scappare dai predatori, con le mascelle pronunciate dei primi ominidi.
Foto di David Ramos / Getty Images.
La differenza tra l’illusione del corpo di Cristiano e la verità di quello di Bale è la stessa che c’è tra il corpo di un modello diciottenne che sembra nato con la tartaruga e un culturista di trent’anni passati con le vene come una colonia di vermi sottopelle che si nutre dei suoi muscoli.
La rovesciata di Cristiano Ronaldo (ho scritto anche di quella, di come abbia rotto la narrazione “quantitativa” di CR7) era felina nel senso che la colleghiamo all’eleganza con cui leoni, tigri, leopardi, catturano le loro prede, quell’eleganza perfetta per una pubblicità che dura qualche decina di secondi e si ferma un attimo prima che il banchetto inizi. La brutalità con cui invece i grandi predatori azzannano, squartano, divorano i corpi di chi gli sta sotto nella catena alimentare, invece, è la stessa con cui Bale si avventa sulla palla di Marcelo per intercettarne la traiettoria a mezz’aria.
La diversa traiettoria del cross (quello di Carvajal era lento e alto, Cristiano ha eseguito un suntuoso smash di piede a più di due metri di altezza) costringe Bale a calciare la palla con tutta la forza a disposizione, perché quella palla non era per lui, Bale ha colto l’occasione, l’ha annusata nell’aria.
Cristiano esegue un sontuoso smash a rete, prendendo in controtempo Buffon e chiudendo il punto. La sua rovesciata è mostruosa per l’idea di base (prendere la palla con il piede dove alcuni dei giocatori in campo con lui non sarebbero arrivati con le mani) e precisa, controllata, chirurgica, per l’esecuzione tecnica. La gamba è dritta e rigida, l’angolo che forma con il corpo è aperto, quasi esattamente a 45°.
Bale colpisce di collo come l’avrebbe colpita se fosse stato fronte alla porta e la palla fosse stata più in basso, un colpo potente che anche se non finisce all’angolino, dove Karius non potrebbe arrivare in teoria, è comunque troppo improvviso perché in effetti ci arrivi (voglio dire: se Karius ci fosse arrivato non sarebbe stata una parata normale).
In nessuna delle due rovesciate c’è quella che comunemente chiamiamo fantasia, la capacità di creare qualcosa dal nulla, quanto piuttosto la profonda consapevolezza dei propri mezzi e la capacità di usarli per inventare qualcosa di nuovo.
Qualcosa che solo Cristiano e Bale avrebbero potuto inventare in quel momento preciso e irripetibile (e, per inciso, anche nel tiro del terzo gol al Liverpool l’indecisione di Karius è tanto più drammatica se confrontata con la sicurezza darwiniana di Bale che calcia da lontanissimo caricando la barra della potenza come in un videogioco).
Dopo i gol Cristiano Ronaldo prende la sua vera forma, la sua materia si compatta in una posa marmorea che non lascia niente all’immaginazione.
Dopo aver colpito la palla il corpo di Bale si chiude quasi su se stesso, per effetto del rilassamento muscolare. Un attimo dopo, non c’è più nulla della perfezione lussureggiante della rovesciata di Gareth Bale.
Come i fiori elicoidali del gelsomino che un attimo lampeggiano di bianco nei cespugli rigogliosi e quello dopo si arrugginiscono, afflosciano e cadono a terra.
C’è un’immagine migliore con cui ricordare questa finale?