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Perché il Napoli ha scelto Rudi Garcia
20 giu 2023
Una scelta a sorpresa, di cui è difficile capire le motivazioni.
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Mentre l’Italia si apprestava a scendere in campo per la semifinale di Nations League contro la Spagna, Aurelio De Laurentiis distoglieva l’attenzione dell’opinione pubblica dalla partita con un tweet in cui annunciava Rudi Garcia come nuovo allenatore del Napoli. Un vero colpo di teatro, visto che quel giorno ancora si parlava di un’intesa quasi raggiunta con Christophe Galtier. Le esitazioni del tecnico marsigliese hanno convinto gli azzurri a non insistere più di tanto e a virare su Garcia. Una mossa inaspettata, che ha spiazzato non solo i tifosi, ma parte della società stessa. Pare che Giuntoli sia venuto a conoscenza della scelta proprio come noi, solo tramite il tweet del presidente.

Non è la prima volta che De Laurentiis coglie di sorpresa qualcuno dei suoi uomini con slanci di decisionismo. La storia di Giuntoli e dell’annuncio di Garcia, ricorda in qualche modo quella della PEC per il rinnovo di Spalletti. Quella mail è stata tra i motivi che hanno portato al divorzio con l’allenatore toscano e, vista l’incertezza sul futuro di Giuntoli, la mossa del presidente potrebbe portare con sé un messaggio implicito nei confronti del direttore sportivo.

A dire il vero i quotidiani parlavano da giorni di Garcia come di uno dei papabili alle spalle di Galtier, ma la strategia del Napoli nella ricerca del sostituto di Spalletti non è sembrata troppo chiara. Chissà, magari con una scelta già definita sul prossimo direttore sportivo, il piano della società sarebbe stato più comprensibile. Di certo i tifosi si staranno interrogando sul futuro della squadra al di là della panchina. A De Laurentiis piace mantenere una gestione personalistica del Napoli, ma si è sempre circondato di collaboratori competenti, in grado di bilanciare la sua personalità e il suo decisionismo. In questi giorni, invece, si dice addirittura che voglia sopprimere la figura del DS qualora Giuntoli si svincolasse. Accentrare troppo il potere, nel calcio di oggi, non è mai consigliabile. Le ultime vicende del Napoli, a partire dalla scelta di Rudi Garcia, sembrano andare in questa direzione.

Garcia e il talento

Garcia è un personaggio dal carattere forte, a tratti pittoresco, e non è detto che debba filare tutto liscio nel suo rapporto con il presidente. Tuttavia, si tratta di un tecnico senza grandi pretese sul mercato, abituato a gestire i ricambi nelle rose e a lavorare con giocatori di prospettiva. Non è un caso che avesse sviluppato una grande affinità con Walter Sabatini che, tra le sue qualità, sottolinea quella di saper «riconoscere i bravi calciatori».

In effetti, sembra questo il pregio più grande della carriera di Rudi Garcia, già dai tempi del Lille. Sarà per il suo carisma, per la capacità di entrare in sintonia con un certo tipo di giocatore: in tutte le sue esperienze è stato in grado di valorizzare profili talentuosi e creativi. Primo fra tutti Eden Hazard, già da minorenne titolare nel suo Lille. Vero, Hazard è stato uno dei più grandi fuoriclasse dello scorso decennio e le sue doti sarebbero emerse con qualsiasi allenatore. Con Garcia, però, hanno dato il meglio tanti giocatori che, pur provvisti di qualità straordinarie, sono rimasti a metà del guado, senza mai riuscire ad esplodere del tutto. Qualcuno di loro, grazie al tecnico francese, sembrava destinato a una grande carriera e ha poi deluso al momento di compiere il passo successivo. Qualcun altro, invece, pareva smarrito e ha saputo ritrovarsi solo tra le mani di Garcia.

Uno dei grandi exploit del suo Lione in Champions League.

Con lui, nell’estate del 2020, Aouar e Caqueret, poco più che ventenni, erano stati inafferrabili per il centrocampo del Manchester City: in quel momento, agli occhi di chiunque, avrebbero dovuto dominare il panorama della Champions negli anni successivi. Invece, Aouar sarebbe diventato inconsistente fino a perdere il posto da titolare, mentre Caqueret avrebbe sofferto le gestioni tecniche disastrose seguite a quella di Garcia. Al contrario, Depay sembrava ormai perso dopo gli anni al Manchester United, ma Garcia ci aveva restituito uno dei giocatori più divertenti e produttivi d’Europa. Con una gestione simile, Payet aveva trascinato il Marsiglia a un passo dall’Europa League: il triennio di Garcia nel sud della Francia era coinciso con l’unico periodo in cui Florian Thauvin avesse rispettato le attese sulla sua carriera. Per non parlare poi di Miralem Pjanic, che per quanto alla Juventus sia arrivato a giocare una finale di Champions, i suoi picchi, in Italia, li aveva toccati proprio nella Roma di Garcia. Insomma, non è un caso che per un genio come Joe Cole, con lui a Lille nella fase crepuscolare della sua carriera, si trattasse dell’allenatore più sottovalutato d’Europa.

Nel calcio del francese c’è poco di codificato. La fase offensiva poggia sull’inventiva dei calciatori migliori, sulla loro capacità di stravolgere, con una giocata, il copione della partita. Per questo così tanti talenti offensivi hanno dato il meglio con lui. Kvaratskhelia, sulla carta, si presta bene a un’interpretazione di questo tipo. Anche Spalletti lasciava grande libertà ai suoi. Tuttavia, vi erano una serie di principi e movimenti utili a valorizzare ancora di più le qualità dei singoli: per esempio tutti quegli smarcamenti con cui i compagni di catena lasciavano il georgiano isolato contro il diretto marcatore. Con Garcia situazioni simili diventeranno meno ricorrenti e non sarebbe peregrino immaginare un Kvaratskhelia ancora più centrale della manovra, magari anche più portato ad allontanarsi dalla fascia per condizionare già da subito il possesso. Garcia riserverà grande cura alla classe del georgiano, ma il Napoli ha altri talento così spontanei, quasi selvaggi, che possano sostenere un gioco poco strutturato come quello di Garcia? È questo l’interrogativo più grande nel confronto con Spalletti, che aveva preso il suo posto a Roma proprio quando il suo gioco si era completamente inaridito attorno alla mancanza di principi, e all’incapacità di attaccare difese schierate.

Come immaginare il Napoli di Garcia

Nelle settimane precedenti la scelta del nuovo allenatore, uno dei rumor più insistenti riguardava la predilezione di De Laurentiis per i tecnici abituati a usare il 4-3-3. Una voce quantomeno strana: è difficile pensare che degli uomini di calcio diano così tanta importanza al modulo e non ai principi di gioco. Garcia, comunque, sulla carta rispetta questo strano requisito del 4-3-3: era il sistema di riferimento del suo Lille campione di Francia e della Roma delle dieci vittorie consecutive. La sua interpretazione, però, c’entra poco con quella di Spalletti.

Come detto, la fase di possesso del nuovo tecnico del Napoli non è molto elaborata, né in fase di prima costruzione né negli sviluppi successivi. Garcia è solito enfatizzare soprattutto il lavoro delle catene di fascia, con combinazioni dove, a creare gli spazi, deve pensarci il talento individuale. L’esempio più chiaro, in questo senso, era il suo Marsiglia, dove Payet, da trequartista centrale, poteva migrare da un lato all’altro per dare qualità agli scambi nello stretto. Payet era il perno di un 4-2-3-1, tipo di disposizione che potrebbe proporre anche a Napoli, magari con Zielinski nelle vesti di mezzapunta libera di svariare.

Gli attacchi posizionali, comunque, non sono il piatto forte delle sue squadre. Garcia ama colpire soprattutto in transizione e questo, ovviamente, condiziona anche il modo di difendere. Detto che in Serie A gli azzurri non potranno lasciare la palla agli avversari, è comunque lecito aspettarsi un Napoli meno aggressivo nel pressing, che magari abbassi un po’ il baricentro per avere più campo da attaccare. Osimhen e Kvara non avrebbero problemi a giocare in un sistema del genere. Con più spazio in profondità, potrebbero sprigionare in maniera dinamica tutto il loro potenziale. Certo, sarebbe un peccato perdere la furia in pressing di un attaccante come Osimhen, ma non è detto che il Napoli non possa conservare momenti di maggior aggressività senza palla.

L’inclinazione per gli attacchi diretti e in spazi ampi, unita a una fase offensiva problematica contro difese chiuse, erano i motivi per cui a Lione Garcia era passato al 3-5-2. Viste le sue scelte a Marsiglia e sul Rodano, dunque, non è scontato che il Napoli possa usare solo il 4-3-3. La decisione di adottare i tre centrali e di abbassare il blocco era ciò che gli aveva permesso di condurre Depay e compagni fino alle semifinali di Champions League. Proprio il percorso in Europa potrebbe essere una chiave di lettura della scelta di Garcia. Lo ha ammesso implicitamente De Laurentiis durante la presentazione del tecnico, quando ha ricordato che è arrivato in semifinale di Champions League.

Detto che Spalletti, con i quarti di finale, ha centrato il miglior piazzamento del Napoli nella storia della Champions, quella sconfitta contro il Milan deve aver scottato De Laurentiis. Di fronte al San Paolo, durante la festa scudetto, aveva annunciato al pubblico che il suo obiettivo era l’Europa. Una dichiarazione altisonante, chissà quanto provocata dall’esaltazione per il campionato appena vinto. Garcia, però, senza grandi mezzi in pochi anni è stato capace di raggiungere una finale di Europa League col Marsiglia – dove cui tra i mediani figurava Zambo Anguissa - e una semifinale di Champions col Lione. Il suo calcio reattivo, in cui i giocatori offensivi di puro talento allontanavano la palla da zone calde e bucavano le difese avversarie, era un’ottima ricetta nelle partite secche: un po’ il tipo di gioco che ha eliminato il Napoli nel confronto col Milan.

Esempio di una partita di grandi transizioni.

Garcia può essere un grande motivatore per tutto l’ambiente. Napoli ha adorato capipopolo carismatici come Sarri e Spalletti e il francese sembra inserirsi in quel solco, per di più senza i chiaroscuri caratteriali dei due tecnici toscani. Se saprà toccare le corde giuste, il Napoli potrebbe puntare a migliorare il proprio rendimento in Europa. C’è da considerare, poi, la classica lettura per cui a un allenatore-architetto dovrebbe sempre succedere un allenatore-gestore. Garcia avrebbe il compito di dare nuove motivazioni al gruppo dopo la vittoria e dopo due anni con una figura come Spalletti, uno dei tecnici che più somatizza lo stress che circonda il mondo del calcio.

Per la Serie A la prossima stagione sembra un anno di transizione. Col Napoli che si avvia ad un nuovo ciclo, non esiste un chiaro favorito per lo scudetto. Basterà la solita ricetta di Garcia per difendere il titolo? Oppure il francese ci regalerà qualcosa di nuovo?

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