Che cos’è un uomo in rivolta? Un uomo che dice no. Ma se rifiuta, non rinuncia tuttavia: è anche un uomo che dice sì, fin dal suo primo muoversi.
Albert Camus, L’uomo in Rivolta
Scordatevi le tranquille notti d’estate in questo mercato NBA. La notizia era nell’aria da giorni, precisamente da quando Paul George ha chiesto di essere ceduto, ma non per questo è stata meno folgorante, inaspettata e iconica, come quasi tutto quello successo negli undici giorni precedenti: Russell Westbrook sarà un giocatore degli Houston Rockets. I texani hanno trovato l’accordo con gli Oklahoma City Thunder sulla base del contratto di Chris Paul, due prime scelte protette-4 (2024, 2026) e due diritti a favore dei Thunder di scambiarsi le scelte (2021, 2025), anche queste con protezioni.
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Dopo il ritorno a casa di Paul George, la situazione si era fatta delicata per Westbrook. La stella dei Thunder aveva chiesto di rivedere i suoi piani futuri e, possibilmente, trovare una destinazione più consona alla sue aspettative di carriera attuali. Sam Presti, General Manager dei Thunder, non poteva non accontentarlo: sia perché la franchigia sembra aver intrapreso la strada del rebuilding, sia perché le cifre del contratto di Russ fanno paura (170 milioni per i prossimi quattro anni, con una player option da 47.1 milioni nella stagione 2022-23), sia soprattutto per il rispetto dovuto a un giocatore che per 11 è sempre stato fedele alla franchigia.
Il cuore di Oklahoma City
Russell Westbrook è stato uno dei migliori giocatori della breve storia dei Thunder, capace di chiudere tre stagioni consecutive in tripla doppia di media, di battere record e stabilirsi nella top-4 in praticamente ogni parametro statistico nella storia della squadra. Ma è stato soprattutto molto di più.
Leader in campo e fuori, personalità debordante su cui plasmare attorno l’animo di una città che lo ha amato incondizionatamente fin dal primo giorno. Con il suo stile di gioco esuberante, aggressivo, sicuramente imperfetto ma di grande cuore, Westbrook ha impersonificato alla perfezione l’archetipo dell’anti-eroe, del personaggio eccentrico ma sensibile, dalle spalle larghe sotto le quali ripararsi nei momenti di difficoltà e nel quale immedesimarsi se sei un mercato piccolo e nel mezzo del niente, lontano dai riflettori delle metropoli, dove la passione e la riconoscenza sono qualità speciali, che ti fanno voler bene.
Westbrook è stata la faccia sorridente dei momenti più esaltanti e la coperta di Linus quando fuori piove. È stato il volto di una franchigia dalla storia ma con una narrativa squisitamente complessa. È stato quello che è rimasto, mentre gli altri andavano via.
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E sembrava destinato a rimanere, forse per sempre, dopo aver convinto George a rifirmare appena un anno fa, con i Thunder che sembravano posizionati per competere ancora a lungo. Ma la vita cambia velocemente, spesso senza particolari preavvisi – come dimostrano i buonissimi rapporti tra George e Westbrook, nonostante la richiesta di cessione del primo – e in una notte di luglio tutto è finito, nel bene o nel male, aprendo alla prossime domande. Next question!
Parlando con la dirigenza di una sua possibile partenza, Westbrook aveva fatto capire come Houston fosse la destinazione a lui più gradita. La possibilità di ricongiungersi con James Harden, uno dei suoi migliori amici – nonché il primo, dei due, a compiere lo stesso percorso sette anni prima – è stata un’attrattiva forte per Russ, tanto che l’idea originaria della trade è partita appunto dalle due stelle e dalla loro volontà di tornare a vestire la stessa maglia.
Westbrook voleva scegliersi il finale della sua storia d’amore con Oklahoma City ed è stato accontentato, ponendo la sua vecchia e la sua nuova franchigia verso orizzonti diametralmente diversi ma ugualmente sottili e complessi da analizzare.
Own the future
Riconoscenza e rispetto sono concetti molto labili all’interno di un business da miliardi di dollari, da coniugare con il freddo profitto e la razionalità della visione d’insieme. E in questo Sam Presti si è dimostrato ancora una volta impeccabile.
Consapevole che assorbire il contratto di Chris Paul, seppur di un anno più corto di quello di Russ, avrebbe portato in dote degli svantaggi (il mercato per CP3 non è proprio incandescente in questo momento) il ritorno in termini di asset è stato notevole, con le due prime scelte di Houston che nonostante le protezioni (1-4 per entrambe) cadranno tra cinque e sette anni, dopo la scadenza dei contratti di Westbrook e soprattutto Harden.
Inoltre, considerando l’immobilismo di un mercato in cui quasi tutti hanno finito i soldi da spendere e il contratto di Westbrook, da molti definito come uno dei peggiori della lega, il guadagno in termini di flessibilità futuribile appare netto. Il contratto di Chris Paul scadrà un anno prima di quello di Westbrook, un dettaglio non da poco, e non è detto che comunque non ci possa essere il modo di trovargli un’altra sistemazione, anche se dovesse essere necessario toccare una delle tante prime scelte a disposizione per scaricarlo.
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Presti è un dirigente che ama lavorare per piani paralleli, tenendo aperta ogni possibilità, e per quanto il piano di ricostruzione appare piuttosto evidente, capire quanto sarà graduale, tuttavia, non è altrettanto scontato. Steven Adams, Dennis Schröder e Danilo Gallinari sono buoni giocatori, SGA è uno dei migliori giovani in circolazione: per quanto improbabile non sarebbe infattibile costruire una squadra che provasse a centrare l’ottavo posto già nella prossima stagione – specie se CP3 non dovesse calare ulteriormente – così non sarebbe difficile arrivare a buoni giocatori per migliorare ulteriormente il roster, date le decine di scelte e asset accumulate.
Dalle cessioni di George, Jerami Grant e Westbrook, i Thunder hanno ricavato otto prime scelte (!!) e quattro pick swap, mettendo le mani sul futuro di tre franchigie diverse (Clippers, Heat e Rockets). Cifra che potrebbe salire ancora qualora venissero mossi gli ultimi buoni giocatori rimasti a roster. Le vie da percorrere sono infinite, soprattutto per un GM che nel suo curriculum può vantare l’invidiabile primato di aver scelto tre MVP in tre Draft consecutivi senza aver mai avuto la prima pick assoluta.
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Con il fallimento del progetto tecnico nella scorsa stagione, i Thunder si erano cacciati in una situazione spinosa, complicata dalla mostruosa tassa di lusso da pagare per una squadra che negli ultimi due anni ha vinto appena tre partite di playoff in totale. Certo, come insegna l'esempio dei Portland Trail Blazers (la squadra che ha eliminato proprio OKC nella passata stagione), a volte basta un colpo fortunato per cambiare la propria prospettiva. Presti però ha preferito costruirsi più strade percorribili e rimescolare le carte in attesa di una mano migliore. Trasformare in tre anni il contratto in scadenza di Serge Ibaka in sette asset al Draft, Shai Gilgeous-Alexander e Gallinari è stato una discreto upgrade, soprattutto considerando che almeno un paio delle scelte accumulate saranno di buon livello.
Dopo anni ad alti livelli i Thunder possono permettersi anche di tirare il fiato e riconsiderare il proprio futuro. Un futuro per la prima volta in undici anni senza Russell Westbrook, l’ultimo erede della Dinastia Che Poteva Essere e ora, ormai definitivamente, Non È Mai Stata.
I paradossi dei Rockets
Già da prima dell’apertura del mercato, Daryl Morey aveva fatto intuire che non sarebbe rimasto con le mani in mano. L’interesse per Butler era il preludio della volontà di un GM che ama, tra le altre cose, rischiare e accumulare stelle. Non è importante come queste si mescolano assieme, quelli sono problemi per il dopo semmai (e non è nemmeno detto che Morey rimanga in Texas abbastanza a lungo da subire le ripercussioni di questo scambio), quanto avere sempre la miglior mano possibile per sedersi al tavolo delle contender. E in questo momento, per Morey, Russell Westbrook rappresenta una possibilità migliore di Chris Paul.
Nei due anni in Texas, CP3 è stato il barometro della squadra di Mike D’Antoni. Bravo a sposarsi con la nuova filosofia di squadra, a non pestarsi i piedi con Harden e, anzi, a riempirne i vuoti lasciati con la consueta intelligenza cestistica e la personalità pruriginosa. Da Paul nel bene e nel male sono dipese le fortune dei Rockets, arrivati vicinissimi a toccare il sole degli Warriors per due anni consecutivi, prima di venirne bruciati.
Paul era un fit istantaneo accanto a Harden grazie soprattutto al 37% da tre in carriera, ma nella scorsa stagione sembrava aver perso un paio di giri dell’atletismo che lo ha contraddistinto negli anni migliori, e a 34 anni la sua carriera sembra indirizzata verso un inesorabile parabola discendente. I numeri al tiro di Russ, allo stesso modo, devono spaventare: 30.8% in carriera, 29% su quasi sei tentativi nell’ultima stagione, la peggiore di sempre per un giocatore con quel volume. Ma Westbrook ha una cilindrata superiore ed è ancora in grado di battere il proprio uomo dal palleggio, seppur non con l’esplosività di qualche anno fa.
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A livello stilistico è un cambio drastico, dove la cerebralità di Paul verrà sostituita dalla fantasia muscolare di Westbrook, ma ideologicamente le differenze potrebbero essere meno marcate. Seppur con uno stile differente, Russ resta un passatore ampiamente sopra la media e, se le spaziature potrebbero risentire a causa delle scarse doti balistiche, è altrettanto vero che la sua fisicità darà una scossa adrenalinica a tutto il sistema. Nella passata stagione appena l’11% dei tiri di CP3 arrivava nei pressi del ferro, al contrario del 40% di quelli di Westbrook, convertiti con un 63% che gli vale il primato in carriera. Considerando la batteria di tiratori a disposizione dei Rockets e la gravità che esercita Harden dal palleggio (ormai perfettamente a suo agio anche a giocare con due difensori addosso) la capacità di attaccare i close-out giocando lontano dalla palla potrebbe essere un valore aggiunto, sempre che approcci il lavoro off-the-ball con altro atteggiamento rispetto a OKC. La sua capacità di vedere il campo è ugualmente interessante, dati gli 802 passaggi che hanno portato direttamente a una tripla nella scorsa stagione e dato il fatto che Houston possiede tiratori decisamente migliori di quella di OKC, con lo stesso Harden a giovarne giocando più spesso in situazioni di spot-up.
Perfino in difesa, molti dei dubbi potrebbero venire spazzati via alla svelta. Perché se è vero che Westbrook non è il difensore che molti si immaginano, lo è altrettanto affermare che CP3 nelle ultime stagione aveva perso d’efficacia anche in questa metà campo, tanto che stando al nuovo sistema statistico di Fivethirtyeight DRAYMOND nella scorsa stagione Russ ha avuto un impatto migliore del rivale, seppur di poco.
Ovviamente Westbrook e Harden dovranno trovare il giusto equilibrio per non pestarsi i piedi, capendo quando essere attori protagonisti e quando lasciare il proscenio all’amico e compagno. C’è la possibilità che il fit tra i due non sbocci mai, così abituati da anni a dominare il pallone, e nella scorsa stagione hanno chiuso al primo e al secondo posto per palle perse. Con l’aggiunta di Westbrook i Rockets rafforzano la propria candidatura in una Western Conference stracarica di talento. Alla fine dei giochi occorre ricordare come negli ultimi due anni nessuno è stato al loro livello, esclusi gli Warriors (con Kevin Durant sano in campo).
A sei anni di distanza dalla trade per Harden, Rockets e Thunder ne hanno condotta un’altra che potrebbe avere ripercussioni notevoli sulla lega. Morey e Presti, ognuno a proprio modo, continuano a muoversi con quel senso di rivolta che definisce i più grandi rivoluzionari del proprio tempo. E non è un caso se i loro incontri sono avvenuti per Russell Westbrook e James Harden, due che la rivoluzione l’hanno fatta davvero, con buona pace dei nostalgici. Alla fine si tratta proprio di questo, di lasciare un segno, rompere gli schemi.
Dopo aver guidato i Thunder per undici anni, Westbrook è pronto a prendersi il Texas. I Rockets sperano di prendersi la lega, e i Thunder un nuovo futuro.