Il 14 maggio 2017 si corre il Gran Premio di Spagna di Formula 1, a Barcellona. Per analizzarlo la rivista di settore «Autosprint» intervista Carlos Sainz, leggendario rallista e padre dell’omonimo pilota che alla fine raccoglie un settimo posto con la Toro Rosso. «Carlos junior è una pedina importante nel mercato piloti di Formula 1», esordisce il giornalista Sergio Remondino, «la Ferrari è sempre nei vostri pensieri?». Sainz senior, perentorio, risponde: «Certamente! Sarebbe un sogno».
Nelle settimane successive Sainz junior fa partire una campagna mediatica per mettere pressione alla Red Bull: sapeva che avrebbe stimolato la grande suscettibilità del capo Helmut Marko, ma sapeva anche che era stata proprio la severità di Marko a impedire a ogni pilota in Toro Rosso di andare oltre la terza stagione in Formula 1, fino a quel momento. Sainz aveva già debuttato nel 2015 insieme a Verstappen e aveva perso il duello con il compagno: a quel punto si trovava senza sbocchi, alla sua terza stagione nel team di riserva. Con Ricciardo e Verstappen ben sigillati nel team ufficiale, ma contando anche sui propri buoni risultati sportivi come credito politico, Sainz ha sostanzialmente chiesto pubblicamente un’eccezione alla regola non scritta delle tre stagioni, oppure, in alternativa, una separazione anticipata. Qualche mese dopo, a stagione 2017 ancora in corso, interrompe la sua lunghissima storia in Red Bull per approdare alla Renault.
Percorso a ostacoli
Così, Sainz è entrato per la prima volta in un team ufficiale, ma fu proprio l’esperienza in Renault a mettere maggiormente in crisi la sua permanenza in Formula 1. Tra gli ultimi quattro Gran Premi del 2017, e per tutto il 2018, Carlos Sainz è uscito sconfitto dal confronto con il compagno di scuderia in Renault, Nico Hülkenberg, da sempre nel limbo di quei piloti di fascia medio-alta che non sfondano la barriera dell’eccellenza. Lo scontro complessivo in qualifica si è risolto con un 16-8 favorevole a Hülkenberg, che a fine 2018 ha anche ottenuto più punti di Sainz – 69 contro 53 – in classifica piloti. Lo spagnolo, in realtà, era già stato scaricato ufficialmente dalla Renault in estate, dopo l’Ungheria, quando la classifica recitava 52-30 per Hülkenberg.
Sono già due duelli persi nella sua breve carriera: non si può dire che Sainz – al contrario di piloti dal percorso fulminante in età giovanile come Hamilton, Leclerc, Russell e Verstappen, il suo carnefice in Toro Rosso – sia parso fin da subito un predestinato. Anche se fu più veloce di Verstappen nella prima metà del 2015, Sainz sembrava un pilota più abile nella lettura razionale delle situazioni in pista piuttosto che uno dotato di talento velocistico.
Anche la gestione che la Red Bull fece di Sainz e Verstappen fu sostanzialmente opposta e ci dice del loro diverso talento naturale. L’olandese a fine 2013 era ancora nei kart e a inizio 2015 era già in Formula 1, da minorenne, dopo una sola esperienza in monoposto in Formula 3 nel 2014. Sainz invece corse in Formula 3 nel 2012, in GP3 nel 2013 e vinse le prestigiose World Series nel 2014: «Eppure, dopo averle vinte, è stato un periodo molto difficile», ha raccontato lui stesso in un’altra intervista ad Autosprint, «perché proprio grazie al modo in cui le avevo vinte mi aspettavo subito buone notizie per l’approdo in Formula 1. Invece il tempo passava e non arrivava nulla. Helmut Marko mi ha dato l’ok solo dopo il test di Formula 1 di fine stagione ad Abu Dhabi, in cui mi hanno fatto provare la Red Bull per valutare i miei progressi del 2014».
La Toro Rosso ha annunciato per primo Verstappen, nonostante il terzo posto nel campionato europeo di Formula 3, intuendone il talento unico e la capacità tecnica e mentale; Sainz invece è dovuto passare per il confronto diretto, nelle categorie propedeutiche, con altri piloti del mondo Red Bull: con Kvyat in GP3 nel 2013 (che ha perso) e quello con Gasly nelle World Series 2014 (che ha vinto). Questo percorso, però, ha dato a Sainz il tempo per trovare il suo equilibrio, per affinare le sue capacità e arrivare maggiormente preparato e con più «cultura» rispetto a Verstappen ai primi Gran Premi in Formula 1.
«Per molta gente io sono un pilota con tanta esperienza», disse Sainz sempre ad Autosprint a inizio 2015, «sembra che io sia un veterano, ma ho solo 20 anni e sono appena diventato il più giovane vincitore di sempre delle World Series». E la gavetta gli ha permesso di reggere l’impatto con la F1: «ho avuto conferma che se sei veloce nelle categorie minori lo sei anche in Formula 1. Non ti trovi spiazzato e puoi avere un handicap solamente limitato, legato ad aspetti specifici della Formula 1. Ritrovi la stessa velocità che avevi nelle categorie minori e questo dà loro un senso. Grazie al mio step di crescita dello scorso anno nelle World Series non ho dovuto lavorare molto di più di quello che facevo l’anno scorso».
La mancanza di un talento formidabile gli ha impedito di crescere subito, ma il confronto con Verstappen e la sua esclusione dalla Renault ne hanno messo in discussione il futuro. Anzi, non è detto che senza il momentaneo ritiro di Alonso a fine 2018 che gli ha lasciato un posto libero in McLaren, Sainz sarebbe riuscito a trovare un sedile in Formula 1 nel 2019. Sarebbe stato ingiusto, magari, ma comunque sarebbe stato dovuto ad alcuni limiti che Sainz ha evidenziato in quegli anni, in particolare nella velocità in qualifica.
Suzuka 2015 fu una delle più grandi delusioni per Sainz. In Q1 aveva perso di 3 decimi il confronto con Verstappen, che si era però fermato in Q2 per un problema tecnico. In gara, Sainz ha prima centrato il paletto all’ingresso box, costringendo i meccanici a sostituire il muso; poi è stato massacrato nel ritmo da Verstappen e, infine, sorpassato alla chicane dall’olandese.
Il principale punto di forza di Sainz, che ha anche migliorato nel 2019, è servito a rilanciarne le quotazioni. E cioè, la capacità di preparare e gestire la gara, quella straordinaria regolarità di risultati lo ha portato a ottenere il sesto posto nel Mondiale piloti. Che sarebbe diventato il credito necessario a conquistare il sedile della Ferrari.
Sainz sembrava un pilota affidabile ma poco incisivo, ma nel 2019 ha saputo sfruttare la sua occasione, beneficiando finalmente di una vettura di primo piano che lui stesso ha contribuito a far crescere.
La scelta migliore per la Ferrari?
Eppure, nonostante quella passata sia stata la migliore stagione della propria carriera, Carlos Sainz ha pareggiato per 10-10 il confronto in qualifica con Lando Norris, suo compagno in McLaren e debuttante in F1. Norris lo ha persino battuto al suo esordio assoluto, in Australia, su una pista in cui non aveva mai girato. Ci sono molti episodi, però, che testimoniano come Sainz sia stato estremamente efficace in seguito, ottenendo il massimo risultato in gara, magari proprio sacrificando la qualifica nella scelta dell’assetto. Rispetto a Norris, che già in Formula 2 si era dimostrato altalenante nelle performance in gara e nella gestione delle gomme, Sainz ha dato prova di sentire anche meglio il feeling con la macchina con il peso della benzina.
La sua accresciuta regolarità di risultati in gara, dovuta anche a una visione strategica che parte dall’inizio del weekend, è l’attributo principale che ha convinto la Ferrari sul fatto che Sainz sia a tutti gli effetti un pilota «da Ferrari». Certo, i confronti diretti persi in passato dovrebbero dissuaderci dal considerarlo un pilota già pronto per vincere il titolo mondiale, ma nella logica ferrarista che non vuole mettere in competizione due top driver alla pari, Sainz può rappresentare il profilo perfetto per garantire quella continuità troppe volte mancata a Massa e Raikkonen ed essere funzionale anche nelle strategie di squadra.
Il Gran Premio migliore per rappresentare il 2019 di Sainz è quello dell’Ungheria. A Budapest ha perso il confronto con Norris in qualifica, sia in Q2 che in Q3, ma in gara ha gestito meglio le gomme morbide ed è arrivato sano a ridosso del pit stop, mentre Norris ha avuto un paio di giri di crollo che lo hanno costretto a una sosta difensiva. Per tutta la seconda metà della corsa, poi, Sainz è riuscito a tenere dietro la superiore Red Bull di Gasly, grazie anche a una sapiente gestione dell’ERS. È riuscito così a sfruttare sempre tutta la potenza elettrica sul rettilineo del traguardo e a non far avvicinare mai a sufficienza Gasly, conquistando la quinta posizione.
A suggellare la sua crescita, come perfetta conclusione della stagione, hanno contribuito le prestazioni in rimonta negli ultimi due Gran Premi, quello del Brasile e quello di Abu Dhabi, dove Sainz ha dato sfoggio anche di un’accresciuta capacità nei corpo a corpo, non solo dal punto di vista difensivo come in Ungheria contro Gasly. Per conquistare il sesto posto in solitaria nella classifica piloti Sainz ha dovuto effettuare due bellissimi sorpassi con finta su due maestri dei corpo a corpo a centro gruppo, ovvero Hülkenberg ad Abu Dhabi e Perez a Interlagos: «Mi piace molto battagliare con Perez», aveva detto Sainz a Sky Sport F1 qualche tempo fa, «perché è sempre molto duro ma molto corretto».
Sainz aveva già eseguito un sorpasso capolavoro su Perez alla sua prima gara in Renault, ad Austin nel 2017. Nel video si vede come lo prepara magnificamente, tramite gli incroci di traiettoria.
Sainz è riuscito a dare alla propria credibilità quella spinta decisiva per permettergli finalmente il salto in un top team, cogliendo quella che forse sarebbe stata la sua ultima occasione di evitare l’appiattimento della sua carriera in F1. Per la Ferrari, invece, Sainz rappresenta l’irripetibile occasione di affiancare a Charles Leclerc un compagno che, almeno in linea teorica e secondo le loro valutazioni, è destinato a essere solo parzialmente scomodo, specialmente nei duelli in qualifica, ma comunque prezioso per le logiche di squadra e ormai anche affidabile per rimpolpare il carico di punti per il titolo costruttori.
La logica del secondo pilota
Secondo una delle dinamiche più paradossali della Formula 1 l’etichetta conquistata da Sainz – quella del pilota ormai esperto, in crescita, affidabile e carico di entusiasmo, ma privo della totalità del talento dei predestinati – si rivela spesso vantaggiosa per varcare i cancelli dei top team rispetto a quella di altri piloti teoricamente più veloci. Come nell’industria fordista, nella quale venivano appositamente scelti operai dalla minore intelligenza possibile, così anche nei team più prestigiosi di Formula 1 succede che per affiancare il pilota prescelto al successo si ricorra a un profilo non di primissimo piano, più disposto ad accettare un ruolo subalterno.
Certo, Sainz non ambisce a restare la spalla a Leclerc, ma il fatto che abbia vinto la concorrenza di Ricciardo suggerisce che la Ferrari lo abbia considerato meno minaccioso per gli equilibri del team. Oltre che meno costoso, visto lo stipendio più basso frutto di risultati inferiori rispetto all’australiano della Renault: un podio in carriera per Sainz, 3 pole position e 7 vittorie per Ricciardo. Sainz in McLaren guadagnava una cifra che si aggira sui 4 milioni a stagione, contro gli oltre 15 che Ricciardo percepisce dalla Renault.
Un podio neanche gustato a fondo da Sainz, celebrato in ritardo in seguito alla penalizzazione di Hamilton a Interlagos 2019.
Inoltre, sostituire Vettel con Sainz aiuterà non poco la Ferrari a ottenere una direzione univoca nello sviluppo tecnico e nella scelta degli assetti. Il motivo principale della crisi di Vettel a metà 2019 è stato proprio la modifica dell’equilibrio della vettura, spostato più sull’anteriore, che ha aiutato lo stile di guida di Leclerc penalizzando quello del tedesco. Sainz sembra avere uno stile non troppo diverso da quello del suo prossimo compagno di squadra e sostanzialmente opposto, invece, a quello di Vettel: lo spagnolo pare avere il bisogno di sentire l’anteriore molto preciso e in passato ha mostrato di subire invece un assetto sottosterzante.
È principalmente questo il motivo per cui Sainz ha fallito nella sua esperienza in Renault, rilanciandosi in McLaren: la vettura francese era stata sviluppata da Hülkenberg per tutto il 2017 e peccava di precisione sull’anteriore, forse proprio per assecondare le caratteristiche del tedesco: «Ci sono delle cose da testare per rendere la macchina adatta a me», disse Sainz a maggio 2018, «Non ho piena confidenza nella macchina, che non è del tutto adatta al mio stile, e questo nei giri da qualifica mi fa perdere dei decimi decisivi».
In McLaren ha invece trovato un compagno, Norris, che ha uno stile di guida tutto sommato simile al suo, e questo ha permesso al team di remare verso un’unica direzione. Ad esempio, nel confronto dei loro giri da qualifica ad Abu Dhabi si vede come entrambi vadano aggressivi sui cordoli in entrata, con un avantreno precisissimo, mentre è soprattutto in uscita di curva che si notano delle differenze: Sainz è sempre stato un pilota poco portato a sfruttare tutto il cordolo in uscita, sfogando tutta la trazione, e rispetto a Norris ricorre più spesso alla tecnica dello «shortshift», anticipando le cambiate per ridurre in trazione la coppia di potenza alle ruote motrici e limitare il pattinamento del posteriore, anche in qualifica con gomma morbida fresca.
Sainz in Renault nella prima qualifica del 2018, in Australia. È evidente un certo sottosterzo più o meno per tutto il giro. Alla penultima curva, per provare a prendere il punto di corda, deve usare molto angolo di sterzo: quando va sul gas in uscita il volante è troppo girato e perde così anche il posteriore.
Rispetto a Norris, uno dei più grandi talenti apparsi sulla scena negli ultimi anni, Sainz ha una guida più controllata, più razionale. Forse anche lui, così come Vettel, ha dimostrato che l’espressione del suo talento di guida sia subordinata a una serie di condizioni imprescindibili.
Un progetto tra vecchie e nuove dinamiche
Carlos Sainz sarà il decimo pilota titolare della Ferrari dal 2000 in poi, succedendo nell’ordine a: Schumacher, Barrichello, Massa, Raikkonen, Badoer, Fisichella, Alonso, Vettel e Leclerc. Rispetto agli altri tre team storici sopravvissuti al passaggio al nuovo millennio (McLaren, Williams e Sauber) la Ferrari resta quella che ha cambiato meno piloti. Si tratta dell’ennesima statistica che testimonia come i team più in difficoltà a livello economico (come Sauber e Williams nell’ultimo decennio) siano costretti a navigare più a vista e a dipendere dagli sponsor portati dai piloti, che però possono decidere da un momento all’altro di chiudere i rubinetti e condannare la carriera del pilota su cui avevano investito (come avvenuto, ad esempio, nel caso di Felipe Nasr in Sauber e della banca statale del Brasile).
La Ferrari può operare attraverso piani pluriennali anche per quello che concerne la figura più scomoda del secondo pilota, contando oltretutto sul fatto che il sedile in Ferrari sia un punto di arrivo e non un trampolino di lancio.
La lettera di addio di Sainz alla McLaren. Il suo sentimento di commozione e riconoscenza è parso molto sincero. Ha detto anche: «Quando i membri del team McLaren hanno saputo del passaggio alla Ferrari erano tutti felici per me e mi hanno fatto i complimenti».
La scelta di Sainz rientra nei piani del team principal Mattia Binotto, che già lo scorso 7 settembre pronunciò una frase che oggi sembra significativa: «Sono cresciuto in Ferrari nell’epoca di Schumacher, al suo fianco c’erano Barrichello e Massa. Sono dell’idea che si debba avere una grande prima guida e un altro pilota in grado di vincere gare e fare punti, tipo Hamilton e Bottas. Avere due piloti così forti (come Vettel e Leclerc, nda) crea difficoltà di gestione».
L’ex pilota di F1 Timo Glock pensa che la Ferrari abbia scelto Sainz anche per via della sua vicinanza al manager di Leclerc, Nicolas Todt, e che questo sostanzialmente sia un piano per accrescere la loro influenza e il loro controllo sul team. Nicolas Todt (figlio di Jean, presidente della FIA ed ex direttore generale della Scuderia Ferrari) gestisce già da molti anni diversi piloti arrivati in Ferrari o comunque sotto l’egida di Maranello: Felipe Massa, lo scomparso Jules Bianchi (grande amico d’infanzia di Leclerc) e la giovane promessa Marcus Armstrong, pilota della Ferrari Driver Academy, pronto a debuttare in Formula 2 nel prestigioso team ART.
La vera svolta della scelta di Sainz sta invece nel clamoroso ringiovanimento della coppia di piloti Ferrari, che a inizio 2021 conterà un’età complessiva di circa 51 anni e mezzo. Considerando anche che l’età della scalata attraverso le categorie propedeutiche e dell’approdo in Formula 1 si è abbassata anche per ragioni economiche, come accennato, se Sainz al momento del suo esordio in Toro Rosso, a 20 anni, sembrava già un veterano, oggi che ne ha 27 è uno dei piloti più esperti di tutto il «circus», con 6 stagioni complete alle spalle.
Soltanto al Gran Premio del Sudafrica 1968 i tre piloti schierati dalla Ferrari (Jacky Ickx, Chris Amon e Andrea De Adamich) avevano un’età media più bassa di quella che avranno Leclerc e Sainz a inizio 2021. Oltretutto, i due arriveranno anche con un palmares estremamente scarno: con le due sole vittorie di Leclerc nel 2019. Il che conferma forse la volontà di emulare il modello Red Bull, pur con tutte le sue complicazioni, dando fiducia ai giovani e più credito anche alle loro performance nelle categorie propedeutiche.
In definitiva, a scelta di ingaggiare Carlos Sainz è in equilibrio tra il mantenimento delle certezze delle vecchie tradizioni della Ferrari e l’esplorazione delle possibili evoluzioni future della Formula 1. Con la stagione 2020 ancora tutta da disputarsi è impossibile intuire esattamente in quale stato Sainz arriverà a indossare la tuta della Ferrari ma il suo compito principale sarà quello di provare a mettere il più possibile in discussione le gerarchie interne, salendo ulteriormente di livello rispetto a quanto mostrato finora nella sua lunga esperienza in Formula 1.