
Mentre in Italia vedevamo il Bologna travolgere la Lazio e la Fiorentina fare lo stesso con la Juventus, in Inghilterra andava in scena un ribaltamento delle gerarchie forse ancora più clamoroso: doveva esserci qualcosa nell’aria per questo tipo di storie. Certo, né il Bologna né la Fiorentina hanno alle spalle il capitale teoricamente illimitato del gruppo PIF, ma calcolando il palcoscenico (Wembley), l’occasione (la finale di Coppa di Lega) e soprattutto l’avversario (il Liverpool) non si può dire che il Newcastle abbia fatto un’impresa da meno.
Nulla che metta in discussione il successo di vincere una Premier League con un campionato dominato dall’inizio alla fine, sia chiaro, ma, dopo una prima parte di stagione in cui si è sentita ripetere in ogni dove di essere la migliore squadra d’Europa, che il Liverpool di Arne Slot si sia visto sfuggire tra le mani la seconda coppa in pochi giorni, dopo che la lotteria dei rigori gli aveva già tolto la Champions League, non è una cosa di poco conto. Un “ma” che rimarrà conficcato in questa stagione, come quelle schegge che pungono sotto pelle senza che tu le riesca a vedere.
Che a togliergliela dalle mani sia stato proprio il Newcastle, poi, è una storia a parte. Un’altra squadra, come il PSG, utilizzata come testa di ponte da una monarchia del golfo per arrivare all’organizzazione di un Mondiale, un’altra squadra dal passato glorioso ma impolverato, che con nuovi capitali cerca di ricostruirsi una posizione ai massimi livelli del calcio mondiale. Il Newcastle squadra feticcio di una Premier League negli anni '90 ancora nella periferia del calcio europeo, con lo sponsor Newcastle Brown Ale sul petto, il Newcastle di Ginola e Asprilla, dei gol di testa di Alan Shearer, poi diventato il Newcastle di Bobby Robson, di Kieron Dyer e Craig Bellamy, oggi è il Newcastle di Eddie Howe e Alexander Isak, la cui terza maglia cerca di ricordare quella dell’Arabia Saudita, il Newcastle che spende più 30 milioni per giocatori come Lewis Hall, che torna a vincere un trofeo nazionale per la prima volta dal 1955.
Tra queste due realtà non c'è quasi niente. Oggi la Premier League è il miglior campionato del mondo, o comunque il più ricco, le magliette hanno sponsor globali che cercano di parlare a mercati che sono dall'altra parte del mondo, eppure il successo dei giocatori italiani in Inghilterra continua a suscitare un certo fascino nostalgico.
Quando a settembre è cominciata la stagione di Sandro Tonali, dopo la squalifica di quasi un anno per le scommesse fatte sulle piattaforme illegali di betting, i tifosi del Newcastle hanno pensato per lui un enorme coreografia composta da due striscioni tricolore, con in mezzo la sua icona: “Miedfield Maestro from Milano”. È stato un momento che ci ha riportato a quella Premier lì - la Premier dei Di Canio, degli Zola, dei Vialli, dei giocatori italiani che emigrano in Inghilterra dal miglior campionato del mondo come evangelizzatori cristiani, per diventare piccoli oggetti di culto. Visto dall’Italia, era stato un momento straniante proprio per questa ragione. Tonali era ancora molto giovane, aveva tutto da dimostrare, e con la maglia del Newcastle aveva giocato solo una manciata di partite prima della squalifica. Il trasferimento era stato facilitato da un'offerta che il Milan non poteva permettersi di rifiutare e da ciò che si immaginava potesse far vedere, più che per quello che aveva già mostrato. Metterlo accanto ai Di Canio, ai Zola, ai Vialli ci sembrava un artefatto posticcio da Instagram, in un contesto che era stato completamente stravolto.
La nostra attenzione nei confronti di Tonali è continuata a riemergere in questo modo, stimolata da titolisti che sanno esattamente su quali tasti battere. Tonali simbolo di una grandezza che poteva essere e che non è stata, che rappresenta una delle speranze della nostra Nazionale, che una parte dei tifosi del Milan sotto sotto spera di veder fallire per rassicurarsi sul fatto che accettare quei sessantaquattro milioni alla fine sia stata davvero la scelta giusta.
La sua stagione, inevitabilmente, ha seguito alti e bassi, ma tutti sembrano essere concordi sul fatto che sia legata a doppio filo a quella del Newcastle. La squadra di Eddie Howe ha avuto una prima parte di stagione terribile, che a un certo punto sembrava dovesse prendere una brutta piega. Arrivati al 7 dicembre, giorno in cui è stato sconfitto dal Brentford per 4-2, il Newcastle aveva vinto in campionato appena cinque partite e mai si sarebbe sognato di tornare a competere per la Champions League, dopo essere scivolato nella parte destra della classifica, al dodicesimo posto. La rinascita che è seguita, ha spiegato George Caulkin su The Athletic, “si può in gran parte spiegare con due parole: Sandro e Tonali”.
Eddie Howe - si sarà accorto anche chi ha visto la partita di ieri - ha trovato la quadra azzeccando il triangolo di centrocampo, riportando Joelington tra le mezzali dopo gli esperimenti sull’esterno, e scambiando Tonali e Bruno Guimaraes nei ruoli di interno di centrocampo e vertice basso. In questo modo l’allenatore inglese ha nascosto i limiti e messo in mostra le qualità di entrambi. Guimaraes esprimendo la sua creatività con il pallone sulla trequarti, Tonali entrando nelle pieghe del gioco con le letture difensive, aiutando la squadra a non smagliarsi. Così è arrivata la striscia di nove vittorie nelle successive tredici partite in Premier League, che oggi vede il Newcastle appena a un punto da quel quinto posto che quasi sicuramente garantirà la Champions League nella prossima stagione. Allo stesso modo è arrivata anche la cavalcata in Coppa di Lega, dove il Newcastle ha eliminato Chelsea e Arsenal (quest’ultimo battuto per 2-0 sia all’andata che al ritorno, tra gennaio e febbraio) per arrivare alla finale di ieri.
Se marzo è il mese in cui si può guardare la classifica senza avere più paura di essere smentiti, in cui solo le squadre che hanno risolto i propri problemi possono dire la loro, in cui escono fuori i giocatori che rimarranno nella nostra memoria, è sicuramente significativo che Sandro Tonali abbia messo in scena una delle migliori prestazioni della sua stagione nell’ultima partita di marzo prima della sosta per le Nazionali, contro uno dei migliori terzetti di centrocampo del mondo.
Siamo abituati ad associare il Liverpool al ritmo del calcio inglese, alla sua intensità, e la cosa più impressionante della partita di Tonali di ieri è averci fatto sembrare il suo centrocampo lento, datato. La squadra di Slot ha sofferto nella gestione del possesso sotto pressione ma ancora di più nell’indirizzare dalla propria parte le palle vaganti e le seconde palle, che è la zona d’ombra dove Tonali ha costruito la sua grande partita. In quel momento in cui il possesso non è ancora del tutto né di una squadra né dell’altra, il centrocampista italiano ci ha messo la velocità delle sue letture, la forza delle sue spalle. Accanto a lui Szoboszlai, che era costretto a gestire il pallone con la sua pressione alle spalle, è sembrato un lusso di un’altra epoca ormai insostenibile.
Anche con il pallone il Liverpool è sembrato avere sempre un attimo di ritardo, forse appesantito anche dalle fatiche di coppa di pochi giorni prima. Sganciandosi da vertice basso, scambiandosi posizione con Guimaraes, Tonali ha continuamente sorpreso i suoi avversari, non limitandosi mai nel muoversi senza palla. Dopo appena tre minuti, ha chiuso uno strano triangolo con Isak e Murphy, sulla destra, e poi si è lanciato in area, tra i due centrali di Slot, che con gli occhi stavano seguendo il movimento ad uscire dell’attaccante svedese. È stato un momento rivelatorio, per la difesa del Liverpool e per noi che guardavamo la partita. Tonali era schierato in un ruolo che in Italia chiamiamo regista, ma di fronte ad azioni come questa avremmo dovuto pensare a un altro termine, a un altro paradigma per inquadrarlo.
Tonali era il giocatore che faceva da perno agli attacchi posizionali del Newcastle, che permetteva al pallone di girare da destra a sinistra senza che perdesse velocità e qualità. Magari si alzava a sinistra, faceva un tunnel a Gravenberch e poi, sulla palla persa, ripiegava all’indietro per costringere il contropiede di Diogo Jota a tornare su suoi passi.
La dimensione fisica della prestazione di Tonali ha spostato anche l’asse emotivo della partita, è stata spesso il la alle speranze del Newcastle. Al 31', su un rinvio del portiere che sembrava non dovesse portare a nulla, Tonali ha guadagnato un calcio d’angolo che ha acceso Wembley quasi da solo. Prima ha bruciato Szoboszlai sul rimbalzo della palla, poi è andato a prendere a spallate Konaté, che proprio mingherlino non è, costringendolo a farsi aiutare da Gravenberch per evitare che quello alla fine entrasse in area di forza.
È stato uno di quei momenti in cui le due squadre sono sembrate molto più vicine di quanto la classifica non dica, di quanto i nomi che compongono le due rose non dicano. Qual è la differenza reale oggi tra Tonali e Szoboszlai? Al 40', pochi minuti prima del gol che ha permesso al Newcastle di tornare negli spogliatoi in vantaggio, l’ex centrocampista del Milan si è permesso di superare la sua pressione alta con un sombrero davanti alla propria area. Szoboszlai si è fermato a guardare questa traiettoria alta, beffarda ed è sembrato inerme come quei cani costretti a giocare a calcio con i propri padroni.
Le cose non sono migliorate quando all’inizio del secondo tempo, sotto di 2-0, Arne Slot ha deciso di togliere Szoboszlai dalla sua zona, mettendoci in quel posto un giocatore più giovane, più veloce sui primi passi come Curtis Jones. Tonali ha continuato a martellare, aspirando l’aria intorno al centrocampo del Liverpool in pressing, costruendo azione dopo azione la parte dura su cui si è poggiata poi la vittoria del Newcastle.
Nei minuti finali Tonali è stato ricompensato con l’azione che più di tutte ha sottolineato il suo valore, e che infatti oggi sta girando molto sui social. Al 98' il Liverpool sta provando disperatamente a pareggiare la partita, dopo essere riuscito a riaprirla quattro minuti con un tiro a incrociare di Federico Chiesa (ironico che sia apparso proprio lui, in questa grande partita di Tonali). Il Newcastle spazza via il pallone senza pensare dove andrà a finire, il Liverpool lo rinvia troppo corto regalando agli avversari una transizione interessante. La palla viene raccolta da Tonali, che per qualche ragione inspiegabile ha ancora la facilità di corsa dei primi minuti. Dietro prova a recuperarlo van Dijk, con la rabbia dell’adulto che vuole rimettere il bambino al suo posto. Il centrale olandese accelera, va spalla a spalla per sbilanciare il suo avversario, che però è troppo più fresco. Tonali si allunga il pallone per accelerare ancora e così facendo toglie l’appoggio a van Dijk, che alle sue spalle finisce per cadere schiena a terra.
È stato il momento che ci ha messo davanti agli occhi ciò che la partita solo velatamente aveva provato a suggerirci per tutto il resto del tempo. Una partita vinta sull’intelligenza delle scelte, sull’energia trasmessa con un corpo a corpo, con un passaggio fatto con i tempi giusti, che ha messo Tonali sul piano dei migliori centrocampisti al mondo. Oggi rivedere quella coreografia che lo chiama "miedfield maestro" fa un effetto diverso.