La Serie A è cominciata da poco più di due mesi e, sebbene la Juventus sia già in fuga, gli equilibri del campionato sono ancora tutti da definire. Tra le squadre che hanno però stupito di più in queste prime nove giornate, spicca sicuramente il Sassuolo. I neroverdi lo scorso anno lottavano per non retrocedere mentre al momento sono in una zona buona per un posto in Europa, a pari punti con Fiorentina e Roma.
La salvezza conquistata da Iachini non gli è bastata per guadagnarsi la riconferma sulla panchina neroverde: ago della bilancia la ferma volontà del presidente Squinzi di ingaggiare un allenatore che fosse artefice di un calcio più offensivo. Nella passata stagione il Sassuolo aveva faticato non poco a trovare il gol. Il 3-5-2 tutto intensità di Iachini non era tra i sistemi di gioco più offensivi del campionato, ma con 29 gol gli emiliani avevano chiuso con il peggior attacco assoluto.
La scelta del sostituto di Iachini è ricaduta su un profilo radicalmente diverso da quello dell’allenatore specialista in salvezze: Roberto De Zerbi, 39 anni, bresciano ex-trequartista che ha speso la maggior parte della sua carriera tra Serie C e B. Nella passata stagione il tecnico non è riuscito ad evitare la retrocessione della matricola Benevento, ma ha lasciato a chiunque un'ottima impressione.
Gli strani inizi della carriera di De Zerbi
De Zerbi ha un curriculum interessante. A pochi mesi dal ritiro, a fine 2013, ha cominciato allenando in D il Darfo Boario, prima di fare il salto tra i professionisti nel luglio di quattro anni fa, sedendosi sulla panchina del Foggia, squadra in cui aveva giocato tra il 2002 e il 2004. Alla sua prima vera esperienza da allenatore è riuscito a mettersi subito in luce con risultati sorprendenti: in due anni, la vittoria nella Coppa Italia di Serie C e un’amara sconfitta nella finale play-off contro il Pisa di Gattuso.
Ma non furono tanto i risultati ad attirare l’attenzione, quanto la proposta di gioco del Foggia, che nel 2015/2016 era forse la squadra più interessante da vedere giocare nell’intero panorama italiano. Il tecnico dei rossoneri ha dimostrato idee chiare e delineate che in campo si sono concretizzato in un gioco di posizione per niente scontato in un contesto tecnicamente poco attrezzato come Foggia.
Nell’agosto 2016 De Zerbi ha lasciato il Foggia ma non ha faticato a trovare una nuova panchina. Forse con un po' di fretta ha deciso di fare il salto fino alla Serie A, a campionato iniziato da due giornate, provando a salvare il Palermo del dimissionario Ballardini. Una mossa che, con il senno di poi, ha forse rallentato la carriera: dopo poco meno di tre mesi e una sola vittoria in dodici partite, De Zerbi fu esonerato da Zamparini e dovette attendere fino ad ottobre 2017 per trovare un nuovo incarico. Ma anche un’esperienza che lui stesso ha definito come “una grande scuola” che gli ha permesso di capire quanto il lavoro dell’allenatore debba essere accompagnato «se non da un progetto - parola che in Italia non esiste - almeno dalla serietà».
Qualcuno è però tornato a bussare alla porta di De Zerbi nella scorsa stagione: quella del Benevento non era certo la panchina più ambita, ma si è rivelata il laboratorio tattico ideale per un allenatore desideroso di emergere grazie all’originalità delle proprie idee. Se i principi di De Zerbi non sono bastati a salvare i sanniti, che hanno chiuso la loro prima stagione in A ultimi con 21 punti, la stagione ha convinto il Sassuolo a fidarsi di lui per il rilancio di un progetto tecnico ambizioso, ma che negli ultimi anni sembrava giunto a un punto di stallo.
Sassuolo all'attacco
Se Squinzi e i suoi tifosi volevano vedere un gioco più offensivo saranno di certo soddisfatti: in nove partite il Sassuolo ha già segnato più della metà dei gol della passata stagione (15). Certo, il rovescio della medaglia è la difesa nettamente più permeabile, che al momento è la quarta peggiore del torneo con 14 reti incassate, seppur 4 siano arrivate nella débacle contro il Milan e 3 contro il Genoa a risultato ampiamente acquisito.
Se si analizza il numero dei tiri, il miglioramento in attacco non è però così evidente, visto che il Sassuolo è passato dai 13,1 tiri di media dello scorso anno a 13,2 di quest’anno. La media dei tiri nello specchio è cresciuta significativamente (da 3,8 a 4,6 per gara, appena sotto la top-5 del campionato). La squadra è però più incisiva sotto porta e se si esaminano gli expected goals la media è salita da 1,09 xG a 1,28 xG a partita. Considerando che il numero complessivo di conclusioni è sostanzialmente lo stesso, è evidente come i neroverdi stiano scegliendo tiri più efficienti.
Per quanto riguarda la fase difensiva, invece, il peggioramento è in effetti netto: da 12,4 tiri a 14,6 conclusioni subite in media. Per farsi un’idea, una differenza di 2,2 tiri subiti in più ogni gara, determina mediamente 8 reti subite in più a campionato. Il quadro offerto dagli expected goals subiti è ancora più preoccupante, anche perché la performance difensiva è nettamente calata nelle ultime settimane: la media degli xG subiti è salita a 1,57, praticamente il doppio di quella dell’era Iachini (0,76 xG), è da squadra che lotta per non retrocedere.
Se è ancora presto per esprimere giudizi definitivi su questi dati (d’altronde complessivamente la differenza tra prestazione attesa ed effettiva non è così squilibrata), ciò che più conta è che il Sassuolo abbia raccolto fin qui 14 punti, frutto di quattro vittorie, due pareggi e tre sconfitte.
Principi di gioco unici in Italia
Proprio come a Foggia e Benevento, De Zerbi ha implementato un modello di gioco che segue i principi del gioco di posizione indipendentemente dal sistema di gioco utilizzato. Se il 4-3-3 è stato usato cinque volte su nove giornate, la scelta dipende anche dal numero di attaccanti utilizzati dall’avversario di turno. Contro due attaccanti De Zerbi ha scelto il 3-4-2-1/3-4-3, non tanto per avere superiorità numerica in fase difensiva come Gasperini, ma piuttosto per avere subito un uomo in più al momento di cominciare la costruzione da dietro - o due, se si considera il coinvolgimento sistematico del portiere.
Ad inizio azione, i giocatori in campo si concentrano nel mantenere le distanze l’uno dall’altro, in modo da occupare tutti i corridoi del campo, compresi gli spazi di mezzo. In questo modo, l’ampiezza è sempre massima ed anche la formazione avversaria è costretta ad allargarsi, favorendo l’apertura di spazi in cui giocare il pallone.
Del resto, anche nella visione del calcio di Cruyff, il più grande aiuto che i compagni potevano fornire al portatore di palla era quello di allontanarsi da lui, in modo da allontanare anche gli avversari e fornirgli il massimo spazio per giocare la palla. Una modo di vedere il calcio, va detto subito, distante dalla maggior parte degli allenatori della nostra Serie A, ma lontano persino da quello di un’altra squadra italiana possesso-centrica quale era il Napoli di Sarri, che preferiva invece avvicinare il più possibile i propri giocatori, per creare connessioni forti necessarie a giocare nello stretto.
Se necessario, con il 4-3-3 i due terzini si mantengono in linea con i centrali, in modo da non lasciarli in inferiorità numerica e garantire le opzioni di passaggio necessarie a superare la prima linea di pressione avversaria. La decisione del mediano di abbassarsi per supportare i centrali segue lo stesso identico principio per cui la superiorità numerica ad inizio azione deve essere sempre garantita.
Con il 3-4-2-1 i meccanismi strutturali variano, ma i principi di base rimangono gli stessi, con i tre centrali ad amministrare il gioco con il supporto dei due mediani e i fluidificanti che devono garantire ampiezza, visto che i trequartisti o gli esterni d’attacco tendono a giocare a piede invertito dentro al campo.
In fase di uscita, il ritmo della circolazione del pallone è più lento così da attrarre il pressing avversario: l’obiettivo principale è quello di farsi pressare ma di riuscire al contempo a progredire palleggiando palla al piede, in modo da attirare fuori posizione quanti più avversari possibili, per poi velocizzare il gioco appena si crea la possibilità di verticalizzare palla a terra.
Il ritmo più compassato con cui parte il gioco è necessario anche a creare la struttura posizionale, per cui tutte le posizioni predefinite devono essere occupate; queste non vengono per forza assegnate a un calciatore in particolare, anzi la fluidità è incoraggiata. Lo stesso Consigli, per quanto possibile, gioca sempre i rinvii corti, tanto che in qualche occasione ha dovuto persino ripetere la rimessa del fondo per aver servito un difensore ancora all’interno dell’area di rigore, un evento non poi così raro per i portieri allenati da De Zerbi. I difensori partono molto bassi, in modo da rendere il pressing avversario più complicato, oltre che rischioso.
Le responsabilità in costruzione dei centrali sono importanti: Gian Marco Ferrari, apprezzato la scorsa stagione alla Sampdoria per la sua importanza sia in fase difensiva che nel giocare il pallone, si è imposto immediatamente come titolare, tanto che è l’unico insieme a Consigli a non aver saltato un minuto in campo; mentre al suo fianco si sono alternati Magnani e Marlon, con una sola presenza per Lemos.
Nel 4-3-3 è importantissimo il ruolo delle mezzali che, giocando in una posizione dall’alto valore strategico, devono occupare le linee avversarie oltre ad avere il compito di collegare fascia e centro, associandosi con gli esterni o i giocatori schierati centralmente. Altrimenti, quando il mediano - che è stato spesso Locatelli - viene marcato stretto, uno dei due interni di centrocampo deve abbassarsi a ricevere palla per far progredire il gioco. Il mediano si muove molto in orizzontale in relazione alla posizione della palla e cerca di mantenersi vicino al portatore per fornirgli un’opzione di passaggio.
Una traccia di gioco che il Sassuolo percorre spesso prevede una progressione rapida verticale su una delle due ali, sempre larghe a pestare la linea laterale in modo da aprire lo spazio tra centrale e terzino avversario, che di prima intenzione serve la corsa della mezzala, che corre proprio in quel corridoio. Il ritmo di gioco, infatti, aumenta più ci si avvicina alla porta avversaria.
Ovviamente, l’utilizzo del 3-4-2-1 cambia parte di queste logiche. I trequartisti sono chiamati ad occupare in maniera più attiva gli spazi di mezzo, muovendosi lateralmente anche per favorire le sovrapposizioni dei fluidificanti.
Quando il Sassuolo gioca con il tridente, sono le ali a muoversi in modo da sfruttare il più possibile l’ampiezza, ma la loro posizione varia in funzione di quella della palla e dei compagni. Berardi e Di Francesco diventano fondamentali quando si tratta di giocare nello stretto, considerato che spesso il Sassuolo cerca di risalire il campo proprio lungo le fasce, per poi spostare l’attacco verso il centro del campo. Con questa impostazione tattica non sono rare le sovrapposizioni interne dei terzini, che avevano già caratterizzato il Foggia di De Zerbi.
Se durante lo sviluppo dell’azione il loro ruolo degli esterni d’attacco è quello di ampliare le distanze tra i calciatori avversari, hanno anche notevoli responsabilità in fase di finalizzazione. Berardi tira in media 3,2 per 90 minuti, mentre sono in media 2,1 le conclusioni di Di Francesco.
Il senegalese gioca più da attaccante classico, ma il giocatore più rappresentativo dell’inizio di stagione del Sassuolo, oltre che capocannoniere di squadra con tre reti, è sicuramente Kevin Prince Boateng. Un giocatore diverso da quello che ricordavamo al Milan, più maturo tatticamente e attaccante perfetto per il 4-3-3 di De Zerbi, dove è importante che la punta sappia giocare spalle alla porta, portando via i difensori dall’area di rigore per aprire spazi in cui far inserire i compagni, come è successo in occasione del gol segnato all’Empoli. Sono queste le qualità che lo hanno fatto desiderare da De Zerbi, che lo aveva osservato quando stava per accordarsi con il Las Palmas e lo ha poi richiesto appena arrivato a Sassuolo.
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Boateng svolge alla perfezione i compiti del falso nove. Prima parte dall’area di rigore portandosi dietro un difensore. Poi si ferma al limite dell’area di rigore, quando capisce che il suo movimento ha aperto spazio per Di Francesco che può ricevere palla da Duncan. Infine, si inserisce nuovamente in area, raccoglie l’assist del compagno e deposita il pallone in rete.
Intensità senza palla
La fase difensiva della formazione neroverde è altrettanto interessante: il Sassuolo di Iachini si era fatto apprezzare per l’intensità che era riuscito a mettere in campo in diverse partite (memorabile in questo senso l’1-1 casalingo che spense quasi definitivamente le speranze Scudetto della squadra di Sarri) e il lavoro di De Zerbi in questo senso ha beneficiato di quello del suo predecessore.
A Duncan è stato aggiunto Bourabia e ora il Sassuolo può contare su due dei centrocampisti più intensi e bravi nel recuperare palla di tutto il campionato. I due hanno rispettivamente una media di 3,2 e 4,0 contrasti più intercetti per 90 minuti, un dato decisamente alto considerato che il Sassuolo ha un possesso palla medio del 52%.
La differenza sostanziale con il passato riguarda però l’altezza a cui viene portato il pressing, decisamente più alto e aggressivo rispetto alla passata stagione. Se gioca con il 4-3-3, il Sassuolo pressa con un 4-1-4-1 oppure con le ali che rimangono in linea con l’attaccante centrale. Quest’ultimo cerca di indirizzare il gioco verso un lato, per poi bloccare la linea di passaggio tra i centrali avversari, mentre l’esterno sul lato forte, accompagnato dai centrocampisti cerca di intrappolare il portatore di palla lungo la linea laterale.
Il concetto è simile anche quando la squadra utilizza la difesa a tre, ma il differente schieramento richiede il coinvolgimento dei fluidificanti in zone più alte di campo per ridurre al minimo gli spazi concessi al portatore di palla avversario e utilizzare la restrizione spaziale della corsia laterale a proprio favore.
Di Francesco, schierato largo nel 3-4-2-1, chiude alto su Bereszynski, mente i compagni limitano le opzioni di passaggio del polacco, il cui passaggio è impreciso. Il Sassuolo riconquista palla.
Il Sassuolo mantiene il proprio atteggiamento difensivo indipendentemente dall’avversario, cercando per quanto possibile di imporre il proprio gioco e aggredire alto anche in trasferta.
Un meccanismo da perfezionare
Gli uomini di De Zerbi stanno ancora assimilando certi automatismi: le coperture preventive e l’allineamento della difesa sono migliorabili, così come qualche decisione presa a livello individuale (il Sassuolo non brilla per capacità di vincere i duelli). Pur essendo intensa e superiore a diverse altre squadre di Serie A, la fase di pressing neroverde è ancora migliorabile, soprattutto perché, superata la prima linea di pressione, la squadra diventa vulnerabile. È normale che i miglioramenti sotto questo aspetto siano progressivi, ma in alcuni casi, la mancata coordinazione in questo tipo di occasioni è costata cara, come in occasioni del gol di Kessié nell’1 a 4 interno contro il Milan.
Cancelo supera in dribbling Duncan e converge verso il centro: il pressing del Sassuolo salta completamente, con ben sei giocatori che vengono superati dalla linea della palla.
Ma quando il pressing funziona porta frutti importanti: il Sassuolo crea spesso occasioni recuperando palla nella metà-campo avversaria, sia pressando l’inizio azione che attuando il gegenpressing quando appena viene persa la palla. A volte le occasioni si trasformano in gol, come quello firmato da Matri contro la Spal.
Allo stesso modo, quando la fase di uscita è pulita, la manovra parte nel migliore dei modi, ma la volontà di giocare sempre la palla può essere controproducente. I calciatori del Sassuolo stanno imparando a valutare la portata dei rischi che si possono prendere, ma gol quello di Caputo nella gara con l’Empoli, in cui Sensi ha perso palla nella propria metà-campo e con le spalle rivolte alla porta avversaria, vanno sicuramente evitati. Ma quando un calciatore sbaglia come conseguenza della sua ferma volontà di seguire le direttive tattiche dell’allenatore ed è in grado di fare autocritica, allora non ci possono essere conseguenze, come per Locatelli a Napoli.
Gli sbagli e le battute d’arresto fanno però parte del processo. Il gioco, per De Zerbi, viene sempre prima del risultato: «Se non abbiamo meritato io vado in conferenza stampa e mi autodenuncio: con il Genoa abbiamo vinto ma ero insoddisfatto e l'ho detto. Con la Juve abbiamo giocato una delle nostre migliori partite, ma abbiamo perso e allora "il Sassuolo si è sgonfiato". Per me il risultato non è importante, è importante "come" arrivo al risultato. Se vinco "per caso" non mi interessa». Una filosofia diversa, che non può che far bene al nostro calcio, indipendentemente da dove arriveranno De Zerbi e il Sassuolo.