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Come funziona il possesso del Sassuolo
20 nov 2020
La squadra di De Zerbi ha un modo di attaccare originale e complesso.
(articolo)
9 min
(copertina)
Foto MB Media/Getty Images
(copertina) Foto MB Media/Getty Images
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Questo articolo è apparso originariamente sul blog di Wyscout, in lingua inglese. Per i dati il riferimento è il database statistico di Wyscout.

Prima di pareggiare 0-0 contro l’Udinese, il Sassuolo aveva segnato almeno un gol in ognuna delle prime sei giornate di campionato. Diciotto gol in tutto, ancora oggi il miglior dato del campionato (a pari merito con l’Atalanta). Dopo sette partite il Sassuolo è ai vertici in molte altre statistiche offensive in Serie A: è secondo nel dato medio del possesso palla (60,4%), secondo per passaggi totali e primo nella precisione (90,1%), secondo per attacchi in profondità (94) e primo per PPDA medio dei suoi avversari (19,94). Sono dati che tratteggiano una squadra abile a resistere al pressing, a conservare il possesso utilizzando soprattutto passaggi corti e ad attaccare lo spazio in profondità dietro la difesa avversaria dopo aver risalito il campo con pazienza.

In Serie A non c’è una squadra che curi di più l’uscita palla a terra dalla difesa, più a suo agio ad attirare la pressione e a far passare la palla dietro le linee trovando l’uomo libero, con accorgimenti ogni volta diversi a seconda delle situazioni e dell’atteggiamento degli avversari. Se è vero che i princìpi di gioco non cambiano mai, il Sassuolo è però una squadra flessibile, allenata per trovare la soluzione migliore per avanzare adattandosi a ogni scelta degli avversari, senza seguire tracce predefinite ma regolando la manovra in base a ciò che accade in campo, leggendo in un attimo anche piccole variazioni nei comportamenti degli avversari.

La costruzione bassa è forse la fase più elaborata e riconoscibile del gioco del Sassuolo, qui però voglio concentrarmi sugli sviluppi successivi della manovra, una volta che il pallone è uscito dalla difesa. Non sempre, infatti, i grandi sforzi nel palleggio basso si traducono in vantaggi nella metà campo avversaria e in occasioni: il Sassuolo ha il miglior attacco del campionato ma è solo ottavo per xG creati (11,52), è al sesto posto per tiri totali (105), al settimo per tocchi in area (148).

Problemi contro le squadre chiuse?

La partita con l’Udinese offre buoni spunti sulle difficoltà che ogni tanto ha il Sassuolo a tradurre il possesso e il dominio territoriale in occasioni. Pur avendo il 59,5% del possesso e completando oltre duecento passaggi in più dell’Udinese, i tiri sono stati appena 4, uno solo in porta, per un totale di appena 0,24 xG creati. Non è la prima volta che i friulani riescono a limitare la squadra di De Zerbi. È infatti la terza partita di fila, dopo le due sconfitte nello scorso campionato, per 3-0 all’andata e per 1-0 al ritorno, in cui il Sassuolo non trova il gol contro l’Udinese.

Contro un avversario chiuso, che si difendeva vicino all’area e proteggeva il centro schierato con il 5-3-2, alla squadra di De Zerbi è mancato il cambio di ritmo, la capacità di trovare velocemente l’uomo libero dopo aver mosso le linee. Anche dopo aver portato fuori posizione uno degli avversari in copertura delle zone interne del campo (i tre difensori centrali e i tre centrocampisti dell’Udinese), gli spazi erano ridotti e il margine di tempo per vedere e servire il compagno libero troppo piccolo per alzare la velocità della circolazione. A ogni passaggio in verticale, quelli cioè che più di tutti alzano il ritmo della manovra, chi riceveva la palla aveva un avversario vicino che gli impediva di continuare l’azione in modo pericoloso, girandosi per cercare un’iniziativa personale o un passaggio dietro la difesa.

Qui sotto, al minuto 14, il Sassuolo si trova a costruire l’azione a centrocampo dopo una rimessa laterale battuta nella trequarti dell’Udinese. Locatelli ha la palla e i compagni occupano ogni corridoio verticale, come previsto per moltiplicare le linee di passaggio. Traoré e Caputo sono in quelli più interni, Ayhan e Rogério sono larghi a dare ampiezza.

Locatelli si appoggia a Caputo, che però non si può girare e quindi torna indietro su Ferrari, che ha spazio per avanzare palla al piede nel corridoio interno a sinistra. Quando manovra in zone laterali di norma il Sassuolo forma dei triangoli per avanzare. Un compagno dà una soluzione comoda muovendosi in appoggio, l’altro invece crea una linea di passaggio profonda. Anche nel caso qui sotto si forma un triangolo, ma sia Boga sia Rogério sono fermi e controllati dai rispettivi avversari, Becão e Stryger Larsen. A Ferrari manca così una linea di passaggio da servire nello spazio dietro la difesa.

I tre componenti del triangolo si scambiano la palla ma non riescono a guadagnare metri e Boga sceglie quindi di appoggiarsi in orizzontale a Maxime Lopez, per trovare in un’altra zona del campo lo spazio per avanzare. A quel punto l’Udinese torna a schierarsi, mentre tutti i giocatori del Sassuolo, tranne il portiere, sono nella metà campo avversaria.

La palla torna a Ferrari, che di prima la gioca verso Locatelli. Ferrari, cioè, prova a velocizzare l’azione, dopo che in campo si sono create le condizioni che il Sassuolo cerca per entrare in area palleggiando. Tre avversari, de Paul, Arslan e Becão, sono infatti usciti in avanti sul triangolo formato da Ferrari, Locatelli e Boga, e al centro sulla trequarti si è liberato Traoré. Con una combinazione stretta, la palla può arrivare a Traoré in una zona pericolosa, ma a prevalere in questo caso sono le intuizioni difensive dei giocatori dell’Udinese. Arslan arriva con un attimo di ritardo, ma la sua uscita è comunque decisiva per sporcare la giocata di Locatelli, che anticipa il mediano avversario ma non riesce a dare precisione al suo tocco con l’esterno. Il pallone finisce quindi a Nuytinck e l’azione del Sassuolo si interrompe.

Contro l’Udinese, al Sassuolo sono mancati proprio questi cambi di ritmo, che di solito trova attirando in avanti le linee e trovando l’uomo libero alle spalle, utilizzando di continuo il concetto di terzo uomo. Va detto, però, che la capacità palleggiare con insistenza senza perdere il possesso ha reso più comoda la partita a livello difensivo. L’Udinese non ha avuto occasioni per ripartire in modo pericoloso e ha tirato una sola volta.

Il possesso garantisce controllo

Quando ha sfidato il Napoli, il possesso del Sassuolo è stato più efficace, anche per il diverso atteggiamento difensivo degli azzurri, ma comunque non ha prodotto molto in termini di occasioni: 7 tiri di cui 4 in porta. Ancora una volta, però, la capacità di giocare lunghe fasi di possesso, di palleggiare senza perdere la palla, ha messo in difficoltà gli avversari e ha dato alla squadra di De Zerbi il controllo della partita.

Ad esempio, l’azione conclusa con il fallo da rigore che ha sbloccato il risultato è un possesso lungo un minuto, iniziato da Consigli nella sua area e finito nell’area del Napoli con il fallo di Di Lorenzo su Raspadori. A un certo punto, dopo essere arrivato quasi sul fondo a sinistra, Rogério torna indietro e l’azione sembra perdere spinta. Il Napoli è schierato sotto la linea della palla e ha il tempo per riposizionarsi, mentre il Sassuolo ha portato tutti i giocatori nella metà campo avversaria.

La palla si sposta quindi da Chiriches al centro verso Maxime Lopez a sinistra. Dopo uno scambio con Locatelli, il centrocampista francese ha diverse opzioni per far continuare l’azione. Come al solito, con la palla sulla fascia, il Sassuolo forma un triangolo e Lopez ha quindi due linee di passaggio davanti a lui, Rogério aperto e vicino alla linea laterale e Boga nel corridoio interno dietro Politano.

Il passaggio verso Boga è forse il più vantaggioso, Politano potrebbe intercettarlo ma Lopez ha abbastanza spazio per raggiungere il compagno. E invece fa la scelta più sicura, un appoggio all’indietro a Locatelli. Anche passaggi all’apparenza superflui o banali come quello di Lopez, in una squadra dal possesso così elaborato, possono avere un significato più profondo che si rivela poco dopo.

Locatelli è infatti meglio posizionato e ha linee di passaggio più vantaggiose per completare una giocata decisiva per lo sviluppo della manovra, la trasmissione della palla dal centrocampo ai giocatori negli spazi interni sulla trequarti, che deve essere il più possibile pulita. Per cambiare il ritmo dell’azione, quel passaggio in verticale deve cioè essere abbastanza preciso da innescare combinazioni strette tra la punta e i trequartisti, e Locatelli è in una situazione migliore per eseguirlo. Così il suo passaggio raggiunge Raspadori, una scelta intelligente, perché con un appoggio all’indietro la punta del Sassuolo fa ricevere fronte alla porta Boga, che entra in area e viene fermato da un contrasto di Di Lorenzo, che però subito dopo commette un fallo su Raspadori.

Il Sassuolo al proprio meglio

Sulla pericolosità del Sassuolo nelle partite contro Udinese e Napoli hanno di certo inciso le assenze e le scarse condizioni di forma di giocatori-chiave come Djuricic, Caputo, Berardi e Boga. In un momento più brillante, una delle azioni migliori del Sassuolo di De Zerbi è arrivata nel 3-3 di metà luglio contro la Juventus, un altro lungo possesso concluso con due grandi occasioni, prima per Traoré e poi per Boga sulla respinta di Szczesny sul tiro del compagno.

Pur partendo da un sistema diverso, il 4-2-3-1, l’occupazione del campo non cambia rispetto alle partite contro Udinese e Napoli, in cui il Sassuolo si è schierato con il 3-4-3. A un certo punto dell’azione, Locatelli è oltre il centrocampo, ha davanti a lui due compagni nei corridoi interni, Muldur aperto a destra e un passaggio più semplice a sinistra verso Kyriakopoulos.

Sceglie proprio di appoggiarsi al terzino greco e l’azione continua senza però far arrivare la palla in area. A un certo punto Locatelli torna in possesso e, dopo un paio di scambi con Bourabia per attirare in avanti i centrocampisti della Juve, torna indietro su Marlon, che gli restituisce subito il pallone. Locatelli allora sposta la manovra a destra, dove si forma il solito triangolo, formato da Muldur, Bourabia e Berardi. L’obiettivo, però, non è far risalire la palla da quel lato, ma attirare il pressing e creare spazio al centro. La palla così viaggia in orizzontale da Muldur a Bourabia e infine ancora a Locatelli, che con un colpo di tacco trova Traoré libero al centro della trequarti.

Traoré entra in area dopo uno scambio con Caputo, il suo tiro viene parato da Szczesny e quello successivo di Boga viene invece salvato sulla linea da Alex Sandro.

Il Sassuolo ha spostato la palla da un lato all’altro, ha mosso le linee avversarie trovando ogni volta l’uomo libero a cui appoggiarsi per far continuare l’azione, ha aspettato con pazienza il momento in cui cambiare ritmo ed è entrato in area con uno scambio tra la punta e il trequartista, una giocata agevolata dal modo in cui occupa ogni corridoio nella metà campo avversaria.

Dietro alle azioni migliori della squadra di De Zerbi, anche quelle che non si concludono con una occasione, c’è uno sforzo intellettuale incredibile, una lettura del gioco simile a quella degli scacchisti, per cui anche i passaggi all’apparenza banali fanno parte di un piano più grande che si rivela solo nelle mosse successive. È molto difficile ricreare un’intesa di questo tipo tra undici persone diverse, in un gioco pieno di imprevisti come il calcio, in cui un’azione non è mai uguale all’altra, ed è anche per questo che veder giocare il Sassuolo è un’esperienza così affascinante e appagante.

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