Come da consolidata tradizione societaria, a gennaio la Juventus cerca di comprare uno dei migliori giovani talenti del panorama italiano. L’anno scorso era stato il turno di Dejan Kulusevski, nel 2017 erano stati scelti Caldara e Orsolini, nel 2016 Mandragora, nel 2015 Rugani. Quest’anno pare invece che la prima scelta nel draft bianconero sia ricaduta su Gianluca Scamacca - un regalo che potrebbe essere scartato nei prossimi giorni e con cui la squadra di Pirlo cercherebbe di mettersi definitivamente alle spalle l’anno vecchio guardando al futuro. Come ogni anno, l’affare è circondato da una nube di interrogativi legati alla sua reale futuribilità tecnica: quanto la Juventus vuole davvero Scamacca e quanto invece vuole solo toglierlo alle altre squadre della Serie A? Sarà un acquisto più utile sul campo o per i bilanci e la geopolitica del calciomercato italiano?
Uno dei pochi dati certi che abbiamo al momento è che Scamacca romperebbe con un’altra tradizione, quella che vedeva la Juventus restituire immediatamente in prestito il giocatore acquistato per i sei mesi successivi che mancavano a completare la stagione - come successo proprio a Kulusevski, Caldara, Orsolini, Mandragora e Rugani. In un tempo in cui anche la squadra più ricca d’Italia deve farsi i conti in tasca, Fabio Paratici potrebbe decidere così di unire l’utile al dilettevole, utilizzando la scommessa annuale sul talento per colmare quella lacuna nell’attacco bianconero per cui precedentemente si erano fatti nomi ben più conosciuti come Graziano Pellé, Fernando Llorente e Olivier Giroud. E dando un’ulteriore spinta alla già prodigiosa carriera di Gianluca Scamacca.
Com’è arrivato Scamacca in Serie A
Di Scamacca, infatti, si parla quasi da quando ha iniziato a calciare un pallone. I suoi primi video di skills su YouTube risalgono addirittura al novembre del 2013 - quando non aveva ancora compiuto 15 anni - alcuni dei quali includono addirittura le immagini dei suoi primissimi anni nelle giovanili della Lazio, quando era già talmente più alto degli altri da sembrare un Ent che corre in mezzo a un gruppo di hobbit impauriti. A 16 anni si rende già protagonista del suo primo caso di mercato - qualcosa che lo accompagnerà per tutta la carriera - rifiutando il primo contratto professionistico offerto dalla Roma e decidendo di accettare l’offerta del PSV, che se lo porta in Olanda. Poche settimane dopo partecipa al torneo di Viareggio con la squadra di Eindhoven, che affronta il Milan. Entra all’inizio del secondo tempo con il PSV sotto di un gol e contribuisce alla rimonta firmando l’assist del 2-1 nato rubando una palla in anticipo a Donnarumma. Forse sull’onda lunga di quella esperienza, poco dopo concede una prima, lunga, intervista alla Gazzetta dello Sport, qualcosa di più che inusuale per un sedicenne. Quando gli viene chiesto il perché di una scelta così radicale, lui sembra quasi stupito della domanda, come se un suo trasferimento all’estero prima o poi sarebbe dovuto arrivare. «A me è sembrato un passaggio normalissimo, anche se ho cambiato nazione», dice Scamacca, «L’ho fatto per migliorare, per un percorso di crescita. In Italia nei giovani credono poco, all’estero è tutto diverso. […] Uno all’età mia deve giocare, per crescere e migliorarsi. Il campionato Allievi è sin troppo facile, poco allenante. E i ritmi sono bassi, in Italia: quelli che ho trovato in Olanda li trovavo solo con le gare con la Nazionale».
Siamo all’alba del 2015 ma su di lui c’è già un hype spropositato, persino all’estero, dove forse si sono accorti di lui quando con la maglia della Roma segna due gol nella fase finale della Nike Premier Cup, un prestigioso torneo giovanile organizzato dal Manchester United. Prima che passi al PSV, si dice che su di lui ci sia stato il forte interesse anche di Liverpool e Southampton. Bleacher Report e il Daily Mail per stuzzicare la fantasia dei lettori di casa puntano sulla sua stazza, rinominandolo rispettivamente “il giovane” e “il nuovo” Ibrahimovic. Al PSV, però, le cose non vanno come previsto, o almeno come previsto da Gianluca Scamacca, che forse si aspettava di debuttare in fretta con la prima squadra quando dichiara in modo oscuramente profetico che «in Italia per debuttare in Serie A devi sperare che ci sia un’epidemia». Con la prima squadra del club di Eindhoven infatti non debutterà mai, e la sua esperienza in Olanda si ridurrà a una manciata di partite tra Under-17, Under-19, Primavera e Youth League spalmata su due stagioni deludenti, almeno alla luce delle enormi aspettative che avevano caratterizzato il suo trasferimento.
Nel gennaio del 2017, quando ha da poco compiuto 18 anni, lo riporta in Italia il Sassuolo, che però lo aggrega nuovamente alla Primavera. Forse poco per Scamacca che, nonostante non sia ancora arrivata la pandemia Covid-19, appena arrivato dichiara: «Da qui a maggio sarò felice se sarò riuscito a dare tutto me stesso, ma ancora di più se riuscirò a esordire in Serie A». Poche settimane dopo porta i neroverdi a vincere il torneo di Viareggio segnando tre dei quattro gol totali della sua squadra nella fase a eliminazione diretta e alimentando i dubbi che il calcio giovanile sia un livello troppo basso per lui. Nonostante questo, non riuscirà mai davvero a entrare nel progetto tecnico del Sassuolo, pur esordendo in Serie A la stagione successiva, in una sconfitta autunnale in casa del Napoli. Nel mercato di gennaio verrà mandato per la prima volta in prestito in Serie B, nella Cremonese, dove raccoglierà 14 presenze (di cui solo 4 da titolare) e un solo gol contro il Palermo. È il momento in cui le aspettative intorno al suo talento e la realtà della sua carriera iniziano a sfaldarsi, come due veli di carta igienica non perfettamente attaccati. La stagione 2018/19 è ancora più ambigua, passata per metà allo Zwolle, di nuovo in Eredevisie, senza lasciare traccia, e per metà di nuovo al Sassuolo, che interrompe il prestito non certo per mettere finalmente a frutto il suo talento, parcheggiandolo di nuovo nella Primavera. La carriera di Scamacca sembra essere bloccata in un loop senza fine, destinata a non fare mai quel grande salto che l’enorme centravanti di Fidene sembra aspettare con grande ansia.
Per fortuna a Scamacca rimane la Nazionale, di cui è stato il titolare di praticamente tutte le squadre giovanili di cui ha fatto parte. Nell’estate del 2019 in Polonia si gioca il Mondiale Under-20, in cui finalmente il momento di svolta della sua carriera si realizza. L’Italia arriva al torneo che consacrerà Haaland come next big thing del calcio mondiale con una formazione senza troppe velleità tecniche e quindi senza troppe speranze, schierata dal CT Paolo Nicolato con un 3-5-2 che punta talmente tanto sulla solidità e sulle transizioni che mette Luca Pellegrini (un terzino) nella posizione teorica di regista di centrocampo. Scamacca fa coppia in attacco con Pinamonti e per la prima volta su un palcoscenico internazionale mette in mostra le sue qualità, rivelandosi non solo come il giocatore a cui appoggiarsi con le palle lunghe per superare il pressing avversario ma anche come un inusuale numero 10 dal raffinatissimo repertorio di passaggi chiave e ricami minimali sulla trequarti.
Pur non segnando, si rivela uno dei giocatori chiave di una Nazionale incredibilmente efficace, che arriva miracolosamente in semifinale contro l’Ucraina. È in quella partita che Scamacca mette in scena il manifesto dell’ambizione del suo talento e anche dell’incompiutezza delle aspettative che girano intorno a lui da sempre. Al 91esimo, con l’Ucraina in vantaggio per 1-0 e l’Italia già con un piede fuori dalla competizione, in area controlla un campanile con la coscia tenendo alle spalle il diretto marcatore, fa perno con la gamba sinistra come una ballerina di un carillon, e tira al volo sul palo più lontano girandosi su se stesso di 180 gradi di scatto, in quella che sembra una riproduzione in carne e ossa del logo della Panini. Mentre l’attaccante del Sassuolo è sommerso dai suoi compagni in panchina, l’arbitro però è stato già richiamato dal VAR e sta ricontrollando il gol allo schermo. Lo annullerà di lì a poco per un incomprensibile fallo commesso nel prendere posizione.
Pur se non porterà a nulla, quel gol è la miccia che convince finalmente una squadra a integrarlo con convinzione all’interno del proprio progetto tecnico. È l’Ascoli, di nuovo in Serie B, a dargli una maglia da titolare per la stagione 2019/20 in un 4-3-1-2 a rombo dove Matteo Ardemagni dovrebbe fargli da compagno d’attacco in campo e da mentore fuori. Dopo una prima stagione particolarmente positiva in cui segna 6 gol in 15 presenze, pur non sempre continua da un punto di vista delle prestazioni, a gennaio si riaccende il fuoco delle voci di mercato sotto la cenere, qualcosa che sembra connaturato alla sua carriera sempre in bilico tra ascesa e depressione. Per lui si parla di Milan, di Benfica (che arriva a offrire per lui più di 10 milioni di euro), ma alla fine non se ne fa niente. Il presidente dell’Ascoli (che tra i vari interessamenti esteri cita anche un non meglio precisato club spagnolo) dichiara di averlo voluto tenere perché aveva già fatto troppe cessioni. Poi aggiunge: «Presto sarà il centravanti della nazionale italiana».
Scamacca fa finta di niente, dice di avere “la testa all’Ascoli” come un trentenne navigato che c’è già passato decine di volte, e se non fosse per la data di nascita non si andrebbe troppo lontano dalla verità. La seconda metà di stagione, però, è meno entusiasmante della prima, almeno da un punto di vista realizzativo. Senza l’ansia di dover dimostrare qualcosa, però, Scamacca sembra finalmente crescere come giocatore al di fuori della retorica e delle voci, arricchendo il suo gioco con movimenti più furbi alle spalle della linea avversaria, soprattutto in area, in un contesto in cui per forza di cose può far meno affidamento sulla sua superiorità tecnica e fisica.
Cosa potrebbe dare alla Juventus
Il percorso verso la Serie A è stato meno veloce di quanto Scamacca forse si immaginasse, ma costantemente accompagnato da voci che lo volevano in squadre molto più grandi della sua carriera. Quest’estate, prima del suo approdo al Genoa in prestito, si è ad esempio riparlato di Milan e forse per la prima volta della Juventus, oltre a una trattativa che stava per portarlo al Braga con un prestito con diritto di riscatto fissato a 25 milioni di euro (evidentemente ha molti estimatori in Portogallo). Se è vero che Scamacca sembra far fatica a dissimulare l’umiltà dietro le classiche dichiarazioni di rito, c’è da dire che tutto il mondo intorno a lui sembra aspettarsi un suo arrivo in una grande piazza. La scelta del Genoa, per un’altra volta, ha invece aggiunto un altro tassello a una carriera sempre più simile a quella di un giovane attaccante di provincia pronto a prestare il suo talento a chiunque gli permetta di risalire le gerarchie del calcio italiano.
Rolando Maran, comunque, ci ha creduto quasi da subito, dandogli la prima maglia da titolare in campionato già alla terza giornata, per il Derby contro la Sampdoria. La partita in cui ha segnato il suo primo gol in Serie A, e che sembrava finalmente decretare la fioritura del suo talento in Serie A, e che invece ha aperto solo una fase positiva in una stagione ancora una volta più complicata del previsto. L’anno del “Grifone”, nonostante un mercato ambizioso, si è messo infatti subito in salita per via dei grandi problemi avuti con il coronavirus, che nella prima parte della stagione ha reso indisponibile gran parte della rosa. Entrato immediatamente in modalità apocalisse, il Genoa ha portato Scamacca a giocare spesso sotto la linea del centrocampo, lontanissimo dalla porta, per aiutare la risalita veloce del pallone - qualcosa che comunque è molto bravo a fare, giocando spalle alla porta e associandosi con i compagni, spesso con raffinati tocchi di prima - o combattendo con gli avversari per le palle alte, un aspetto del gioco in cui incredibilmente ha margini di miglioramento (al momento vince poco più della metà dei duelli aerei dei 5.6 per 90 minuti che ingaggia).
Una buona parte del fascino di un attaccante come Scamacca sta infatti nel non corrispondere all’aspetto fisico che lo contraddistingue, e che lo farebbe rientrare teoricamente nella categoria degli attaccanti sgobboni. La punta di Fidene ha invece una corsa elegante e ama ricevere lontano dall’area di rigore, anche esternamente, per dialogare con i compagni e creare superiorità numerica nel fraseggio corto o direttamente occasioni da gol. Quando è a centrocampo è sempre sulle punte, reattivo - pronto ad associarsi di prima come un pugile che usa il footwork per eludere l’avversario. In questo senso, più che a Ibrahimovic, a cui è stato ossessivamente accostato nel corso della sua carriera, Scamacca come tipologia di attaccante si rifà di più ai modelli ideali di Dzeko e Benzema - attaccanti creatori che non vivono per l’area di rigore e che sono più vicini al numero 10 che al numero 9 nello spettro in cui si muovono tutti i giocatori offensivi.
Un'attitudine che vi sembrerà chiara non appena lo vedrete ricevere sulla trequarti e cercare un compagno alle spalle della difesa avversaria e che è confermata anche dai suoi incredibili numeri in fase creativa. Tra le prime punte con almeno 500 minuti di gioco, infatti, solo Duvan Zapata e Alvaro Morata hanno una media di passaggi chiave per 90 minuti (1.9) superiore a quella di Scamacca (1.7), che spicca anche per Expected Assist (0.3 per 90 minuti), il cui dato è ai livelli di giocatori come Insigne, Djuricic e Ribery. Numeri ancora più impressionanti alla luce della magrissima produzione offensiva del Genoa, al momento terzultimo in Serie A per Expected Goals creati.
A un primo sguardo, insomma, è il contrasto tra fisico e talento a rubare l’occhio, ma guardandolo con più attenzione ci si rende conto che il suo gioco si regge su un altro equilibrio, più profondo e al tempo stesso più sottile - quello tra minimalismo e megalomania nelle scelte. L’ambizione di Scamacca infatti cresce a mano a mano che ci si avvicina alla porta e se sulla trequarti preferisce quasi sempre giocare a uno, massimo due tocchi per far risalire il più velocemente possibile il pallone, arrivati nei pressi dell’area il suo ego si gonfia e non è raro vederlo tentare soluzioni complicatissime, che siano assist barocchi, tiri dalla distanza, o semirovesciate volanti a tentare il gol sul palo più lontano (l’acrobazia, comunque, sembra qualcosa per cui è portato, dimostrando un’elasticità notevole per il tipo di fisico che ha).
L’attaccante del Genoa è in costante equilibrio tra il sublime e il ridicolo, e credo che con le sue azioni si possano fare due video di skills della stessa lunghezza: uno in cui assomiglia davvero a Ibrahimovic e uno in cui sembra semplicemente uno sbruffone poco capace. Yin e yang che nel suo gioco convivono e si combattono in continuazione, e che in parte spiegano perché anche la sua carriera sia stata caratterizzata da un lungo e difficile percorso di crescita accompagnato da un hype che sembrava sempre sul punto di portarlo in squadre più importanti di quelle dove effettivamente giocava.
Viene da chiedersi come possa essere accolto un giocatore simile in una grande squadra, dove le grandi ambizioni vengono giustificate solo se vengono costantemente seguite da grandi giocate. Scamacca, in questo senso, non è nemmeno un grande finalizzatore. Nella stagione ad Ascoli, per adesso l’unica in cui è riuscito a giocare con continuità da titolare, come abbiamo visto è stato tutt’altro che continuo dal punto di vista realizzativo (pur chiudendo l’anno con un non indifferente score di 13 gol stagionali, tra campionato e Coppa Italia), e anche quest’anno sta confermando le sue difficoltà davanti alla porta. I non-penalty goals, per adesso, sono stati 2 da 3.8 Expected Goals avuti a disposizione - un dato tutt’altro che eccezionale in termini di efficienza realizzativa, su cui pesano alcuni errori marchiani come quelli contro Parma e Spezia.
E sempre rimanendo sul sottile equilibrio tra sublime e ridicolo, questo è invece il bellissimo gol realizzato in Coppa Italia contro la Sampdoria.
Da un punto di vista esclusivamente tecnico, Scamacca è una scelta razionale da parte della Juventus, che oltre ad assicurarsi uno dei giovani italiani più interessanti in circolazione metterebbe in rosa un attaccante con caratteristiche uniche in rosa. Al contrario degli altri nomi fatti (Pellé, Llorente, Giroud) con cui condivide solo le caratteristiche fisiche, l’attaccante del Genoa è in realtà molto dinamico senza palla, e volendo ricevere lontano dalla porta e sugli esterni potrebbe essere una buona spalla sia per Cristiano Ronaldo, con cui potrebbe scambiarsi spesso di posizione come faceva al Real Madrid con Benzema in un'ottica di avvicinamento alla porta, sia per Morata, che sarebbe così esonerato dal lavoro spalle alla porta concentrandosi sull’attacco della profondità e dell’area.
Viene da chiedersi al contrario quanto sia davvero un passo avanti nella carriera di Scamacca la Juventus, una squadra che gli potrà concedere un minutaggio limitatissimo e di conseguenza caricherà al massimo di pressioni le poche occasioni che avrà per giocare. Certo, Scamacca è un giocatore che ama stupire anche con una singola giocata e potrebbe anche succedere che nelle sue rare apparizioni riesca a convincere la società e il pubblico di essere davvero di questo livello. Ma se invece questo non dovesse succedere? Se non riuscisse nemmeno a giocare?
Fa strano doverlo ricordare vista la carriera, ma Scamacca ha ancora 22 anni e una sola stagione da titolare alle spalle tra i professionisti, per di più in Serie B. Anche se le voci di mercato da anni provano a convincerci del contrario, il suo percorso di crescita è appena iniziato. Per quanto le sue caratteristiche sembrino teoricamente più adatte a una squadra proattiva dalla vocazione offensiva come la Juventus, e ne potrebbero essere esaltate, forse Scamacca in questo momento più che il pubblico bianconero avrebbe più bisogno di convincere un allenatore esigente come Ballardini, che al momento gli sta preferendo attaccanti più esperti (come Destro o Pandev) o più intensi in fase di pressing (come Shomurodov). Lui, almeno a parole, si è detto disposto a farlo crescere. «Scamacca è un ragazzo che ci teniamo stretto e che ho imparato a conoscere», ha dichiarato Ballardini dopo averlo schierato per 120 minuti interi in Coppa Italia, proprio contro la Juventus, «Sono davvero contento. Non penso ad altro se non ad averlo tutti i giorni, ad allenarlo e migliorarlo nel suo percorso».
Per quanto la sua ambizione sia stata sempre quella di arrivare in alto il più velocemente possibile, forse per Scamacca sarebbe più saggio capire che il percorso per arrivarci è perfino più importante. Alla fine è proprio la sua storia che sembra dirci questo.